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MURIEL SCRITTORE: NOTIZIE SUI SUOI MANOSCRITTI.

PARTE SECONDA: DOMINGO MURIEL, ULTIMO PROVINCIALE DEL PARAGUAY.

II.8. MURIEL SCRITTORE: NOTIZIE SUI SUOI MANOSCRITTI.

Viveva, dicevamo, in solitudine, anche se sarebbe inesatto pensarlo come una sorta di eremita, o contemplativo. Certo, si ha anche la testimonianza di qualche suo momento, in cui fu sorpreso in una sorta di estasi mistica, di cui però lui stesso non ha lasciato alcun resoconto270. Usciva poco di casa, abbiamo detto, e se doveva farlo, per esempio per delle passeggiate quotidiane che il medico gli aveva imposto, curava di mantenere un atteggiamento raccolto e discreto, occupando la mente nell’orazione mentale271. Inoltre, pose massima cura nell’evitare in ogni modo di rendersi oggetto delle attenzioni altrui; per esempio, evitò, dopo la soppressione della Compagnia, tutti quei segni di deferenza che i suoi ex sudditi, in onore della sua passata carica di Provinciale, gli tributavano272.

Apparentemente, ciò contrasta con il carisma di cui lo abbiamo visto dotato, tanto che abbiamo potuto individuare in lui uno dei capi dell’ala intransigente dell’ex Compagnia in Italia; in effetti, mal si concilia in se stessa una persona che, mentre da una parte rifiuta di farsi portavoce della piccola comunità di ex gesuiti residenti a Faenza, che per lo più erano stati suoi sottoposti, dall’altra si presta a farsi punto di riferimento, per esempio, di quegli ex gesuiti che, in Italia, non volevano rassegnarsi all’estinzione dell’Ordine, e desideravano raggiungere quel che ne restava in Russia. Tuttavia, ciò che in un altro personaggio sarebbe stata una contraddizione, in Muriel può spiegarsi con l’interpretazione eminentemente mistica che egli aveva dato del ruolo degli ex gesuiti che volevano la restaurazione della Compagnia.

Un altro aspetto di questa sorta di accurata discrezione, è il fatto che, dopo il 1773, Muriel non diede il suo nome a nessuno degli scritti che stampò, preferendo trincerarsi dietro lo pseudonimo di Cyriacus Morelli, come se fosse la latinizzazione del nome italiano Ciriaco Morelli; i contemporanei interpretarono questo suo vezzo come un ulteriore desiderio di anonimato273. Tuttavia, non possiamo fare a meno di notare che il nom de plume è piuttosto trasparente: infatti, risulta dalla trasposizione

270 Masdeu, Vida, cit., p. 51. 271 Ivi, p. 70.

272 Ivi, p. 79. 273 Ivi, p. 78.

in greco del nome (Domingo = Kyriakos = “Dedicato al Signore”), mentre per il cognome non ha fatto altro che cercarne uno italiano di facile assonanza fonetica ed etimologica (Muriel/Morelli). Difficile pensare che dietro un così chiaro gioco di parole possa celarsi la volontà di anonimato; semmai, appunto, possiamo pensare alla scelta di un nom de plume, che non poteva nascondere l’identità dell’autore né ai suoi conoscenti, né all’autorità ispanica deputata a controllare la produzione editoriale degli espulsi; non possiamo quindi vedervi né un atto di umiltà, né un’astuzia, ma soltanto una ricerca di eleganza letteraria.

Tuttavia, mentre disciplinava se stesso nell’ascesi della sua vita ritirata e penitente, Muriel non era affatto ignaro del mondo in cui viveva, che anzi seguiva con attenzione. Abbiamo già visto che intratteneva rapporti con la diaspora gesuitica in Europa, specialmente in Germania e in Russia: fu anzi fra i primi e fra i pochi a poter mantenere dei contatti fra la sopravvissuta Compagnia in Russia e coloro che, in Italia, volevano raggiungerla. Ma non trascurava nemmeno di seguire ciò che accadeva in Europa, se non altro per il ruolo che alcuni stati avevano svolto nel processo di estinzione della sua Compagnia, come la Francia.

Era penetrado del más vivo dolor, cuando tenía noticia de las funestas llagas que padecía la misma fé, como en estos últimos tiempos en la Francia y en otras partes, bien que no tan declaradamente como en aquel infelicísimo reyno. Esta misma eroica fé lo obligó a estar siempre, hasta la muerte (como veremos), con la pluma en la mano, para defenderla de los modernos sectarios que descubierta o paliadamente la impugnan y le hazen cruda guerra. Y, finalmente, el desseo de propagar o de establecer esta misma fé, es el que los movió a desterrarse volontariamente de la Europa y passar a las Indias, para sepultarse (si la obediencia se lo huviera permitido) entre las más bárbaras naciones, con la esperanza de dar la sangre y vida por ella274.

Per Muriel, come attesta il suo biografo Miranda, crisi dell’Europa, e particolarmente della Francia, nell’ultimo quarto del secolo XVIII era riconducibile alle divisioni che si erano create all’interno della stessa cristianità, in particolare all’opera di “settari”, dietro a cui è facile riconoscere l’allusione ai giansenisti, che giusto negli anni ’80

avevano avuto uno degli ultimi sussulti, nonché uno dei più eclatanti, col sinodo pistoiese. Ovviamente, riflettendo su questo interesse di Muriel per le vicende francesi e per il giansenismo, il pensiero torna a quel controverso libello della Lettre a l’Auteur de l’Article “Jésuite”, la cui attribuzione a Muriel, per quanto senza rivali, resta problematica. In esso alcuni suoi contemporanei, ricordiamo, avevano visto lo stile e la mente di Muriel.

Al di là della veridicità dell’attribuzione, possiamo constatare senz’altro che egli nutriva una particolare attenzione alle vicende francesi, scorgendovi la realizzazione di quanto da lui pronosticato fin dalla lettera del 1773, anche sulla scorta delle profezie gesuitiche fiorite negli anni della soppressione, ovvero il vincolo necessario fra soppressione della Compagnia e diffondersi dell’eresia, vista non soltanto come un pericolo per la Chiesa, ma anche come causa remota della sedizione. Ricordiamo infatti come nella Lettre non ci fosse una distinzione netta fra giansenisti e illuministi, come se gli uni fossero la causa e gli altri la conseguenza, o anche entrambi frutti di un atteggiamento di separazione, sia spirituale che politica, dalla Chiesa romana, di cui i gesuiti erano l’emanazione più visibile e più bersagliata. Anche qui, vediamo la lettura politica della crisi religiosa che abbiamo riscontrato anche nella Carta del 1773, ma assistiamo altresì all’ampliamento di questo modello interpretativo, per cui ciò che prima era valido soltanto per la Compagnia, adesso diviene esplicita visione dell’intera situazione europea.

Significativo, inoltre, il fatto che Muriel sentisse di dover intervenire nella lotta contro l’eresia attraverso la scrittura. Non è certamente un fatto nuovo, né raro, ma ci dà l’idea di come egli concepisse il suo continuo ritiro: appartato, certo, distaccato, ma niente affatto estraneo alla sua epoca, che leggeva e viveva con un imprescindibile senso di rivalsa. Da ciò la vocazione a conservare, perpetuare, perfino in senso intransigente, l’enorme patrimonio spirituale della Compagnia, specialmente in rapporto al mondo, che caratterizzava la sua vita precedente al 1773, e che continuò a segnarla dopo, come si deduce dall’analisi, anche soltanto superficiale, dei suoi scritti.

buttarsi alacremente a scrivere e pubblicare, quasi che attraverso l’attività editoriale avesse sublimato quel ruolo di guida e di custodia che gli era stato affidato in qualità di provinciale. Di lui biografi e bibliografi ci tramandano i titoli di ben cinque opere pubblicate fra il momento in cui dovette abbandonare per estinzione l’ufficio di provinciale e quello della sua morte, più un numero non esattamente precisabile di manoscritti, di cui almeno alcuni sappiamo essere circolati fra i suoi ex confratelli.

Dalla bibliografia curata da Furlong sappiamo che, prima del 1773, pubblicò soltanto la succitata Práctica, oltre ad alcuni manoscritti, di cui il più diffuso fu certamente la Carta sull’estinzione della Compagnia; tuttavia, da quando iniziò il suo ritiro penitenziale, che durò fino alla morte, Muriel divenne un autore piuttosto prolifico, quasi un grafomane. Basti soltanto guardare all’elenco dei titoli editi, che analizzeremo con cura più avanti: nel 1776 i Fasti Novi Orbis (Venezia, Zatta); nel 1778, i Principios de la Vida Espiritual (Cesena, Biasini); già nel 1779 la Historia Paraguajensis (Venezia, Sansoni); nel 1791, i Rudimenta Juris Naturæ et Gentium (Venezia, Rosa); infine (forse), nel 1792, la Collectanea dogmatica de Sæculo XVIII (Venezia, Rosa). Rimandando a dopo l’esame delle opere, notiamo di passaggio come buona parte di queste opere siano state pubblicate a Venezia, tranne una che lo fu a Cesena; forse, Muriel scelse Venezia, dove peraltro non poteva seguire con cura la stampa dei suoi lavori, per il maggior numero di stampatori che operavano in quella città, una delle capitali storiche della tipografia europea.

Tuttavia, non si deve sottovalutare il sospetto che vi cercasse anche minori interferenze nella sua attività editoriale, sia da parte dell’inquisizione ecclesiastica, che da parte dell’occhiuta sorveglianza spagnola. Infatti, se cerchiamo le ragioni della sua alacre attività editoriale dopo il 1773, possiamo certamente attribuirla al suo costante disegno apologetico di restaurazione, almeno spirituale, della Compagnia; ma vi si può scorgere anche la ragione che spinse molti ex gesuiti a ricercare la concessione di un aumento della pensione da parte del governo spagnolo275, di cui lo sappiamo beneficiario a partire dal 1787. Né possiamo ignorare che, per molti ex gesuiti, il venir meno delle strutture di controllo della Compagnia significò la libertà

di poter finalmente scrivere e pubblicare senza dover fare i conti con la censura imposta dai superiori276; probabilmente, anche Muriel trasse vantaggio dalla nuova libertà in cui si trovava, suo malgrado, a vivere, per dare sfogo al suo talento apologetico, che prima non aveva potuto dispiegarsi.

Quanto ai manoscritti, la bibliografia di Furlong ne dà una lista di 27, non tutti significativi; di questi, tralasciando gli scritti frammentari o sicuramente precedenti al 1773277, possiamo notare, sulla scorta della biografia di Miranda, alcuni titoli particolarmente evocativi.

Abbiamo infatti notizia della traduzione in castigliano di un libro di meditazioni sulla vita di Cristo del p. Avancini, che Muriel deteneva per un uso privato; dello stesso tenore dovevano essere alcuni frammenti dell’Imitazione di Cristo, anch’essi tradotti in castigliano. Questi scritti, perduti, si inseriscono pienamente nello stile di vita adottato da Muriel, e si spiegano agevolmente con il suo grande interesse per la mistica cristiana: inoltre, se ricordiamo il paragone fra il corpo della Compagnia di Gesù e il corpo glorioso di Cristo, è lecito immaginare che anche la meditazione sulla vita di Gesù potesse avere, nella particolare ottica di Muriel, un

276 Guasti, L'esilio italiano, cit., pp. 116 e sgg.

277 Dalla biografia di Miranda e da dati intrinseci, possiamo concordare con Furlong, quando stabilisce che sono precedenti al 1773 i seguenti manoscritti, dei quali alcuni soltanto si sono potuti conservare, sia pure in copia: una traduzione in lingua castigliana della Histoire du Paraguay di Charlevoix (perduto, forse è il prodromo della traduzione latina, pubblicata nel 1779); una Breve Noticia de las Misiones vivas de la Compañía de Jesús en la

Provincia del Paraguay en Carta-respuesta de su Procurador a un Gesuita pretendente de aquellas Misiones ;una Carta del Rector, Cancelario y Maestro de la Real Universidad de Córdoba de Tucumán a Su Majestad. Córdoba, 26 de frebrero de 1756; una composizione in metrica latina classica dei salmi di Davide, risalente al viaggio d’esilio

(perduto); una Memoria del P. Visitador Domingo Muriel para el P. José Sánchez, Cura de la Concepción de

Abipones: vísita de 1759; frammento di una lettera spedita dal Puerto de Santa Maria a tal p. Joaquín María Parada,

residente a Salamanca ( 8 gennaio 1767); un Memorial presentado a su Magestad en su real Collegio por los Padres

José de Robles y Domingo Muriel de la Compañía de Jesús, Procuradores generales de la Provincia del Paraguay

(rapporto ufficiale precedente al decreto di extrañamiento, in cui i due procuratori sollecitano il loro riconoscimento ufficiale da parte della corte di Madrid); una Razón de la plata que entregó de presente a los PP. Joseph de Robles y

Domingo Muriel, pertenecientes y propios de mi officio de Proc. del Máximo Collegio de Córdoba para gastos de Missión (ricevuta con firma autografa di Muriel); una Memoria que llevan a Europa los PP. Procuradores Joseph de Robles y Domingo Muriel (anch’esso risalente all’epoca dell’incarico di procuratore). Ad essi, si deve aggiungere

dubitativamente un’istruzione ai suoi sottoposti, forse del 1773, che sembra una versione della famosa Carta del 1773 (Furlong ne segnala una copia autografa nell’archivio della Provincia di Argentina della Compagnia di Gesù, a Buenos Aires). Per completezza d’informazione, è opportuno precisare che, inoltre ci sono giunti i testi di altri manoscritti precedenti al 1773, che tuttavia hanno ricevuto la pubblicazione successivamente alla morte di Muriel, nell’ambito dell'edizione novecentesca degli scritti che lo riguardano: innanzitutto, la Carta del 1773, inoltre un’istruzione sulla vita religiosa e un’altra istruzione diretta a un novello sacerdote, sul modo di dire messa, confessare e predicare: tutti questi scritti si trovano nell’edizione del 1916 della biografia di Miranda. Ad essi si aggiunge un Recurso de la Provincia de la Compañía de JHS al tribunal de la Verdad, y de la inocencia. En causa

de la execución y resultas del Tratado de Límites entre España y Portugal, scritto nel 1764 e pubblicato

parzialmente dallo stesso Muriel nella Historia Paraguajensis sotto il titolo di Paraguaicæ SocietatisRecursus ad

Tribunal Veritatis et Innocentiæ; di questo testo ci occuperemo più avanti, in questa stessa parte del presente studio.

risvolto sociale. Tuttavia, non si deve trascurare che la meditazione su episodi della vita di Cristo era un tratto tipico e assai diffuso della religione cattolica, particolarmente nella pietà ignaziana, che negli Esercizi spirituali prevede la contemplazione di scene specifiche tratte dai vangeli.

Altra categoria destinata alla circolazione manoscritta, si può individuare nei lavori di interesse giuridico, particolarmente riguardanti le vicende concrete dei gesuiti espulsi. Sono due saggi che, come evinciamo dal titolo, dovevano necessariamente, per il loro argomento, restare nascosti all’autorità spagnola, ma che ebbero forse una qualche circolazione all’interno della cerchia degli espulsi: si tratta della Questión: El Desterrado adquiere domicilio? E della Questión gravísima: Si puede el Papa abolir sin proceso la Compañía de Jesús278; del primo titolo abbiamo conferma da Miranda279, mentre del secondo non si ha modo di verificarne l’attribuzione280. Ciò premesso, è facile comprendere come entrambi gli scritti riguardassero argomenti al centro degli interessi degli espulsi; il primo, infatti, tratta dell’incertezza del loro stato di fronte allo stato che li accoglie, a causa dell’eccezionalità del provvedimento di extrañamiento che, pur allontanandoli dalle terre soggette al re di Spagna, li manteneva comunque nella sua sudditanza. Il secondo invece si inserisce nel gran filone di letteratura gesuitica che, dopo il provvedimento del 1773, si interrogava sulla sua liceità, avvitandosi in una difficile controversia che aveva al centro l’istituto stesso della Compagnia, con la sua ben nota fedeltà al Papa.

C’è poi una breve serie di scritti, attestati da Miranda, che possiamo agevolmente inserire in quella vasta categoria della letteratura “ispano-italiana” degli espulsi, il cui intento era di vendicare l’onore della Spagna dalla cattiva stampa di cui godeva a causa della leyenda negra, e il cui scopo ultimo era fondamentalmente di mettere gli autori in buona luce di fronte all’autorità spagnola, e magari far loro

278 Furlong, Domingo Muriel S.J., cit., 91-92. 279 Miranda, Vida, cit., p. 443.

280 Furlong ne argomenta l’attribuzione grazie alla grafia che riferisce essere la stessa di Muriel. Lo stesso Furlong, del resto, asserisce di averne rintracciato tali copie autografe nell’Archivio di Loyola; tuttavia, si deve segnalare che, a causa del mutamento del sistema di collocazione, non ci è stato possibile trovare i documenti indicati e controllare l’effettiva rispondenza delle sue affermazioni.

ottenere qualche emolumento281.Il primo titolo è la Demonstración del estado de la legislación y del fuero de España desde la época del dominio romano hasta la conquista hecha por los árabes sobre los leyes godos, con todas las variaciones y modificaciones que padecieron las leyes en aquel largo intervalo de siglos282: un ponderoso titolo di uno scritto erudito di storia patria, di cui non si è conservata, a quel che consta, alcuna copia. Seguono poi due “questioni complesse”, il cui argomento non è più erudito, ma largamente si ispira al riformismo amministrativo: Primera Questión complexa. Qual era en España el estrado de las Ciencias, de las Artes y Commercio en el año de 1759, en que comenzó a gobernar el Rey N. S. Carlos III? Quánto ha contribuido a su adelantamiento la bontad, las providencias, las luzes de su Gobierno? Quáles son los embarazos, que en gran parte han retardado los infinitos efectos saludables que de tales providencias podían y debían esperarse? Y cuales son los medios más prudentes, y eficazes de evitarlos; e poi, Segunda cuestión compleja. Cuáles son los abusos que reinan generalmente en la administración de todas las rentas del real patrimonio? Cuáles los abusos particulares radicados en cualquiera de ellas, consideradas de por sí; y así en uno como en otro caso, cuáles serán los medios más prontos y eficazes para remediarlos? 283 A giudicare dal titolo, è probabile che questi scritti, più che alla pubblicazione o alla circolazione manoscritta, fossero destinati a essere sottoposti alle autorità spagnole, quale segnale di patriottismo; non ci è possibile determinare la loro datazione, ma è assai verosimile che si collochino negli anni precedenti all’ottenimento, da parte di Muriel, di un socorro extraordinario, nel 1787.

Vi sono poi alcuni scritti di argomento apologetico, di cui nulla ci è arrivato se non il titolo e la storia di una pubblicazione fallita. Del primo, Entretenimiento sobre la consulta del Consejo extraordinario al Rey Don Carlos Tersero, acerca de lo que

281 La "leggenda nera" sulla Spagna si formò a partire dalle relazioni di viaggiatori inglesi e francesi che attraversarono la penisola iberica fra XVII e XVIII secolo. Allorché José Moñino, che da ambasciatore a Roma aveva ottenuto l'importante risultato dello scioglimento della Compagnia di Gesù e in premio di ciò creato conte di Floridablanca, fu richiamato a Madrid per occupare l'incarico di Segretario di Stato. Dopo aver conosciuto da vicino la situazione miserabile dei gesuiti espulsi, concepì il piano di piegarne le intelligenze a fini propagandistici, spingendoli a scrivere opere che contrastassero la cattiva immagine della Spagna che si stava diffondendo in Europa. Guasti, L'esilio italiano, cit., pp. 363 e sgg.

282 Miranda, Vida, cit., p. 443; Furlong, Domingo Muriel S.J., cit., pp. 92-93.

283 Miranda, Vida, cit., p. 441; Furlong sostiene di aver trovato una copia della prima, in 8 fogli, presso l’archivio di Loyola, che però non ci è stato possibile rintracciare: Furlong, Domingo Muriel S.J., cit., pp. 88 e sgg.

se havía de responder al Breve del Papa Clemente XIII, que se interponía para con su magestad sobre la expulsión de los jesuitas de sus dominios, Miranda riferisce che fu scritto per essere diffuso, ma che non avrebbe comunque mai ricevuto la pubblicazione, e comprendiamo bene il motivo. Di certo, lo scritto si riferiva all’emanazione del breve Inter acerbissima (16 aprile 1767), con cui Clemente XIII, in seguito al decreto di espulsione, rifiutò di accogliere nei suoi stati i gesuiti espulsi e propose al re Carlo III di sospendere il provvedimento284. Ovviamente, pur non potendo immaginare il contenuto dello scritto, anche soltanto il riferimento in tono apologetico al contrasto fra il papa Rezzonico e il governo spagnolo era un argomento proibito per i gesuiti; da ciò comprendiamo bene che Miranda riferisca che questo Entretenimiento non sia stato stampato, ne mai potesse esserlo: tuttavia, aggiunge, era custodito in mani sicure285. Vi è poi la notizia, sempre riferita da Miranda, di un lavoro intitolato Jus naturæ, et gentium apud Indos attenuatum: cur? Verosimilmente scritto negli anni 1780, probabilmente aveva per argomento una difesa apologetica dello stato di inferiorità in cui erano tenuti gli indigeni in Paraguay, argomentandola attraverso la ben nota teoria della loro minorità permanente, che li avrebbe resi necessariamente soggetti alla custodia di tutori286; l’argomento non era dei più disertati, ma forse Muriel, che non mancava di