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LA LETTRE À L'AUTEUR DE L'ARTICLE JÉSUITE.

PARTE SECONDA: DOMINGO MURIEL, ULTIMO PROVINCIALE DEL PARAGUAY.

II.2. LA LETTRE À L'AUTEUR DE L'ARTICLE JÉSUITE.

di Histoire de Nicolas I, roy du Paraguay et empereur des Mamelus, il cui spunto era tratto dalla notizia riportata dalla Gazzetta d'Olanda (novembre 1755), secondo la quale erano circolate a Madrid monete riportanti l'effigie del fantomatico re. Cfr. Guasti, Lotta politica e riforme, cit., p. 39. Sull'argomento della guerra guaranitica e sulla sua letteratura polemica torneremo più avanti.

128 « No sabré decir de cierto, si lo tomó por su propria elección o porque se lo señalassen de Roma, donde era el P. Muriel bien conocido del p. General, por los informes anteriores, siempre buenos, y por los posteriores, sempre mejores, que de él tenía. Mas parece mas verosímil que se lo diessen de Roma, porque siendo el P. Domingo actualmente secretario de la provincia, era cosa irregular y poco conforme a la buena política, que lo privasse de él el P. Contucci de su propria authoridad. Por otra parte, ignorando el nuevo visitador el estrado de la provincia, el numero y calidad de los sugetos y la realidad de lo acaecido en las misiones de los guaranís, era naturalísimo que diesse Roma un secretario perfectamente instruído en todo esto, y que perfectamente lo pudiesse instruir a él». Miranda, Vida, cit., p. 262 e sg.

129 Ivi, p. 264 e sg. 130 Ivi, p. 276.

Non sappiamo di preciso quale fu la sua attività in Europa; verosimilmente ebbe a che fare con le incombenze che la sua nuova carica implicava. Certo è che per questi affari dovette risiedere spesso a Madrid e fece anche un viaggio fino a Roma, dove trattò personalmente con Lorenzo Ricci, Preposito generale della Compagnia131. Per il resto, il suo biografo principale, Miranda, ci dice che fu molto indaffarato nella scrittura di alcune opere, che in parte aveva già preparato in America, tutte di carattere spiccatamente apologetico: tra di esse notiamo la traduzione in latino dell’Histoire du Paraguay del p. Charlevoix e la stesura dei Fasti Novi Orbis, che furono poi pubblicati durante l’esilio italiano e di cui ci occuperemo più avanti; in effetti, prima del 1767, durante il suo servizio di procuratore della Provincia, non riuscì a ottenere il visto della censura spagnola, forse proprio a causa del particolare tono apologetico delle sue opere132, di cui vedremo i riflessi quando affronteremo la sua produzione nell’esilio.

Le stesse considerazioni, del resto, si debbono fare anche per quanto riguarda quella che, senza dubbio è la più controversa opera di Muriel, che proprio a queste date, durante la sua procura in Europa, risale; si tratta della Lettre à l’Auteur de l’Article Jésuite dans le dictionnaire Encyclopédique, ou Compte Rendu de cet Article à son Auteur. Il libro si presenta fin dal principio eccentrico, per diversi motivi. Innanzitutto, la datazione: il volume riporta la data del 1766 ed è anonimo; per quanto sia possibile che la data sia fittizia, tuttavia essa pare congruente con lo spunto polemico dello scritto, che più volte, soprattutto nei capitoli finali, fa cenno all’espulsione di alcuni gesuiti dal regno di Francia, che avvenne a partire dal 1764; mentre d’altra parte, non fa cenno a nessun avvenimento notevole successivo alla metà degli anni 1760, in particolare non vi si trova alcun riferimento alla soppressione della Compagnia di Gesù133. Inoltre, soprattutto, l’attribuzione a Muriel

131 Ivi, p. 184.

132 Gli altri scritti furono una Relaciòn de las missiones vivas del los Jesuitas del Paraguay e una Vida del Apostolico

P. Joseph Pons, jesuìta missionero de la provincia del Paraguay. Ivi, p. 281 e sg.; queste due opere, le tradusse poi

in latino e le inserì in appendice alla Historia paraguajensis, che fu infine pubblicata nel 1778.

133 Di diverso avviso è Furlong che, nella sua bibliografica dedicata a Muriel, non esita a dubitare, oltre che della data, anche del titolo: «es evidente que ése no puede ser el título de la obra, y la fecha de 1766 no puede ser la del a ño en que se publicó»; tuttavia questa sua affermazione non è giustificata da nessun argomento. Cfr. Furlong, Domingo

può suscitare perplessità: nessuno dei suoi contemporanei, di quelli che ebbero con lui rapporti abbastanza intimi, glielo attribuisce: nemmeno Miranda, l’autore della sua minuziosa biografia, fa il minimo cenno a questo scritto, pur avendo elencato persino le opere di cui Muriel, nel periodo in cui fu procuratore del Paraguay, aveva appena preparato il manoscritto, o apprestato la prima stesura134; ad attribuirlo a Muriel, che effettivamente conosceva il francese, fu il bibliografo gesuita Diosdado Caballero, forse nei primi anni del XIX secolo. Seguendo la sua autorità, tutti i principali bibliografi della Compagnia di Gesù hanno confermato l’attribuzione, senza tuttavia portare nuovi elementi a suo favore135. Furlong, con una critica un po’ impressionistica, afferma di riconoscere nello scritto lo stile di Muriel136.

Più modestamente, possiamo a nostra volta esporre alcuni argomenti a favore di questa attribuzione. Innanzitutto, per quanto di lingua castigliana, Muriel, come abbiamo visto, padroneggiava anche altre lingue fra cui il francese, la cui conoscenza era peraltro notoriamente molto diffusa all’epoca. È vero che l’autore dimostra una conoscenza profonda non soltanto dei contenuti dell’articolo Jésuite pubblicato sull’Encyclopédie, ma anche delle vicende complesse che portarono all’espulsione di molti gesuiti dalla Francia in seguito all’estinzione di quella Provincia nel 1762; tuttavia non si può trascurare che molti di questi espulsi furono accolti, spesso clandestinamente, dai loro confratelli spagnoli, in particolare da quel gigante dell’ala dura dell’Assistenza spagnola che fu il provinciale di Castiglia, il p. Idiáquez137. Muriel si trovava in effetti in una delle migliori posizioni per seguire le vicende francesi, sia per il suo ministero che lo metteva in contatto diretto con i massimi vertici della Compagnia di Gesù e dell’Assistenza di Spagna, sia perché proprio a partire dal 1764 si trovava in Europa, principalmente a Madrid, ovvero nel momento più acuto della crisi. Quanto poi allo stile, non sappiamo se acconsentire

134 Ovviamente, lo stesso si deve dire dell’orazione funebre di Masdeu, largamente in debito con l’opera di Miranda, come vedremo più avanti.

135 Così E. Rivière, Supplement au De Backer-Sommervogel, p. 602, Toulouse, 1911; J. E. Uriarte, Catálogo razonado

de obras anónimas y seudónimas, t. 1, p. 402, n° 1181, Madrid, 1904; J. T. Medina, Los expulsos de 1767, p. 260,

Santiago de Chile, 1913.

136 «Todo el estilo del libro es característico de Muriel, y no nos cabe duda que es él su autor». Furlong, ibidem. Anche se va detto che lo stesso Furlong, pur fidandosi dei bibliografi che lo hanno preceduto, non manca di stupirsi del fatto che un'opera così vivace e riuscita sia sfuggita all'elencazione di un biografo accurato come Miranda.

137 Sulla vicenda, e sul modo in cui essa si inserì nel contesto del processo politico che portò all’espulsione dei gesuiti dalla Spagna nel 1767, cfr. Guasti, Lotta politica e riforme, pp. 76-90.

all’apprezzamento di Furlong; certo è che l’opera, come vedremo fra poco, è notevole per i toni che utilizza nella descrizione e nell’analisi dei fatti di Francia e che denunciano il suo autore come un accorato partigiano del “gesuitismo”, quale successivamente si dimostrò Muriel, specialmente negli anni dell’esilio. Peraltro, anni dopo Muriel, nella sua Carta sobre el modo de conservar el espíritu religioso de la Compañía de Jesús, redatta presumibilmente nel 1773 e di cui parleremo più avanti, dimostrò di essersi interessato all’attacco che i gesuiti francesi subirono negli anni 1760, citando la Destruction des Jésuites en France di d’Alembert138. Resta, tuttavia, che l’opera è quanto meno eccentrica nel quadro della produzione di Muriel ma, nonostante che non vi sia altra testimonianza di quest’attribuzione, specialmente in autori, come Miranda, che furono personalmente molto vicini a Muriel, seguiamo provvisoriamente l’indicazione di Caballero, in mancanza di prove contrarie che risolvano indiscutibilmente la questione.

Come è esplicito fin dal titolo, la lettera si rivolge, in modo fittizio, all’autore dell’articolo Jésuite contenuto nell’ottavo volume dell’Encyclopédie ou Dictionnaire raisonné des sciences, des arts et des métiers, che era uscito alla fine del 1765; l’articolo, attribuito alla penna di Diderot139, può essere scomposto dall’analisi in tre parti: nella prima, c’è una breve cronotassi della storia della Compagnia di Gesù; nella seconda, una stringata descrizione della struttura dell’ordine e dell’obbedienza che vi regna; nella terza, una riflessione politica sulla presenza dell’Ordine gesuita negli Stati europei. L’anonimo della Lettre, che provvisoriamente supponiamo essere Muriel, si rivolge ironicamente all’autore dell’articolo ringraziandolo per aver assemblato in così poco spazio tante falsità sui gesuiti, così che possano essere agevolmente sbugiardate140. Attraverso quest’artificio, Muriel individua nell’incredulità di ispirazione illuminista il principale difetto dell’articolo, ovvero vi

138 Cfr. D. Muriel, Carta sobre el modo de conservar el espíritu religioso de la Compañía de Jesús, extinguida la

religión, in F. Miranda, Vida, cit., p. 509.

139 Cfr. F. Diaz, Scritti politici di Denis Diderot con le “voci” politiche dell’Encyclopédie, Torino (UTET) 1967, p. 616- 618.

140 «Le malheur des Jésuites de France me les a rendus plus estimables et plus chers; je suis sensibile à tout ce qui les

justifie. Vous venez de leur rendre un service dont en verité je vous ai pour eux la plus grande obligation. L’idée que vous avez, ce semble, entrepris d’en donner à vos Lecteurs, c’est que ce Corps est inattaccabile par le vrai, puisque la haine même la plus éclairée et la fureur la plus réfléchie ne l’attaque que par le faux. Etoit ce là votre dessein en composant votre article Jésuite? J’aime à le croire». [D. Muriel, S.J.], Lettre à l’Auteur de l’Article Jésuite dans le

individua un vizio fondamentalmente ideologico; si tratta di un antigesuitismo pregiudiziale che ha dato origine alle polemiche che hanno accompagnato la crisi della Compagnia in Francia, vero vincolo di unione fra Lumières e giansenisti nel “disegno” di distruzione della Compagnia di Gesù.

N’est-ce pas là confirmer à tout le monde ce dont personne ne doutoit? N’est-ce pas crier sur les toits que les gens de Lettres sans Religion se sont ligués contre les Jésuites avec les Jansénistes sans conscience, et que la partie a été bien liée entre ces deux espèces d’honnêtes gens pour travailler de concert à la ruine des ennemis communs de l’irréligion et de l’hérésie? N’est-ce pas dire que le fruit de leurs union et des secours mutuels qu’ils se sont prêtés, a été de fournir le prétexte et le moyen de destruction qui a réussi? Et quel moyen? celui de ramasser tout ce qui a été dit depuis deux cents ans par l’hérésie, par la haine, par la jalousie, par la passion, par la prévention, contre l’Institut, contre la Doctrine, contre la conduite des Jésuites, et d’en former un tas d’imputations, de suppositions, de calomnies, si effrayant et si spécieux, qu’il pût satisfaire et séduire un nombre suffisant de Magistrats, en fournissant à plusieurs un prétexte qu’il cherchoient, et en tendant à plusieurs un piège dont ils ne se défioient pas141.

Il tono è quello dell’invettiva, gli idoli polemici sono individuati senza esitazione: come vedremo in seguito, in questo scritto emerge, sia pure limitata alla storia recente dei gesuiti, una sorta di teoria del complotto già dotata di tratti di compiutezza. Si noti l’espressione crier sur les toits qui utilizzata che, di chiarissimo ambito apocalittico142, fa immediatamente appello a un’istanza superiore di verità, a cui è affidata la giustizia dei torti subiti. Allo stesso tempo, è anche un’analisi politica molto acuta, che rivela una conoscenza profonda degli avvenimenti francesi e delle dinamiche istituzionali che portarono alla soppressione dell’ordine gesuita in Francia attraverso la contrapposizione fra Corona e Parlamenti; significativo che ai parlamentari venga attribuita la responsabilità di aver trovato, nei libelli e nelle leggende dell’antigesuitismo, il mero pretesto per una operazione politica che già avevano in animo. Interessante anche la distinzione fra tre forze scese in campo contro i gesuiti: i magistrati, i giansenisti, i “letterati”, queste ultime due categorie veri e proprio motori ideologici del conflitto.

141 Ivi, p. 9-10. 142 Lc 12,3; Mt. 10,27.

Per quanto riguarda quella che, per comodità d’esposizione, abbiamo denominato la prima parte dell’articolo di Diderot, basterà un breve esempio per dare l’idea del tono polemico e dell’approfondimento erudito che l'autore utilizza nella sua replica. Un esempio piuttosto tipico del procedere dell’autore della Lettre è il brano che riguarda l’assassinio di Enrico IV di Francia. Diderot aveva scritto, come punto di un lungo elenco di crimini ed episodi oscuri: «En 1610, Ravaillac assassine Henry IV. Les Jésuites restent sous le soupçon d’avoir dirigé sa main ; et comme s’ils en étoient jaloux, & que leur dessein fût de porter la terreur dans le sein des monarques, la même année Mariana publie avec son institution du prince l’apologie du meurtre des rois». Muriel ribatte colpo su colpo, sviscerando l’intera affermazione in ogni dettaglio, per confutarla, concentrandosi particolarmente sulle tesi di Mariana, parte integrante della leggenda nera antigesuitica:

Qu’on ouvre le Livre de Mariana. Malgré quelques principes dangereux qui s’y trouvent au milieu des excellentes choses qu’il contient, je défie qu’on montre l’Apologie ni de l’horrible attentat de Ravaillac, ni d’aucun des parricides que la France déteste avec tant de raison. Ce Livre n’approuve pas même l’action de Jacques Clément dont il parle, et malgré les préventions et les préjujés de l’Espagne où l’auteur écrivoit, il ne canonise pas ce forfait, comme le Parlement, la Sorbonne, les Curés de Paris, et presque toute la France l’avoient fait dans ce temps de délire. […] Enfin, quand Mariana auroit été encore plus loin qu’il n’est allé dans son Livre, Mariana n’est pas les Jésuites: et son Livre fut désapprouvé par le Général des Jésuites, et hautement condamné, supprimé avec soin par les Jésuites de France, long-temps avant qu’il eût été dénoncé dans ce Royaume143.

Inoltre, continua, Ravaillac stesso, pur avendo studiato presso i collegi dei gesuiti, in punto di morte confessò di aver concepito il proprio delitto durante la sua frequentazione degli ambienti parlamentari, che sono da Muriel, con una notevole forzatura storica, identificati con quelli, impregnati di giansenismo, che avevano preparato la rovina della Compagnia in Francia144. Eppure, a parte questo artificio polemico, l’autore dimostra una conoscenza approfondita della storia della Compagnia di Gesù in Francia, notevole se si confronta con le poche parole che

143 Lettre, pp. 119-120. 144 Ivi, pp. 125-126.

spende per uno dei casi più critici per i gesuiti dell’epoca, ovvero proprio quelle Riduzioni paraguaiane che Muriel dovrebbe conoscere molto bene e su cui, all’epoca, come abbiamo visto, stava scrivendo o aveva appena scritto un’apologia, la Relaciòn de las missiones vivas del los Jesuitas del Paraguay145. Ignoriamo i motivi per cui Muriel, l’autore presunto della Lettre, non abbia dato maggiore spazio al caso paraguaiano, che pure conosceva molto profondamente, anche se possiamo ipotizzare che si debbano ricercare nel tema stesso del libello, completamente incentrato sulle vicende francesi dei primi anni 1760.

Altri passi della Lettre riguardano poi la critica che Diderot, nel suo articolo, aveva fatto della Compagnia di Gesù nel suo complesso, incentrata soprattutto attorno al problema annoso della struttura dell’obbedienza dei gesuiti al proprio Preposito generale e al papa, su cui erano già scorsi fiumi d’inchiostro. Diderot, senza alcuna originalità, aveva svolto le argomentazioni classiche in una chiave giurisdizionalista verosimilmente ispirata alla campagna libellistica orchestrata da Pombal pochi anni prima, durante il processo che portò all’espulsione dei gesuiti domini portoghesi e al processo al p. Malagrida146.

Leur régime est monarchique; toute l’autorité réside dans la volonté d’un seul. Soumis au despotisme le plus excessif dans leurs maisons, les Jésuites en sont les fauteurs les plus abjects dans l’état. Ils prêchent aux sujets une obéissance sans réserve pour leurs souverains; aux rois, l’indépendance des loix & l’obéissance aveugle au pape; ils accordent au pape l’infaillibilité & la domination universelle, afin que maîtres d’un seul, ils soient maîtres de tous.

Nous ne finirions point si nous entrions dans le détail de toutes les prérogatives du général. Il a le droit de faire des constitutions nouvelles, ou d’en renouveller d’anciennes, & sous telle date

145 «Je n’en voudrois pour exemple que la fable qu’il renouvelle sur les Jésuites du Paraguai, qui, «en 1755, conduisent en bataille rangée les Habitantes de ce Pays, contre leurs légitimes Souverains». Il n’importe que les Relations les plus authentiques aient prouvé que les Jésuites n’ont fait que porter à la soumission ces Indiens que l’on vouloit assujetir malgré eux aux Portugais; il n’importe, qu’indépendamment de toute Relation, on sente d’abord le ridicule d’un conte si mal imaginé; ce conte s’est répandu: on a voulu l’ériger en fait historique: on est allé jusqu’à vouloir l’accréditer par les monuments: qui pourra douter d’un fait attesté par la médaille frappée au coin du Roi Nicolas, Frère Jésuite, devenu Roi du Paragay [sic!] en 1755? Qui pourra douter, qu’il n’ait conduit en bataille rangée les

Habitantes du Pays, ses nouveaux Sujets, contre leurs légitimes Souverains? Mais on a eu beau faire: et le Roi

Nicolas, et sa médaille, et les armées du Paraguay conduites par les Jésuites contre leurs légitimes Souverains, ne font aujourd’hui que couvrir d’odieux et de ridicule ceux qui débitent ces visions: Et ces visions viennent encore figurer dans l’Abrégé chronologique!

Voilà, M.[onsieur], tout ce que je dis à mon ami, me réservant d’expliquer d’avantage vis-à-vis à vous». Ivi, p. 185- 186. Per la Relación de las misiones vivas, vedi sopra.

146 Cfr. J.E. Franco, O mito dos jesuítas em Portugal, no Brasil e no Oriente (séculos XVI a XX), Lisboa (Gradiva) 2006, pp. 319-352, 411-436, 546-551.

qu’il lui plaît; d’admettre ou d’exclure, d’édifier ou d’anéantir, d’approuver ou d’improuver, de consulter ou d’ordonner seul, d’assembler ou de dissoudre, d’enrichir ou d’appauvrir, d’absoudre, de lier ou de délier, d’envoyer ou de retenir, de rendre innocent ou coupable, coupable d’une faute légere ou d’un crime, d’annuller ou de confirmer un contrat, de ratifier ou de commuer un legs, d’approuver ou de supprimer un ouvrage, de distribuer des indulgences ou des anathèmes, d’associer ou de retrancher; en un mot, il possede toute la plénitude de puissance qu’on peut imaginer dans un chef sur ses sujets; il en est la lumiere, l’ame, la volonté, le guide, & la conscience.

Si ce chef despote & machiavéliste étoit par hasard un homme violent, vindicatif, ambitieux, méchant, & que dans la multitude de ceux auxquels il commande il se trouvât un seul fanatique, où est le prince, où est le particulier qui fût en sûreté, sur son trône ou dans son foyer?

Les provinciaux de toutes les provinces sont tenus d’écrire au général une fois chaque mois; les recteurs, supérieurs des maisons, & les maîtres des novices, de trois mois en trois mois

Il est enjoint à chacun des provinciaux d’entrer dans le détail le plus étendu sur les maisons, les collèges, tout ce qui peut concerner la province; à chaque recteur d’envoyer deux catalogues, l’un de l’âge, de la patrie, du grade, des études, & de la conduite des sujets; l’autre, de leur esprit, de leurs talens, de leurs caractères, de leurs mœurs: en un mot, de leurs vices & de leurs vertus.

En conséquence, le général reçoit chaque année environ deux cens états circonstanciés de