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9 andare a sperimentarsi fuori In base a questo obiettivo vedi se ci sono delle lacune da parte

dell’utente e su queste difficoltà cerchi di indirizzare il lavoro in rete, perché vuoi risolverle.

KS: Dalla tua esperienza quali sono gli aspetti positivi dell’attuale modo di lavorare con le reti?

OS: Sicuramente il fatto che, detto molto sinteticamente, hai tre, quattro, cinque teste al posto di una. Anche perché vedere un problema solo ed esclusivamente da una persona può essere influenzato da fattori che magari questa persona non vede. Invece in quattro, cinque emergono delle situazioni e degli altri fattori, che magari questa persona non vede. Ognuno fa la sua parte e di conseguenza cerca di far emergere quelle che sono le voci diverse da discutere sul problema. Il lavoro in rete è proprio per questo. All’interno della rete ci sono diverse figure ed è proprio questa diversità che sicuramente porta a dei risultati migliori. Ogni rete contiene più soggettività, è diversificata anche nelle idee. Per quello non è più una rete soggettiva, ma diventa una rete di collaborazione.

KS: Grazie. Ti viene in mente un altro aspetto?

OS: Secondo me, uno degli aspetti più positivi è il fatto che hai la consapevolezza che il fattore non è uno solo. Perché comunque sai se qualsiasi problema emerga, il problema che venga segnalato, hai la possibilità di confrontarti, di chiedere, di relazionarti con le persone che sicuramente sanno in qualche modo aiutarti. Questo è, secondo me, un dato molto molto positivo. Se non hai una rete dietro e sei in difficoltà, sei solo e questo ti rende fragile e, a volte, non sempre gli educatori hanno… Non voglio dire che non hanno le capacità, ma magari nel momento delle difficoltà dell’educatore emerge un problema che se sei solo fai fatica ad affrontare. Se sai di avere una rete dietro, sei molto più tranquillo e affronti il problema con meno difficoltà.

K: Quali sono gli aspetti critici dell’attuale modo di lavorare con le reti?

Secondo me, dipende molto dal modo in cui tu, l’educatore porti il problema in rete, lo sviluppi di fronte alla rete. La parte molto importante è il momento quando l’educatore dice: “È successo questo e quello...”. Il punto debole è che può spiegare male il problema e peggio ancora se viene capito male da chi c'è all’interno della rete. In questi casi puoi perdere un’ora di riunione che non serve a niente, perché cerchi di far passare il messaggio in rete e magari non è servito a niente e cerchi di dire forse mi sono spiegato male, il problema non era proprio questo ma era diverso. Oppure, ma credo sia molto più raro, succede il fatto che si arrivi a niente con troppe disuguaglianze, no? Cinque persone che vedono cinque colori diversi, cinque punti di vista diversi sul problema. Poi è veramente difficile trovare la quadra. Magari non basta una rete sola per risolvere il problema, ma ci vogliono due o tre.

KS: Intendi gli incontri di rete? OS: Incontri di rete, sì.

OS: Se ognuno parte da lontano nel affrontare il problema o lo vede esclusivamente dalla propria prospettiva, allora questo diventa una criticità. Se dopo si riesce ad elaborarlo bene, il problema non c'è più. Diventa un ostacolo nel momento che le persone si ancorano nel proprio pensiero su quello che hanno già deciso, prima di confrontarsi con la rete, e non si smuovono su quell’idea lì.

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KS: Quali strategie vengono attualmente messe in atto per affrontare queste criticità?

OS: Anche quello dipende dall’educatore. Secondo me, la strategia migliore è quella di parlare molto. Parlare, parlare, parlare, perché discutendo molto si riesce a trovare il punto dove si capisce qual’è la fragilità e anche qual è l’aspetto dove ci si può migliorare. Perché più si discute, più si arriva a comprendere l’altra persona e a capire quello che non puoi capire da solo. La strategia migliore è parlare molto e se non si riesce ad arrivare ad una conclusione, a finalizzare il ragionamento di tutti insieme, devi rimandare ad un’altro tempo e ritornarci ad un’altro incontro. Secondo me, è molto meglio che puntarsi e dire “in due ore devo risolvere questo problema” quando uno è a Milano e l’altro è a Zurigo, capisci?

KS: Ti è già capitato di dover procedere in questo modo?

OS: No, a me no, per fortuna. Ma ho visto delle reti che sono partite con questa modalità e poi, alla fine, dopo tre ore si sono detti ci troviamo magari fra 15 giorni ancora per vedere questo problema.

KS: Una rete in cui ha partecipato uno dei colleghi operatori? OS: Sì.

K: Grazie, è tutto da parte mia. OS: Grazie.

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Allegato IV

Intervista nr. 4 ad un operatore del laboratorio Cabla a luglio 2018.

OS: Operatore sociale KS: Karolina Sokala

KS: Cosa significa, secondo te, lavorare con la rete?

OS: È indispensabile, se si vuole prendere in conto la globalità della persona, perché posso avere delle cose qua al lavoro senza avere degli elementi della sua vita privata o viceversa e possono essere complementari gli approcci, per tendere al meglio per lei, per il suo sviluppo, per il suo benessere.

KS: Per elaborare e portare avanti un progetto dell’utente del laboratorio hai bisogno degli elementi raccolti attraverso la rete?

OS: In alcuni casi di più che in altri. Non sempre hanno lo stesso impatto. Ti do un esempio, magari… Con X [nome utente] facciamo degli obiettivi lavorativi che, però, se ne parla col padre di quello che succede a casa, possono essere inerenti, sì o no. Invece con Z [nome utente] si parla di quello che succede a casa, della sua situazione, perché è molto chiuso su sé stesso, magari a casa porta delle voglie o dei desideri. È importante comunque riuscire ad avere delle informazioni tramite altre persone, perché lui, sul momento non è in grado di dartele, quindi ti può aiutare a fissare degli obiettivi. Oppure si può cercare di parlare con lui, non mettendogli in bocca le parole, ma parlargli, dire le cose che hai sentito da terzi e vedere se effettivamente sono per lui importanti e poterle dopo utilizzare per fissare un obiettivo. Non so se ho riposto?

KS: Sì, grazie.

KS: In genere, quali sono gli attori che solitamente vengono implicati nelle reti con cui collabori per i tuoi referenti?

OS: Qua è molto diversificato, perché se c'è un disagio psichico, evidentemente c'è uno psichiatra o uno psicologo e un curatore, magari, l’educatore di riferimento del foyer, se l’utente abita nel foyer e noi. Se è un handicap mentale cambia, ci sono altre figure. C'è un ergoterapista, magari. Se poi l’utente ha dei problemi di motricità, anche fisioterapista. Sono le cose dove entrano meno importanti per quello che facciamo noi qua. Mentre con uno psichiatra o uno psicologo o un ergoterapista puoi dopo mettere delle cose sul lavoro per far si, che funzioni bene, che agevoli il lavoro al laboratorio.

KS: In che modo questi professionisti possono agevolare il lavoro al laboratorio?

OS: C’era una ragazza, un po’ di tempo fa, un esempio che mi viene in mente, che aveva un hemiplegia e puntavano abbastanza per inserirla qui. Le difficoltà erano grandi, la sua ergoterapista è venuta a vedere che tipo di lavori facciamo e ha cercato di trovare delle soluzioni come l’utilizzo di alcuni attrezzi, modificandoli per far si, che lei potesse lavorare, fare almeno lo stage. Però dopo, bon... non è andata in porto comunque per altre difficoltà. Si è cercato di lavorare in quel senso.

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KS: Per quanto alle altre figure della rete, come vengono implicate?

OS: C’è la famiglia, c'è sempre in quasi tutti i casi. La famiglia è una parte delle rete che può tirare in due sensi, dipende un po’ chi ti gioca a favore e chi contro. Cioè è brutto dire “contro”, “a favore”, però ogni tanto possono essere un freno e ogni tanto no. Quando sono un freno è complicato, perché comunque la famiglia…

KS: Per il freno cosa intendi?

OS: Come nel caso dell’eccessiva protezione del proprio figlio che si pensa che non possa sviluppare determinate competenze, perché si ha paura che si va verso una delusione per lei o per lui. Si pensa che non abbia determinate capacità, quindi si tendono a tenerli sotto una campana. Oppure succede che pensano che quello che lui fa non è importante e lo si mette in un posto perché così lo si tiene occupato. Così viene lasciato li, senza grandi obiettivi di sviluppo.

KS: Visto che hai portato questo esempio di letture diverse, di aspettative o di interessi, magari, divergenti ti chiedo subito come si affronta la situazione in questi casi?

OS: No so se di interessi, è quasi una cosa deontologica, nel senso che comunque hai un dovere del tuo lavoro di lavorare sugli obiettivi, di tendere verso un’autonomia, di uno sviluppo della persona. Se hai di fronte una situazione del genere, cerchi di gestirla al meglio, alla fine fai un buon viso a cattivo gioco, tenti di aggirare un po’ le difficoltà del lavoro in rete, degli incontri di rete, mettendola in modo da poter lavorare in un certo modo. È brutto ne, ma intortarli un po’. Nel senso che mi sentirei veramente a disagio a dire “ok, non facciamo niente perché, secondo voi, non c'è bisogno”.

KS: Rispetto alla rete informale dell’utente, all'eccezione della famiglia succede che nella collaborazione vengono coinvolte delle altre persone significative per l’utente o delle figure del territorio?

OS: A me non ha mai capitato e non ci neanche pensato di andare a coinvolgere gli amici o vicini di casa. Però se qualcuno lavora all’esterno, il suo datore di lavoro viene incluso nella rete.

KS: Chi decide sul coinvolgimento di una figura piuttosto che altra?

OS: Dipende chi promuove la rete. Quando le organizzo io per gli utenti che seguo qua cerco di contattare le persone e vedere. Se vedo che non c'è un gran interesse da parte della persona, magari faccio un contatto per conoscerla, so non l’ho mai vista. Però dopo, se vedo che è più un freno che un attore che tira, che ha interesse, allora la prossima volta, la informo che c'è un incontro di rete, se vuole venire può venire, se non vuole venire andiamo senza.

KS: Cosa viene preso in considerazione per decidere sul coinvolgimento delle figure nella rete di collaborazione?

OS: In alcuni casi è evidente, se c'è un curatore, deve essere coinvolto, cioè idealmente c’e nella rete, perché è la persona che hai diritti di decidere sull’utente. L’educatore di riferimento di foyer o di altra struttura è comunque importante, perché magari lo vede di più. Poi gli

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