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problemi.

KS: Rispetto al lavoro in rete, hai parlato della presa di decisioni, del discutere insieme degli obiettivi per i progetti. Diversi servizi hanno un mandato e i modi di lavorare propri. Al livello

della progettazione con la rete, vengono esplicitati gli approcci a cui fanno riferimenti i professionisti o servizi implicati?

OS: No, ma no. Secondo me, non è che abbiamo un protocollo di rete, dove siamo obbligati a seguirlo. Abbiamo una rete formata dai professionisti, dove ogni professionista porta il suo, cosa vede.

KS: Vi sono spesso dei famigliari, come dicevi prima, e anche loro portano le sue osservazioni, giusto?

OS: C’è dentro la famiglia, c’è dentro l’utente, tutti. Però tutti quei che girano intorno alla rete naturale dell’utente sono dei professionisti, per portare il suo. È inutile che io sono educatore e vengo a parlare dei medicamenti, altrimenti faccio solo pasticci. Questo è fondamentale che, non prendiamo il posto di qualcun’altro.

Come, con quali strumenti e modalità, avviene la presa di decisione al livello di rete?

OS: Dobbiamo ricordarci che, allora, se noi facciamo la rete e decidiamo noi, non serve a niente. Secondo me, non deve decidere solo la rete, perché lì non ce ne l’autonomia. Però, dico che la rete porta, l’utente porta, decidiamo assieme però alla fine quello che deve decidere, secondo me, è l’utente. Non dobbiamo essere noi, o meno che ci siano dei casi specifici, che si mette in difficoltà l’utente, o che si mette lui stesso in difficoltà, dove magari ci sono delle situazioni più svariate, tipo un curatore che decide, non so, uno spillatico di 10 franchi al giorno, non di più, perché se gli da 100 franchi lui non arriva a fine mese. È una decisione presa da lui, ma comunque discussa da tutti alla rete, non presa così e basta.

KS: Una volta presa la decisione in rete, come si procede per la distribuzione dei compiti e responsabilità?

OS: Dipende che ambito riguarda, se piuttosto l’abitativo o piuttosto il lavoro.

KS: Nel caso in rete siano presenti i famigliari, per esempio, o altre figure che non fanno parte dei servizi, vengono incaricati dei compiti?

OS: Sì. Per esempio se c'è anche la famiglia e, per esempio, l’utente deve prendere il treno da Giubiasco, ma la mamma dice che lo può accompagnare, allora forse si può fare oppure no. Si cerca sempre di vedere qual è la finalità di questa cosa. Avere in mente la finalità è importante.

KS: In seguito come avviene il monitoraggio della situazione e la valutazione dei risultati?

OS: La valutazione può essere fatta già al prossimo incontro oppure, se c'è qualcosa da monitorare viene fatto in itinere nel rispettivo ambito. In certi casi le parti si contattano al telefono. In ogni caso le informazioni passano. Succede che viene fissato un incontro di rete straordinario per valutare l'evolversi degli aspetti trattati prima.

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KS: Come viene svolta la funzione di coordinamento al livello di rete?

OS: Allora, ogni tanto incarico l’utente stesso di prendere i contatti con la rete e di organizzare un incontro. Dipende poi dalla persona, ad alcuni faccio fare a loro. Poi, alla riunione, dipende dove viene ospitato, al foyer, al Cabla, lì c'è sempre qualcuno del posto che coordina. Deve esserci sempre qualcuno che tiene tutti i fili del discorso, se no non funziona.

KS: L’assunzione di questo ruolo viene esplicitata? OS. No, è implicita.

KS: Come vengono gestiti gli eventuali conflitti al livello di rete?

OS: A me non è mai capitato un conflitto. Sono capitati pareri diversi, quello sì, che vengono poi discussi dalla rete. Il coordinatore deve tenere i paletti, altrimenti è un caos.

KS: Al livello del Cabla, noti delle differenze, fra i diversi operatori, nel modo di

lavorare con le reti?

Sì, per fortuna. Ognuno ha il suo modo di porsi, di comunicare, ma alla fine l’obiettivo è comune, cioè l’aiutare l’utente.

KS: Quali sono secondo te gli aspetti positivi dell’attuale modo del lavorare in rete?

OS: La comunicazione, se funziona. Per funzionare deve essere chiara, deve essere trasparente. Dopo, il punto forte è che comunque possiamo fissare degli obiettivi per lavorare.

KS: Quando dice “fissare obiettivi per lavorare” cosa intendi?

OS: C'è una problematica che emerge, che dopo viene discussa, e da lì dobbiamo arrivare a degli obiettivi per lavorare.

KS: Ci fissa gli obiettivi?

OS: Lo facciamo noi, educatore con l’utente, poi si discute con l’equipe. Poi mentre discuti una cosa spesso emergono delle altre su cui discutere. Un esempio: L’utente Y non aveva il tempo per mangiare, perché a pausa doveva tornare al foyer. Questo problema l’abbiamo discusso con lui e col foyer e abbiamo visto che e’ importante che avesse quel tempo, quindi da li, abbiamo fissato un obiettivo specifico. Dopo abbiamo deciso che la parte del foyer assieme al Y valuta se lui cucina la sera prima e porta il pranzo a lavoro oppure si compra da mangiare. Il laboratorio invece, offre lo spazio, questa è la sua parte.

KS: Grazie per questo esempio. Ti ho interrotto mentre parlavi degli aspetti positivi dell’attuale modo di lavorare con le reti.

OS: L’aspetto positivo è che diamo all’utente l’impressione che comunque qualcuno c'è, che lavora per lui, che non è da solo. Lui è al centro e noi siamo attorno. L’aspetto positivo è, come dicevo, che abbiamo tantissimi scambi e quello è importantissimo. Lo scambio è fondamentale, perché io vedo male che per dieci anni io e l’utente lavoriamo da soli e basta e che non abbiamo bisogno di niente. Siamo un po’ limitati. Invece meglio quando c’è la gente che ci da degli spunti per il lavoro, ci sono più possibilità e si può vedere qualcosa di diverso. Non ci focalizziamo solo io e l’utente, ma ci sono anche gli altri con i loro contributi. Lo scambio è fondamentale. Se non c'è un passaggio di informazioni è dura.

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