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8 fare? Non fare Il vuoto lasciato lo riempie l’utente e non le persone che sono intorno a lui.

Quindi si tratta di lasciare all’utente la possibilità di agire, o anzi, si obbliga l’utente ad agire. Con quali strategie? Dandogli le responsabilità, cercando di far nascere da lui la soluzione a un problema, chiedendo a lui, dandogli la parola, rendendo l’utente pro-attivo anche dal punto di vista comunicativo. Altri aspetti critici… Ci sono alcune persone che fanno parte della rete, che non sono del tutto funzionali alla rete e parlo soprattutto di alcuni famigliari. In alcune reti i famigliari possono portare delle difficoltà, discussioni senza finalità, tanto per discutere. Quindi si fa fatica a rimanere sul pezzo, si fa fatica a portare avanti un discorso, perché ci sono continue interruzioni. Quello hai visto un po’ quando hai partecipato alla riunione di rete di X, il che è un esempio di quello che sto dicendo. Vedo le difficoltà ma faccio fatica a trovare una scappatoia.

KS: Quali strategie vengono attualmente attuate per affrontare queste problematiche?

OS: In questo caso si cerca di… Si fa fatica in quel caso, perché comunque sono le persone che hanno sempre fatto parte della rete, sin dall’inizio, quindi non si possono neanche escludere, anche perché per l’utente sono molto significative. L’utente vuole mantenere la loro presenza in rete anche perché è pressato da varie parti, magari gli dicono che vogliono esserci. Quindi si cerca di essere il più professionale possibile. Visto che si coordina, si cerca di mantenere un po’ un certo rigore nell’esecuzione della riunione di rete, anche con un determinato grado di autoritarismo, in alcuni momenti. “Stop, si sta facendo questo...” In questo modo si cerca di portare la discussione sui binari, che sia incanalata. Ecco. Quindi è uno sforzo che alla fine fa chi ha un compito di coordinare la riunione.

KS: Hai magari un’altra idea, un’ipotesi di miglioramento rispetto alle criticità che hai sollevato?

OS: Non ne avrei attualmente. Sto pensando, se forse in altre situazioni… Magari un curatore che non ha l’esperienza in campo delle riunioni di rete, magari si cerca di spiegare un po’ cos’è la rete e si cerca di seguire quello che è per te un canovaccio ideale. Ecco. KS: Grazie mille, è tutto.

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Allegato III

Intervista nr. 3 svolta con un operatore di laboratorio a giugno 2018

OS: Operatore sociale KS: Karolina Sokala

KS: Cosa significa, secondo te, il lavoro con la rete dell’utente?

OS: Il lavoro con la rete è fondamentale per certe tipologie di utenti. È ovvio che il tipo di handicap che presenta l’utente ti porta verso il lavoro in rete maggiore o minore. Io, per fortuna, per certi aspetti, sono stato confrontato con degli utenti che hanno avuto pochi incontri di rete. Questi incontri di rete erano fondamentali per discutere quello che è il progetto dell’utente. Tutti, attraverso il lavoro in rete possiamo portare ognuno la sua idea, il suo modo di pensare e il suo modo di aiutare l’utente dove ci sia necessità. Tutti insieme si riesce ad ottenere un risultato sicuramente maggiore che tu con l’utente da solo. Questo perché lo psicologo lo vede come uno psicologo, l’educatore lo vede come l’educatore, il genitore come il genitore e quindi ognuno porta la sua esperienza e per quello si riesce a lavorare meglio a favore dell’utente.

KS: All’interno del laboratorio sei un educatore di riferimento per cinque utenti.

Dalla tua esperienza di collaborazione con le rispettive reti, quali sono in genere gli attori che solitamente vengono implicati nel lavoro in rete?

OS: Solitamente hanno i genitori, spesso lo psicologo, e un tutore, il quale viene coinvolto se ci sono dei problemi gestionali a casa o al livello finanziario. Poi dipende ovviamente alla problematica dell’utente, perché se ha un disagio psichico è chiaro che ha uno psicologo o uno psichiatra. Se ha una problematica legata alla gestione delle cose a casa o piuttosto in un foyer, dovuta alle proprie azioni o per la dinamica in quel posto, allora viene assegnato il tutore o il curatore. A volte viene coinvolto il foyer dove abita l’utente. Degli altri professionisti non ci sono per i miei referenti. Medici, a volte, ma molto raramente. Lo psicologo è, penso, un massimo che possa aiutare al livello di rete. Poi ci sono a volte i psichiatri, però, mi sembra una figura quasi esterna, a cui dovrebbe forse riferirsi solo utente. Al livello di rete, lo psicologo è una figura migliore che possa esserci, assieme all’educatore.

KS: Hai menzionato prima i genitori, vi sono altre figure non-professionali implicate nelle reti con cui collabori?

OS: A volte la famiglia cambia, cioè è molto soggettivo il discorso della famiglia, perché non sempre viene rappresentata come la famiglia tipica. A volte ci sono i genitori adottivi, a volte ci sono fratelli o sorelle che prendono, diciamo, il posto dei genitori perché a volte sono più significativi al livello della rete.

KS: Come avviene il processo di definizione di chi coinvolgere una rete?

OS: Allora la rete viene definita in base alle esigenze dell’utente. Ovvio che il tipo di handicap dell’utente influisce tantissimo sulla composizione della rete. Se un utente ha una patologia al livello psichico, è chiaro che deve essere coinvolta una figura professionale che

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