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L’Associazione Nazionale dei Difensori Civici Italiani125 (ANDCI) è un’associazione che raggruppa i Difensori italiani al fine di sviluppare una collaborazione e una cooperazione tra di essi e lo scopo di garantire una tutela ai cittadini su tutto il territorio nazionale.

I Difensori civici regionali e provinciali possono iscriversi all’associazione che ha responsabili collocati sul territorio italiano.

L’ANDCI è stata istituita nel febbraio del 2002 e la sua nascita ha rappresentato un momento importante per la difesa civica perché ha permesso ai Difensori nazionali di organizzarsi in un’associazione e di impegnarsi in modo concreto nella richiesta di ottenimento di maggiori poteri nell’interesse dei cittadini. Lo scopo principale dell’associazione e quello di «porsi come interlocutore e

stimolo per la Pubblica Amministrazione e quale interlocutore per il Governo nazionale per chiedere che finalmente la Difesa Civica in Italia abbia reali poteri e strumento idonei ed efficaci a suo importante ruolo»126.

Le principali attività dell’ANDCI sono la diffusione e il sostenimento della cultura della difesa civica in Italia; la salvaguardia dell’indipendenza e

125 http://www.andci.it/

126 Così come si afferma nel sito internet, nella sezione dedicata alle attività dell’ANCI

125 dell’autonomia dei Difensori civici attraverso anche l’attribuzione di risorse adeguate all’esercizio delle sue funzioni; la tutela del principio di pari dignità del Difensore civico nei confronti delle altre istituzioni e dei loro rappresentanti.

Al fine di perseguire questi obiettivi, all’associazione dei Difensori civici vengono riconosciuti una serie di poteri, tra i quali l’elaborazione di proposte di legge, di testi normativi da sottoporre all’attenzione dell’organo legislativo; l’associazione può anche organizzare incontri con gli organi governativi, con il Consiglio dei Ministri e con il Presidente del Consiglio al fine di confrontarsi sulla situazione italiana e richiedendo l’attuazione di specifici interventi. Incontri frequenti possono essere organizzati anche con le massime cariche istituzionali al fine di confrontarsi per garantire una maggiore tutela al cittadino.

L’associazione può sviluppare anche rapporti di collaborazione con le istituzioni europee e internazionali che si occupano di difesa civica al fine di confrontarsi sulla situazione europea ed ispirarsi a queste per creare un modello italiano di difesa civica.

Una collaborazione interessante è anche quella con gli organi locali sia regionale che provinciali cercando di formulare proposte per la modifica di statuti e regolamenti così da rendere omogena la situazione italiana. Si possono anche raggiungere accordi sull’autonomia e l’indipendenza da riconoscere ai singoli Difensori civici, sull’attribuzione di un budget di spesa da attribuire ad ogni ufficio di difesa civica. Allo stesso fine possono essere siglate convenzioni con enti pubblici e privati.

Anche l’ANDCI, come il Coordinamento, può programmare delle ricerche e degli studi mirati alla conoscenza più dettagliata delle funzioni e della natura dell’istituto.

L’Associazione è impegnata anche nell’ambito della pubblicizzazione del Difensore civico attraverso campagne di sensibilizzazione e specifici piani di comunicazione, soprattutto per quelle Regioni che non hanno ancora istituito o nominato un Difensore civico, attuati grazie ai mass media, che costituiscono lo strumento più diretto ed efficace per carpire l’attenzione dei cittadini.

Al fine di garantire una maggiore di tutela ai cittadini e per far sì che i Difensori civici abbiano delle conoscenze più specifiche, possono essere organizzati da parte dell’associazione, corsi di formazione rivolti proprio ai Difensori, ai

126 funzionari degli uffici e a tutti coloro che collaborano ed operano nel settore della difesa civica. Avere dei funzionari con un’alta formazione che non è limitata ai soli aspetti connessi al procedimento amministrativo, permette ad essi di offrire una consulenza più completa al cittadino anche quando la difesa civica non è competente.

Tra i poteri riconosciuti in capo all’ANDCI vi è anche quello di agire direttamente nel caso in cui vengano alla luce situazioni di cattiva amministrazione. In questi casi l’associazione agisce come un Difensore civico nazionale, potere conferitogli nell’attesa che quest’ultimo venga istituito. Infine, l’ANDCI può istituire un Osservatorio permanente al quale affidare il compito di monitorare la situazione italiane ed evidenziarne le varie problematiche. L’Osservatorio dovrebbe anche fornire le soluzioni più adeguate alla risoluzione delle problematiche emerse dall’attività dell’Osservatorio. Può essere costituito anche un Osservatorio normativo e giurisprudenziale al fine di assicurare una protezione concreta dei diritti del cittadino.

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Capitolo Quinto

Il Mediatore Europeo

1. Cenni storici

Negli ultimi quarant’anni l’ordinamento comunitario ha subìto delle importante modifiche. In primo luogo, ha perso parte della connotazione iniziale di diritto del mercato comune ed ha assunto quella di diritto comunitario occupandosi maggiormente della tutela dei diritti del cittadino come principi e valori fondamentali127.

In secondo luogo, nel 2004 c’è stato l’ingresso di dieci nuovi membri ed il numero di Paesi parte del sistema europeo è passato da quindici a venticinque. Questi due cambiamenti hanno portato ad un aumento delle competenze attribuite alle istituzioni comunitarie e ad un ampliamento delle dimensioni del sistema amministrativo. Si è verificata, così, la nascita nell’apparato amministrativo comunitario degli stessi problemi di inefficienza e di rigidità esistenti a livello nazionale. E una delle principali conseguenze a questo nuovo sistema è stata proprio l’evoluzione del diritto amministrativo e il cambiamento del rapporto tra i privati e il potere pubblico128.

Si tratta di un problema che si è fatto strada, a partire dagli anni ’70, nell’opinione pubblica e fra la classe politica europea ed ha comportato la presentazione di diversi progetti di riforma di fronte al Parlamento europeo.

Ed è proprio questo il momento in cui nasce l’idea di istituire un Ombudsman comunitario, che verrà designato soltanto nel 1993 e a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Maastricht, affrontando un cammino lungo e difficoltoso durato circa vent’anni.

La prima proposta di istituzione è presentata nel gennaio del 1975 da parte del parlamentare europeo Lord O’Hagan che nel suo intervento chiede alla Commissione europea di presentare un progetto di legge per l’istituzione della figura a livello europeo.

127 P. Mengozzi – Il diritto della Comunità europea, in Trattato di diritto commerciale e di diritto

pubblico dell’economia, a cura di F. Galgano, Vol. XV, Cedam, Padova, 1990, pag. 14 e ss.

128 La Commissione, però, nella sua risposta sostiene una posizione contraria, affermando che l’istituzione di un Ombudsman in quel momento non è giustificata e che i cittadini europei hanno già a disposizione alcuni strumenti di tutela, come la possibilità di indirizzare reclami agli stessi uffici competenti oppure tramite i rappresentanti nazionali o i membri del Parlamento europeo. A distanza di due anni la proposta viene ripresentata e anche questa volta la risposta è negativa e con le stesse motivazioni della precedente, la Commissione non ritiene l’istituzione dell’Ombudsman una priorità per il sistema europeo.

Arriviamo al 1979, quando la Commissione giuridica del Parlamento presenta una Relazione sulla nomina di un Ombudsman delle Comunità da parte del Parlamento Europeo. Nella stesura della relazioni vengono consultati anche alcuni degli Ombudsman nazionali, come quello francese, danese, britannico e irlandese.

In realtà nella relazione si evidenziano la necessità di una istituzione di questo tipo e tutti gli aspetti positivi che ne derivano, ma allo stesso tempo vengono resi noti i pericoli di una sovrapposizione di competenze con gli Ombudsman a livello nazionale. Per ovviare a questa problematica, nelle raccomandazioni finali, si propone l’istituzione di un Ombudsman parlamentare, attribuendogli anche il potere di indagare sulle amministrazioni nazionali nei casi di applicazione del diritto comunitario.

La Commissione politica del Parlamento europeo, nello stesso anno, sostiene la necessità dell’istituzione della figura, riconoscendo che a seguito delle riforme al sistema comunitario, l’azione amministrativa è diventata più complessa. A questo punto anche il Parlamento europeo propende per l’istituzione dell’Ombudsman comunitario con l’adozione di una risoluzione in cui si riconosce che i mezzi di ricorso contro le decisioni della Comunità non sempre sono adeguati. Questa proposta però non ottiene alcuna attenzione e la situazione resta immutata.

Nel 1984 si tiene il Consiglio europeo di Fontainebleau che costituisce un momento importante per la storia dell’Ombudsman comunitario. Il Consiglio, infatti, avvia una campagna di iniziative a sostegno del processo di integrazione e istituisce un Comitato di studio al fine di proporre misure volte al rafforzamento di un’identità comune europea.

129 La relazione viene presentata nel 1985 e con essa si afferma che per raggiungere i risultati sperati è necessario curare maggiormente gli aspetti sociali e culturali e tralasciare quelli politici ed economici. Fra le proposte presentate nella relazione c’è anche quella di istituire un Ombudsman come uno degli elementi fondanti per la futura cittadinanza europea129.

Di fronte a questa proposta non è più soltanto la Commissione ad opporsi ma lo stesso Parlamento europeo che ritiene lo strumento inefficace, sostiene che si realizzerebbero delle sovrapposizioni con gli istituti nazionali e inoltre, che l’ordinamento europeo presenta molte differenze con gli ordinamento nazionali e non è quindi idoneo ad ospitare un Ombudsman così come è strutturato negli Stati membri.

Sul finire degli anni ’80 si apre la stagione della riforma dei Trattati e il quadro anche in materia di difesa civica sembra mutare decisamente. In questi anni quello che cambia è soprattutto il parere della Commissione europea che inizia ad apprezzare la figura e a sentire la necessità di istituirlo, fino ad invitare tutti gli Stati membri ad istituire un Ombudsman nazionale che sia in grado di svolgere indagini sia nei confronti delle amministrazioni nazionali che nei confronti di quelle comunitarie e che sia dotato di poteri tali da poter intervenire davanti agli organi giurisdizionali come rappresentante dei diritti dei cittadini. Il Parlamento, però, è contrario ed evidenzia ancora una volta il pericolo di sovrapposizione di funzioni con la Commissione per le petizioni130.

Secondo l’organo legislativo comunitario il rischio che si corre con l’istituzione dell’Ombudsman è quello di ridurre notevolmente se non eliminare del tutto le petizioni presentate da parte dei cittadini europei.

Dello stesso parere del Parlamento sono gli Ombudsman nazionali e la stessa Commissione per le petizioni.

Nel dicembre del 1990 nell’incontro tra dei Capi di Stato e di Governo della Comunità europea si discute dei nuovi possibili mezzi di tutela a favore dei cittadini europei e la delegazione spagnola avanza una vera e propria proposta di istituzione del Mediatore europeo con il compito di verificare il rispetto dei diritti dei cittadini da parte degli Stati membri.

129 Relazione del Comitato Adonnino - Verso l’Europa dei cittadini, Bollettino delle Comunità

europee, 7/75, 1985

130 La Commissione per le petizioni è una delle commissioni parte del Parlamento Europeo ed è

composta da 34 deputati di cui un presidente e 4 vicepresidenti. Si occupa della gestione e dell’analisi di tutte le petizioni presentate dai cittadini europei.

130 Oltre all’istituzione di un Ombudsman comunitario, si invitano tutti i Paesi membri a dotarsi di un istituto per la difesa civica a livello nazionale.

Ma ancora una volta il Parlamento europeo esprime le proprie perplessità e si mostra contrario all’istituzione della figura.

Ad affiancare la proposta spagnola, ci sarà quella della Danimarca e poi del Lussemburgo. Ma questa volta il Parlamento cede e finalmente accetta l’istituzione di un Ombudsman comunitario con il compito di sorvegliare l’operato delle pubbliche amministrazioni e con il compito di agire soltanto nei casi di cattiva amministrazione.

Il vero punto di svolta si ha nel 1993 con l’entrata in vigore del Trattato di Maastricht e con l’istituzione dell’Unione Europea.

Il Trattato, costituisce una novità assoluta sotto diversi punti di vista, ma soprattutto per l’affermazione della cittadinanza europea a cui sono connessi tutta una serie di diritti a tutela dei cittadini, come il diritto di circolare e soggiornare liberamente in tutto il territorio europeo; il diritto di petizione al Parlamento europeo oppure il diritto alla tutela diplomatica da parte di uno Stato membro nei Paesi terzi in cui non sono presenti rappresentanze diplomatiche del proprio Paese.

Dal punto di vista della difesa civica, il Trattato di Maastricht per la prima volta sancisce l’istituto dell’Ombudsman comunitario e dedica alla figura due articoli, il 21 e il 195.

All’art. 21 viene riconosciuto il diritto di ciascun cittadino europeo di rivolgersi al Mediatore. All’art. 195, invece, viene definito il duplice ruolo dell’Ombudsman. Da un lato, come gli Ombudsman nazionali, anche a quello comunitario viene attribuito il compito di Commissario parlamentare, ovvero come strumento di ausilio e di controllo sulle amministrazioni nazionali. Dall’altro, gli viene attribuita la funzione di tutela non giurisdizionale dei cittadini, ovvero la classica funzione della difesa civica.

Il diritto dei cittadini europei a rivolgersi al Mediatore europeo è sancito anche nell’art. 43 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea.

Il Trattato sancisce la figura e ne prevede soltanto il principio generale lasciando al Parlamento il compito di occuparsi della disciplina di dettaglio. Il Parlamento adempie al suo compito nel 1993 quando viene approvata la “Decisione sullo Statuto del Mediatore europeo”, conosciuto anche più

131 semplicemente come “Statuto del Mediatore”, nel quale viene sancita in modo dettagliato la disciplina della figura e delle modalità con cui opera.

Prima di arrivare a definire una disciplina completa in materia, sono state affrontate diverse problematiche, soprattutto perché bisognava adeguare un istituto nato per operare in singoli Stati ad una organizzazione peculiare come quella dell’Unione Europea.

La prima questione affrontata, che ha costituito anche il punto più critico, è stata quella dei poteri di indagine da attribuire al Mediatore europeo, ed in particolare l’aspetto relativo all’estensione degli ambiti di competenza, stesso problema che è sorto in alcuni Stati federali. Se questi ultimi nella maggior parte dei casi, hanno preferito istituire solo Ombudsman locali131 o hanno attribuito all’Ombudsman nazionale la competenza per le sole materie federali132, l’Unione Europea ha preferito adottare una soluzione differente, individuando gli ambiti di competenze in base alle istituzioni soggette al controllo e alla sorveglianza dell’Ombudsman e non definendo le singole materie di competenza, così da estendere i suoi poteri anche alle questioni che riguardano un’autorità nazionale.

La questione dei poteri da attribuire al Mediatore europeo è interessante anche da un altro punto di vista, quello dei rapporti con il Parlamento.

Nei Trattati non è stata operata una scelta decisa riguardo ad un modello di Ombudsman da istituire e non è stata neanche fatta una scelta tra funzione di redress e funzione di control (così come teorizzato da Katja Heede) e non sono stati neanche definiti i rapporti con gli organi giurisdizionali.

Alcune norme del Trattato richiamano la funzione di redress con la previsione di un termine di decadenza dal diritto di reclamo, con la regola del previo ricorso ai rimendi interni. Altre norme, invece, richiamano la funzioni di control non richiedendo un interesse concreto per poter presentare l’istanza e lasciando al Mediatore la scelta di non avviare un’indagine se non lo ritiene opportuno.

Per l’Italia, al momento dell’istituzione della figura, si è presentato anche un problema di denominazione ufficiale.

Molti degli Stati membri hanno mantenuto la denominazione di origine, ovvero “Ombudsman”; altri hanno coniato denominazioni proprie in base alle

131 È il caso di Germania, Canada e Stati Uniti. 132 Si fa riferimento al Belgio.

132 peculiarità del modello133, dando più importanza alla base giuridica della figura; in altri casi ancora è stata utilizzata la stessa denominazione prevista per la figura nazionale ad esso corrispondente.

L’Italia, invece, non ha optato per nessuna di queste scelte, non ha utilizzato la denominazione italiana, infatti, avendo già dei Difensori civici regionali e locali, poteva utilizzare il nome di “Difensore civico europeo o comunitario”. E non ha scelto neppure di lasciare il nome dell’istituto da cui trae origine e quindi usare la denominazione di “Ombudsman dell’Unione europea”.

La scelta italiana, però, è stata del tutto incomprensibile perché è stata tradotta la denominazione francese di “Médiateur”, denominandolo “Mediatore Europeo”. Ad oggi, tutti i Trattati sono stati tradotti utilizzando questa denominazione ed una loro correzione sembra improbabile.

La denominazione scelta dall’Italia, però, non è soltanto una questione formale ma potrebbe produrre delle conseguenze negative dal punto di vista della funzionalità della figura, perché se già i cittadini italiani conoscono poco il Difensore civico, conoscono ancor meno il Mediatore europeo e attribuendogli due denominazioni differenti si possono creare confusioni circa il ruolo delle due figure e le funzioni ad essi attribuite.

Il primo Mediatore nominato dal Parlamento europeo è stato il finlandese Jacob Söderman, eletto nel 1995 soltanto dopo due anni dall’entrata in vigore del Trattato di Maastricht134.