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Apertura di credito e fidi di fatto

2.3 Problemi lasciati aperti dalla sentenza della Cassazione

2.3.3 Apertura di credito e fidi di fatto

Un altro profilo di criticità era rappresentato dall’ammontare del fido nel caso in cui il contratto di apertura di credito fosse affiancato, all’interno dello stesso conto corrente, da un

castelletto di sconto, ovvero una linea di fido concessa dalla banca

al cliente per lo sconto di portafoglio commerciale. Infatti qualora ci si trovasse di fronte a uno scoperto, la concessione di un castelletto di sconto, secondo quella che era la tesi proposta

90 Trib. Milano 09-03-1999, in Foro it. 1999, I, c. 2682 91 Cass. civ. 21-05-2004, n. 9698, in Giust. civ. 2005, 3, I, 741

92 Edoardo Staunovo-Polacco, Saldo disponibile, versamenti di assegni circolari e

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dalle banche, andando ad aumentare la somma affidata e dunque le anticipazioni da essa concesse – che comunque sono pareggiate dall’adempimento del terzo - avrebbe una mera natura ripristinatoria.

Tale tesi si fondava sul cd “cumulo dei fidi” con la conseguenza che per poter capire se ci si fosse trovati di fronte a una situazione di scoperto, il fido concesso dalla banca era uguale alla somma di tutti i singoli affidamenti accordati individualmente al cliente.

In particolare parte della dottrina93 notava come il castelletto possa definirsi come una vera e propria apertura di credito, con la particolarità che, in questo caso, la disponibilità della somma è subordinata a una garanzia ovvero la presentazione dei titoli allo sconto. Inoltre, se si analizza le movimentazioni di un conto, si nota che anche nel caso di apertura di credito “classica” le rimesse ripristinatorie derivano sostanzialmente da crediti che il correntista vanta nei confronti di terzi, con l’unica differenza che non passano dalla banca ma vengono direttamente riscossi dal creditore.

Dunque la banca nel momento in cui le vengono presentati i titoli allo sconto, essendo questi meri atti esecutivi di un contratto definitivo già precedentemente stipulato94, dovrebbe

93 Tarzia, Castelletto di sconto e revocatoria fallimentare, in Fallimento, 1996, pag.

121. Dello stesso parere si annovera anche Bonfatti, Revocatoria delle rimesse e

"castelletti" nella fattispecie di "conto evidenza" e di "conto unico" in Fallimento,

2001, pag. 95; Diego Rufini, Castelletto di sconto, apertura di credito in conto

corrente e revocatoria delle rimesse in conto, in Banca borsa tit. cred., fasc.5, 1998,

pag. 558;

94 Sostiene infatti Rufini (vd nota precedente) che prendendo le mosse dall’art

1842 cc secondo il quale la banca "si obbliga a tenere a disposizione dell'altra parte una somma di denaro per un dato periodo di tempo o a tempo indeterminato", non si nota differenza con il castelletto di sconto il quale produce anch’esso l’obbligo della banca di mettere a disposizione, sin dalla

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agire secondo buona fede, non avendo perciò libertà discrezionale di accettarli o rifiutarli (potendolo fare solo nel caso di obiettive motivazioni, per esempio la contraffazione del titolo).

Tale tesi però non ha mai trovato un riscontro, se non qualche isolata pronuncia95, infatti la Suprema corte molto presto chiarì che “con il castelletto di sconto, a differenza di quanto avviene nell’apertura di credito, la banca non attribuisce al cliente la facoltà di disporre immediatamente di una somma di denaro, ma si impegna ad accettare per lo sconto, entro un ammontare predeterminato, i titoli che l’affidatario presenterà, sicché, nell’ipotesi indicata, il fido non rappresenta l’ammontare delle somme di cui il cliente può disporre (in quanto queste saranno determinate dall’entità degli accreditamenti effettuati a seguito delle singole operazioni di sconto), bensì il limite entro il quale la banca è tenuta ad accettare i titoli presentati al cliente; pertanto, l’esistenza di un «fido» per lo sconto di cambiali non può far ritenere «coperto» un conto corrente bancario, né può valere ad escludere il carattere solutorio delle rimesse effettuate dal cliente, poi fallito, su tale conto.”96.

Secondo questa tesi l’istituto di credito si limita a determinare un limite quantitativo entro il quale ha la facoltà di accettare i titoli: questo perché lo sconto è comunque sottoposto a una scelta discrezionale da parte della banca, che dunque “si

sottoscrizione del correntista, una cifra che però potrà essere usata solo a seguito della presentazione dei titoli allo sconto.

95 Cass. civ. 10-08-1990, n. 8128 in Foro it. 1991, I, c. 128; Cass. civ. 1/03/1973

n. 565, in in Banca borsa tit. cred, 1974, II, 424

96 Cosi Cass. civ. 20-05-1997, n. 4473, in Foro it. 1997, I, c. 2089; La prima

sentenza in merito è rappresentata da Cass. civ. 11-09-1993 n. 9479, in Fallimento 1994, 249 e, ad oggi, la giurisprudenza si è consolidata su questo indirizzo.

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porrebbe in contrapposizione rispetto alla situazione di soggezione, che caratterizza, invece, la posizione della banca in relazione agli atti di utilizzazione, da parte del correntista, della provvista assicurata da un contratto di apertura di credito bancario propriamente detto”97.

Questa differenza comporta un’analisi in merito alla natura di tale contratto: parte della dottrina lo riterrebbe un contratto normativo, cioè un contratto con il quale si predetermina il contenuto di eventuali futuri contratti (gli sconti) che le parti, però, non si obbligano a stipulare, mentre secondo altra tesi sarebbe da ricondurre all’interno dei contratti preliminari98. Il cumulo dei fidi viene dunque escluso, basandosi sulla disciplina del codice civile e tenendo conto di quella che è l’immediatezza della disponibilità della somma messa a disposizione della banca: infatti solo qualora si ha una istantanea messa a disposizione della somma, indipendentemente dal realizzarsi di condizioni ulteriori si può parlare di un’apertura di credito99.

Risulta dunque chiara la diversità di natura delle due operazioni così come recepita dalla giurisprudenza e così anche l’autonomia che consegue in sede di valutazione delle somme affidate.

97 A. Tarantino, Il c.d. “fido mobile”, in Banca borsa tit. cred., fasc.5, 2009, pag.

605.

98 Posizioni riportate da Diego Rufini, Castelletto di sconto, apertura di credito in

conto corrente e revocatoria delle rimesse in conto, in Banca borsa tit. cred., fasc.5,

1998, pag. 558 il quale però ritiene che a entrambe siano da muovere delle critiche in quanto il castelletto di sconto non crea delle condizioni per la stipulazione di contratti futuri, ma integra esso stesso un vero e proprio contratto “immediatamente cogente perché l'ente creditizio mette a disposizione del cliente una somma determinata, che verrà versata all'atto della presentazione dei titoli di credito o dei crediti verso terzi”.

99 In questo senso L. Guglielmucci, Revocabilità delle rimesse in conto corrente e

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Resta un problema: sostiene infatti la Cassazione che la rimessa accreditata dalla banca a seguito dello sconto è valutabile come pagamento – e dunque atto solutorio revocabile - in caso di scoperto senza però tenere presente ciò che, tra i tanti, Terranova100 fa notare, ovvero che in realtà non sarebbe possibile qualificare tali versamenti come pagamenti perché sono semplicemente un anticipo di quanto la banca otterrà tramite il pagamento del terzo e per di più è anche un’operazione onerosa per il cliente la quale va a aumentare il debito nei confronti della banca e non certo a ridurne l’esposizione debitoria. Egli sostiene che sarebbe più giusto, in virtù del fatto che le movimentazioni in entrata e in uscita sono legate intrinsecamente, assoggettarle al regime delle rimesse bilanciate.

Tuttavia la Suprema corte ritenne che tali rimesse dovessero essere considerate alla stregua di qualsiasi altro accredito, in quanto la fattispecie “non è diversa da quella che sarebbe se il netto ricavo dei titoli scontati venisse prima materialmente consegnato nelle mani del cliente e da questi versato sul conto corrente scoperto”101.

La problematica dell’individuazione di un affidamento si arricchisce di un ulteriore profilo di analisi in quanto fino al 1992, cioè l’anno in cui fu introdotta con la normativa sulla cd trasparenza bancaria ( all’art 3 della l. 154 del 1992) poi recepita all’art 117 t.u.b. la forma scritta ad substantiam per i contratti

100 G. Terranova, Effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori, tomo

III, Parte speciale, in Commentario al c.c. Scialoja - Branca, Legge fallimentare, a cura di Bricola - F. Galgano - G. Santini, Bologna - Roma, 2002,

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bancari, era frequente il caso dei fidi di fatto e delle tolleranze di scoperto, ovvero di casi nei quali le banche in maniera informale concedevano fidi senza indicare specifiche scadenze o quantificazioni delle somme tollerate. Infatti la giurisprudenza era concorde nel ritenere come il contratto di anticipazione di credito fosse a forma libera102.

Ecco che in questi casi era difficile andare a dimostrare da parte delle banche - le quali avevano tutto l’interesse a provare l’esistenza di un affidamento al fine di evitare una scopertura del conto e dunque una revocabilità delle rimesse in ivi effettuate – l’esistenza di fatto di un affidamento. A ciò si sommava quella che era la prassi bancaria di muoversi al di fuori dello schema formale dell’apertura di credito, tollerando scoperti al fine di non essere vincolate dai limiti previsti in tema di apertura di credito103.

In merito si sottolinea come la Cassazione sancì che la tacita concessione di fido poteva essere desunta dall’analisi del comportamento che la banca aveva intrattenuto in concreto con il cliente, di cui un esempio concedendo assegni privi di

102 Ex plurimis Cass. civ. 11-03-1992 n. 2915, in Banca borsa tit. cred. 1993, II,

23; Cass. civ. Sez. I, 21-12-1988 n. 6974, in Rep. Foro It., 1988, Contratti bancari [1720], n. 48; dello stesso parere A. Baroni Redeghieri, Disciplina per l’apertura

di credito-nel contratto scritto di conto corrente, Fallimento, 2006, 5, 551

103 A. Nigro, Revocatoria delle rimesse in conto corrente e posizione della banca nei

rapporti di concessione di credito, in Giur. comm., 1980, 1, pag. 296 ss: con

“scoperti” si fa riferimento a rapporti nei quali la banca o autorizza a superare i limiti del fido oppure semplicemente esegue autonomamente ordini di pagamento impartiti dallo stesso senza la limitazione della disponibilità: queste ipotesi si verificavano poiché la banca otteneva la libertà di richiedere l’immediata restituzione, in quanto non vincolata dai preavvisi previsti all’art. 1845 cc; su questo presupposto dalla dottrina e giurisprudenza maggioritaria ne veniva data la figura o di semplici prestiti a carattere provvisorio, oppure di anticipazioni per esecuzione del mandato (più condivisa in virtù del fatto che si ritenevano questi accordi come meramente accessori rispetto al contratto principale che era il conto corrente bancario, per il quale si applicano le norme in materia di mandato).

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copertura104. Infatti essendo il contratto di apertura di credito stipulabile in forma libera, la giurisprudenza, per la sua dimostrazione, ammetteva la prova per presunzioni, per la quale però imponeva una forte scrupolosità di valutazione, stabilendo che “ai fini della revocatoria fallimentare la disciplina regolamentare interna alla banca, espressa nei dati del libro fidi, ancorché trovi corrispondenza in una situazione di fatto espressa mediante lo svolgimento di un conto passivo con adempimenti reiterati di ordini di pagamento del correntista, non costituisce necessariamente dimostrazione della stipulazione, per fatti concludenti, di un contratto di apertura di credito regolato in conto corrente, essendo carente la prova dell'obbligo della banca di eseguire operazioni di credito bancario passive”105. Il riferimento al “libro fidi” è un indice di come nella prassi tale contratto non fosse sempre e comunque stipulato in forma verbale, ma anzi era un contratto che, “pur essendo a forma libera, viveva di norma nella realtà sociale come contratto standardizzato, stipulato in forma scritta mediante la compilazione e sottoscrizione di moduli predisposti dalla banca”106. Infatti l’art. 37,2°c della legge bancaria107 prevedeva

104 Cass. civ. 11-03-1992 n. 2915, in Banca borsa tit. cred. 1993, II, 23 105 Cass. civ. 05-12-1992 n. 12947, in Foro it., 1994, I, c. 1127

106 Vd nota precedente. A. Baroni Redeghieri, Disciplina per l’apertura di

credito-nel contratto scritto di conto corrente, in Fallimento, 2006, 5, 551, nota che

“l'esame della prassi evidenzia, in non pochi casi, la predisposizione quantomeno di alcuni documenti con valore di «indizi» o «principi di prova» scritta in ordine alla concessione di credito da parte della banca (richiesta scritta del cliente, deliberazione dei competenti organi interni, annotazione sulle scritture interne della banca, rilascio di specifiche garanzie e così via)”, elementi dai quali la giurisprudenza, in sede di valutazione delle presunzioni, è chiamata a dedurre l’obbligo della banca a mettere a disposizione una somma di denaro.

107 A seguito dell’introduzione del T.u.b questo articolo è stato abrogato e il

suo contenuto non è stato riportato nella nuova normativa, con la conseguenza che il libro fidi si ritenga estinto. C’è comunque da sottolineare

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l’obbligo per le banche di trascrivere all’interno del cd “libro fidi”, secondo le Istruzioni della Banca d’Italia, le concessioni di fido e le rispettive condizioni, nonché i nomi dei funzionari che le proponevano. Questo è il motivo per il quale è difficile immaginare che la banca non avesse nessun riferimento documentale all’apertura di credito fattualmente stipulata108. Con l’entrata in vigore dell’art 117 del T.u.b. sopra accennato, il problema perse di rilevanza e la dottrina e la giurisprudenza si schierò unanime nell’escludere la possibilità dei fidi di fatto109. Questa norma, che prescrive vincoli di forma per i contratti bancari, è indubbio che sia finalizzata a fornire una tutela al correntista il quale rappresenta la parte contrattuale più debole; tuttavia tale rigidità mostra il fianco a quelle che sono le esigenze di celerità dei rapporti commerciali che rischiano di essere rallentati da questo formalismo110. Inoltre, tenendo conto del fatto che il contratto di apertura di credito può anche essere stipulato a tempo determinato, non solo la stipulazione dello stesso deve avere forma scritta, ma anche una eventuale proroga deve averla: tant’è che qualora la banca non riuscisse a dimostrare l’esistenza di una proroga, il conto verrebbe considerato non affidato e dunque, qualora il saldo fosse

come tali rilevazioni documentali ad oggi sono comunque garantite dai sistemi computerizzati.

108 M. Arato, Operazioni bancarie in conto corrente e revocatoria fallimentare della

rimessa, Milano, Giuffrè editore, 1995, 154.

109 Trib. Milano 18-03-2004, in Fallimento 2004, 1055; Trib. Torino 13-01-2003,

in Giur. it. 2003, 734; Trib. Trani 06-05-2003, in Fallimento 2004, 438; nonché in via incidentale Cass. civ. 23/06/1994, n. 6031, in Fallimento 1995, 61. In dottrina G. Tarzia, Le azioni revocatorie nelle procedure concorsuali, Milano, 2003, 243; E. Staunovo Polacco, Revocatoria delle operazioni di anticipazione su effetti

contro mandato all'incasso, in Fallimento, 2004, 4, 446

110 M. Casoria, Affidamenti e sconfinamenti di conto corrente tra requisiti formali e

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passivo, i versamenti ivi effettuati sarebbero suscettibili di essere revocati.111

Tuttavia questo orientamento ha resistito fino a quando la Suprema Corte ha affermato che “in materia di revocatoria fallimentare delle rimesse sul conto corrente bancario dell'imprenditore poi fallito, la banca che eccepisce la natura non solutoria della rimessa, per l'esistenza alla data della stessa di un contratto di apertura di credito, ha l'onere di dimostrarne la stipulazione, anche per facta concludentia, nel caso in cui risulti applicabile la deroga del requisito della forma scritta, prevista nelle disposizioni adottate dal C.I.C.R. e dalla Banca d'Italia, ai sensi dell'art.117 del t.u.l.b. (e, anteriormente, ex art. 3 della legge n. 154 del 1992), per essere stato tale contratto già previsto e disciplinato da un contratto di conto corrente stipulato per iscritto”112. Infatti la normativa contenuta all’art 117,2° comma T.u.b. (la quale prevede che la “Banca d’Italia puo` dettare (…)

particolari modalita` per la forma dei contratti relativi a determinate categorie di operazioni e di servizi”) fu attuata dal D.M. 24 aprile

1992 e provvedimento della Banca d’Italia 24 maggio 1992, i quali hanno previsto la libertà di forma per operazioni e servizi già

previsti in contratti redatti per iscritto, tra i quali dunque viene

ricondotto il conto corrente bancario. Ritorna dunque rilevante la prova per presunzioni, che ripercorre il solco già tracciato ovvero non può desumersi semplicemente dalle risultanze del libro fidi, ma è necessario dimostrare che vi siano delle circostanze che dimostrino l’accordo tra correntista e banca e che

111 T. Palermo, 11-03-2001, in Fallimento, 2002, 191

112 Cass. civ. 09-07-2005, n. 14470, in Giur. comm. 2006, 6, II, 1015;

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dimostrino la messa a disposizione della somma113, non rilevando nemmeno la circostanza che vi è stata una tolleranza di scoperto114.

Lo stesso discorso fino a ora fatto si può estendere all’aumento del fido, ovvero quando il correntista, invece di stipulare un nuovo contratto di apertura di credito, chiede l’aumento della disponibilità già ottenuta con un contratto precedente.

Ve però notato come questa prova per presunzioni incontrava nella prassi una facilitazione in quanto solitamente nella stipulazione del contratto vi è uno scambio di lettere tra la banca e il correntista, le quali portano data certa e dunque rendono più agevole la dimostrazione. In merito alle presunzioni rilevano soprattutto l’andamento del conto, le risultanze del libro fidi, delibere degli organi interni dell’istituto di credito; non rileva la sistematicità di scoperto, in quanto, non si ha un obbligo della banca di mettere a disposizione somme per il correntista, ma si ritiene che integrino delle anticipazioni eseguite dal mandatario, ai sensi dell’art 1720 cc115