• Non ci sono risultati.

Conto Corrente, rimesse e esposizione

3.2 La Nuova Revocatoria Delle Rimesse in Conto

3.2.3 Conto Corrente, rimesse e esposizione

L’art 67,3° comma lett. b) sostenendo che non siano revocabili le

“rimesse effettuate su un conto corrente bancario, purché non abbiano ridotto in maniera consistente e durevole l'esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca” impone che il primo elemento da

considerare sia che il conto all’interno del quale affluiscono le rimesse risulti corrente, cioè “pattiziamente regolato in maniera tale da consentire al cliente l’effettuazione di operazioni in un numero imprecisato e di segno contrapposto”202.

L’art 78 l.f. sancisce che il contratto di conto corrente si scioglie automaticamente a seguito della dichiarazione di fallimento, ma tale chiusura può avvenire anche precedentemente a seguito per esempio di un “congelamento” dello stesso da parte della banca, la quale non permette più prelevamenti, ma impone un rientro progressivo dalla situazione di passivo: dottrina e giurisprudenza sono concordi nel ritenere che, le rimesse effettuate in questi casi non rientrano nella fattispecie prevista dall’art 67,3° comma lett. b), ma integrano dei semplici pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, sottoponibili a revocatoria ai sensi del 67,2° comma l.f. in quanto “si perde quel rapporto di oscillazione debito-credito tipica del conto corrente”203.

202 G. Scognamiglio, La revocabilità delle rimesse in conto corrente bancario,

in Trattato di diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali, diretto da Vassalli, Luiso, Gabrielli, Vol. III, Torino, Giappichelli, 2014

203 L. Quagliotti, Il conto corrente bancario, le rimesse e l’esposizione debitoria nel

nuovo corso della revocatoria fallimentare, in Fallimento, 2009, 1, pag. 107 nel

commento alla sentenza Trib. Brescia 29-4-2008, ibidem, che recepisce lo stesso orientamento.

108

La riforma fa riferimento diretto al concetto di rimessa: si tratta di un atto tecnicamente neutro (potendosi anche trattare di una mera annotazione contabile), che ai nostri fini viene riempito di significato e assume rilevanza nel momento in cui costituisca una nota a credito del correntista, eseguita dallo stesso o con denaro dello stesso, capace di ridurre la sua esposizione debitoria nei confronti della banca in maniera consistente e durevole. Ecco che la formulazione della norma sembra che sposti il punto di vista della rimessa da “atto suscettibile di realizzare un pagamento liquido ed esigibile” ad “atto capace di ridurre consistentemente e durevolmente l’esposizione debitoria”, mettendo dunque in discussione l’attualità dell’orientamento precedente, fondato sulla distinzione tra rimesse solutorie e rimesse ripristinatorie.

A primo impatto, nell’analisi del 3° comma lett. b) rispetto al 2° comma risulta come il riferimento all’esposizione debitoria prescinda dal fatto che essa sia dovuta da una scopertura del conto oppure da una passività nei limiti di un fido concesso, delineando dunque una nozione di “esposizione debitoria (che) rappresenta il saldo debitore omnicomprensivo del conto corrente, perdendosi così la distinzione tra saldo passivo e saldo scoperto”.

In realtà una parte minoritaria della dottrina condivide l’opinione che tale distinzione sia ancora attuale alla luce della riforma.

Sostiene Patti204 che, facendo la norma diretto riferimento alla rimessa, in sé e per sé, atto dal valore neutro, è necessario che ad

204 A. Patti, L’esenzione da revocatoria delle rimesse bancarie, in Fallimento, 2006,

2, pag. 240, dello stesso parere anche S. Fortunato, L’incerta riforma della legge

109

essa sia data una connotazione in termini di pagamento, cosa che può ottenere solo qualora vada a incidere su un conto scoperto e dunque assuma natura solutoria: per cui l’orientamento precedente ritiene essere ancora valido.

Inoltre un’esposizione su un conto regolarmente movimentato contenuta nei limiti del fido non rientra nel concetto di

esposizione debitoria in quanto non comporta la nascita di alcun

debito, tantomeno esigibile.

Tale orientamento, sebbene nelle aule dei Tribunali205 si trovano ancora sentenze volte a recepirlo, si presta a numerose critiche. Afferma Costa206 che la riforma ha dettato delle regole nuove le quali surrogano le interpretazioni precedenti e che rendono i criteri previsti al 3° comma, fermo comunque il rapporto genus/species con la fattispecie generale del 2°, gli unici per determinare qualora una rimessa sia un pagamento (determinazione che avviene ex post) soppiantando il criterio della liquidità e dell’esigibilità (e dunque il criterio dello scoperto, elaborato al fine di qualificare una rimessa come pagamento).

Dello stesso parere anche Arato207 il quale (in commento a Trib. Milano 27/03/2008 che ritiene invece ancora attuale la

205 Trib. Messina 28-03-2017, in Leggi d’Italia, Repertorio di giurisprudenza,

Massima redazionale, 2017, Trib. Bergamo, 28-04-2014, in Rivista dei Dottori Commercialisti 2014, 4, 767: qui il giudice sottolinea come la fattispecie prevista al terzo comma rappresenta un eccezione rispetto alla regola generale prevista nel secondo, la quale è “ulteriormente condizionata dai requisiti della consistenza e durevolezza della riduzione dell'esposizione debitoria”; Trib. Monza 04-01-2010 in Leggi d’Italia, Repertorio di giurisprudenza, Massima redazionale, 2010; Trib. Milano 27-03-2008, in Fallimento, 2008, 10, 1213.

206 C. Costa, La revocatoria fallimentare delle rimesse in conto corrente bancario:

problemi attuali, in Dir. fall., 2010, I, 64

207 M. Arato, I primi orientamenti sulla revocatoria delle rimesse bancarie dopo la

110

distinzione tra scoperto e passivo) ritiene che le nuove norme ormai sanciscano un superamento di tale rilevanza: “riferirsi direttamente alle «rimesse che determinino una riduzione dell’esposizione debitoria» è cosa diversa rispetto a «rimesse che integrino un pagamento», si prescinde da una valutazione ex ante di revocabilità, privilegiando una valutazione a posteriori. Basti pensare che quando la legge fallimentare parla di «esposizione debitoria» si riferisce ai debiti anche non scaduti (art 1, 2°c. lett. c l.f.); inoltre l’art 70 l.f. parla di posizioni passive e non di posizioni di «scoperto» e fa riferimento alle «pretese», termine non coincidente con quello di «debiti scaduti»”.

Appare chiaro infatti che “il legislatore della riforma abbia «voluto superare una concezione puramente contabile e formalistica delle rimesse di conto corrente valorizzando piuttosto la funzione economica delle operazioni registrate sul conto anziché gli effetti prodotti dal singolo versamento», con attribuzione di rilievo «da un lato, alle concrete modalità di utilizzo del conto nel periodo sospetto e, dall’altro, all’esposizione debitoria del fallito, costituita dalla somma delle varie linee di credito accordate al cliente, in una visione del rapporto banca-cliente necessariamente unitaria».”208

Dello stesso parere anche Olivieri209 il quale aggiunge che aver superato la differenziazione tra conto scoperto e conto affidato garantirebbe inoltre di sottoporre a revocatoria operazioni che prima della riforma erano considerate intoccabili.

208 N. Abriani e L. Quagliotti, An e quantum della ‘‘novissima’’ revocatoria delle

rimesse bancarie, in Fallimento, 2008, 4, 383

209 G. Olivieri, La Revocatoria dei Pagamenti, in Banca borsa tit. cred., fasc.5,

111

Inoltre “è indubbio che, anche se contenuto nei limiti del fido, il saldo del conto corrente rappresenta una esposizione debitoria del correntista verso la banca: esposizione non scaduta e quindi non esigibile, ma pur sempre un’esposizione”210.

Sostiene Jorio211 che la disciplina prevista 67,3° comma lett. b) rappresenta una vera e propria disciplina speciale, che dunque prescinde dalla regola generale e il carattere volutamente atecnico della sua formulazione la rende applicabile sia ai casi di saldo scoperto sia ai casi di saldo passivo.

Tutte queste posizioni sono state poi condivise anche dalla giurisprudenza maggioritaria212, tra le quali, a parere di chi scrive, appare interessante sottolineare una recentissima della Corte di Cassazione213 la quale, chiamata a pronunciarsi in merito alle modalità di dimostrazione dell’esistenza del fido214, testualmente ritiene che “laddove è ancora necessario ai sensi

210 L. Guglielmucci, Revocatoria delle rimesse e tipologia degli addebiti in conto

corrente, in Fallimento, 2011, 5, pag.510

211 A. Jorio, B. Sassani (a cura di), Trattato delle procedure concorsuali, vol. II,

Milano, Giuffrè Editore, 2014, 285

212 Tra le più recenti si segnalano: Trib. Mantova, 29-12-2017, in sito IlCaso.it,

Sez. Giurisprudenza, 18717; Trib. Reggio Emilia Ordinanza, 13-05-2016, in Fallimento, 2016, 8-9, 1009, Trib. Piacenza 23-12-2014, in Riv. dott. commercialisti, 2015, 125, Trib. Udine, 24-10-2012 in sito IlCaso.it, Sez. Giurisprudenza, 8548

213 Cass. civ. 01-02-2018, n. 2510, sentenza integrale reperita su

www.Foroitaliano.it

214 Per completezza c’è da dire che qualora invece si ritenesse che la differenza

tra conto scoperto e conto passivo sia ancora determinante, questa sentenza conferma che, la dimostrazione dell’esistenza di un contratto di apertura di credito può essere fatta anche per factia concludentia ma “solo nel caso in cui risulti applicabile la deroga al requisito della forma scritta, prevista nelle disposizioni adottate dal Cicr e dalla Banca d'Italia ai sensi dell'articolo 117 T.u.b. (e, anteriormente, ai sensi della L. n. 154 del 1992, articolo 3)” (v. Cass. civ. 15-09-2006 n. 19941, in Giust. civ. 2007, 11, I, 2460, Cass. civ. 09-07-2005, n. 14470, in Giur. comm. 2006, 6, II, 1015); l'insegnamento riflette il principio per cui, nei rapporti con la curatela del fallimento, che è soggetto terzo rispetto al fallito, l'onere della prova deve essere assolto in considerazione delle caratteristiche del titolo di volta in volta richiamato”

112

della vecchia normativa dimostrare l’esistenza del fido tale prova può essere fornita da parte della banca… “. Ecco che se si desse importanza al dato letterale sembrerebbe che la Suprema Corte ritenga rilevante l’esistenza (e dunque la dimostrazione) di un contratto di apertura di credito e dunque ammetta la distinzione tra conto scoperto e conto passivo solo nei casi regolati dalla normativa precedente al d.l. 35/2005, ritenendo dunque, alla luce della normativa attuale, superato l’orientamento precedente.

Tenuto conto della concezione maggioritaria della nozione di

esposizione debitoria, la questione del saldo di riferimento diventa

sì più semplice da analizzare ma non nasconde insidie.

Prima di tutto c’è da dire che sottoporre a revocatoria le rimesse allorquando abbiano causato una riduzione dell’esposizione debitoria consistente e durevole, significa avere a che fare con un saldo debitore, in quanto altrimenti saremo di fronte a un ipotesi di deposito in conto corrente non suscettibile di revocatoria poiché il curatore, nel momento in cui interviene il fallimento, può chiedere legittimante alla banca la restituzione delle somme ancora presenti sul conto215.

Inoltre questa accezione di esposizione debitoria comporta il prendere in considerazione più saldi cioè analizzare il saldo prima della riduzione dell’esposizione e dopo la riduzione, mentre nel regime precedente alla riforma rilevava solo l’analisi del saldo prima della rimessa per capire se esso fosse scoperto

215 A. Jorio, B. Sassani (a cura di), Trattato delle procedure concorsuali, vol. II,

113

(comportando una revocatoria dell’atto) oppure passivo (rendendo l’atto legittimo e dunque irrevocabile)216

Ma soprattutto, come già affermato nel capitolo precedente, sebbene la giurisprudenza sia ormai univoca nel prendere a riferimento il saldo disponibile, ovvero quel saldo che ricostruisce le operazioni ordinandole in base al momento in cui esse hanno inciso sulla disponibilità effettiva del correntista, per alcune di esse (tra le quali si annoverano, tra le operazioni in accredito, i versamenti e i bonifici in contanti; i giroconti; il versamento di assegni circolari emessi dalla stessa banca; gli interessi attivi, mentre tra le operazioni di addebito i prelievi in contanti, l’emissione di assegni circolari, le disposizioni di pagamenti, i bonifici e giroconti, le spese bancarie, gli interessi e competenze) il momento nel quale si ha l’intaccamento della disponibilità coincide con il momento della loro contabilizzazione (ovvero della loro registrazione contabile) solitamente coincidente con l’estratto conto.

Invece per altre operazioni si ha una messa a disposizione della somma differita.

Tra queste un esempio è rappresentato dall’incasso di assegni emessi da banche diverse rispetto a quella presso la quale il soggetto ha il conto sul quale decide di versarne l’importo. Qui il problema risiede nel fatto che il momento del versamento non coincide con l’aumento della disponibilità, che invece avviene solo nel momento in cui la banca trattaria estingue il titolo e effettua il pagamento. Da un punto di vista probatorio, la giurisprudenza concede al curatore, il quale, basando le sue

216 L. Guglielmucci, Revocatoria delle rimesse e tipologia degli addebiti in conto

114

ricostruzioni soprattutto sugli estratti conto, non ha la facoltà di individuare facilmente il momento dell’avvenuta disponibilità, di far coincidere tale dato con il dato contabile, salvo concedere alla banca di dimostrare l’effettiva e diversa occasione del percepimento della provvista217. Questo comporta un beneficio anche per l’istituto di credito, poiché la messa a disposizione differita causerebbe il fenomeno per il quale dal punto di vista del saldo disponibile, gli eventuali prelievi successivi al versamento, ma precedenti all’effettivo incasso genereranno un aumento dell’esposizione debitoria: ecco che l’utilizzo del saldo contabile permette di arginare questa situazione.

Allo stesso modo degli assegni bancari sono anche trattati gli assegni circolari.

Sulla ricostruzione del saldo incidono inoltre i casi, molto frequenti, di più operazioni svolte nel medesimo giorno. Il Tribunale di Milano218 stabilì che nel caso in cui non fosse possibile provare in maniera dettagliata la cronologia delle singole operazioni si considerava l’ordine riportato nell’estratto conto. Tuttavia, come già illustrato nel precedente capitolo, la Suprema Corte ritiene che l’onere di dimostrazione della cronologia delle operazioni spetta al curatore poiché spetta a lui dimostrare che la rimessa sia intervenuta su un conto con saldo scoperto e sia dunque sottoponibile a revoca; inoltre, “in quanto

217 A. Jorio, B. Sassani (a cura di), Trattato delle procedure concorsuali, vol. II,

Milano, Giuffrè Editore, 2014, 289. L’autore specifica come la ratio di questa presunzione risiede nel reputare il periodo che intercorre tra la data di contabilizzazione e la data-valuta come quello occorrente per provvedere alla riscossione dell’assegno da parte della banca. C’è da aggiungere inoltre che la possibilità per la banca di dimostrare un momento anche anteriore di disponibilità rispetto alla data valuta si basa sul fatto che nella pratica può accadere che la banca metta a disposizione del correntista, sulla base di un rapporto di fiducia, la somma al momento della contabilizzazione.

115

l’ordine dell’estratto conto non corrisponde necessariamente alla realtà e sconta i diversi momenti in cui, secondo le tipologie delle operazioni, vengono effettuate le registrazioni sul conto, in mancanza di tale prova devono intendersi effettuati prima gli accrediti e poi gli addebiti”219.