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Impressioni e critiche alla riforma

3.1 La Riforma Della Legge Fallimentare

3.1.2 Impressioni e critiche alla riforma

A primo impatto si potrebbe dire che il legislatore ha reso la problematica molto più lineare in quanto non viene preso in considerazione il riferimento, rispetto all’elaborazione giurisprudenziale precedente, a una situazione di conto corrente scoperto o passivo, dando dunque l’impressione di prescindere dall’esistenza di un contratto di apertura di credito tra banca e correntista; ciò comporterebbe, da una parte, il venir meno, all’interno delle controversie sulla revocatoria delle rimesse, di quelle numerose contese in merito alla dimostrazione dell’esistenza di un contratto di apertura di credito157, alla qualificazione come tale di rapporti tecnicamente non inquadrabili come concessioni di fido (uno su tutti, il castelletto di sconto), all’individuazione del saldo applicabile al fine di individuare la presenza di scoperto o di mero passivo, garantendo dunque uno snellimento delle ricostruzioni tecniche all’interno del processo, ma dall’altra la possibilità di sottoporre a revocatoria operazioni che, sotto il vigore dell’interpretazione precedente non sarebbe stato possibile revocare.158 Tuttavia sul dilemma se la distinzione tra conto scoperto e conto affidato sia ancora rilevante ci ritorneremo più avanti.

Certo c’è da dire che questa riforma, sebbene se ne sentisse il forte bisogno, fu però accompagnata da molte critiche da parte degli operatori.

157 Basti pensare alla diffusione nella pratica della tolleranza di scoperto,

realizzata, per esempio, attraverso la disponibilità istantanea al momento del versamento di assegni o altri titoli di credito

158 G. Cavalli, Considerazioni sulla revocatoria delle rimesse in conto corrente

bancario dopo la riforma dell’art. 67, legge fallimentare, in Banca borsa tit. cred.,

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Innanzitutto fu criticata la scelta di utilizzare, per riformare l’azione revocatoria, lo strumento del decreto legge regolato all’art 77, 2° comma Cost, il quale prevede che il Governo abbia la possibilità di emanare, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge solo “in casi straordinari di necessità e d'urgenza”. Risulta subito evidente come in questo caso necessità o urgenze non ve ne fossero e tale criticità acquistò un maggiore rilievo a seguito di una sentenza della Corte Costituzionale la quale ha affermato che eventuali vizi del decreto legge non possono essere sanati a seguito dell’emanazione della legge di conversione, determinando dunque un vizio in procedendo della stessa legge, poiché ciò comporterebbe “il potere di alterare il riparto costituzionale delle competenze del Parlamento e del Governo quanto alla produzione delle fonti primarie”159

Alcuni160 sottolinearono inoltre la non organicità della riforma: come evidenziato nel paragrafo precedente il legislatore non ha provveduto a una completa riscrittura dell’azione revocatoria, ma si è limitato ad un’opera di collage, ritoccando solo alcune norme e commettendo la distrazione di non operare un coordinamento tra le disposizioni neo introdotte e quelle previgenti: basti pensare alla dimezzamento del periodo sospetto e alla non curanza di adottare misure per l’abbreviazione della istruttoria prefallimentare161, oppure

159 Corte Cost. 23-05-2007 n. 171, in Foro it., 2007, I, c. 1985

160 Arato, La revocatoria delle rimesse bancarie nel «nuovo» art. 67 l. fall., in

Fallimento, 2006, 7, pag. 853

161 Vd supra. L’autore sottolinea come una possibile soluzione poteva essere

quella di far decorrere a ritroso il periodo sospetto non dalla data di dichiarazione di fallimento, bensì dal deposito dell’istanza di fallimento, come per esempio accade in Germania o Inghilterra.

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all’introduzione all’interno dell’art 70 di una formulazione pressoché identica a quella dell’art 71 (poi successivamente abrogato dal D.Lgs. 9 gennaio 2006, n. 5).

Però, la critica più aspra e più condivisa riguardò, e tutt’oggi riguarda, però il linguaggio utilizzato dal legislatore. Leggendo infatti l’art 67, 3°c. lett. b) notiamo come il discrimine per determinare se le rimesse siano suscettibili di revocatoria o meno sia stabilire se esse abbiano ridotto l’esposizione debitoria in misura consistente e durevole. Risulta evidente che l’indeterminatezza e vaghezza di questi due aggettivi ha introdotto nel sistema dubbi che in epoca pre-riforma non esistevano, e il fulcro diventa dunque la necessità di doverli riempire di un significato (operazione di non facile realizzazione che ha comportato uno sforzo da parte di dottrina e giurisprudenza e il susseguirsi di diverse teorie che affronteremo nel proseguo).

Ecco perché tale linguaggio viene descritto come “concettualmente e linguisticamente sciatto o, comunque, molto lontano dai requisiti di univocità richiesti da una disciplina tecnica”162 con la conseguenza di aver messo a rischio la certezza dei rapporti giuridici poiché potenzierebbe in maniera smisurata la discrezionalità del giudice e darebbe così vita anche a giudicati diversi tra loro. Tant’è che fu condivisibile l’opinione di Olivieri163 il quale affermò all’indomani della riforma che “Il rischio, tutt'altro che teorico, era dunque che si passasse dalla

162 M. Arato, La revocatoria delle rimesse bancarie nel «nuovo» art. 67 l. fall., in

Fallimento, 2006, 7, pag. 854

163 G. Olivieri, La Revocatoria dei Pagamenti, in Banca borsa tit. cred., fasc.5,

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"padella" del conto scoperto e dei saldi disponibili, alla "brace" della riduzione consistente e durevole.

Altrettanto problematico risultò anche il coordinamento tra l’art 70, 3° comma l.f. che introdusse il criterio del massimo scoperto per i rapporti continuativi e reiterati e la regola sopra esposta, reso ancora più difficoltoso dal fatto che nel 2007 il legislatore intervenne nuovamente su questa norma comprendendo espressamente tra questi rapporti anche quello di conto corrente, con la conseguenza di dover capire se tale precisazione avesse natura innovativa o meramente interpretativa.

Tuttavia c’era anche chi utilizzava toni meno aspri nel commentare la novella, in particolare Terranova, il quale riteneva che una riforma della revocatoria delle rimesse in conto corrente era necessaria ai fini di superare la discrasia con gli altri ordinamenti europei e che tra la scelta di utilizzare una fattispecie aperta (che avrebbe comportato un eccessivo potere del giudice in sede di valutazione delle rimesse revocabili) oppure una disciplina molto rigorosa (che avrebbe necessitato la contestuale emanazione di una lunga serie di norme eccessivamente tecniche da rendere farraginoso l’accertamento in sede giudiziale) il legislatore ha perseguito la strada più giusta, cioè quella di utilizzare delle espressioni abbastanza ampie ed elastiche, ma che mantenessero una coerenza con quello che è l’istituto del conto corrente e del rapporto che il cliente instaura con la banca. L’autore infatti sosteneva che il richiamo alla consistenza e alla durevolezza servissero per intaccare le tacite richieste di rientro da parte della banca, sottrarre dalla scure della revocatoria le rimesse bilanciate (sintomatiche di un rapporto fisiologico di conto corrente) e

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superare la distinzione tra conto scoperto e conto affidato andando a valorizzare l’andamento generale del conto piuttosto che sindacare le singole rimesse e dover dunque analizzare gli effetti delle singole movimentazioni, mentre l’adesione alla tesi del massimo scoperto per rendere le conseguenze della revocatoria più approssimative al reale indebitamento del debitore nei confronti della banca.164 Proprio questi ultimi due aspetti furono sottolineati da molti come il segno del superamento della cd. visione atomistica delle rimesse, che aveva rappresentato il fondamento dell’orientamento giurisprudenziale prevalente fino a quel momento, adesso invece abbandonata al fine di valorizzare l’andamento generale del conto, valorizzandone la movimentazione nel suo complesso.165

Ad ogni modo è indubbio come, alla luce di tutte le criticità emerse, sia condivisibile l’opinione di Stanghellini166, il quale sostiene che “con la riforma non si sono risolti alla radice i punti problematici, ma si sono solo limitati gli effetti più devastanti della revocatoria esplosa”, effetti che si ripercuotevano soprattutto sulle banche. È indubbio che tutelare i rapporti tra banca e correntista sia fondamentale per garantire un esercizio dell’attività di impresa più stabile, tuttavia, è lecito pensare come la volontà riformatrice di adottare dei criteri come la consistenza, la durevolezza e il massimo scoperto, più che essere

164 G. Terranova, Ancora Sulla Revocatoria delle Rimesse in Conto Corrente, in

Banca Borsa Titoli di Credito, fasc.5, 2016, pag. 520.

165 Tra questi Patti, L’esenzione da revocatoria delle rimesse bancarie, in

Fallimento, 2006, 2, pag. 240; N. Abriani e L. Quagliotti, An e quantum della

‘‘novissima’’ revocatoria delle rimesse bancarie, in Fallimento, 2008, 4, pag. 383.

166 L. Stanghellini, La nuova revocatoria fallimentare nel sistema di protezione dei

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stata spinta verso intenti di competitività, abbia voluto soprattutto creare delle aree di tutela maggiore per alcuni operatori economici (i.e. le banche).167

Infatti “se i pagamenti di debiti liquidi ed esigibili intervenuti nel periodo sospetto e nella consapevolezza dello stato d'insolvenza sono revocabili e se costituiscono pagamenti le rimesse che hanno ridotto in modo durevole il credito della banca, non si vede per quale ragione la revoca debba essere esclusa solo perché la somma recuperata è modesta. L'inefficacia di un atto in frode ai creditori non può dipendere dal fatto che la frode sia grande o sia piccola. E la logica "quantitativa" sposata da questa singolare statuizione appare non solo estranea all'intero sistema revocatorio, ma particolarmente pericolosa, là dove tende ad avallare l'inusitato ed approssimativo concetto che, tutto sommato, sia lecito commettere un illecito, purché non si esageri”168. Questo è il motivo per il quale sorse tra molti commentatori il sospetto di un’incostituzionalità della norma per la violazione con l’art 3 Cost e per il quale si parlò della

167 Lo Cascio, La nuova legge fallimentare: dal progetto di legge delega alla

miniriforma per decreto legge, in Fallimento, 2005, 4, pag. 362

168 G. Cavalli, Considerazioni sulla revocatoria delle rimesse in conto corrente

bancario dopo la riforma dell’art. 67, legge fallimentare, in Banca borsa tit. cred.,

fasc.1, 2006, pag. 2; dello stesso parere anche M. Farina, Alla ricerca delle

rimesse revocabili: spunti critici per una riflessione sul nuovo art. 67, terzo comma, lett. b), l. fall., in Fallimento, 2006, 2, pag. 231 il quale fa un esempio che delinea

bene la situazione: se il fallito ha nei confronti della banca un’esposizione debitoria di 150.000 € (a fronte di un affidamento pari a 100.000 €) e versa nei sei mesi precedenti alla dichiarazione di fallimento una somma di 5.000 €, poiché, alla luce anche delle considerazioni che faremo in seguito, tale somma non soddisfa il criterio di ridurre in maniera consistente l’esposizione debitoria, essa non sarà sottoponibile a revocatoria. Invece nel caso in cui un fornitore del fallito vantasse un credito nei suoi confronti pari a 25.000 €, nel caso quest’ultimo durante il periodo sospetto operasse un pagamento parziale di 500,00 €, tale operazione sarebbe sottoponibile a revocatoria ex art 67,2° comma in quanto pagamento di debito liquido ed esigibile effettuato nei 6 mesi precedenti alla dichiarazione di fallimento e revocabile indipendentemente dal suo ammontare.

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creazione da parte del legislatore di uno ius singolare per i rapporti tra correntista e istituti di credito169. Ma tale dubbio sorse anche nella mente del legislatore il quale all’interno della Relazione al disegno di legge delega scrisse “il sistema di esenzioni

si presta al rischio di censure di incostituzionalità, ma la scelta del legislatore è stata quella di privilegiare situazioni nelle quali di volta in volta vi siano comunque evidenti vantaggi per la massa o al contrario evidenti iniquità per la parte in bonis”