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3.1 La Riforma Della Legge Fallimentare

3.1.3 Disciplina Transitoria

Un punto di interesse fu certamente quello di capire a quali azioni revocatorie fosse applicabile il regime previso dalla riforma.

Il dettato dell’art 2.2 del d.l. 35/2005 sancisce che “le disposizioni

del comma 1, lettere a) e b) , si applicano alle azioni revocatorie proposte nell'ambito di procedure iniziate dopo la data di entrata in vigore del presente decreto (ovvero il 17 marzo 2005)” facendo dunque

intendere come la riforma abbia natura innovativa.

Ci fu comunque chi ritenne170 che tale normativa non fosse il frutto di una novità del legislatore volta a creare nuovi ambiti di esenzione dalla revocatoria fallimentare, bensì il risultato di un’opera di “interpretazione autentica” finalizzata dunque al chiarire dubbi in merito ai presupposti applicativi dell’azione, in quanto vengono fissate delle tesi che ben potevano già affermarsi nel periodo precedete alla riforma, ma che, anche

169 G. Cherubini, Il civilista. L’azione revocatoria fallimentare, 2010, pag. 69 170 G. Olivieri, La Revocatoria dei Pagamenti in Banca borsa tit. cred., fasc.5,

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quando furono proposte, non riscontrarono un grande successo applicativo: si allude in particolar modo alla cd “tesi del massimo scoperto” che, come già citato nel capitolo precedente, rimase la tesi minoritaria in merito al calcolo delle rimesse revocabili. Essendo dunque, secondo l’autore, una legge di interpretazione autentica, ciò comporterebbe la possibilità di applicare tali regole già all’interno dei processi pendenti prima dell’entrata in vigore della stessa. Tale opinione sarebbe inoltre avallata anche dalla analisi dei lavori preparatori e dalla relazione accompagnatrice alla riforma, la quale conferma che essa abbia la “la volontà di precisare meglio i presupposti per l’esercizio dell’azione”.

In realtà è ormai condiviso che la novella abbia natura innovativa avendo introdotto un insieme di regole esentive che, sebbene abbiano rispettato le fondamenta dell’azione revocatoria, hanno comunque rimodulato i contorni della stessa, introducendo un folto numero di nuove esenzioni, mutando così in maniera radicale l’impianto precedente. Questa presa di coscienza ha fatto però sorgere dei dubbi di costituzionalità per la violazione dell’art 3 Cost poiché, sebbene ci si possa trovare di fronte a revocatorie uguali e nel medesimo momento proposte, esse saranno sottoposte a discipline differenti qualora la prima fosse avanzata in un procedimento aperto prima del 17 marzo 2005 e la seconda in un procedimento aperto successivamente a quella data.

Tuttavia è da condividere quanto espresso da Arato171 il quale sostiene che “l’irretroattività della nuova normativa (sia rispetto

171 M. Arato, La revocatoria delle rimesse bancarie nel «nuovo» art. 67 l. fall., in

Fallimento, 2006, 7, pag. 857; della stessa opinione anche Benassi riportato da G. Rebecca, G. Sperotti, La "nuova" revocatoria delle rimesse bancarie. Giuffrè

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ai giudizi sia rispetto alle procedure fallimentari in corso alla data del 17 marzo 2005) consente un trattamento uguale in situazioni uguali: tutte le azioni revocatorie promosse o da promuoversi da parte di procedure dichiarate prima della nuova normativa saranno assoggettate alla vecchia disciplina; viceversa, tutte le azioni revocatorie da promuoversi da parte di procedure dichiarate dopo la nuova normativa saranno assoggettate alla nuova disciplina. Laddove, al contrario, fosse stata sancita la retroattività della nuova disciplina non solo alle azioni ancora da promuoversi da parte di procedure dichiarate prima dell’entrata in vigore della nuova normativa, ma anche ad azioni revocatorie promosse da procedure dichiarate prima dell’entrata in vigore della nuova normativa, i cui giudizi fossero ancora pendenti alla data di entrata in vigore della nuova normativa, ne sarebbe derivata una disciplina differenziata tra le azioni già pendenti e quelle non ancora instaurate da parte della medesima procedura o ancora tra le azioni già conclusesi con sentenza e quelle pendenti, instaurate dalla medesima procedura. Tale retroattività avrebbe portato ad illogiche ed inammissibili disparità di trattamento tra i destinatari della revocatoria, a seconda del dato estemporaneo della data di radicamento del giudizio o della conclusione o meno del giudizio di revocatoria.” C’è inoltre da sottolineare come l’azione revocatoria svolga anche una funzione preventiva ovvero di condizionare i comportamenti di coloro che entrano in contatto con l’imprenditore nei momenti antecedenti

editore, 2010, pag. 100, il quale afferma come “la disciplina legislativa non contrasta con col principio di uguaglianza poiché il trascorrere del tempo costituisce di per sé elemento più che idoneo a differenziare le situazioni soggettive dei consociati”.

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all’accertamento del suo stato di insolvenza dando loro la possibilità di valutare le conseguenze di un eventuale proseguo dei rapporti patrimoniali con quest’ultimo.

Anche la giurisprudenza di Cassazione si è trovata a esprimersi su questo aspetto e ha confermato come la questione di incostituzionalità dell’art 2, 2° comma d. l. 35/2005 per contrasto con l’art 3 Cost sia manifestamente infondata in quanto prende atto come, sebbene il criterio temporale degli atti da revocare possa far presupporre una coincidenza di fattispecie, in realtà per valutare un’identità delle stesse è necessario far riferimento anche all’impianto normativo che regola la procedura fallimentare vigente nel momento in cui essa è stata aperta e dunque è necessario che sia quell’impianto normativo al momento di apertura della procedura a regolare l’intera disciplina della stessa172.

Per concludere c’è da dire che nel caso in cui la dichiarazione di fallimento sia avvenuta successivamente all’entrata in vigore del d.l. 35/2005, ma a seguito di un tentativo di concordato preventivo presentato con ricorso precedente alla riforma, non è possibile applicare il principio di consecuzione delle procedure in quanto tale istituto assume importanza per quanto riguarda l’individuazione del periodo sospetto, per la prova della conoscenza dello stato di insolvenza e per la determinazione delle rimesse revocabili, ma per individuare la disciplina applicabile (se quella previgente alla riforma o quella

172 Cass. civ. 05-03- 2008, n. 5962, in Fallimento, 2008, pag. 508; recentemente

si è espressa ancora in Cass. civ. 09-12-2015, n. 24868, in Rep. Foro It., 2015, Fallimento [2880], n. 314

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successiva) si fa comunque riferimento alle procedure aperte successivamente all’entrata in vigore del d.l. 35/2005.173

3.2. LA NUOVA REVOCATORIA DELLE RIMESSE IN