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3.2 La Nuova Revocatoria Delle Rimesse in Conto

3.2.1 Periodo Sospetto

Nell’analizzare quelli che sono gli elementi che vanno a costituire l’impianto dell’attuale revocatoria fallimentare delle rimesse in conto corrente, un primo cenno va sicuramente dato all’intervento del legislatore volto a dimezzare il periodo sospetto, il quale, in riferimento ai pagamenti di debiti liquidi ed esigibili, passa da un anno a sei mesi, che decorrono a ritroso dalla sentenza dichiarativa di fallimento. Come accennato sopra174, il legislatore ha optato per questo dies a quo, piuttosto che scegliere di far decorrere tale periodo dall’istanza di fallimento, che, secondo i più, non solo avrebbe garantito un’aggressione più efficace contro gli atti pregiudizievoli dei creditori, ma soprattutto avrebbe disincentivato la propensione a ritardare l’apertura della procedura concorsuale.

Nel caso in cui venga dichiarata l’incompetenza del giudice che ha emesso la sentenza dichiarativa di fallimento, in virtù della conservazione degli effetti sostanziali della sentenza (per la quale si ha un trasferimento degli atti al tribunale competente e sono salvi gli effetti degli atti precedentemente compiuti) ai sensi dall’art 9 bis l.f., il dies a quo dal quale decorre il periodo

173 M. Ferro (a cura di), La Legge Fallimentare, Commentario teorico-pratico, III°

edizione, CEDAM, 2014, pag. 958.

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sospetto coincide con la prima dichiarazione di fallimento175. Tale norma rappresenta il recepimento di un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato e implicito nel sistema anche prima della sua espressa enunciazione a seguito del d.lgs. n. 5/2006 il quale riteneva applicabile la regola generale sancita all’art 50 c.p.c. della translatio iudicii secondo la quale la riassunzione della causa presso il tribunale competente non comporta la costituzione di un nuovo rapporto processuale, ma lo spostamento e la prosecuzione dell’originario rapporto presso il giudice competente in virtù del principio di unitarietà della procedura concorsuale 176.

In merito alla “dichiarazione di fallimento” e al momento effettivo in cui decorre a ritroso il periodo sospetto, prima della riforma realizzata dal d. lgs. 5/2006, la suprema corte177, in conformità all’art. 133 c.p.c., sanciva che “gli effetti anche sostanziali della dichiarazione di fallimento decorrono dalla data del deposito della sentenza e non da quella della sua pronuncia in camera di consiglio, né dall’adempimento delle ulteriori forme di pubblicità previste dall’art 17 l. f.” A seguito però della riforma che ha modificato l’art 16,2° comma l.f., risulta però più condivisibile ciò che è stato sancito in una recente sentenza del Tribunale di Milano178 la quale afferma che il periodo sospetto decorra dalla data della pubblicazione della sentenza nel Registro delle imprese e non dal deposito in

175 M. Ferro (a cura di), La Legge Fallimentare, Commentario teorico-pratico, III°

edizione, CEDAM, 2014, pag.. Si veda anche Cass. civ. 04-05-2012 n. 6789, in Diritto e Giustizia online 2012, 8 maggio e Cass. civ. 05-11-2010 n. 22544, in Giust. civ. Mass. 2010, 11, 1409.

176 Cass. civ. 28-05-2008 n. 14065, in Giust. civ. Mass. 2008, 5, 829 177 Cass. civ. 11-03-1994 n. 2382, in Giur. comm. 1994, II, 777

178 Trib. Milano 23-01-2014 in Leggi d’Italia, Repertorio di giurisprudenza,

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cancelleria. Infatti l’art 16,2° comma l.f. ora prevede espressamente che nei confronti dei terzi, gli effetti della sentenza si producano a seguito di tale adempimento pubblicitario (come previsto dall’art 17, 2° comma).

Non manca chi179, ancora oggi, sostenga che, l’adempimento pubblicitario, ai sensi dell’art 16, l.f. abbia come unico scopo quello di produrre effetti nei confronti dei terzi, cosa che qui, sebbene le Banche lo siano, non è rilevante poiché si vanno a colpire atti compiuti precedentemente a quella data, non comportando dunque, al fine di una revocatoria, alcun risultato a questi.

In realtà c’è da precisare che la ratio della norma risiede nella volontà del legislatore di individuare un termine che garantisca ai soggetti estranei all’istruttoria prefallimentare l’effettività della conoscenza dell’avvenuto fallimento dell’imprenditore: sancisce infatti l’art 2193 c.c. che “l’ignoranza dei fatti dei quali la

legge prescrive l’iscrizione non può essere opposta dai terzi nel momento in cui l’iscrizione è avvenuta”180.

Questo inoltre garantisce la possibilità di sottoporre a revocatoria anche le rimesse effettuate nel periodo tra il deposito della sentenza e la pubblicazione nel Registro delle Imprese, atti che altrimenti sarebbero sottoposti al regime di inefficacia ex lege previsto dall’art 44 l.f.

Tale sentenza porta a sostegno della propria tesi altre norme che dimostrano come il legislatore, qualora voglia rendere un atto

179 G. Rebecca, Azione Revocatoria: La Data di Decorrenza (Commento a

Tribunale di Milano 23-01-2014, n. 1030) in www.ilcaso.it, 23 marzo 2014.

180 La banca non potrebbe nemmeno opporre di non aver conosciuto la natura

di imprenditore commerciale del fallito, dato che anche tale evento è sottoposto all’obbligo pubblicitario.

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opponibile ai terzi preveda il regime pubblicitario: tra le disposizioni citate vi è l’art 69bis, 2° comma l.f.

Questa disposizione, introdotta con d.l. 22 giugno 2012 n. 83, convertito con legge 7 agosto 2012 n. 134 regolamenta il caso in cui a seguito dell’apertura di un concordato preventivo esso si evolva in una dichiarazione di fallimento e evita che tale continuità di procedure intacchi i termini per le revocatorie. La norma infatti prevede che “Nel caso in cui alla domanda di

concordato preventivo segua la dichiarazione di fallimento, i termini di cui agli articoli 64, 65, 67, primo e secondo comma, e 69 decorrono dalla data di pubblicazione della domanda di concordato nel registro delle Imprese”.

Tale norma rappresenta il recepimento di un orientamento ormai consolidato in giurisprudenza già prima della riforma del 2005 in quanto i presupposti oggettivi delle due procedure erano i soliti e inoltre il giudice aveva la facoltà di poter procedere d’ufficio alla dichiarazione di fallimento181.

Tuttavia, a seguito di tale intervento, il presupposto dell’insolvenza nel concordato preventivo è stato modificato in “stato di crisi”182 e ciò ha comportato in dottrina il sorgere di dubbi in merito all’ attualità dell’indirizzo fino a quel momento affermato: infatti la discrasia del presupposto oggettivo poteva

181 Tra le sentenze che confermano la consecutio delle procedure in epoca

precedente alla riforma si veda Cass. civ. 07-06-2002 n. 8257, in Foro it., 2002, I, c. 3082

182 In realtà un altro motivo di dubbio era dato anche dall’introduzione

dell’esenzione dalla revocatoria per gli atti in esecuzione di un concordato preventivo, ponendo dunque interrogativi nel caso di trasformazione di tale procedura in fallimento in merito a quale regime applicare restando comunque fermo il principio dell’unitarietà delle procedure e dunque il regime di inefficacia stabilito dall’art. 44 l.f. Questo aspetto verrà poi analizzato più avanti nella trattazione.

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essere letta come la volontà del legislatore di rompere il principio dell’unitarietà delle procedure183.

Tuttavia la Suprema Corte provvide a chiarire tali dubbi confermando, nonostante gli interventi sopra menzionati, l’orientamento precedente: “nel caso in cui all'ammissione da parte del tribunale della domanda di concordato preventivo, segua la dichiarazione di fallimento ex art. 162, secondo comma, legge fall, trova applicazione il principio della consecutività delle due procedure concorsuali, costituendo la sentenza di fallimento l'atto terminale del procedimento, non assumendo rilievo l'abbandono - in sede normativa - dell'automatismo di tale dichiarazione, per la quale ora sono necessari l'iniziativa di un creditore o del P.M., il positivo accertamento dell'insolvenza e il comune elemento oggettivo. Pertanto quando si verifichi "a posteriori" (nella specie, con sentenza passata in giudicato) che lo stato di crisi in base al quale era stata chiesta l'ammissione al concordato in realtà coincideva con lo stato di insolvenza, l'efficacia della sentenza dichiarativa di fallimento va retrodatata alla data della presentazione della predetta domanda”184. In sostanza la pronuncia del tribunale in merito al

183 Così M. Sandulli, La nuova disciplina dell’azione revocatoria, in Fallimento

2006, 5, pag. 612, il quale sottolinea anche che la consecuzione non è esclusa a priori, ma affinché sia fatta valere, il curatore deve provare la sussistenza dello stato di insolvenza già nel momento di apertura del concordato preventivo. Della stessa opinione anche G. B. Nardecchia, Il periodo sospetto

nella nuova disciplina della revocatoria fallimentare, in Fallimento, 2008, 11, pag.

1247.

184 Cass. civ. 06-08-2010 n. 18437, in Giur. comm. 2011, 4, II, 873. Conforme

anche Cass. civ. 14-12-2016 n. 25728, in Rep. Foro It., 2016, Fallimento [2880], n. 390 che conferma come l’ art 69 bis l.f. “sia pure con riguardo alla data di iscrizione della domanda nel registro delle impresa, ha recepito il principio di consecuzione tra le procedure concorsuali che, nell'interpretazione giurisprudenziale, già assegnava rilevanza, ai fini del computo del periodo sospetto, alla data di presentazione della domanda di concordato (ove la procedura fosse stata poi ammessa) per essere la sentenza di fallimento l'atto

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fallimento realizza un accertamento ex post della situazione dell’imprenditore qualificando lo stato di crisi come nel caso di specie, un vero e proprio stato di insolvenza.

“Nell'ipotesi di fallimento dichiarato dopo la modifica, operata con il d.l. n. 35 del 2005, dell'art. 67 l.fall., in consecuzione rispetto ad un concordato preventivo precedente a tale novella, l'entità del periodo sospetto rilevante ai fini della revoca degli atti pregiudizievoli compiuti anteriormente al concordato stesso va determinata in base al testo della norma vigente al momento dell'apertura di quest'ultimo, attesa l'unitarietà giuridica dell'intera procedura”185.