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LE APORIE DELL’IDEOLOGISMO E DELL’UTOPISMO Se ciò corrispondesse al vero, ben agio avrebbero i critici

“ABOLIZIONE DI OGNI GOVERNO E DI OGNI POTERE ChE FACCIA LA LEGGE”*

3. LE APORIE DELL’IDEOLOGISMO E DELL’UTOPISMO Se ciò corrispondesse al vero, ben agio avrebbero i critici

dell’anar-chismo nel relegarlo (i più benevoli) nel mondo dei sogni utopistici27

24 Va notato come il proverbiale homo homini lupus di hobbesiana memoria, in questa prospettiva, caratterizza – attraverso una inversione speculare degli ambiti – non già lo stato di natura, ma, al contrario, lo stato civile.

25 Va evidenziato come lo stesso Malatesta diffidi dell’idea di una spontanea armonia; egli, infatti, scrive: “le armonie naturali, la naturale confluenza del bene di ciascuno col bene di tutti sono invenzioni della pigrizia umana, la quale piuttosto che lottare per realizzare i propri desideri immagina che essi si realizzeranno spontaneamente, per legge naturale”, la base morale dell’anarchismo, cit., p. 161.

26 Ancora una volta Malatesta si dimostra completamente avverso a tale prospettiva: “vi sono dei compagni che risolvono la questione in un modo eccessivamente ottimistico. Essi dicono che, cambiate le condizioni sociali, non vi saranno più delinquenti, cioè uomini che troveranno interesse o piacere ad offendere la libertà degli altri. Io mi auguro che sia così […] ma tutto ciò richiede tempo; non può avvenire per incanto”,

libertà e delinquenza (ancora in risposta a «il pensiero di un iconoclasta» di enzo martucci), ora in Scritti, cit., vol. II, p. 165 (l’articolo esce su “Umanità Nova” il 30

settembre del 1922).

27 Per Bravo, “appare evidente l’elemento utopistico di tale concezione rivoluzionaria, per cui questa fu ed è, più che effettiva, puramente ideale, e, più che politica, puramente intellettuale e astratta, immaginabile in ogni momento, sempre pronta a scatenarsi, ma non mai manifestatasi se non nella configurazione ridotta della ribellione o dell’insurrezione”, anarchismo, cit., p. 23.

ed in quanto tali irrealizzabili (se non attraverso un miracolo28), oppure (i più malevoli) quale aberrante epifania di patologia sociale29, volta in realtà, pur predicando libertà ed uguaglianza, alla distruzione di ogni consorzio sociale, auspicando un caos in cui l’essere umano, perdendo

28 Malatesta in proposito appare chiarissimo: “gli anarchici, o almeno il più degli anarchici, han creduto le cose molto più facili di quello che realmente sono, e si sono beatamente cullati in una specie di provvidenzialismo, che ha fatto creder loro che bastano un ideale luminoso ed un spirito eroico perché tutto si accomodasse da sé”,

i nostri propositi, ora in Scritti, cit. vol. III., p. 27 (lo scritto appare su “Pensiero e

Volontà” il primo gennaio 1924). In uno scritto di poco successivo, uscito anch’esso su “Pensiero e Volontà”, il nostro rileva: “v’è stato perfino chi, nella foga dell’entusiasmo, anticipando forse di secoli i risultati sperabili della educazione e dell’eugenica (scienza e arte di ben procreare), ha intravisto per l’indomani stesso dell’insurrezione vittoriosa un’umanità composta tutta di gente buona, intelligente, sana, forte e bella!”, idealità e

realtà, ora in Scritti, cit., vol. III, p. 36 (ma “Pensiero e Volontà” primo febbraio 1924).

Va rilevato che già il 28 marzo1897, durante la polemica con Merlino, Malatesta ebbe con veemenza a sottolineare sulle pagine de “L’Agitazione” come “respingiamo come falsa e perniciosa ogni idea di armonia provvidenziale e di ordine naturale nella società, poiché crediamo che la società umana e l’uomo sociale esso stesso siano il prodotto di una lotta lunga e faticosa contro la natura, e che se l’uomo cessasse di esercitare la sua volontà cosciente e si abbandonasse alla natura, ricadrebbe presto nella animalità e nella lotta brutale”, Da una questione di tattica ad una questione di

prinicipii, ora in E. Malatesta, “Un lavoro lungo e paziente …”, cit., p. 32. (il testo, con

il titolo Società autoritaria e società anarchica, è raccolto anche in E. M. Malatesta – S. F. Merlino, anarchismo e democrazia, cit.). Tale concezione viene ribadita dal nostro a cinque lustri di distanza quanto rileva come la “legge naturale è lotta, è il massacro, è la distruzione o l’oppressione del vinto; e sul terreno sociale quanto maggiore è la tirannia e tanto più si sta vicini allo stato naturale”, libertà e delinquenza, cit., p. 166. 29 Le elucubrazioni anarchiche non “potrebbero considerarsi una dottrina sociale, giacché la società mirano a distruggere. […] Le teorie anarchiche hanno postulato una forma di schiavitù peggiore di quella che hanno combattuto: a Dio, allo Stato, alla legge esse hanno sostituito una visione terrificante, ossessiva, della vita. Non liberazione, pertanto, ma nella deformata interpretazione dei rapporti sociali, angoscia e maledizione, tormento e buio, non mai rischiarato da un qualsiasi barlume di luce”, così C. Curcio nella citata voce anarchia, p. 613. Di diverso avviso pare Gueli, nella richiamata voce anarchia, per il quale in una condizione di caos sociale “non sono realizzate le condizioni obiettive della anarchia in senso proprio. La relativa qualifica non può giustificarsi dal punto di vista teoretico. Essa può spiegarsi per più ragioni: anzitutto il senso volgare della parola anarchia, usata spesso per indicare le manifestazioni di disordine sociale”, p. 391. Più in generale, sul manifestarsi di “una sorta di cecità ermeneutica” in taluni studî sull’anarchismo, cfr. le osservazioni di M. La Torre, il fantasma della legge. michail Bakunin e la metafisica della liberta, in “Filosofia politica”, XXVIII (2014), n. 2, pp. 248-251.

ogni attributo politico, esalti le sue componenti animalesche30.

Così rappresentato, privo cioè di una riflessione intorno ad una intelaia-tura giuridica non autoritaria, l’anarchismo si può strutintelaia-turare soltanto come una sorta di ideologia dagli esiti utopistici, che presuppone ed attende, quale protagonista delle proprie vicende, un uomo nuovo sor-to dalle ceneri della società oppressiva, che veleggia verso lidi contras-segnati, una volta approdato nel paese della cuccagna31, dalla assoluta libertà e dalla altrettanta assoluta uguaglianza32.

30 “È tempo di finirla con quella rettorica [sic] – poiché non si tratta che di rettorica – che voleva compendiare tutto il programma anarchico nel famoso «demoliamo»”.

a proposito di «revisionismo anarchico», ora in Scritti, cit., vol. III, p. 64 (l’articolo

appare il primo maggio 1924 sulle pagine di “Pensiero e Volontà”). Ancora una volta Malatesta sfata questi miti: “distruggere le istituzioni, i meccanismi, le organizzazioni sociali esistenti? Certamente, se si tratta di istituzioni repressive; ma esse in fondo non sono che piccola cosa nella complessità della vita sociale […]. Sono altre le istituzioni e le organizzazioni che, bene o male, riescono ad assicurare la vita all’umanità; è queste istituzioni non si possono utilmente distruggere se non sostituendole con qualcosa di meglio. […] E questo non si può fare in un giorno; né, allo stato delle cose, noi abbiamo le capacità necessarie per farlo”, la rivoluzione in pratica, ora in Scritti, cit., vol. II, p. 175 (l’articolo appare su “Umanità Nova” il 7 ottobre 1922); a pochi giorni dal primo contributo, il 14 ottobre dello stesso anno ancora sul quotidiano anarchico, Malatesta ritorna sull’argomento: “se dobbiamo essere intransigenti nell’opposizione contro tutti gli organi di compressione e di repressione, contro tutto ciò che tende ad ostacolare colla forza la volontà popolare e la libertà delle minoranze, noi dobbiamo ben guardarci dal distruggere quelle cose e disorganizzare quei servizi utili, che non possiamo sostituire in modo migliore”, ancora sulla rivoluzione in pratica, ora in Scritti, cit., vol. II, p. 184. Lo stesso tema dell’abolizione del governo, centrale e caratterizzante il pensiero anarchico sin dalla sua fondazione politica con la risoluzione di Saint-Imier del 1872 – alla quale lo stesso Malatesta ha partecipato – è affrontato con una certa cautela; infatti, possiamo leggere, sempre su “Umanità Nova”: “giova ripetersi […] se non riconosciamo il governo bisogna pure che troviamo un modo di vivere per liberi accordi, senza governo, nonché un modo per mantenere le necessarie relazioni economiche colle masse che ad un governo stanno sottoposte”, Discorrendo

di rivoluzione, ora in Scritti, cit., vol. II, p. 203 (ma “Umanità Nova” il 25 novembre

1922). Malatesta non solo si pone con tutta evidenza il problema della fondazione di un ordine politico e giuridico basato sull’autonomia, ma anche accenna alla necessità di indagare in un campo molto prossimo al diritto internazionale.

31 “Se nasce l’anarchia / un bel pranzo s’ha da fa’ / tutto vitello e manzo / se duvimo da magna’”, canto anarchico dei Castelli romani, così riportato in L. Settimelli – L. Falavolti, canti anarchici, cit., p. 83.

32 Cfr. S. Vaccaro, cruciverba, cit., p. 10. Viene da altri sostenuto come “l'anarchismo è basato su una concezione sostanzialmente ottimistica della natura umana: se gli individui hanno una tendenza naturale verso il bene comune, non c'è nessuna

Tale rappresentazione in chiave miracolistica dell’anarchismo, in vero presente non soltanto nell’opera dei suoi critici, ma, sia pure con diverse sfumature, anche all’interno di tale filone di pensiero, va pertanto, per un verso, demistificata, per altro, nettamente rigettata, al fine non sol-tanto di favorire l’emergere di una immagine dell’anarchismo depurata da tali fantasie, ma anche, e soprattutto, di riconoscere nell’anarchismo un genuino (in quanto dialettico) approccio critico alle realtà sociale.