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LA CRITICA AL DETERMINISMO SCIENTISTA

CAPITOLO SETTIMO

2. LA CRITICA AL DETERMINISMO SCIENTISTA

L’anarchismo (malatestiano) si pone in maniera critica di fronte all’utilizzo del rapporto di causa-effetto in rappresentazioni di natura eminentemente sociale e volte verso itinerari di emancipazione. Per Malatesta, “l’esistenza di una volontà capace di produrre effetti nuovi, indipendenti dalle leggi meccaniche della natura, è un presupposto ne-cessario per chi sostiene la possibilità di riformare la società”5. Il fulcro su cui far leva per promuovere un moto di emancipazione non appare dunque una legge di natura scientifica, che meccanicamente condurrà la società verso nuovi assetti informati dalla libertà e dall’uguaglianza; viceversa l’emancipazione si lega ad una precisa manifestazione di

vo-lontà, la quale nulla ha a che fare con leggi scientifiche e che anzi si

palesa come l’esatto contrario del rapporto di causalità. L’esaltazione di quest’ultimo vanifica totalmente ogni richiamo alla umana volontà di emancipazione, al sentimento di libertà ed uguaglianza che anima l’anarchismo, rendendo, di converso, l’essere umano strumento di leggi da lui non controllabili e, pertanto, mero strumento nelle immaginarie mani della scienza6.

Per Malatesta, “nella concezione meccanica (come d’altronde, nella con-cezione teistica) tutto è necessario, tutto è fatale, niente può essere diffe-rente da quello che è […] tutti i fenomeni sono collegati in modo inalte-rabile. […] Questa è la prua concezione meccanica; tutto ciò che è stato doveva essere, tutto ciò che è deve essere, tutto ciò che sarà dovrà essere necessariamente, fatalmente, in tutti i minimi particolari di posizione e

5 ancora su scienza e anarchia, cit., p. 213. Va in ogni caso rilevato come questa è una posizione del Malatesta maturo, ovvero di un pensatore che, negli anni Venti dello scorso secolo, si pone in modo problematico verso forme di determinismo

rivoluzionario che possono trasparire, ad esempio, dalla prospettiva kropotnikiana,

fortemente influenzata dalla filosofia positivista imperante nella seconda metà del Diciannovesimo secolo. Da tali influenze non è scevro il giovane Malatesta, che le fa proprie nello scritto del 1884 l’anarchia, qui più volte richiamato (si vedano, a titolo esemplificativo, le argomentazioni addotte a pp. 825, 828 e 831 dell’edizione citata). 6 “L’Anarchia è un’aspirazione umana, che non è fondata sopra nessuna vera o supposta necessità naturale, e che potrà realizzarsi e non realizzarsi secondo la volontà umana. […] Non può essere confusa, senza cadere nell’assurdo, né con la scienza, né con un qualsiasi sistema filosofico”, commento all’articolo: «Scienza e anarchia», di

Nino Napoletano, ora in Scritti, cit., vol. III, p. 176 (in contributo esce il primo luglio

del 1925 su “Pensiero e Volontà”). Sulla figura di Antonio Napolitano (1893-1958) cfr. l’omonima voce redatta da S. Fedele per il Dizionario biografico degli anarchici italiani.

di movimento, di intensità e di velocità. In tale concezione, che signifi-cato possono avere le parole «volontà, libertà, responsabilità»? E a che servirebbe l’educazione, la propaganda, la ribellione? Non si può modi-ficare il corso predestinato degli avvenimenti umani come non si può modificare il corso degli astri […]. E allora? Che c’entra l’Anarchia?”7. Nella prospettiva emancipatrice anarchica le parole chiave sono dun-que volontà, libertà, responsabilità8; tutto ciò che limita l’esplicazione in ambito sociale di ogni libera opzione, a maggior ragione se legata alla realizzazione di un società di liberi ed uguali, deve venire respinto; il determinismo, frutto del legare l’aspirazione all’anarchia ad una qual si voglia teoria scientifica, appare pertanto idea erronea e nociva9: “la vita nostra e quella delle società umane sarebbe tutta predestinata e prevedi-bile, ab eterno e per l’eternità, in tutti i minimi particolari al pari di ogni

7 commento all’articolo: «Scienza e anarchia» di Nino Napoletano, cit., p. 178. 8 Più volte negli scritti degli anni Venti del Novecento qui richiamati, emerge l’idea di una libertà recepita quale fatica, travaglio, in quanto esplicazione di una volontà di trasformazione attiva del mondo esistente; la libertà è attivo intervento sulla realtà. Ma la libertà è gravosa in quanto la stessa, per il nostro, è anche necessità di scelta, è obbligo optare per una direzione verso la quale incanalare la volontà fattasi concreta; in questo senso la libertà implica la responsabilità della scelta. In questo contesto non è concepibile la libertà assoluta, che non ammette il limite della scelta fra alternative; la libertà non è pretesa al tutto, ma, al contrario, è scelta, di cui si è responsabili, fra più opzioni.

9 Ciò non significa affatto un rigetto totale dell’ideale di scienza moderna, soltanto la ricollocazione della stessa all’interno degli ambiti che le sono propri, senza che la stessa risulti pervasiva in settori, che per loro stessa natura non possono venire sottoposti a trattamento scientifico. Per Malatesta, infatti, “la scienza […] soddisfa certi bisogni intellettuali ed è nello stesso tempo strumento validissimo di potenza. Mentre indica nelle leggi naturali il limite all’arbitrio umano, accresce la libertà effettiva dell’uomo dandogli modo di volgere quelle leggi a proprio vantaggio. Essa è uguale per tutti e serve indifferentemente per il bene o per il male, per la liberazione come per l’oppressione”, ibidem, p. 176. Viceversa, una esaltazione incondizionata della scienza porta al manifestarsi dello scientismo che viene ampiamente criticato: “lo

scientificismo che io respingo e che, provocato ed alimentato dall’entusiasmo che seguì

le scoperte veramente meravigliose fatte in quel torno di tempo nel campo della fisica-chimica e della storia naturale, dominò le menti nella seconda metà del secolo passato, è il credere che la scienza sia tutto e possa tutto: è l’accettare come verità definitive, come dommi, ogni scoperta parziale; è il confondere la Scienza con la Morale, la Forza nel senso meccanico della parola, che è una entità definibile e misurabile, con le forze morali, la Natura con il Pensiero, la Legge naturale con la Volontà. Esso conduce logicamente al fatalismo, cioè alla negazione della volontà e della libertà”, Fra le

fatto meccanico, e la nostra volontà sarebbe una semplice illusione come quella della pietra di cui parla Spinoza, che cadendo avesse coscienza della sua caduta e credesse che cade perché vuol cadere”10.

Secondo Malatesta, “quando si ammette che l’uomo non può fare diver-samente da quello che fa, nessun acrobatismo logico può dare un signi-ficato reale alle parole libertà e responsabilità”11, che rappresentano le architravi su cui si fonda il pensiero anarchico.

Il determinismo, negando validità a qualsivoglia scelta personale – anzi partendo dal presupposto che questa non possa in alcuni modo verifi-carsi, se non previamente determinata da forze esogene alla persona umana – mina alla base ogni prospettiva di pensiero anarchico, il quale, al contrario, si costituisce intorno all’idea di una libertà responsabile, che dà vita a libere scelte frutto di una propensione alla regolarità. Al di là del depotenziamento della sfera della scelta responsabile, che all’interno di una prospettiva deterministica può risultare anche total-mente annichilita, la critica anarchica a tale modo di concepire i rappor-ti sociali appare giusrappor-tificata da un secondo punto di vista.

Infatti, il determinismo, il quale riconosce in ogni manifestazione em-pirica il concretizzarsi meccanico del rapporto di causa-effetto, impedi-sce di fatto ogni valutazione di natura etica sugli accadimenti sociali, i quali risultano inevitabili manifestazioni (effetti) determinati da cause incontrollabili, poiché indipendenti dalla volontà umana e, pertanto, non suscettibili di giudizi di valore.

Una prospettiva deterministica inibisce lo sdegno da cui l’anarchismo sorge, per trasformare, ad esempio, l’esecrazione dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo nel riconoscimento (marxista) di una oggettiva fase dello sviluppo di rapporti fra forme di produzione e forze produttive, sulla quale nulla di valutativo si può pronunciare (parimenti all’altret-tanto oggettivo incontro sul grafico del libero mercato delle curve della domanda e dell’offerta).

10 ancora su scienza e anarchia, cit., p. 212 (il riferimento spinoziano è alla lettera a J. h. Schuller – lettera LVIII ora in B. Spinoza, epistolario, trad. it. a cura di A. Droetto, Torino, 1974). Per Malatesta, “se la volontà non ha alcuna potenza, se tutto è necessario e non può essere diversamente, le idee di libertà, di giustizia, di responsabilità non hanno nessun significato, non corrispondono a niente di reale”, pietro Kropotkin.

Ricordi e critiche di un suo vecchio amico, cit., p. 374.

11 Nota all’articolo «Scienza e anarchia» di Hz., ora in Scritti, vol. III, p. 183 (l’articolo appare su “Pensiero e Volontà” il primo settembre del 1925).

3. LA DIALETTICA COME FONTE DI OGNI GIUDIZIO DI VALORE