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Apparentamenti e divorzi: le scritture dell‟io a confronto

Ma ecco, perché diavolo sono stasera ai ricordi? Ricordare non serve… Eppure non si sa cosa si potrebbe fare di meglio.

(Tommaso Landolfi, gennaio 1964)

Nell‟impossibilità di stabilire con sicurezza una definizione delle scritture dell‟io, come si diceva nel paragrafo precedente, molto spesso si è fatto ricorso al metodo contrastivo, che rilevando le peculiarità, cerca di tracciare i confini frastagliati dei diversi generi. Visto l‟oggetto del presente studio, si cerca qui di rilevare le discrepanze tra il diario e gli altri generi, sulla scorta degli studi teorici principali sulle scritture autobiografiche.29 Si precisa che le indicazioni del paragrafo

fungono da primo orientamento: mirano ad allertare e non racchiudono alcuna prescrizione o classificazione rigida.

Un primo confronto fondamentale è quello tra autobiografia30 e diario, che

spesso si contaminano e si accolgono reciprocamente, a riprova della permeabilità dei generi. Uno dei primi contributi si trova nel capitolo “Autobiographie et journal intime” di George May, nel suo L‟autobiographie:31 qui, la trattazione è divisa

utilmente tra somiglianze e differenze. Tra i punti che vengono subito rilevati, il diario è diviso in giorni (e solo potenzialmente giornaliero), mentre l‟autobiografia ha una struttura continua. Le riflessioni sulla frequenza nel diario e nell‟autobiografia tendono piuttosto a rilevare cos‟hanno in comune i due generi: la riflessione sul passato, «car l‟auteur de journal intime ne peut jamais avoir que l‟illusion de travailler sur le présent; dès lors qu‟il l‟écrit, il est passé. Passé immédiat dans un cas et passé lointain dans l‟autre […]; mais sait-on au juste où l‟un s‟arrête

28 Ivi, 244.

29 Ci si baserà principalmente sugli studi di G.GUSDORF in Lignes de vie 1…; P.LEJEUNE, Le pacte autobiographique…

30 Ecco una delle più recenti proposte di definizione per l‟autobiografia: secondo Grisi, è «il

tentativo di scomporre l‟unicità della vita nella collettiva omogeneità dei suoi eventi, al fine di analizzare, attraverso la scomposizione, i suoi aspetti più reconditi; ed è insieme un progetto di decostruzione – ricomposizione della propria immagine, al fine di condurla quanto più possibile vicino alla propria essenza» (C. GRISI,Il romanzo autobiografico…, 65).

Gloria Maria Ghioni – Quasi un secolo, tra „cronaca‟ e „fantasia‟. Corrado Alvaro e la diaristica italiana

et où l‟autre commence?».32 La differenza tra chi decide di appuntare i fatti rilevanti

di una giornata e chi vuole perpetuare i ricordi nell‟autobiografia, non è che quantitativa. Più rilevante notare che sia nel diario che nell‟autobiografia si va nella stessa direzione temporale: non dal passato al presente, ma dal momento della scrittura verso il momento vissuto (questo spiega anche perché molte autobiografie si aprano con inizi diaristici).

Inoltre, è possibile che i due generi si infiltrino l‟uno nell‟altro: May cita Chateaubriand e le sue Memorie d‟oltretomba per rilevare come nella grande autobiografia il diario possa essere un escamotage narrativo per superare l‟assenza di novità. Si attua l‟intricato passaggio che Starobinski ha così definito: «Le journal intime vient alors contaminer l‟autobiographie, et l‟autobiographe devient par instants un “diariste”».33

Tuttavia è da rilevarsi anche il fenomeno contrario, ovvero le invasioni autobiografiche entro il diario, che per May è legato al lavoro rielaborativo del diarista, che torna in un secondo momento a rileggere, ricopiare, migliorare, commentare o censurare la propria opera (sull‟argomento, in particolare par. 5.2). Ma, potremmo aggiungere, l‟afflato autobiografico è legato ai contenuti: non sono rari i frammenti che hanno nella loro impostazione narrativa, temporale e intrinseca una struttura autobiografica. Qui il diarista non racconta i fatti della giornata, ma costruisce micro-autobiografie per episodi significativi, talvolta raccordati al presente da un correlativo oggettivo più o meno concreto.

Venendo alle differenze essenziali, May segnala lo scarto temporale tra il tempo dell‟esperienza e quello della scrittura, maggiore nell‟autobiografia. Il tempo funge da filtro essenziale per selezionare i fatti da raccontare nell‟autobiografia; tuttavia, nel diario il poco tempo di scarto garantisce maggiore esattezza e precisione nel delineare i fatti, nonché un ragionamento a freddo.

Infine, la differenza sostanziale sta nel desiderio dell‟autobiografia di costruire un «édifice ordonné, haromonieux et rassurant»,34 in risposta a un bisogno che pare

costante nella tradizione autobiografica occidentale.

George Gusdorf si è preoccupato di aggiungere numerosi appunti alla ricerca di May, ai fini di rendere ancor più chiaro l‟apparentamento e la distanza tra autobiografia e diario.35 Sotto un profilo puramente strutturale, l‟autobiografia è da

32 Ivi, 146.

33 J.STAROBINSKI, La Relation critique, Paris, Gallimard, 1970, 83.

34 G.MAY, Autobiographie et journal intime…, 154.

35 In particolare cfr. G.GUSFORF, Le journal: dire ma verité e ID., Aveux completes, entrambi raccolti in ID., Lignes de vie 1…, 317-346; 347-386.

considerarsi un libro chiuso, che risponde al progetto unitario di raccontare la storia di una vita intera o di un suo stralcio significativo. Il journal ha una natura aperta, discontinua, la cui flessibilità garantisce interruzioni e riprese. Anche gli inizi e i finali occupano una diversa rilevanza: nell‟autobiografia dovrebbero idealmente coincidere con la nascita e la morte (o il momento presente della scrittura); nel diario, è tutto aleatorio (ma discordiamo dalla convinzione di Gusdorf che siano ininfluenti, come nei par.1.6 e 1.7).

Per quanto riguarda la scelta del supporto materiale, secondo Gusdorf l‟autobiografia è più incline a manoscritti su fogli di grandi dimensioni, mentre il journal richiede un supporto pratico e portatile.

Venendo ai contenuti, possiamo dire che il movente è diverso: l‟autore affida all‟autobiografia il compito di raccogliere un bilancio di vita; presuppone la «logica dell‟identità» e, proprio per queste ragioni è più spesso un‟opera della maturità. Nel diario, l‟autore ha modo di prendersi tempo: si occupa dei resti sparpagliati sul suo cammino: si ritrova in un «insieme di istantanee inserite nella durata». Il redattore fa qui voto di personalità: la permanenza della scrittura è garante di permanenza della personalità. Con la «logica della discontinuità», il diario non deve abbattere le contraddizioni, e anche per questo è un ottimo terreno di prova per la scrittura adolescenziale. Queste caratteristiche fanno sì che l‟autobiografia si misuri con la tradizione e sia aperta a meno sperimentazioni: mantiene la coerenza e spesso rispetta le tre regole di unità di tempo, spazio e azione. Il diario, invece, può rivendicare maggiore libertà, a cominciare dalla sua natura frammentaria; vi manca però la fantasia: se autentico, non gli è consentito inventare. Tuttavia, la verità è completamente revocabile nei frammenti successivi, dal momento che, parafrasando Gusdorf, il diario non ha la verità, ma appartiene alla verità.36

Se premettiamo che entrambe le scritture mirano a una maggiore conoscenza di sé, possiamo rilevare che l‟autobiografia postula l‟identità e connette l‟“io” al “me” fino a confonderli; l‟autore ha quindi un‟attitudine contemplativa, prende atto e registra il cambiamento nel suo divenire fino a che si realizzi totalmente nel momento della scrittura. Tra la vita e la scrittura si stabilisce la mediazione della interpretazione, che contribuisce a distanziare l‟evento. Il diarista, invece, è un testimone profondamente coinvolto nel mutamento in corso, e ha un approccio più verisimile alla scoperta di sé, se ammette la propria complessa natura di contraddizione.

Gloria Maria Ghioni – Quasi un secolo, tra „cronaca‟ e „fantasia‟. Corrado Alvaro e la diaristica italiana

Per quanto riguarda il tempo, Gusdorf rileva due approcci opposti, contrariamente a May. L‟autobiografo conosce già il momento della fine e quindi scrive in controtempo: seleziona i fatti, eliminando le possibilità senza realizzazione e le azioni senza conseguenze; la potenzialità è riassorbita nel predominio del reale sull‟eventuale; anche il passato è messo in relazione con quanto sarebbe successo poi (si vedano le tante premonizioni, segni in prolessi,…). Il conflitto, che nell‟autobiografo è risolto, è invece in pieno fluire nel diarista, che ignora cosa accadrà nel futuro, e proietta i fatti nel presente o in un futuro ipotetico, avvalorando l‟idea di una «temporalità in potenza». Per quanto le linee di forza siano già disposte nell‟opera, il diarista registra senza seguito: non sa che il frammento di oggi potrà avere una qualche ricaduta l‟indomani, o cadere nella sua totale ininfluenza. In questo senso, Gusdorf propone di considerare il journal come una forma di autobiografia che ricomincia ogni giorno.

Il diverso impegno richiesto (l‟autobiografia ambisce alla letterarietà, al contrario del diario) fa sì che l‟autobiografia resti un‟esperienza per pochi, mentre più volte si è alluso alla democraticità del diario, universale di per sé, anche se solo un minimo numero giunge alla divulgazione.

Ponendo attenzione alle tecniche di lettura, l‟autobiografia richiede come tutte le narrazioni una lettura continuata e lineare; il diario si presta a lettura saltata, incostante e aleatoria.

Quando ci si chiede come considerare il rapporto tra il diario e le lettere, non si può non riferimento al recente studio di Simonet-Tenant esplicitamente dedicato a Journal personnel et correspondance (1785-1939),37 e prima a saggi di Gusdorf e al Journal

intime di Girard. Diario e lettere condividono la scrittura in prima persona, la datazione, nonché la natura frammentaria. Vi si percepisce la presenza dell‟altro, in una relazione che si stabilisce con un “tu” o un “voi”: questo comporta che si solleciti l‟attenzione del lettore/destinatario, cercando la sua benevolenza; introduce un movimento d‟estrapolazione e usa un linguaggio relazionale (per quanto Gusdorf precisi che ogni linguaggio è relazionale: scegliere l‟italiano o il francese significa rivolgersi a un determinato pubblico di parlanti). Sia diario che lettere deperiscono nella loro forma cartacea a mano a mano che avanzano i mezzi tecnologici, e cambiano forma. Secondo Girard, tuttavia, dove il diario annota, la lettera dà libero sfogo: il mittente deve spiegare al destinatario le circostanze che hanno portato a questa o quella conseguenza, accertandosi di fornire tutte le

informazioni necessarie.38 Inoltre, la lettera è una rottura della solitudine, chiede e

si aspetta una risposta, annuncia o persegue un dialogo. Laddove la lettera è uno strumento di comunicazione tra due coscienze, il diario esprime il contenuto di una coscienza.

Se ci domandiamo il rapporto tra il diario e le memorie, ancora una volta i confini sono porosi. Le memorie hanno la stessa base dell‟autobiografia: sono condotte in prima persona e contengono la stessa coscienza dell‟individuo. La differenza si misura più nei contenuti che nella forma, dal momento che le memorie hanno origine con la leggenda degli eroi fondatori, re e imperatori, quindi dei santi cristiani. Solo con la presa di coscienza del proprio ruolo nella storia e della propria identità, l‟uomo si sente autorizzato a scrivere di sé. E ancora, sono state rilevate vicinanze e discrasie:

Le chroniqueur aussi s‟intéresse à noter selon le calendrier les faites dont il est le témoin; c‟est que chaque jour apporte du nouveau. Le diariste, lui, guette moins le nouveau que le changeant.39 (12-13)

Tendenze che, come avremo modo di vedere, andranno via via appianandosi e sovrapponendosi nel Novecento quando la Storia invade e sbaraglia le istanze egotiche del diario.