• Non ci sono risultati.

Avevo cominciato il diario su un povero taccuino, ma non l‟ho continuato. Ho bisogno di un solido quaderno. Eccolo. (Giuseppe Dessì, 25 settembre 1927)

Come sottolineano Catherine Viollet e Marie-Françoise Lemonnier-Delpy, le scritture dell‟io non si distinguono in apparenza dalle altre: un manoscritto non autobiografico non si differenzia sensibilmente da uno autobiografico nella forma.56

Tuttavia, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, il supporto materiale non ha affatto una mera funzione pratica: al contrario, la sua fisicità incide sulle modalità di scrittura e sul ritmo del diario. Secondo Lejeune, quaderno, agenda e foglio separato rispondono a esigenze diverse.57 Nel caso del quaderno, il diarista

predilige la totale libertà: si pensi, ad esempio, ai Cahiers di Valéry, dove è lo scrittore stesso a darsi delle regole, perché di per sé il quaderno ha l‟unico vincolo di avere fogli uniti in successione (e questa componente concorre alla creazione di un‟“identità narrativa”, per dirla con Paul Ricoeur). Inoltre, il quaderno si presta a contenere elementi diversi, come fotografie, appunti sparsi, e a variare l‟orientamento e le dimensioni della grafia, diventando quando necessario un “album amicorum”, raccoglitore di citazioni, letture, disegni, firme... Solitamente, è soprattutto raccolta delle riflessioni dettate dall‟esercizio della pura intelligenza, mentre il diario racchiude l‟affettività, «toujour présente, lancinante et génératrice

56 C.VIOLLET –M.-F.LEMONNIER DELPY, Genèse de l‟écriture de soi, in Le propre de l‟écriture de soi…, 31.

Gloria Maria Ghioni – Quasi un secolo, tra „cronaca‟ e „fantasia‟. Corrado Alvaro e la diaristica italiana

de trouble».58 La varietà dei quaderni può essere anche pari a quella dei diari, nella

misura in cui ogni scrittore esercita la propria personalità; «mais les frontières ne sont pas rigoureuses, et l‟on hésite à ranger telles notes dans un genre plutôt que dans l‟autre».59 Infatti, spesso il quaderno è un supporto ritmato da frammenti

datati come un diario canonico: è il caso di Prezzolini, che per decenni chiama «quaderni» i propri diari. Per questo Lejeune tende a sovrapporre quaderno e journal. In questa sede pare opportuno mantenere la distinzione, dal momento che il quaderno può rinviare anche al brogliaccio di lavoro, concentrato sulla genesi di un‟opera e non sulla persona dello scrivente e l‟uso arbistrario di “quaderno” e “diario” genererebbe malintesi.

Quando il diarista sceglie l‟agenda esprime il bisogno di una formattazione predefinita, con una divisione rigida in giorni, che può essere travalicata o, al contrario, lasciare intere giornate vuote. In altre parole, il fatto che l‟agenda influenzi la scrittura e in qualche misura la segmenti non impedisce al diarista di aggirare gli spazi predeterminati. Così fa Svevo, che più volte, nel Diario per la fidanzata, sfora oltre la pagina datata dell‟agenda e lo segnala:

La data quassù [9 genn.] è errata perché noi oggi siamo ancora sempre all‟8. Devo scrivere stretto, stretto, per conservare un po‟ di spazio per domani.60

Benché Svevo trascuri il segnale prestampato, si ripromette di modificare il ductus pur di risparmiare spazio per il giorno successivo e non dover infrangere nuovamente lo spazio predeterminato. Nel diario novecentesco, l‟agenda non è più solo il luogo dove annotare le cose da fare, come vorrebbe la sua etimologia; raccoglie anche quanto è già stato fatto. La sua funzione essenziale, come ricorda Simonet-Tenant, è organizzare il tempo.61

Infine, se escludiamo casi-limite quali la guerra o situazioni detentive per cui il diarista non ha alternative, la predilezione molto frequente per i fogli separati è sintomo di discontinuità e volontà di dispersione. Allora il diario si avvicina di più all‟idea di atto o pratica quotidiana, acquista valore nel campo della confessione immediata e istintuale e ne perde quale testo per la conservazione dell‟io. Pavese scrive Il mestiere di vivere su fogli economici di carta da minuta la cui deperibilità è

58 A.GIRARD, Le journal intime…, 23.

59 Ivi, 27.

60 I.SVEVO, Diario per la fidanzata, con postfazione di L. Coretti, Trento, L‟Editore, 1990, 16.

alta: «fogli molti dei quali appaiono oggi […] ingialliti, coi margini talora accartocciati, se pure tuttora ben leggibili», scriveva Guglielminetti a meno di cinquant‟anni dall‟impiego dei fogli da parte dello stesso Pavese.62 Così il giovane

Boine tende a scrivere «di getto su foglietti vaganti», che vengono definiti «appunti diaristici» nella edizione degli Scritti inediti curata da Bertone, perché difficilmente possono formare materialmente un diario, nonostante la loro ricostruzione filologica.

Questi supporti, nella vita del diarista, sono suscettibili di cambiamento63 e,

spesso, di commistione, in base alle esigenze:64 Boine, oltre ai suddetti foglietti,

scrive su un quaderno, che porta Bertone a parlare di Taccuino 1909-1911 (non di diario, visto che dopo i primi mesi del 1909 diventa un brogliaccio di lavoro). O ancora, i taccuini di D‟Annunzio hanno sollevato a lungo problemi filologici, perché per molto tempo si identificavano con una tipologia specifica di quaderno, mentre in realtà una più recente ricerca al Vittoriale ha dimostrato che altri materiali andavano presi in considerazione. Cecchi passa da foglietti sparsi a un supporto unitario, fatto che annota il 13 dicembre 1914:

Chiudo qui questo diario di due mesi, per riaprirne qui a parte un altro da seguitare ormai sempre, e con spirito più presente. Addio a tante note sparpagliate, dalla mia vita diretta fra queste pagine di studii!65

Commistione ed eterogeneità dei materiali portano il diario a essere un vero e proprio macrocontenitore: così, l‟operazione (tutta letteraria) di Landolfi di copiare nel suo Rien va i cosiddetti “fogliolini” scritti su fogli staccati e corredarli di note

62 M.GUGLIELMINETTI, Pavese II: “Il mestiere di vivere” manoscritto, in ID., Dalla parte dell‟io…, 283.

63 Si noti l‟interesse di Prezzolini per il cambiamento dei suoi supporti diaristici: «I miei taccuini

furono vari di forma e di colore, dalla misura tascabile a quelle del quaderno di scuola elementare. I primi risentivano dell‟epoca dannunziana, in carta a mano; e gli ultimi, nutriti da anni di ironici esperimenti, comprati per beffa da un tabaccaio di villaggio, in carta da impacco» (G. PREZZOLINI, Preparazione alla lettura, in ID., Diario 1900-1941…, 8).

64 Oltralpe, il filosofo Hebbel annota come un tradimento vero e proprio il passaggio dai foglietti

sparsi, che solitamente legava al supporto con spilli, al «diario rilegato». Il 19 agosto 1843 annota: «Ventiquattro fogli tutti in una volta! Una forte cambiale tirata sull‟avvenire. Al solito scrivevo pagina per pagina e poi inquinternavo faticosamente con uno spillo. Ma, si va a Parigi, e si progetta l‟Italia. E dunque è forse ragionevole di avere sempre davanti a sé una tal massa di carta bianca per sentir il dovere di riempirla. In generale i miei diari hanno, è vero, assai poco valore: circostanze e cose ci compariscono assai di rado; soltanto passaggi di pensieri, e anche questi soltanto quando sono immaturi. È come se una biscia volesse raccogliere le proprie pelli invece che restituirle agli elementi. Ma in certo modo si vede come s‟era, e ciò è assai necessario se si vuol riconoscere come s‟è […]» (F. HEBBEL, Diario, a cura di S. Slataper, Lanciano, Carabba, 1912, 85).

Gloria Maria Ghioni – Quasi un secolo, tra „cronaca‟ e „fantasia‟. Corrado Alvaro e la diaristica italiana

autoesegetiche trasforma il diario personale in “diario dell‟opera” o, meglio, in quel «diario di un diario “impossibile”» cui faceva cenno Pampaloni.66

Un altro caso molto interessante è quello di Meneghello, che da Libera nos a malo e dalla stesura di Piccoli maestri nel 1963 sviluppa l‟abitudine

di registrare di giorno in giorno su fogli e foglietti, datandoli saltuariamente, i pensieri e anche i ghiribizzi che gli passavano per la testa. Sono aforismi, appunti, note di diario, abbozzi di cose incompiute, progetti o barlumi di progetti (a volte affidati soltanto a un titolo), esperimenti, fantasie e sgorbi.67

I foglietti, poiché scritti per un uso solamente privato, hanno richiesto da parte dell‟autore una riscrittura del materiale «trascelto» e «ricuperato»: i testi sono stati resi più leggibili, ma non hanno subito mutazioni sostanziali. A contraddire l‟argomentazione di Lejeune, secondo cui i foglietti tradirebbero una volontà di dispersione, Meneghello ha conservato le prime redazioni per poi donarle, insieme ad altri autografi, al Fondo Manoscritti di Autori Moderni e Contemporanei di Pavia, con la speranza di ulteriori (e non semplici) studi filologici.

Il passaggio da un supporto all‟altro, da un quaderno al successivo non è neutro: il diarista può limitarsi a notarlo,68 o rimarcare con una certa superstizione

il cambiamento deliberato di un quaderno.69 L‟anziano Prezzolini il 27 febbraio

1969 interrompe con sollievo un quaderno perché ritenuto infausto:

Ho interrotto il quaderno precedente perché convinto mi avesse portato sfortuna. Quando fui malato diventai superstizioso. Lo ero stato sempre, ma ridevo e tante volte mi divertivo a violare la superstizione, per la superstizione che una superstizione si può affrontare, e se si affronta con animo risoluto si vince. Con la malattia […] mi son sentito meno sicuro. Mi son fatto comprare un quaderno con una copertina più

66 G. PAMPALONI, Tommaso Landolfi, in Storia della letteratura italiana, a cura di E. Cecchi e N. Sapegno, Il Novecento, Milano, Garzanti, IX, 1969, 795-806. Sull‟argomento, cfr. par. 3.5.

67 L.MENEGHELLO, Nota dell‟autore, in ID., Le carte. Materiali manoscritti inediti 1963-1989 trascritti e ripuliti nei tardi anni Novanta, Milano, Rizzoli, 1999, I, 5.

68 Così fa Prezzolini, alla fine del proprio frammento: «21 giugno 1959. Quest‟ultimo weekend

superlativo, completo, superiore ad ogni altro. Felici fortunatissimi incontri di corpi e di tenerezze, vicinanze di giorno e di notte. Cena alla Grotta azzurra circondati dai soliti mafiosi trionfanti e dagli immancabili servitori sguaiati. Chiudo con questo un altro quaderno» (G.PREZZOLINI, Diario 1942-1968, Milano, Rusconi, 1980, 288).

69 Sempre Prezzolini annota in data 31 dicembre 1940: «Fine dell‟anno. Fine del quaderno. Fine di

un periodo della mia vita», in cui si noti la logica concatenazione del momento liminale cronologico, cui segue la fine del supporto e quindi, sembra dire, una svolta di vita (G.PREZZOLINI, Diario di guerra, in ID. – A. SOFFICI Diari 1939-1945…, 233).

allegra. Quella nera del precedente l‟avevo comprata con l‟animo oppresso dall‟idea che mi avrebbe portato sfortuna; e me la portò: tre mesi di malattia […].70

E la superstizione non abbandona Prezzolini, che pochi mesi dopo, il 4 gennaio 1970, collega al supporto materialo, e anche una superstiziosa previsione di morte:

Comprai questo quaderno perché uno più grosso che, per mancanza di volontà, m‟era stato affibbiato a Varese, mi pareva portasfortuna. Ma è piccolo, e la mia superstizione mi dice che forse ciò indica che dovrò morire alla fine di questo più corto. Benissimo: farò delle note corte per tenermi più in vita[…]!71

Se da un frammento all‟altro passa molto tempo e si cambia il supporto materiale, il diarista può soffrire di un vero e proprio cortocircuito. Landolfi, nel suo Rien va, ha l‟abitudine di segnalare per esteso la prima data del mese e, successivamente, di scrivere solo il numero del giorno. Quando ricomincia a scrivere su un nuovo quaderno, nota che il primo frammento registra solo «19»: quale il mese e quale l‟anno?72 L‟interrogativo non è di poco conto, se pensiamo

che i diaristi tendono a rileggersi e a ripartire con la scrittura dell‟io come se ci fossero entrelacement più o meno scoperti tra gli aspetti della propria vita (cfr. par. 5.2).

Altro caso interessante e metaletterario è l‟esistenza di “marginalia”, ovvero di commenti che riempiono i margini dei libri. Un esempio è dato dal poligrafo Stendhal, che dal 1810 scrive sempre più spesso testi autobiografici e diaristici negli spazio bianchi dei libri: note di commento datate, ma più spesso note private. La commistione delle due componenti rende il tutto degno di essere incluso nell‟edizione delle Opere intime di Stendhal curata da Vittorio Del Litto per la Pleiade. Il curatore opera una interessante distinzione in base al supporto materiale delle note: il diario vero e proprio confluisce nel journal élaboré, mentre per i marginalia Del Litto parla di journal reconstitué, per via della note ellittiche, spesso criptiche.73

70 ID., Diario 1968-1982, a cura di G. Prezzolini, con introduzione di I. Montanelli, Milano, Rusconi,

1999, 24.

71 Ivi, 57.

72 «8 febbraio 59! Ahimè, di quale mese è quest‟ultimo 19? Non lo so più perché ho cambiato

quaderno. Certo di un mese, di un tempo remoto. E nel frattempo cosa è avvenuto?» (T.LANDOLFI, Rien va…, 124).

73 Per maggiori informazioni, cfr. V.DEL LITTO, Stendhal. Journal élaboré et journal brut, in Le journal intime et ses formes littéraires…, 61-65.

Gloria Maria Ghioni – Quasi un secolo, tra „cronaca‟ e „fantasia‟. Corrado Alvaro e la diaristica italiana

Inoltre, gli strumenti di scrittura possono condizionare la piacevolezza della scrittura diaristica e, specialmente nei grafomani, l‟ampiezza dei frammenti. Gadda, in guerra, è costretto a limitare il proprio frammento «perché la penna stilografica è quasi vuota».74 Al contrario, si registrano affermazioni sul «piacere curioso» degli

strumenti di scrittura negli ampissimi diari di Prezzolini:

9 marzo 1912

Scrivo con una nuova penna stilografica, ho perduto l‟altra, che del resto andava male, e scrivo con piacere curioso perché è nuova, e la provo con voluttà! Singolari superstizioni che si hanno, per esempio, d‟una penna, d‟un quaderno o di un foglio di carta nuovi. Se il primo periodo di un articolo riesce male, straccio il foglio sperando che dopo riesca meglio, e così a metà d‟un articolo, mi riesce difficile cancellare, e talvolta piuttosto ricopio tutto da capo: è vero che questo mi serve a rimettermi nel filo della corrente, e a sollevare così qualche intoppo. Ora però mi abituo a cancellare, a tagliare, ad accomodare.75

E ancora, il piacere non è legato a un gusto estetico o feticistico, ma strettamente funzionale alla facilitazione della scrittura, dal momento che «una penna stilografica nuova è un avvenimento per lui; tutto ciò che agevola il lavoro gli piace».76

Così la grafia stessa è oggetto di diverse considerazioni: può provocare, nell‟atto della rilettura, un momento di commozione e riconoscimento o, al contrario, un senso di estraneità. Per Cecchi, ritrovare la propria grafia significa provare «un effetto anatomico, di museo delle cere; una psicologia ridotta in tronconi, moncherini, diagrammi», al punto da sostenere che «quel che c‟è scritto conta poco o nulla: tutto l‟effetto e la forza (o rivelazione) son nel “disegno”».77 Lo

scritto, infatti, ha

una presenza grafica oltre che una ragione ideale, un significato ideale; e quella è connessa a questo. C‟è una sensazione disegnativa, nello scritto; che aiuta a compitarlo, a leggerlo, cioè a dire a chiarirlo. Tutta l‟arte tipografica è qui, ed è soltanto in funzione di questo. E c‟è una ragione, un‟evidenza grafica anche nella forma con la quale uno scritto nasce: calligrafia è tipografia e viceversa: quella evidenza, come rispondenza alla ispirazione, al nume, vi riconosce alla prima occhiata; è uno dei corollari della autenticità.78

74 C.E.GADDA, Giornale di guerra e di prigionia. Con il “Diario di Caporetto”…, 64. 75 G.PREZZOLINI, Diario 1900-1941…, 125-126.

76 Ivi, 317.

77 E.CECCHI, Taccuini…, 357 (29 agosto 1922).

Non da ultimo, il luogo incide sulla scrittura: in guerra, Gadda annota sempre se sta scrivendo a letto,79 in stanza, o in trincea;80 così la nuova scrivania è per

Svevo, non solo occasione per «pensieri nuovi», ma la sua altezza eccessiva fa sì che «i pensieri risultino un po‟ sforzati».81

Come si è visto, il supporto è tutt‟altro che un elemento insignificante: la stessa analisi archivistica della grafia, degli spazi, del materiale testimonia la sorprendente varietà ed estrema plasticità del diario. Lo mostra una rapida scorsa al catalogo curato da Lejeune e Bogaert:82 i diari qui riprodotti ed esposti alla biblioteca

municipale di Lione (30 settembre-27 dicembre 1997) propone una parte rappresentativa dei diari raccolti dall‟Associazione per l‟autobiografia fondata da Lejeune. Al di là dell‟aspetto artistico e del forte impatto visivo di tanti diari riuniti, testimonia una progressiva apertura verso la riproduzione e lo studio dell‟aspetto materiale del diario.