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Il destinatario del diario: non solo l‟io

Se la mia opera non è nulla – è molto preziosa; e io la conservo per me. Se essa è nulla – non ha alcun pregio per nessuno e io la conservo – per nessuno. (Paul Valéry, 1900-1901. Senza titolo)

Il ruolo incerto e paradossale del destinatario all‟interno del journal contribuisce all‟ambiguità del genere, «polimorfo per la sua plasticità naturale».274 È

vicino all‟autobiografia per la tematica principale e la modalità comunicativa del monologo narrativo, ma si discosta per la frammentarietà del racconto. Narrazione

273 L.MENEGHELLO, Le carte. Materiali manoscritti inediti 1963-1989…, I, 142.

274 «Ambigu per sa destination équivoque, le journal est polymorphe par sa plasticité naturalle: il se

Gloria Maria Ghioni – Quasi un secolo, tra „cronaca‟ e „fantasia‟. Corrado Alvaro e la diaristica italiana Il destinatario del diario

MASSIMO GRADO DI CHIUSURA -Autodestinazione  pseudodestinatario  posteri  dedicatario specifico  cerchia ristretta  pubblicazione postuma 

pubblicazione in vita - MASSIMO GRADO DI APERTURA

e quotidianità costituiscono, secondo Genette,275 lo spazio misto entro cui si

muove l‟autore-personaggio-narratore (e, con Segre, aggiungeremmo «destinatario»)276 dell‟opera. Dunque, pare corretto parlare di “narratario” per il

destinatario del journal, come ha scritto Jean Rousset, dapprima in un contributo su rivista277 e poi in un prezioso capitolo del volume Le Lecteur Intime. Alla domanda

se esista un destinatario del diario, Rousset ribatte che le tipologie dei destinatari si possono ordinare da un grado massimo di chiusura e segretezza (il diario auto- destinato) a una sempre maggiore apertura, che culmina con la pubblicazione voluta dall‟autore stesso, ancora in vita.278

Di ogni diario, è sempre certa una prima auto-destinazione dell‟opera, poiché l‟«autocommunication appartient en propre au journal».279 Al fine di ritrovarsi, di

fare bilanci e confrontarsi con sé stesso, si desidera parlare senza essere ascoltati da altri, mentre l‟Io-soggetto e l‟Io-oggetto stabiliscono un contatto:

Le monologue des écritures du moi peut intervenir comme un produit de substitution pour le dialogue impossible. Le sujet découvre cette possibilité de parler tout seul, comme le fait parfois un être isolé, seulement pour rompre sa solitude.280

275 Cfr. G.GENETTE, Introduction à l‟architexte, in ID., Fiction et diction, Paris, Seuil, 2004, 9-82. 276 C. SEGRE, Autobiografia ed eroe letterario nella «Vita» dell‟Alfieri, in ID., Notizie dalla crisi, Torino, Einaudi, 1993, 120-136.

277 J.ROUSSET, Le Journal intime, texte sans destinataire?...

278 Su questa vera o presunta dinamica di scrittura di sé e lettura dell‟altro, anche una decina di anni

fa la critica si è interrogata in due giornate di studi (17-18 maggio 2001) a Digione: nel considerare come presupposto l‟idea di «interpersonalità del diario», ci si è chiesti chi sia l‟altro, ovvero se alter-ego o, al contrario, qualcuno che urta il soggetto nell‟avvertimento dell‟alterità.

279 Ivi, 438. Vi concorda anche G.GUSDORF, Le destinataire du journal, in ID., Lignes de vie 1…, 392.

280 Ivi, 338. Si consideri anche quanto scritto quasi quarant‟anni prima da Girard : «Le monologue

du journal intime est en réalité un dialogue continu, d‟où la présence de l‟autre n‟est jamais exclue. Ou plutôt, il n‟est le monologue que dans la mesure où l‟autre se dérobe, où sa présence physique dans les

Gli sforzi per creare un ponte comunicativo presuppongono una distanza da colmare, e nel farlo, «le moi regardant a tendance à devenir intemporel, à juger l‟autre de façon imperturbable, comme s‟il participait d‟une sorte d‟éternité divine».281 Così, dalla rilettura dei testi, parziale o integrale, regolare o occasionale,

sistematica o aleatoria, derivano meta-discorsi diagnostici, deprezzativi o narcisistici, ma anche interventi successivi sul testo, riflessioni sul diario e sulla propria scrittura.

Quando il diario è auto-destinato e votato alla privatezza, qualsiasi occhio indiscreto è una minaccia alla sopravvivenza del diario.282 I risultati sono vari: se

l‟intruso viola completamente la privatezza, il diarista può interrompere la scrittura o addirittura distruggere l‟opera.

Solitamente, tuttavia, il diario tende a negarsi o a sconfessarsi nella sua istanza privata, includendo uno o più lettori, definiti o indefiniti:283 si hanno destinatari

esterni, mai neutri, spesso predeterminati.284 Come suggerisce Dessì, il diario «serve

per sé anzitutto; poi, per quelli che verranno», ovvero la posterità; più dubbioso invece verso la destinazione a una cerchia, perché i presenti ci vedrebbero «quel che è ordinario, vile, e che viene appunto dal loro contatto».285 D‟altra parte, crede che

nessuno vedrà le sue carte; in caso contrario, «se vedrà sappia che se giudica rettamente, se è capace di giudicare, me ne infischio perché non me ne può venir male; e se è un imbecille e non sa giudicare è lo stesso».286

relations interpose un écran qui empêche de pénétrer dans l‟intimité de sa conscience, qu‟il s‟agisse d‟amour, d‟amitié ou de toute autre forme d‟échange» (A.GIRARD, Le journal intime…, 506).

281 B.DIDIER, Autoportrait et journal intime, in EAD., L‟autoportrait, Paris, PUF, 1983, 173.

282 «New York, 14 aprile 1932. Per mesi non ho scritto qui perché qualcuno ci guardava dentro;

oltre seccarmi, la cosa produceva interpretazioni fantastiche. E mi toglieva ogni piacere di scrivere per me. È curioso il bisogno che ho sempre avuto d‟una vita mia, ignorata agli altri, anche agli intimi, una vita dentro la vita, e magari una terza vita entro la seconda. Sento il desiderio di levarmi da questo mondo così com‟è, di scivolare via, di evaporare» (G.PREZZOLINI, Diario 1900-1941…, 490)

283 Cfr. M.GILOT, Quelque pas vers le journal intime, in Le journal intime et ses formes littéraires…, 3.

284 Riprendo a tal proposito la definizione di Pierre Hérbert: «Le narrataire premier d'un journal

intime ne peut donc en principe être neutre: il est le plus souvent prédéterminé, puisqu'il est le relais entre l'auteur-destinateur et l'auteur-destinataire» (P. HERBERT,Les Narrataires du journal intime: l‟exemple de Lionel

Groulx, «The French Review», LIX, 6, maggio 1986, 851). 285 G.DESSÌ, Diari 1926-1931…, 208.

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Controverso è il caso di diaristi che si rivolgono a “pseudo-destinatari”, inesistenti o assenti. Si pensi, ad esempio, al generico e rassicurante “caro diario”287

o destinatario inventato, come il “Cara Kitty” di Anna Frank, o all‟amante ormai perduto, verso cui si inviano i più liberi pensieri, sapendo che non leggerà mai. Esemplare in questo il giovane Dessì, che costruisce i primi tempi del suo diario come lettere a un “amico mai nato”; così inaugura il primo diario il 13 settembre 1926: «O amico carissimo che mai non fosti né in Cielo né in Terra, ma solo nella mia accesa immaginazione, lascia che mi confido un poco con te».288 Il diario si

colloca a metà strada tra il monologo e il dialogo: ci si sta rivolgendo più a sé stessi che all‟altro, secondo un paradossale “non sto scrivendo a/per te, anche se sto scrivendo a te”. Se queste forme presuppongono la totale libertà d‟espressione, cosa accade quando il diarista sceglie per destinatario una persona scomparsa? Marie Curie dedica pagine commosse al marito defunto, ben sapendo che non risponderà mai. Al di là del risvolto terapeutico di una tale operazione, in casi simili interviene comunque un‟inconscia autocensura? Pur consapevoli del soliloquio, la presenza immaginaria dell‟Altro non influenzerà la scrittura?

Oltre a questi destinatari impliciti e fittizi, troviamo referenti diretti, che hanno chiesto espressamente la scrittura di un diario: in questi casi, assolutamente non maggioritari, la forma diaristica si ibrida con l‟epistolario, e i confini si assottigliano, fino all‟indefinibilità. Simonet-Tenant, in merito, parla di “diario epistolare”, in cui si fondono marche comuni ai due generi: il rito dell‟indicazione temporale in apertura, la più rara inclinazione alla pubblicazione, ma anche la frammentarietà formale strettamente legata al presente, con frequente ricorso all‟ellissi e alla notazione corsiva.289 La natura monologante del diario piega verso il soliloquio, in

attesa di una risposta più o meno probabile, in un futuro prossimo o indefinito.290

287 Secondo Philippe Lejeune, in Francia l‟impiego di tale formula incipitaria è da collocarsi tra 1762

e 1834. Cfr. P.LEJEUNE,“O mon papier!”. Les écrits du for privé: objets matériels, obiet édités, a cura di M. Cassan – J.-P. Bardet – F.-J. Ruggiu, Limoges, PU de Limoges, 2007, 287-295. Ora si può leggere anche nella traduzione inglese ID., O my paper !, nell‟antologia On diary…, 93-101. Diversamente accade in America, dove è raro trovare queste formule prima del 1840, come studiato da S.L.BUNKERS, The Diary of Caroline Seabury, 1854-1863, Madison, University of Wisconsin Press, 1991.

288 G.DESSÌ,Diari 1926-1931…, 7. Si ricorda che in questa fase le pseudo-lettere diaristiche erano firmate con lo pseudonimo di “Furio”, creato da Dessì per un‟ulteriore protezione dalla scoperta di sé. Secondo la curatrice Franca Linari, «il nucleo centrale di queste lettere è nella tensione tra l‟“io esteriore” (Furio), chiuso nel tempo reale, e l‟“io interiore” (amico mai nato), spinto in una dimensione pre-natale» (F.LINARI,Prefazione, ivi, XI).

289 Cfr. anche il più recente F.SIMONET-TENANT, Le journal intime…, 131 e sgg.

290 «The „soliloquy‟ type of diary grows into its character like a mosaic in which each individual

element is at one and the same time self-contained and meaningless» (R. A. FOTHERGILL, Private Chronicles…, 61).

L‟ipotesi di un‟intimità a distanza, fuori dalla pagina, comporta la tensione (implicita o esplicita) verso un “tu”, cui il diarista rivolge i pensieri. Anche i contenuti tengono conto del possibile lettore: si dipanano senza la libertà del diario privato, omettono e camuffano la realtà fattuale per accattivarsi il destinatario. L‟autocensura e la deformazione degli eventi testimoniano quanto la vita reale influenzi la vita sulla pagina, a costo di intaccare la presunta sincerità della forma diaristica.291 Va comunque immaginato che lo scarto temporale tra scrittura e

lettura del destinatario sia più accentuato che nelle lettere e, dunque, la sincerità potrebbe risentirne meno.292 Si pensi ai diari che Scipio Slataper ha dedicato ora

alla prima innamorata Maria (1905), all‟amico Marcello (1907), quindi all‟amata Gigetta (1910). Lo stile di questi diari è diverso dagli scritti privati, tenuti disordinatamente e con grande fatica fino al dicembre del 1915. Nei diari epistolari vi è una completa inclinazione verso il dedicatario, e raramente Slataper si lascia andare alle considerazioni metaletterarie e personali che invece costellano le altre pagine. Così all‟amico Marcello:

6 febbraio 1907 (dopopranzo)

[…] Tu non puoi credere con quanto piacere di sollievo io scriva: mi par di scoprire con un lieve gesto me a me stesso.

Volevo scrivere veramente “me a te”, ma scrivendo intuii la vera fonte di letizia. Così spesso mi accade: sulla carta i miei pensieri si fanno precisi. Nella parola detta invece la mia mente non sa pulire le loro sbavature. Anche: scrivendo non posso dir bugie. Parlando, qualche volta, voglio non dirle. Però, forse per abitudine, sono abbastanza sincero.293

Verso Gigetta, cui Slataper si rivolge direttamente in una sorta di diario-lettera, nutre grande empatia, dal momento che la sofferenza condivisa permette una simile conclusione, che potrebbe parere violentemente intrusiva, se non contestualizzata: «Con questa affermazione io entro nel tuo diario, senza domandarne il permesso perché chi afferma può entrare da per tutto».294

291 Il dubbio assale il giovane Dessì, che l‟8 luglio del 1930 riflette sull‟effetto negativo che un

vecchio diario, scoperto per caso, ha generato: «Ricordo che un‟altra volta un mio diario su cui avevo scritto alcuni miei sentimenti poco lusinghieri per alcune persone, vennero poi a capitar nelle mani di queste, che ne rimasero molto male. Eppure, almeno qui vorrei dir ciò che penso» (G.DESSÌ, Diari 1926-

1931…,152).

292 Questa la teoria di A.GIRARD, Le journal intime…, 20 e sgg. 293 S.SLATAPER, Appunti e note di diario…, 24.

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Altro diario interessante in questa sede è il Diario per la fidanzata, che Ettore Schmitz scrive per Livia Veneziani, per quanto Guglielminetti rilevi intuitivamente che «se voltassimo la destinataria in latino, sarebbe un ambiguo dativo, di favore o di sfavore, il complemento che la riguarda».295 Infatti, Ettore Schmitz non è qui

meno falso del suo pseudonimo Italo Svevo: fa coincidere la figura del diarista con quella dell‟innamorato ottocentesco, in una grande recita di devozione, che segna con la sua presa d‟atto la fine del diario. O perlomeno la sua superfluità:

3 [2 marzo] ore 9 pom.

Strano che io non provi più sì vivo il bisogno di scriverti. Nevvero che non attribuisci questo ad una diminuzione d‟amore? C‟è una pace in me quando penso a te che finisce che non provo un grande bisogno di dirti delle cose che – certo! – tu comprenderai non appena te le avrò dette. Perciò te le dico con più semplicità e chiarezza a voce.296

È più difficile misurarsi con il Solus ad solam dannunziano, dedicato alla contessa Giuseppina Mancini, detta “Giusini”, con cui il Vate ha una relazione dal 1907 al 1908 (i frammenti contenuti nell‟opera coprono però il solo periodo dall‟8 settembre al 5 ottobre 1908). A quanto sostiene la critica, il Solus ad solam ha una genesi particolarissima: nasce dal ricco e animoso epistolario tra i due amanti (che filtrerà nel Forse che sì forse che no del 1910) e riutilizza solo stralci delle lettere dannunziane, avvicendando frammenti scopertamente epistolari ad altri narrativi e meno incentrati sulla storia d‟amore. Come precisa Roncoroni, l‟opera è strutturalmente composita: la forma diaristica cela un «lungo colloquio a distanza, di natura strettamente privata, tra il poeta e la donna».297 Giuseppina, tuttavia, non

sa di questo soliloquio a lei indirizzato fino a quattro anni dopo: il 25 agosto 1912, D‟Annunzio le scrive di aver scelto il «giornale» per dar forma alla «storia cotidiana dell‟atroce sciagura».298 Nelle pagine del Solus, D‟Annunzio si chiede e le chiede

accoratamente: «Leggerai tu queste pagine, un giorno? Le bagnerai tu delle tue lacrime? Conoscerai l‟orribile sogno che io sto sognando, che tu stai sognando?», in una serie di interrogative incalzanti che resteranno senza risposta. Infatti, la destinataria del diario potrà leggere, ma a data da destinarsi, in occasione di un futuro incontro. Si noti come D‟Annunzio abbia tenuto gelosamente riservate le

295 M.GUGLIELMINETTI, Introduzione alla diaristica del primo Novecento, in ID., Dalla parte dell‟io…, 236. 296 I.SVEVO, Diario per la fidanzata…, 75.

297 F.RONCORONI, Il Solus ad solam di Gabriele D‟Annunzio, in G.D‟ANNUNZIO, Solus ad solam, Milano, ES, 2012, 270.

pagine diaristiche e quanto le marche temporali indefinite lascino tentennare le intenzioni di una consegna brevi manu:

Ho qui i quattro piccoli volumi che nessuno ha mai violato. Solus ad solam. Li ho scritti perché tu li leggessi. Un giorno li leggerai. Forse ci rivedremo. Potrò metterli fra le tue mani. […] Forse ci rivedremo. Forse passeremo insieme un giorno di malinconia. Ti mostrerò queste pagine, e ti racconterò di me, semplicemente.299

Il diario sarà consegnato nel 1915 a Giusini, che resterà sempre la sola depositaria dell‟opera, se si escludono una breve rilettura di D‟Annunzio nel 1918 e i lavori per la pubblicazione nel 1939.

All‟interno di questo primo livello di divulgazione, si inseriscono i cosiddetti “diari coniugali”, come quelli degli Schumann o dei Woolf, in cui il diario diventa un mezzo di scambio continuo tra marito e moglie, azzerando la segretezza ammessa nella coppia. Secondo Gusdorf, «la mise en commun des écritures intimes exprime le désir d‟accomplir l‟unité du couple, dans la communication parfaite de l‟un avec l‟autre, jusque et y compris les réserves les plus secrètes».300 A questa

tipologia potremmo far risalire anche il diario Un amore insolito. Diario 1940-44 di Sibilla Aleramo,301 iniziato su richiesta esplicita del compagno Franco Matacotta.

La sessantenne Sibilla aveva incontrato Franco, allora ventenne, nel 1936, e il diario si configura come la cronaca dell‟amore, cui si mescolano inevitabilmente i drammi della Guerra Mondiale. L‟esperienza diaristica prosegue con un secondo e voluminoso diario, Diario di una donna. Inediti 1945-1960, che delinea non solo la cronaca dell‟amore appassionato per Matacotta, ma anche il declino della stessa, mentre Sibilla Aleramo partecipa attivamente al PCI e alla questione dell‟emancipazione femminile. In questi diari, Franco non è destinatario esplicito, Sibilla non si rivolge a lui con il “tu”, ma il lettore è avvertito in più punti che l‟uomo legge via via il diario. Non c‟è però un rimando esplicito a Franco come destinatario ultimo e, anzi, in qualche momento di sconforto Sibilla Aleramo metterà in dubbio l‟esistenza di futuri lettori:

1° dicembre 1941

299 Ibidem.

300 G.GUSDORF, Le destinataire du journal…, 399.

301 Una prima selezione dei brani uscirà già nel dicembre 1945 per i tipi di Tumminelli come Dal mio

Gloria Maria Ghioni – Quasi un secolo, tra „cronaca‟ e „fantasia‟. Corrado Alvaro e la diaristica italiana

Questa mia sotterranea, seconda vita, che neppure su questi fogli, in solitudine, riesco ad esprimere, a fissare. Questa corrente tacita di pensieri e di sentimenti. Per chi?302 29 agosto 1945

Finito di correggere le bozze del Diario. Anche Franco, dopo di me, le ha revisionate. Malgrado gli immensi tagli (più della metà!) il volume è ancora ricco di cose e d‟anima. Ma chi lo leggerà, fra tanta disattenzione e tanta dispersione? Nello stato attuale di spirito del pubblico e del mondo letterario e giornalistico, la pubblicazione d‟un nuovo libro appare cosa tra temeraria e grottesca! E tuttavia, si pubblica! […]303

Anche gli amici possono essere ammessi alla lettura del diario: ce ne dà notizia Santi, in un frammento del diario (che a sua volta sarà poi letto in un secondo tempo): «Stamani Mario ha letto a me ed a Renato il suo diario». Seguono le reazioni che la lettura provoca, ovvero un senso di profonda estraneità e di paura perché Santi avverte tutta la fragilità dell‟amico: «mi sembra che ogni mio gesto ed ogni mia paura possa deluderlo».304 A un eventuale rifiuto, il diarista può ancora

risentirsi, come ammette Pavese in una lettera del novembre 1945:

Nessuno più di me sa quanto sterile e vana sia una passione (per questo ti dicevo ieri di provare a leggere il mio diario e, tu negandomelo, ti confesso ho provato un dispetto d‟autore.305

In questa pratica di mutua lettura, il diario assume un secondo compito: è luogo per condividere e lanciare i messaggi ai destinatari, come in lettere non spedite, che si fingono senza risposta. La risposta, in realtà, si troverà nel diario dell‟altro, in un incrocio di scritture che escono dalla loro privatezza originaria. Di carattere letterario è invece la lettura che Enzo Fabiani e Nicola Lisi fanno dei propri diari (finzionale il primo, autentico e privato il secondo) a un attento Papini

302 S.ALERAMO, Un amore insolito. Diario 1940-1944, Milano, Feltrinelli, 1979, 125.

303 EAD., Diario di una donna…, 60. 304 P.SANTI, La sfida dei giorni…, 63.

nel 1945.306 Così, i diari di guerra di Ferdinando Martini sono argomento di

conversazione per Ojetti.307

Il massimo grado di apertura alla divulgazione si ha, intuitivamente, con la pubblicazione del diario, che passa allo statuto di opera. Quando avviene post mortem, la stampa dell‟opera può rivelare i diari per effrazione e infrazione del codice originale, o apparire secondo le disposizioni testamentarie dell‟autore (come nel caso di Leiris). Spesso, se il diarista noto, chiede che l‟opera sia pubblicata dopo un lungo lasso di tempo:

Ce report, lié à des raisons de convenance, ne change rien à la question de fond. Le rédacteur de mémoires d‟outre-tombe affirme son désir d‟être connu et reconnu au- delà de sa mort, assurant ainsi la permanence de sa présence parmi les êtres capables de sympathiser avec lui.308

In ogni caso, nell‟immaginazione dello scrittore, i posteri mantengono un alone di mistero: il diarista non può prefigurarsi come accoglieranno la sua opera, e alla luce di quali istanze storiche, sociali e culturali la interpreteranno (cfr. par. 6.1).

Caso estremo di divulgazione sono i diari pubblicati in vita, secondo un fenomeno prettamente novecentesco (se ne discute ampiamente nel par. 5.3): l‟autore segue il divenire dell‟opera a ogni stadio preparatorio, dal cesello del labor

306 «2 maggio 1945. Il giovane Enzo Fabiani mi legge alcune pagine del suo “Diario d‟un Pazzo”.

Notevole, come trovata, l‟apparizione, in un cielo nero d‟improvviso squarciato, di Cristo crocifisso e morto, inchiodato non sopra la croce ma sopra quattro corpi umani viventi e soffrenti, che cercano di