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La legge applicabile e la tutela dei diritti fondamentali dei soggetti coinvolti L’impostazione tradizionale della

L’assunzione della prova all’estero nel diritto nazionale Un approccio di diritto comparato

2. La legge applicabile e la tutela dei diritti fondamentali dei soggetti coinvolti L’impostazione tradizionale della

giurisprudenza spagnola

Nell’ambito della disciplina dell’assistenza giudiziaria, un posto di primaria importanza è riservato al principio del locus regit actum (o lex loci), che è principio di diritto internazionale universalmente riconosciuto, alla stregua del quale le rogatorie vanno eseguite secondo la legge dello Stato richiesto.

Di regola, lo Stato assistente dà seguito alla richiesta di assistenza giudiziaria conformemente alla propria normativa interna: trattasi, infatti, di attività non solo compiuta nel territorio dello Stato richiesto ma anche eseguita dalle autorità giudiziarie di quest’ultimo.

Al fine, però, di garantire l’utilizzabilità del materiale probatorio raccolto all’estero, e tenuto conto delle differenze tra le legislazioni nazionali, che talora ostano all’utilizzo – in uno Stato – di prove formatesi altrove, si è reso necessario il progressivo superamento di tale principio, in favore di forme e procedure espressamente indicate dallo Stato richiedente.

Si è osservato, infatti, che l’obiettivo delle rogatorie rischia di venir frustrato quando l’attività compiuta nello Stato rogato non sia, per le modalità di esecuzione, utilizzabile nello Stato da cui promana la domanda di assistenza giudiziaria; i diritti fondamentali della persona «non possono, infatti, venir sacrificati per il solo fatto che l’acquisizione probatoria ha luogo in uno Stato straniero anziché, come di regola, sul territorio dello Stato richiedente»394.

La Costituzione spagnola annovera il diritto di difesa tra i diritti fondamentali, a garanzia dell’effettività della tutela giudiziaria e di un processo equo e giusto. Gli artt.17, 24 co. 1 e 24 co. 2 della Carta costituzionale spagnola declinano in vario modo il diritto di difesa, prevedendo rispettivamente:

- per il detenuto, la garanzia di farsi assistere da un avvocato negli adempimenti di polizia e giudiziari;

- la necessità, per tutti, di farsi assistere da un avvocato in sede giudiziaria;

- il diritto al patrocinio legale, il diritto a essere informati dell’accusa formulata, il diritto a non fare dichiarazioni contro se stessi, il diritto a non confessarsi

colpevoli, il diritto a un processo pubblico con tutte le garanzie senza indebite dilazioni, il diritto alla prova e alla presunzione d’innocenza.

In quanto diritto fondamentale, la cui finalità risiede nella protezione dei principi di uguaglianza delle parti e del contraddittorio – in modo da evitare squilibri nelle rispettive posizioni processuali –, il diritto di difesa agisce come limite insuperabile nel momento di valutare la validità e le conseguenze degli atti processuali compiuti all’estero.

Va da sé che, nel bilanciamento tra contrapposti interessi, l’esigenza di non frustrare l’impegno profuso in sede di cooperazione internazionale non può in alcun caso determinare una restrizione dei diritti fondamentali in misura incompatibile con le garanzie costituzionali.

La materia dell’assistenza probatoria internazionale non è in Spagna regolamentata in maniera dettagliata; nei rapporti di cooperazione penale in tema di acquisizione della prova all’estero, si rinvia, piuttosto, a quanto disposto negli accordi internazionali, che sono, come già osservato, direttamente applicabili in forza dell’art. 96 co. 1 della Costituzione.

Il primo strumento cui fare riferimento in questo senso è la Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale del Consiglio d’Europa, in vigore in Spagna dal 16 novembre 1982.

Nell’intento di assicurare l’utilizzabilità del materiale probatorio raccolto all’estero, la Convenzione ha previsto una prima attenuazione del principio del

locus regit actum disponendo, ai sensi dell’art. 4, che, se la parte richiesta vi

consenta, le autorità richiedenti e le persone in causa, previamente informate della data e del luogo di esecuzione, possano assistere all’espletamento della rogatoria395.

La disposizione va letta nel senso di consentire all’autorità rogante spagnola di attivarsi per ottenere il “consenso” dello Stato richiesto circa la partecipazione al compimento dell’atto dell’autorità richiedente, al fine di suggerire forme e procedure necessarie per l’utilizzabilità degli atti rogati e di assicurare nella fase di formazione della prova all’estero il rispetto delle garanzie partecipative.

Alla Convenzione del Consiglio d’Europa ha fatto seguito la Convenzione di assistenza giudiziaria tra gli Stati membri dell’Unione europea.

Quest’ultima riveste grande importanza nello studio della materia per le novità

che essa apporta.

In particolare, la Convenzione di assistenza giudiziaria tra gli Stati dell’Unione impone all’autorità richiesta di osservare le formalità e le procedure espressamente indicate dallo Stato membro richiedente, sempre che queste non contrastino con i principi fondamentali dello Stato rogato e che la convenzione non disponga diversamente.

Anche in questo caso è evidente come, per non frustrare il fine della cooperazione e l’impegno profuso dallo Stato richiesto, sia compito dell’autorità richiedente spagnola attivarsi per fare in modo che la prova sia assunta nel rispetto del contraddittorio e delle garanzie partecipative dei soggetti coinvolti.

La Convenzione contiene infatti sul versante delle garanzie partecipative, una disciplina carente e ambigua, riservando una scarsa considerazione ai diritti difensivi dei soggetti coinvolti; «non solo nessuna disposizione, infatti, prevede la partecipazione di soggetti privati alle attività rogatoriali, ma tale partecipazione – pur non esclusa e anzi astrattamente possibile laddove rientrante tra le forme procedimentali previste dallo Stato rogante – non è garantita in modo certo, essendo sottoposta all’esplicita richiesta dell’autorità giudiziaria procedente»396

. Lo strumento, dunque, non assicura, nella fase di assunzione della prova penale all’estero, la partecipazione della difesa, che nell’ordinamento spagnolo, come in altri sistemi, assurge a garanzia irrinunciabile.

In linea con la Convenzione del Consiglio d’Europa del 1959, la Convenzione di Bruxelles sembra concepire la partecipazione del difensore all’espletamento dell’atto rogato come una presenza passiva, occorrendo, a tal fine, un’esplicita richiesta dell’autorità giudiziaria procedente.

Sul punto, il Rapporto esplicativo della Convenzione Ue ha cura di precisare che i termini “formalità e procedure” devono essere interpretati estensivamente e possono includere il caso in cui una richiesta indichi che un rappresentante delle autorità giudiziarie dello Stato membro richiedente o un difensore debbano essere autorizzati a presenziare alla deposizione di un testimone397.

È compito, allora, dell’autorità giudiziaria richiedente (in Spagna svolge un ruolo attivo in materia di assistenza penale internazionale anche il Pubblico ministero

396 S. Ruggeri, 2015, p. 152. 397 R. Belfiore, 2014, p.152.

spagnolo398, fatta eccezione – però – per il compimento degli atti che comportino una limitazione dei diritti fondamentali) di avvalersi di tutte le facoltà riconosciutegli dalla Convenzione medesima per ottenere il “consenso” dello Stato richiesto in ordine alla presenza delle parti interessate (e dei rispettivi difensori) al compimento dell’atto rogato, potendo, in ogni caso, il giudice nazionale verificare, in piena indipendenza e secondo i principi fondamentali del proprio ordinamento, se le modalità con cui l’atto è stato assunto lo rendano utilizzabile come prova.

Ai fini della utilizzabilità di un atto, occorre, infatti, accertare, caso per caso, se l’atto rogato, per le modalità con cui si è formato, possa o meno essere utilizzato nello Stato rogante.

L’arretratezza che, però, le Convenzioni – cui finora si è fatto riferimento e direttamente applicabili in Spagna ai sensi dell’art. 96 co. 1 Cost. – mostrano sul piano della tutela del contraddittorio e del diritto di difesa rischia di pregiudicare l’impegno profuso in sede di cooperazione sovranazionale e di dare adito a declaratorie di inutilizzabilità, ove le modalità di esecuzione dell’attività richiesta non risultino in linea con i principi fondamentali dello Stato richiedente.

Secondo l’orientamento della giurisprudenza consolidata, tuttavia, i tribunali spagnoli non possono dubitare della legalità del procedimento seguito nello Stato richiesto per l’acquisizione della prova, né possono dichiarare l’inutilizzabilità del materiale probatorio ottenuto in uno Stato straniero per vizi procedurali denunciati dalle parti.

Le Corti spagnole hanno, infatti, sempre ritenuto spendibili nella dinamica

398 Il pubblico ministero spagnolo (Ministerio fiscal) non fa parte del Poder Judicial, cui

appartengono solo «Jueces y Magistrados» (art. 117, commi 1 e 3 Cost.), e non gode, dunque, delle garanzie di indipendenza interna e inamovibilità spettanti a detti organi. Il p.m. spagnolo si configura, piuttosto, come un organo pubblico «collaborador de la

jurisdiccíon», il cui statuto è regolato dalla Ley 30 diciembre 1981, n. 50 (Estatuto Orgánico del Ministerio Fiscal).

Nel processo penale spagnolo esistono altre tre parti accusatrici oltre all'acusador público: l'acusador popular, l'acusador particular e l'acusador privado.

Il primo è qualsiasi cittadino spagnolo che, pur non leso dal reato, è legittimato a promuovere l'azione in relazione a qualunque illecito procedibile d'ufficio (ilícito público); il secondo è la persona offesa, anche straniera, titolata ad esercitare l'azione penale sia per i reati procedibili d'ufficio che a querela (ilícitos semipúblicos); il terzo è il soggetto offeso da un ilícito privado – categoria che al momento ricomprende unicamente i reati di calunnia e ingiuria commessi in danno di privati cittadini (art. 215 Cod. penal) – in relazione ai quali può esercitare in proprio l'azione penale, sostenendola da solo durante tutto l'arco del processo. Nell’ambito della cooperazione internazionale, il pubblico ministero spagnolo è competente per il compimento degli atti (tranne, come è stato già osservato, per quelli che comportino una limitazione dei diritti fondamentali) che gli siano richiesti dalle autorità giudiziarie estere. Del pari, è competente per sollecitare il compimento all’estero degli atti finalizzati all’acquisizione probatoria.

processuale interna le prove raccolte all’estero da autorità straniere conformemente al principio del locus regit actum (o lex loci), sebbene le modalità di acquisizione di quelle stesse prove, in Spagna, sarebbero state del tutto o in parte differenti399.

La Suprema Corte spagnola ha tradizionalmente accordato prevalenza, nei casi transfrontalieri, alla lex loci, ritenendo valide modalità di acquisizione della prova che se, in vicende tutte domestiche, fossero poste in essere nel territorio dello Stato richiedente, condurrebbero a declaratorie di inutilizzabilità.

Un esempio in questo senso è dato dalla disciplina spagnola in tema di lotta al traffico di sostanze stupefacenti; ai sensi della normativa interna, solo un giudice può autorizzare l’apertura di pacchi sospetti per verificarne il contenuto400

.

In altri Paesi, invece, detta operazione è sovente disposta dal pubblico ministero e, alle volte, pure dalla polizia e da funzionari doganali.

Così, è capitato spesso che la Spagna rendesse sentenze di condanna sulla base di prove acquisite altrove conformemente alla lex loci (autorizzazione all’apertura di pacchi sospetti promanante da agenti di polizia o da funzionari doganali), pure se non del tutto in linea con le modalità di acquisizione previste dalla lex fori (che in tema di lotta al traffico di stupefacenti, nei casi domestici, impone, a pena di inutilizzabilità, l’autorizzazione giudiziale).

La Corte Suprema spagnola, in casi del genere, ha affermato la legittimità delle sentenze di condanna basate su prove formatesi all’estero in applicazione del principio del locus regit actum, rigettando l’assunto secondo cui, se solo l’operazione avesse avuto luogo per intero in Spagna, non si sarebbe potuti giungere a una pronuncia di colpevolezza, stante l’inutilizzabilità delle prove formatesi in distonia con quanto previsto dalla normativa interna.

Le Corti spagnole hanno sostenuto che non c’è ragione di dubitare della legalità delle modalità di acquisizione della prova proprie dello Stato richiesto dimostrando così, però, non solo scarsa considerazione per i diritti fondamentali della persona – che «non possono, certamente, venir sacrificati per il solo fatto che l’acquisizione probatoria ha luogo in uno Stato straniero anziché, come di regola, sul territorio dello Stato richiedente»401 – ma anche per previsioni come quella di cui all’art. 4 della Convenzione di Bruxelles, che consente all’autorità

399

F. Gascón Inchausti, 2012, p. 475 e ss.

400 Ibid., 2012, p. 475 e ss. 401 M. R. Marchetti, 2005, p. 43.

richiedente di partecipare – a certe condizioni – al compimento dell’atto rogato e di suggerire, all’occorrenza, gli accorgimenti necessari per l’utilizzabilità del materiale probatorio raccolto all’estero.

3. L’attuazione della decisione quadro sul mandato europeo di

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