L’assistenza probatoria nel diritto internazionale e nel diritto dell’Unione europea
8. La Convenzione di assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione europea
8.7. La videoconferenza transnazionale
Sono però altre disposizioni della Convenzione a prospettare la più avanzata ipotesi di cooperazione penale tra Stati, prevedendo forme di collaborazione che consentono anche la possibilità di acquisizione diretta di prove penali all’estero secondo le regole della lex fori: si allude, in particolare, alla videoconferenza transnazionale, definita anche come rogatoria «del terzo tipo» o «a distanza ravvicinata»66.
L’istituto, già previsto dall’Accordo Italia-Svizzera del 10 settembre 1998, trova la propria compiuta regolamentazione nella Convenzione del 29 maggio 2000, ed è poi ripreso in altri strumenti, quali la Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità organizzata transnazionale (Palermo, dicembre 2000) e il Secondo Protocollo addizionale alla Convenzione europea del 1959, il cui art. 9, rubricato «Hearing by videoconference», riprende in larga misura l’art. 10 della Convenzione di Bruxelles.
Secondo quanto stabilito dalla Convenzione67, se una persona si trova nel territorio di uno Stato membro e deve essere ascoltata in qualità di testimone o di perito dalle autorità giudiziarie di un altro Stato membro, quest’ultimo può chiedere, ove per la persona in questione non sia opportuno68 o possibile69 comparire personalmente nel territorio dello Stato rogante, che l’audizione si svolga mediante videoconferenza.
Lo Stato membro richiesto acconsente a tale audizione se il ricorso alla videoconferenza «non sia contrario ai principi fondamentali del diritto nazionale» e a condizione che disponga degli strumenti tecnici per effettuare tale esame. L’articolo (con una previsione che compare nell’Accordo italo-svizzero, ma non nella Convenzione di Palermo) prosegue stabilendo che, laddove lo Stato membro richiesto non disponga degli strumenti tecnici per realizzare la videoconferenza, questi possono, previo consenso dello Stato richiesto, essere messi a disposizione di quest’ultimo da parte dello Stato richiedente.
66
M. Pisani, 2002, p. 983.
67
Art. 10 Convenzione relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione europea.
68 Ad esempio, nei casi in cui il testimone sia particolarmente giovane o anziano, o in cattivo stato
di salute.
69 Nei casi in cui il testimone correrebbe un grave pericolo qualora comparisse sul territorio dello
Ai sensi del paragrafo 3 dell’art. 10, così come dell’art. 9 del Secondo Protocollo e dell’art. VI dell’Accordo italo-svizzero, lo Stato richiedente procede a indicare i motivi per cui non è opportuna o possibile la presenza del testimone o del perito nel suo territorio, nonché a specificare il nome dell’autorità giudiziaria e delle persone fisiche che procederanno all’audizione.
La Convenzione di Bruxelles70 stabilisce che lo Stato membro richiesto deve disporre la comparizione dei soggetti di prova (testimoni o periti) secondo le forme previste dalla propria legislazione interna71.
Lo svolgimento dell’audizione segue regole precise: è intanto prevista la presenza di un’autorità giudiziaria dello Stato richiesto, se del caso assistita da un interprete.
Tale autorità, oltre a procedere all’identificazione della persona convocata per l’audizione, è tenuta a garantire «il rispetto dei principi fondamentali del diritto dello Stato richiesto» e, nel caso in cui riscontri la violazione di detti principi, a questa compete un ruolo di intervento immediato e di interdizione, mediante i provvedimenti ritenuti necessari «per assicurare che l’audizione continui a svolgersi» nel rispetto dei principi fondamentali della lex loci.
Le autorità competenti dei due Stati «concordano poi, se del caso, misure relative alla protezione della persona da ascoltare», applicando anche misure previste nell’ordinamento dello Stato richiedente.
L’audizione «è però condotta direttamente dall’autorità giudiziaria dello Stato membro richiedente o sotto la sua direzione, secondo il proprio diritto interno». A differenza delle fasi fino ad ora disciplinate – alle quali si applica la lex loci –, lo svolgimento dell’esame segue invece le regole della lex fori.
Ciò significa che è il «diritto interno» dello Stato richiedente a regolamentare le modalità dell’audizione e quindi – come chiarisce il Rapporto esplicativo della Convenzione UE – ad assicurare che la persona da ascoltare abbia «gli stessi diritti che avrebbe se partecipasse ad una audizione nello Stato membro richiedente», con tutte le conseguenze in punto di utilizzabilità della prova. Un discorso a parte merita l’esame tramite videoconferenza per la partecipazione a distanza dell’imputato.
Sul punto, occorre segnalare che l’art. 10 della Convenzione non contiene una
70
V. Art. 10 paragrafo 4 della Convenzione relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione europea.
disciplina esaustiva dell’istituto, richiedendo solo il previo consenso dell’imputato72
per l’audizione a distanza e rinviando ad intese fra gli Stati membri relativamente alla possibilità di procedere all’esame mediante videoconferenza e alle modalità di svolgimento dello stesso.
Il paragrafo 9 dell’art. 10 della Convenzione demanda infatti al Consiglio dell’Unione europea l’adozione di «norme che risultino necessarie per la tutela dei diritti dell’imputato», senza che però detta evenienza costituisca «un presupposto indispensabile per l’applicazione del § 9».
La Convenzione, dunque, nel prevedere solo che l’esame venga direttamente condotto o comunque diretto, secondo quanto previsto dal diritto nazionale, dall’autorità giudiziaria dello Stato richiedente, rinvia alle soluzioni adottate dall’ordinamento nazionale di quest’ultimo circa le modalità e le possibilità di partecipazione della difesa, con una disciplina che appare, ancora una volta, sul versante delle garanzie partecipative, carente e ambigua.
Sebbene al soggetto da esaminare debba essere assicurato il diritto all’interprete (peraltro, solo se ritenuto necessario), non figura – in seno alla Convenzione – il diritto a essere affiancato da un difensore, garanzia essenziale invece in alcuni ordinamenti giuridici, specie in relazione a situazioni particolari.
Al contrario, gli interessi in gioco avrebbero richiesto una più attenta regolamentazione da parte del legislatore dell’Unione europea sul tema delle garanzie partecipative dell’imputato; aspetto, quest’ultimo, che l’audizione «a distanza», sia pure supportata dalle opportune strumentazioni e dai più specifici accorgimenti procedurali, rischia in qualche misura di pregiudicare.
La scelta di rimettere l’effettività dell’assistenza difensiva alle soluzioni operate dal diritto nazionale appare in contrasto con l’obiettivo di «migliorare» la collaborazione giudiziaria in materia penale tra gli Stati membri dell’Unione europea, attuando una cooperazione «rapida ed efficace, compatibile con i principi fondamentali di ciascuno Stato membro e nel rispetto dei diritti individuali, nonché dei principi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo» del 195073; obiettivo che – premessa la fiducia «nella struttura e nel funzionamento dei rispettivi ordinamenti giuridici e nelle capacità di tutti gli Stati membri di garantire processi equi» – aveva appunto portato all’emanazione della Convenzione di Bruxelles e dalla quale era lecito attendersi una più attenta
72 Non necessario, come si è visto, per testimoni e periti. 73 M. Pisani, 2002, p. 984.
regolamentazione delle garanzie partecipative.
Ne consegue che – a meno che l’autorità giudiziaria del Paese richiesto presente durante l’interrogatorio sia dell’avviso che un principio fondamentale del proprio ordinamento sia stato violato – la persona interrogata in videoconferenza nel corso di un’indagine transnazionale può essere privata dell’assistenza difensiva anche in casi che nel contesto di procedimenti nazionali ne garantirebbero la presenza secondo il diritto dello Stato richiesto74.
Sul fronte dei diritti di difesa dell’imputato, l’Accordo italo-svizzero sembrerebbe, invece, meno ambiguo della Convenzione di Bruxelles.
Il paragrafo 9 dell’art. VI dell’Accordo assicura infatti la partecipazione all’esame di un difensore, «il quale potrà indifferentemente essere presente nel luogo dove si trova la persona sottoposta a procedimento penale, oppure avanti l’autorità giudiziaria dello Stato richiedente», ammettendosi, in detta ultima ipotesi, la possibilità per il difensore di «colloquiare riservatamente con il suo assistito mediante strumenti tecnici idonei».