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L’assistenza probatoria nel diritto internazionale e nel diritto dell’Unione europea

11. La Procura europea

Con il Regolamento (UE) 2017/1939 del 12 ottobre 2017 è stata istituita la Procura europea136 (European Public Prosecutor's Office – da cui l'acronimo EPPO), a conclusione di un lungo e travagliato percorso di gestazione normativa, che ha richiesto un intenso lavoro da parte delle istituzioni europee.

Il progetto originario, volto alla creazione di un organismo inquirente europeo, va rinvenuto nel Corpus juris elaborato nel 1997, che costituisce la pietra miliare e il costante punto di riferimento per le elaborazioni successive.

A tale studio, fa seguito il Libro verde sulla tutela penale degli interessi finanziari

comunitari e sulla creazione di una Procura europea, predisposto dalla

Commissione nel dicembre 2001, al fine di sollecitare una riflessione in tutta l'Unione europea sull'opportunità di armonizzare la normativa penale in materia di tutela degli interessi finanziari “comunitari” e di creare un organo sovranazionale capace di svolgere indagini nello spazio comune di libertà, sicurezza e giustizia. Il tentativo di istituire una Procura “centralizzata” subisce, però, negli anni

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Più recentemente, si è manifestata l’esigenza di elaborare norme minime anche a tutela delle vittime di reato. Il Consiglio europeo di Stoccolma del 10-11 dicembre 2009 ha invitato la Commissione e gli Stati membri ad esaminare come migliorare la legislazione e le misure di protezione e sostegno delle vittime. L’Unione Europea ha colto le sollecitazioni del Consiglio europeo adottando, dopo una serie di atti di soft law prodotti dalle diverse istituzioni, la decisione quadro 2001/220/GAI del 15 marzo 2001, relativa alla posizione della vittima nel procedimento penale, sostituita – da ultimo – dalla direttiva 2012/29/UE. E. Mazzilli, 2015, p. 724.

L’Italia ha dato attuazione alla previgente decisione quadro, con il d.lgs. del 15 dicembre 2015, n. 212.

135 J. Della Torre, 2018, p. 1396 e ss.

seguenti, una battuta d'arresto, anche a causa del “fallimento” di quella che avrebbe dovuto essere una Costituzione per l'Europa, nella quale era contenuta una specifica disposizione sull'istituzione del Procuratore europeo (art. III- 274). Solo con il Trattato di Lisbona, che fornisce la necessaria base giuridica per l'istituzione della Procura europea (art. 86 TFUE), riprende il percorso che porterà all’istituzione di un organo sovranazionale deputato all’accertamento investigativo dei reati lesivi degli interessi finanziari dell’Unione europea e all’esercizio dell’azione penale.

È, infatti, del luglio 2013 la Proposta di Regolamento del Consiglio che istituisce

la Procura europea, finalizzata, anzitutto, alla repressione dei reati che ledono gli

interessi finanziari dell'Unione, ma con la possibilità di una estensione della sua competenza «alla lotta contro la criminalità grave che presenta una dimensione transnazionale».

Malgrado, però, gli sforzi profusi – anche durante il semestre di presidenza italiana – allo scopo di ottenere il consenso degli Stati membri sul regolamento istitutivo della Procura europea, non è stata mai raggiunta, in seno al Consiglio, l'unanimità, come previsto dall'art. 86, par. 1, TFUE.

Così, nella riunione del 7 febbraio 2017, si è dato formalmente atto di tale mancanza di unanimità nell'approvazione del progetto di regolamento e ciò ha consentito di procedere tramite la procedura “alternativa” prevista dallo stesso art. 86, par. 1, TFUE.

Il 3 aprile 2017, un considerevole gruppo di Stati membri – cui, in seguito, se ne sono aggiunti altri – ha notificato al Parlamento europeo, al Consiglio e alla Commissione il desiderio di instaurare una cooperazione rafforzata.

Si è giunti, in questo modo, all'approvazione da parte di venti Stati membri dell'Unione, del regolamento del 12 ottobre 2017, istitutivo della Procura europea (EPPO).

Il regolamento, però, non sembra risolvere del tutto il problema dell’utilizzabilità degli atti, né pare garantire sempre, al momento del compimento dell’atto d’indagine, l’osservanza delle garanzie difensive di indagati e imputati.

Ad es., è stato osservato137 che il regolamento non indica i termini entro cui

annotare la notitia criminis nel sistema automatico di gestione dei fascicoli138, con la conseguenza che, ove nulla al riguardo sia previsto dal diritto processuale nazionale dello Stato in cui le indagini saranno avviate139, il Procuratore europeo delegato avrà ampio margine di discrezionalità quanto all’attivazione delle garanzie informative e difensive140, valendo queste esclusivamente nei confronti di chi abbia appunto già acquisito lo status di indagato.

Solo a partire dal momento dell’annotazione, infatti, l’indagato ha diritto a un’adeguata informazione sull’addebito preliminare, dotata di quel livello di dettaglio compatibile con lo stato del procedimento, e gode inoltre del diritto all’assistenza di un difensore e del privilege against self-incrimination, quale ampiamente riconosciuti dalla giurisprudenza di Strasburgo.

Non è allora tollerabile che l’operatività di queste fondamentali garanzie sia rimessa, laddove nulla sia previsto dal diritto processuale nazionale dello Stato in cui le indagini saranno avviate, alla discrezionalità del Procuratore europeo delegato, che potrebbe, in ipotesi, in assenza della previsione dei termini di annotazione della notitia criminis, procrastinare l’annotazione della stessa nel

case management system, e impedire così l’attivazione delle garanzie previste in

favore della persona indagata, con esiti inaccettabili sul piano dei diritti fondamentali dell’accusato.

Anche altre disposizioni del regolamento destano poi qualche perplessità rispetto alle ripercussioni che le stesse possono avere sulla sfera dei diritti fondamentali dell’indagato e dell’imputato.

Ad es., si prevede che la Camera permanente, fino a che non sia stata esercitata l'azione penale e previa consultazione dei Procuratori europei e/o dei PED interessati, possa riassegnare il procedimento ad un altro PED, sempre che tale decisione risponda a un «interesse generale della giustizia».

La riassegnazione del caso al Procuratore europeo delegato di un altro Stato membro, agganciata peraltro a un parametro estremamente vago qual è «l’interesse generale della giustizia»141, dà luogo a un procedimento investigativo

138 L’annotazione della notitia criminis nel sistema automatico di gestione dei fascicoli deve

considerarsi alla stregua della formalizzazione dell’addebito. Solo con l’annotazione si acquista, dunque, lo status di persona indagata.

139 Il problema è evidente in considerazione del fatto che non tutte le legislazioni nazionali degli

Stati dell’Unione prevedono il termine entro cui l’annotazione della notitia criminis debba avvenire.

140 S. Ruggeri, 2018, p. 605. 141 S. Ruggeri, 2018, p. 608.

“itinerante”142

, che rischia di pregiudicare la possibilità, per indagato e difensore, di apprestare un’effettiva strategia difensiva143

.

«Si aggiunga infine che la Camera Permanente, come si è notato, è tenuta, per l’eventuale riassegnazione della competenza investigativa ad altro Procuratore europeo delegato, a promuovere un contraddittorio previo solo con i Procuratori europei e/o i Procuratori europei delegati interessati, mentre nessun diritto d’ascolto hanno i difensori e gli stessi indagati, pur destinatari primi degli effetti della decisione»144.

Quanto al problema dell’utilizzabilità del materiale probatorio raccolto all’estero, l'art. 37 del regolamento si limita a stabilire che non possono essere escluse prove solo a motivo del fatto che siano state raccolte in un altro Stato membro secondo il criterio della lex loci (par. 1), ferma restando la facoltà del giudice di merito di valutarle liberamente (par. 2).

La previsione, a ben vedere, non risolve del tutto il problema dell’utilizzabilità, essendo possibile una “reazione di rigetto”, conseguente al “trapianto” di prove “allogene” nel giudizio penale instaurato in un Paese dove vigono regole differenti di ammissibilità della prova145.

Dal regolamento istitutivo della Procura europea ci si sarebbe aspettati una disciplina dei diritti difensivi dettagliata e comune a tutto il territorio di competenza della PE, almeno per la fase preliminare al giudizio146.

Queste aspettative sono state invece disattese dal regolamento in esame che, per un verso, si limita a ribadire il doveroso rispetto delle Carte dei diritti e delle direttive sulla tutela dell’imputato previste dalla Roadmap di Stoccolma, e per l’altro, annovera previsioni come quelle sopra menzionate che non paiono del tutto in linea con i diritti di difesa dell’indagato.

Il giudice nazionale potrà allora dichiarare l'inutilizzabilità di una prova se raccolta dal rappresentante della Procura europea con modalità non in linea con le istanze di difesa e di formazione della prova nel contraddittorio delle parti.

142 S. Ruggeri, 2018, p. 606. 143 S. Ruggeri, 2018, p. 606. 144 S. Ruggeri, 2018, p. 608. 145 L. Camaldo, 2018, p. 958 e ss. 146 S. Allegrezza, 2013, p. 8.

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