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Pluralità e gerarchia delle fonti normative

L’assunzione della prova all’estero nel diritto nazionale Un approccio di diritto comparato

2. Pluralità e gerarchia delle fonti normative

Il codice di procedura penale del 1865 regolava in maniera piuttosto approssimativa i rapporti tra le fonti – interne e di diritto internazionale – che disciplinavano la materia dell’assistenza giudiziaria.

L’art. 855 prevedeva che «nulla è innovato agli usi vigenti tra le autorità del Regno e quelle dei governi esteri» e che, nei rapporti di cooperazione interstatuale, «si osserveranno le speciali convenzioni esistenti»175.

Il codice di rito del 1913 delineava, con maggiore rigore scientifico176, i rapporti tra fonti interne e internazionali in tema di cooperazione giudiziaria penale. Così l’art. 635 disponeva che «per quanto concerne le rogatorie, la estradizione, gli effetti di condanne pronunciate all’estero, e altri rapporti relativi all’amministrazione della giustizia in materia penale, con le autorità di altri Stati, si osservano le convenzioni e gli usi internazionali»177. E aggiungeva: «a quanto non sia per tal modo provveduto, si applicano le seguenti disposizioni»178.

Emergevano, pertanto, con più chiarezza, il principio della prevalenza delle convenzioni e degli usi internazionali in materia e la funzione suppletiva – per gli aspetti non disciplinati dal diritto internazionale – della normativa codicistica179. L’art. 656 del codice di rito del 1930 ripropose in sostanza, con qualche variante lessicale, il previgente art. 635180.

175 Nel caso di antinomia tra «usi» e convenzioni internazionali, prevalgono queste ultime, in

ragione «del loro specifico carattere pattizio». Sul punto, F. Mosconi e M. Pisani, 1984, p. 5; L. Mortara, U. Aloisi e R. Mangini, 1926, p. 341.

176 F. Mosconi e M. Pisani, 1984, p. 5. 177 L. Mortara, U. Aloisi e R. Mangini,1926,

P.341.

178

L. Mortara, U. Aloisi e R. Mangini, 1926, p. 341.

179 F. Mosconi e M. Pisani, 1984, p. 5. 180 F. Mosconi e M. Pisani, 1984, p. 6.

L’art. 696 dell’attuale codice di procedura penale, modificato da ultimo dal d.lgs. n. 149/2017, rende esplicita la gerarchia delle fonti che disciplinano la materia, prevedendo – nei rapporti giurisdizionali con autorità straniere – la prevalenza del diritto dell’Unione europea181

, delle convenzioni e del diritto internazionale generale, e il valore meramente residuale delle norme codicistiche.

La disposizione in esame – com’è stato giustamente osservato – ha «carattere ricognitivo ed eminentemente pedagogico»182, non potendosi «per legge regolare il valore delle norme di origine convenzionale»183.

Nel ridefinire il sistema delle fonti, il legislatore del 2017 distingue tra cooperazione in materia penale con le autorità degli Stati che non fanno parte dell’Unione Europea e cooperazione con i Paesi che sono invece membri dell’Unione. Ai sensi del nuovo art. 696 c.p.p., per individuare la normativa rilevante, occorre in primo luogo chiedersi se la domanda di assistenza giudiziaria promani da un’autorità di uno Stato membro UE o da un’autorità straniera.

Nel primo caso, si applicano le norme del Trattato sull’Unione europea e del Trattato sul funzionamento dell’Unione, nonché gli atti normativi adottati in attuazione dei medesimi.

Ove questi manchino, trovano applicazione le convenzioni internazionali in vigore per lo Stato e le norme di diritto internazionale generale.

I rapporti con Stati diversi da quelli membri sono invece disciplinati dalle norme delle convenzioni internazionali in vigore per lo Stato e dalle norme di diritto internazionale generale.

L’assenza in materia di un principio internazionale generale che imponga agli Stati di prestarsi reciprocamente assistenza giudiziaria non ha impedito agli stessi di ricorrere alla prassi della c.d. “cortesia internazionale” per avanzare richieste di collaborazione verso quegli Stati con i quali non sussistono impegni

181 Il d.lgs. n. 149/2017 ha inciso in modo radicale sull’art. 696 c.p.p. già dalla rubrica. L’attuale

art. 696 c.p.p. è infatti ora rubricato «prevalenza del diritto dell’Unione europea, delle convenzioni e del diritto internazionale generale» e non più «prevalenza delle convenzioni e del diritto internazionale generale».

182 F. Mosconi, 1991, p. 681.

Carattere, del pari, pedagogico aveva il rinvio (introdotto con legge 5 ottobre 2001, n. 367) che l’art. 696 co. 1 c.p.p. operava alla norme della Convenzione europea di assistenza giudiziaria in materia penale, firmata a Strasburgo il 20 aprile 1959, ed espunto ad opera del d.lgs. n. 149/2017. «Alla luce del dibattito parlamentare relativo alla legge n. 367 del 2001, appare invece verosimile che con quell’espresso richiamo il legislatore abbia voluto piuttosto sottolineare quella finalità “pedagogica” originariamente assegnata alla disposizione codicistica, guidando l’interprete verso la corretta individuazione della norma convenzionale (…)». Sul punto, E. Calvanese, 2003, p. 42.

convenzionali184.

In mancanza però di obblighi di ottemperanza, la prassi non ha sortito esiti soddisfacenti185.

La stipula di appositi accordi internazionali risponde, pertanto, al precipuo intento di prevedere – nei rapporti tra autorità giudiziarie – obblighi di mutua assistenza, al fine di garantire l’efficienza della cooperazione in ambito penale.

L’espressione «convenzione internazionale» equivale a «trattato» e «indica un accordo, concluso per iscritto tra Stati e regolato dal diritto internazionale (…), qualunque ne sia la particolare denominazione»186; il trattato è fonte di norme internazionali particolari che vincolano solo gli Stati contraenti.

Con l’inciso «convenzioni internazionali in vigore per lo Stato» si è inteso sottolineare «che la loro concreta applicabilità dipende dal perfezionamento del trattato sul piano del diritto internazionale187, oltre che dal compimento di quanto è necessario per renderlo esecutivo sul piano del diritto interno»188.

Occorre pertanto verificare, ai fini dell’operatività dell’accordo internazionale, non solo l’espletamento – nel diritto interno – delle procedure di ratifica ed esecuzione del trattato189 ma anche la validità e piena efficacia dell’accordo in ambito internazionale.

Questo comporta che per il perfezionamento190 delle convenzioni multilaterali abbia avuto luogo il deposito degli strumenti di ratifica e che sia stato raggiunto il numero minimo di ratifiche richiesto per l’entrata in vigore del trattato stesso. Così, ad esempio, il fatto che il nostro Stato e l’altro con cui si intende instaurare il rapporto di collaborazione abbiano ratificato l’accordo e depositato il relativo strumento non comporta, di per sé, l’operatività dell’accordo medesimo, in mancanza del numero minimo di ratifiche richiesto per l’entrata in vigore del trattato.

Resta ferma la necessità di verificare che lo Stato con cui si intende instaurare il

184 E. Calvanese, 2003, p. 37. 185 Ibid., p. 38. 186 F. Mosconi, 1991, p. 681. 187 Ibid., pp. 685-686.

188 Relazione al progetto preliminare del codice di procedura penale, in Codice di procedura

penale. Commentario, coordinato da A. Giarda, IV, Milano, 1990.

189

Normalmente, in Italia, a un trattato internazionale è data esecuzione con legge ordinaria; in questi casi, alle norme di adattamento va riconosciuto, nella gerarchia delle fonti italiane, il rango della legge ordinaria. Le norme di adattamento prevalgono sulle leggi ordinarie posteriori in forza del principio di specialità. F. Mosconi, 1991, p. 690;E. Calvanese, 2003, pp. 54-55.

190 Il perfezionamento del trattato bilaterale (nel caso di stipulazione in forma solenne) si ha per

rapporto di collaborazione sia parte del trattato e quali riserve siano state eventualmente apposte dalle parti nelle ipotesi di cooperazione giudiziaria penale191.

Giova peraltro osservare che le riserve, introducendo condizioni e limiti alla normativa pattizia, determinano spesso un sensibile mutamento della portata degli accordi internazionali192.

A tal proposito, va evidenziato come i più recenti strumenti di cooperazione penale tra autorità giudiziarie circoscrivano la facoltà di apporre riserve nei soli casi espressamente consentiti193.

L’art. 696 dell’attuale codice di procedura penale ha poi preferito al termine «usi internazionali» la formula «norme di diritto internazionale generale», che, oltre alla consuetudine, fa riferimento a ogni altra possibile fonte di norme generali (quali i cc.dd. principi generali di diritto riconosciuti dalle nazioni civili, di cui all’art. 38 dello statuto della Corte Internazionale di Giustizia), cui il nostro ordinamento si adegua in forza dell’art. 10, comma 1, Cost 194.

La disposizione codicistica assegna, infine, un valore meramente suppletivo alla normativa interna, che trova applicazione soltanto negli spazi rispetto ai quali lo Stato non è impegnato all’osservanza delle regole del diritto dell’Unione e internazionale.

Il Ministro della giustizia può, in ogni caso, «non dare corso alle domande di cooperazione giudiziaria quando lo Stato richiedente non dia idonee garanzie di reciprocità» (art. 696, comma 4, c.p.p.).

La clausola assicura che il potere politico abbia l'ultima parola qualora lo Stato con cui si dovrebbero intrattenere rapporti non garantisca, nell’ambito della protezione dei diritti, un livello di tutela analogo al nostro.

191 Cfr. art. 23, par. 3, della Convenzione europea di assistenza giudiziaria: «Quando una parte

contraente formuli una riserva ad una norma della convenzione, non potrà pretendere che un’altra parte applichi quella stessa norma se non nella misura in cui la norma medesima sia stata – dalla

parte contraente che ha formulato la riserva – accettata».

192 E. Calvanese, 2003, p. 50.

193 Cfr. art. 25 della Convenzione relativa all’assistenza giudiziaria in materia penale tra gli Stati

membri dell’Unione europea, Bruxelles, 29 maggio 2000.

194 Si tratta del c.d. meccanismo automatico di adeguamento dell’ordinamento italiano alle norme

3. L’evoluzione del principio del locus regit actum. Il problema

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