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Le modalità di attuazione del confronto dialettico tra le part

L’assistenza probatoria internazionale nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’Uomo

5. Le modalità di attuazione del confronto dialettico tra le part

Un problema di inutilizzabilità della prova assunta all’estero si pone tutte le volte in cui sussista incompatibilità tra le modalità di acquisizione del materiale probatorio alla stregua del principio del locus regit actum e i principi fondamentali dello Stato richiedente.

Certamente tra questi ultimi va annoverato il contraddittorio che, come peraltro già evidenziato, è «l’unico metodo di formazione credibile dei risultati conoscitivi del processo penale»437, perché assicura il confronto dialettico tra le parti in sede di formazione della prova penale.

La mancata attuazione di un’occasione di confronto esclude infatti l’equità processuale.

La Corte europea dei diritti dell’Uomo nel ribadire come, in linea di massima, sia auspicabile che le dichiarazioni destinate a un impiego determinante ai fini decisori siano rese in un’udienza pubblica e in contraddittorio, ha sempre precisato che un allontanamento dalle ordinarie modalità di formazione della prova non contrasta di per sé con l’art. 6 CEDU, purché sia data all’imputato un’occasione adeguata per contestare una testimonianza a carico.

La Corte, cioè, non ha mai considerato assolutamente necessario, ai fini della

fairness processuale, assicurare la contestualità dell’esame e del controesame del

dichiarante ad opera della difesa.

In fondo, ciò è anche comprensibile in ragione delle diversità esistenti tra le legislazioni dei vari ordinamenti che non prevedono tutte, al pari dell’Italia, un contraddittorio in senso «forte», concetto questo che richiede che la prova dichiarativa si formi al cospetto delle parti attraverso il metodo dell’esame incrociato.

L’allontanamento però dalle ordinarie dinamiche di formazione della prova desta da sempre qualche perplessità.

Ci si chiede, in particolare, e la questione chiaramente si complica con riferimento ai casi transnazionali, fino a che punto – in presenza di modalità alternative di assunzione della prova – il contraddittorio possa dirsi davvero assicurato e i diritti di difesa non ristretti in misura incompatibile con le garanzie previste dall’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo.

La preoccupazione è, in altre parole, che certe affermazioni della Corte, come quella che ammette – a determinate condizioni – un allontanamento dalle ordinarie modalità di formazione della prova, fungano – per gli Stati – da pretesto per giustificare prassi fuorvianti, in cui il confronto dialettico tra le parti è “sacrificato” in nome di esigenze di celerità ed economicità processuale.

In simili ipotesi, la prova assunta con forme non rispettose del contradditorio assume natura di atto contrario ai diritti fondamentali della difesa, e come tale non può che considerarsi illegittima e inidonea a formare il convincimento del giudice procedente.

La Corte ha avuto buon gioco allora ad affermare, nel caso Zhukovskiy del 2011, l’illegittimità della dichiarazione a carico – su cui poi si era basata la decisione di condanna – resa da testi ai quali l’imputato non aveva potuto rivolgere alcuna domanda438.

I giudici di Strasburgo hanno sottolineato la necessità di garantire alla difesa l’occasione di porre domande al teste, nell’ottica di assicurare il confronto dialettico tra le parti in sede assunzione della prova orale.

In altre parole, quel che è importante, perché possa dirsi equo il processo nel suo complesso, è che alla difesa sia data la possibilità seria di confrontarsi con l’accusatore.

Proprio sul concetto di “possibilità seria” occorre ora soffermarsi.

In un caso domestico, la Corte ha osservato che le gravi limitazioni del contraddittorio, arrecate dalla decisione di mantenere l'anonimato, non erano state compensate da meccanismi procedurali tali da accordare all'imputato un'occasione adeguata e sufficiente per contestare le testimonianze a carico439.

In particolare, la facoltà concessa alla difesa di porre soltanto domande scritte – senza la possibilità di assistere alle reazioni da esse suscitate – e di interrogare i testi solo de relato non aveva consentito, ad imputato e indagato, di sollevare dubbi sulla fides dei dichiaranti e – quindi – una possibilità concreta di confronto dialettico davanti al giudice, su basi di parità.

La Corte ha pertanto ravvisato la violazione dell’art. 6 CEDU, tanto più che, nella specie, la condanna si era basata «in misura determinante» sulle testimonianze anonime.

Ad analoghe conclusioni era giunta pure nel caso Windisch dove, a differenza di

438 Corte eur., Zhukovskiy c. Ucraina, 3 marzo 2011. 439 Corte eur., 20 novembre 1989, Kostovski c. Paesi Bassi.

quello Kostovski, non era stata neanche concessa alla difesa la facoltà di porre domande scritte, e quindi la possibilità di interrogare i testi anche solo de

relato440.

La situazione ovviamente si complica con riferimento a casi transnazionali dove sempre si deve tener conto delle differenze tra i vari ordinamenti.

In P.V. c. Germania, la Corte ha affermato che il contraddittorio è assicurato quando alle parti sia data un’occasione seria di confronto, confronto che è autentico solo se ad indagato e imputato sia data la possibilità di misurarsi con l’accusatore e di porre domande al teste441

.

La scelta degli ordinamenti nazionali di far pesare la bilancia del procedimento a favore di una delle parti, che talora può apparire giustificata per fronteggiare una situazione di fatto pericolosa per l’incolumità dei dichiaranti, rischia – se non compensata da solide salvaguardie procedurali – di comprimere i diritti della difesa in misura incompatibile con le garanzie previste dall’art. 6 della CEDU. Per questo la Corte ha avuto cura di precisare, sempre in occasione di una vicenda transnazionale, che il processo non può considerarsi equo se a imputato e difensore non sia data la possibilità di apprestare un’effettiva strategia difensiva. Così, nel caso Solakov, la Corte europea dei diritti dell’Uomo ha ravvisato una violazione dell’art. 6 CEDU per non aver assicurato – le autorità richiedenti – un’occasione seria di confronto442

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La vicenda, in realtà, è diversa dal caso A.M. c. Italia dove il pubblico ministero fiorentino aveva addirittura chiesto alle autorità statunitensi di non consentire la partecipazione del difensore dell'imputato all'esame.

In Solakov c. «l’ex-Repubblica jugoslava di Macedonia» non fu mai, almeno formalmente, negata alla difesa la possibilità di porre domande al teste. Tuttavia, il poco tempo concesso a imputato e difensore per apprestare una valida strategia difensiva, unitamente ad altre circostanze, ha di fatto escluso ogni possibilità seria di confronto dialettico tra le parti.

In quest’ottica, si spiega anche l’impegno profuso dai giudici di Strasburgo nel

440 Corte eur., 27 settembre 1990, Windisch c. Austria. 441 S. Ruggeri, 2017, p. 419.

È opportuno ricordare come la Corte europea dei diritti dell’Uomo adotti una nozione ampia di testimone, inteso come ogni persona che renda dichiarazioni destinate a essere utilizzate dal giudice per motivare la decisione finale. La Corte ribadisce così l’autonomia delle nozioni convenzionali, diretta ad impedire che la discrezionalità degli Stati contraenti nella qualificazione delle situazioni e degli status giuridicamente rilevanti possa vanificare, o quanto meno affievolire, le garanzie apprestate a livello europeo.

valutare se l’impiego del video-collegamento nel processo penale, come metodo “alternativo” di acquisizione della prova, violi i parametri convenzionali, attese le difficoltà arrecate alla difesa dall’assenza in dibattimento degli autori delle dichiarazioni ammesse come prove e aventi valenza determinante.

6. La compatibilità tra metodi alternativi di acquisizione della

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