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2.1 IL REMOTE SENSING E L’ARCHEOLOGIA

2.1.2 Breve storia del Remote Sensing e della sua applicazione in ambito archeologico

2.1.2.5 Applicazioni archeologiche di sensori termic

La termografia è quella particolare tecnica che permette, tramite l’elaborazione di immagini provenienti da sensori che operano nella regione dell’Infrarosso Termico, l’acquisizione a distanza di una serie di informazioni. L’impiego delle bande spettrali dell’Infrarosso in combinazione con le più recenti tecnologie del telerilevamento ha permesso di sfruttare, in molteplici campi e numerosi successi, le potenzialità che soggiacevano a tale strumento. Come sempre accade, anche stavolta il primo forte impulso alla sua implementazione si deve dal mondo militare, dove fu sviluppato il primo sensore nell’immediato secondo dopoguerra184. Nonostante le origini, oggigiorno il campo

d’applicazione è molto ampio e spazia dal mondo dell’ingegneria civile a quello dei beni culturali. R. Atkinson è comunemente ritenuto il primo ad aver sviluppato un metodo non invasivo per ottenere, tramite lo studio della resistività termica del suolo, una cartografia di dettaglio di un sito archeologico.185

Senza scendere eccessivamente nei dettagli, il sensore termico rientra nella categoria dei sensori passivi, poiché misura la radiazione emessa dall’oggetto osservato. Le camere termiche misurano, infatti, il TIR, acronimo inglese per Thermal Infrared Radiation. Si tratta di un tipo di onda elettromagnetica con una lunghezza d’onda maggiore (0.78-1000 μm) rispetto a quella del visibile (0.4-0.78 μm). Lo spettro dell’Infrarosso si suddivide ulteriormente in tre fasce: il vicino infrarosso (NIR cioè Near InfraRed tra 0.78-2.5 μm), il medio infrarosso (MIR 2.5-10 μm) e lontano infrarosso (FIR 10-1000 μm). Comunemente, quando ci si riferisce alle radiazioni termiche si fa riferimento al medio e lontano; si tratta di quel range all’interno del quale è possibile misurare la temperatura senza subire le interferenze provenienti dalla temperatura dell’aria dell’ambiente. La temperatura del suolo, infatti, dipende sia dalle radiazioni solari sia dagli scambi con l’atmosfera. Il principio che sta alla base del funzionamento dei sensori termici in archeologia è l’esistenza di una differenza misurabile tra le caratteristiche termiche dei resti archeologici sepolti e l’ambiente in cui

183POSLUSCHNY 2015, sezione dedicata ai LiDAR pp. 40-78. 184ALLISON 2007.

essi sono celati186. Se si conoscono le proprietà di assorbimento ed emissione termica o di inerzia

dei componenti minerali, misurando le loro variazioni termiche, sarà possibile rintracciare delle anomalie archeologicamente rilevanti nel sottosuolo187. Pertanto, caratteristiche quali la

conduttività, l’inerzia termica e la capacità di assorbimento sono fattori primari nell’influenzare il comportamento dei materiali. Numerosi sono gli studi in letteratura in cui è stata indagata la relazione tra tali variabili e il loro manifestarsi in contesti archeologici. Citiamo, sebbene quasi esclusivamente in francese, la produzione scientifica di Perisset e Tabbagh188 che rappresenta un

punto fermo per l’applicazione della termografia aerea in archeologia. Tra i diversi punti trattati dai due autori, segnaliamo come, a causa delle differenti proprietà, gli elementi archeologici non sempre rilasciano dei segnali termici e quindi, a volte, si nascondono. Per tale motivo, sostengono ancora i ricercatori, non è consigliabile effettuare le misurazioni dopo un lungo periodo di tempo stabile, perché le temperature dei materiali tendono a livellarsi e le differenze sono pertanto minime. Altra complicazione può sorgere in presenza di vegetazione fitta; le piante, infatti, agiscono come uno schermo e possono, di fatto, bloccare o filtrare la risposta termica del suolo e delle eventuali strutture archeologiche189. La termografia aerea di un’area ricca di vegetazione costituisce solo un

indice indiretto di misurazione della temperatura del suolo e i risultati difficilmente saranno così chiari come quelli ottenuti in una zona arida o con vegetazione scarsa. Qualche anno più tardi, gli stessi studiosi sono tornati sulla materia, chiarendo e approfondendo alcune tematiche con l’aiuto di Hesse e Scollar. Il risultato è l’ottima sintesi sull’applicazione della termografia archeologica presente nel volume Archaeological Prospecting and Remote Sensing190. Tra i punti in oggetto della

nuova analisi, spicca la trattazione dell’evidenza termica dei micro-rilievi. I dati presentati dagli autori permettono di chiarire quanti e quali siano le varianti e le complessità che limitano o enfatizzano la visibilità dell’elemento archeologico nelle rilevazioni termiche191. Per risolverle, si è

soliti acquisire le immagini nei momenti, come al mattino o all’imbrunire, in cui le differenze sono

186EPPELBAUM 2009.

187Sui parametri termali vedi ORLANDO-VILLA 2011, pp. 158-163.

188PÉRISSET 1980; TABBAGH 1979; PÉRISSET-TABBAGH 1981 in inglese.

189Ibidem, p. 169: «In the presence of vegetation one does not measure the ground surface of the plants, which i s

controlled by plant transpiration».

190SCOLLAR et al. 1990. 191Ibidem pp. 593-611.

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più accentuate192.

Sebbene il potenziale archeologico sia molto chiaro, non sono così tanti i lavori in letteratura dedicati appositamente all’archeologia, anche dopo i magistrali lavori di Périsset e Tabbagh193. Le

cause del limitato impiego nel nostro campo sono da ascrivere a molteplici fattori; da un lato, la bassa risoluzione spaziale dei satelliti Landsat o ASTER194 (Advanced spaceborne thermal Emission and Reflection Radiometer), oscillante tra i quindici e i novanta metri o i cinque m del

TIMS, utilizzato per documentare il già citato sistema viario nel Chaco Canyon e in Costa Rica195;

dall’altro, la scarsa accessibilità della tecnologia, soprattutto a causa dei costi di acquisizione delle immagini e delle necessità di poter disporre di un veicolo ben equipaggiato con una camera termica. A modificare, almeno in parte, il quadro appena trattato, l’emergere e la crescita dei c.d. Unmanned

Aerial Vehicles (UAV). Tramite tali apparecchi, per lo più droni196, gli archeologi hanno la

possibilità di raccogliere dati scegliendo in piena autonomia diversi fattori: l’altitudine del volo, l’orientamento della camera, il momento del giorno e le condizioni atmosferiche. Anche il mercato delle camere termiche ha contributo alla crescita del settore; i sensori sono migliorati sia nella risoluzione spaziale (quindi nei pixel dell’immagine) che nella sensibilità nel registrare l’impulso termico, riducendo allo stesso tempo sia il costo197 sia la dimensione. Grazie al progresso

tecnologico avvenuto negli ultimi anni, la termografia aerea tramite UAV è stata impiegata con successo per finalità diverse, quali lo studio particolareggiato di un sito o la conduzione di rapide prospezione archeo-geofisiche198 su larga scala199.