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2.1 IL REMOTE SENSING E L’ARCHEOLOGIA

2.1.2 Breve storia del Remote Sensing e della sua applicazione in ambito archeologico

2.1.2.6 Tecniche per l’acquisizione di dati multispettrali e iperspettral

Nelle pagine precedenti abbiamo, seppur di passaggio, parlato di immagini multispettrali, di

192TABBAGH 1977.

193Per una sintesi bibliografica COOL 2015, pp. 4-16.

194https://asterweb.jpl.nasa.gov (ultimo accesso 5/6/2017). Sull’impiego di dati ASTER vedi MENZE-UR 2007. 195SHEETS-SEVER 1991.

196Sull’impiego dei droni archeologia ottima la sintesi di VERHOEVEN 2009, pp. 236-237.

197Una buona camera termica, utilizzabile per finalità archeologiche, costa circa qualche migliaio di euro.

198Sul rapporto sempre più stretto tra prospezioni geofisiche e indagine archeologica vedi il bel manuale di

CAMPANA-PIRO 2009; SCHMIDT 2001.

moltiplicazioni di bande, di risoluzioni spettrali senza aver fornito un valido inquadramento scientifico. Riteniamo, pertanto, che sia giunto il momento giusto.

Le immagini multispettrali sono il prodotto digitale di sistemi di telerilevamento che, simultaneamente, misurano (catturano) nello spazio e nello spettro le radiazioni elettromagnetiche emesse o riflesse dalla superficie terrestre. La luce a noi visibile rappresenta la forma più familiare di radiazione ma, in realtà, costituisce solo una piccolissima parte dell’intero spettro. I sensori, definiti come spettrometri, reagiscono alla radiazione emessa, per esempio quella solare, in differenti porzioni del campo elettromagnetico e producono così un’immagine. L’efficienza dello strumento di rilevamento è dettata, quindi, da fattori quali il numero di bande in cui esso è in grado di operare e la capacità di determinare il più accuratamente possibile la firma spettrale. Per firma spettrale intendiamo la quantità di radiazione riflessa, assorbita o emessa da un oggetto, ed essa dipende da caratteristiche quali la composizione chimica, lo stato fisico, la temperatura; essa, inoltre, varia al variare della lunghezza d’onda e, pertanto, è rappresentata tramite un grafico (una curva). Naturalmente, più precisa sarà la definizione della firma spettrale più facile la caratterizzazione dei materiali.

I vantaggi insiti nell’analisi multispettrale sono spesso meglio compresi attraverso il ricorso a un gustoso esempio. Per descrivere un frutto e distinguere un limone da un kiwi utilizziamo diversi parametri quali il peso, il colore, il diametro, l’acidità o la dolcezza. Chiaramente se ci limitassimo all’impiego di un solo parametro distintivo andremmo maggiormente in difficoltà; il peso dei due frutti, all’apparenza così diversi, in qualche caso può corrispondere, e lo stesso può avvenire con il diametro. Il ricorso ad un numero maggiore di parametri, per esempio il colore e la concentrazione di zucchero, cancella ogni possibile incertezza e ogni possibile travisamento. In sostanza, aumentare il numero delle variabili rende più facile la distinzione tra i diversi elementi. Aumentare il numero di bande disponibili facilita, pertanto, il riconoscimento delle features e, in generale, delle caratteristiche delle superfici.

I progressi tecnologici hanno permesso il passaggio, nel giro di pochi decenni, da sensori su piattaforme orbitanti che operavano su poche bande spettrali a sensori aviotrasportati in grado di lavorare su oltre un centinaio di bande e con risoluzioni spettrali molto basse, anche di 10 micron. Sono comunemente definiti sensori iperspettrali tutti quei sensori che operano su un numero di bande maggiore di cinquanta e con larghezza di banda inferiore ai dieci nm200. L’impiego di

strumenti così precisi, unitamente al miglioramento della risoluzione spaziale, ha reso il telerilevamento multi e iperspettrale una delle tecniche non invasive più adottate dagli archeologici

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sia per la ricerca di nuovi siti sia per il controllo e monitoraggio del patrimonio culturale in generale201.

Il sensore MIVIS (Multispectral Infrared and Visible Imaging Spectrometer) è, senza alcun dubbio, il sistema di scanner aviotrasportato più interessante tra i sensori iperspettrali. Esso consiste in quattro diversi spettrometri che catturano le radiazioni riflesse dalla superficie nello spettro del visibile, nel NIR, nel medio infrarosso e nell’infrarosso termico, per un totale di 102 bande. Nella fase che precede l’analisi dei dati, le immagini necessitano di correzioni per errori di tipo geometrico, dettati soprattutto dal movimento del veicolo, e radiometrico, causati dall’atmosfera e dalle caratteristiche del sensore202.

Figura 5. Caratteristiche del sensore MIVIS.

Le prime sperimentazioni del sistema MIVIS sono datate al 1994, anno in cui fu avviato il progetto LARA dal CNR203. Inizialmente, le straordinarie potenzialità del sensore furono testate in campi

applicativi legati soprattutto alle scienze della terra, allo studio della vegetazione204 o alla

pianificazione ambientale205, settori in cui, ancora adesso, il MIVIS ha fornito grandi vantaggi,

permettendo la creazione di carte tematiche del suolo206.

201SALERNO et al. 2014.

202Su una nuova procedura ormai validata vedi BASSANI 2006. 203BIANCHI et al. 1996a.

204Impiegato, per esempio, nel riconoscimento delle singole specie forestali. 205BIANCHI et al. 1996b.

La Sicilia207, con il parco archeologico di Selinunte208, la Villa del Casale209, Mozia e Halaesa210, è

stata la prima regione in cui sono state condotte ricerche con finalità prettamente archeologiche211.

Le immagini iperspettrali sono state usate in sostituzione o a completamento della fotografia aerea per la ricerca di anomalie archeologiche, o, in presenza di dati da prospezione geofisica, come supporto e conferma di quanto già individuato212. A Selinunte, per esempio, l’obiettivo era

l’individuazione di strutture lineari coerenti con l’impianto urbanistico della città greca213; in un

secondo momento, dopo aver verificato la bontà del sistema, si è passati all’isola di Mozia e ad Alesa, dove «la metodologia adottata può dunque favorire non solo l’impostazione di campagne di

scavo, ma anche una puntuale e corretta analisi del ‘rischio archeologico’214». I dati MIVIS sono

stati inseriti all’interno di un GIS in cui sono confluiti anche foto aeree, tradizionali apparati cartografici

Per condurre tali indagini, le bande più utilizzate sono le prime, cioè quelle comprese tra il visibile e il NIR e le ultime, quelle legate invece all’infrarosso termico. Tale scelta è figlia della maggiore facilità con cui possono emergere anomalie imputabili alla variazione dell’umidità e della vegetazione, causata, come abbiamo visto nei paragrafi precedenti, da fattori quali l’inerzia termica e la conduttività termica.

Nella valutazione complessiva sui vantaggi, notevoli, dell’impiego del MIVIS in campo archeologico pesa molto la spesa (oltre i 20 mila euro) abbastanza alta necessaria per organizzare un volo con il sensore iperspettrale. Non sorprende, pertanto, come le esperienze italiane siano limitate nel numero, e i lavori in letteratura siano opera di pochi gruppi. Tra essi, un ruolo di primo piano è quello dell’equipe del CNR (sede i Potenza) e dall’Università di Palermo. Inoltre, ancora pochi sono i contributi di carattere metodologico, specialmente quelli dedicati alla risoluzioni di alcune delle

207BIANCHI et al 2000.

208CAVALLI et al. 1998; BIANCHI ET et al. 1997a; COLOSI et al. 1995. 209EMMOLO et al. 2004.

210BELVEDERE et al. 2004, pp. 208-213. Halesa Arconidea è il nome della città greca posta sulla sponde tirrenica

della Sicilia, adesso situata nei pressi del moderno comune messinese di Tusa.

211BIANCHI et al. 1994.

212CAVALLI et al. 2007. Per esperienze maturate al di fuori della Sicilia vedi CAVALLI et al. 2005 per la Daunia;

TRAVIGLIA 2005 per Aquileia Per il Vicino Oriente SAVAGE et al. 2012. In generale vedi BELVEDERE et al. 2001.

213BAGGIO et al. 1998.

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criticità che limitano l’impiego di immagini MIVIS; tra le poche eccezioni, il lavoro di Traviglia215

riempie proprio questa lacuna. L’autore, infatti, passa in rassegna alcuni dei punti deboli quali la non elevata risoluzione spaziale (3x3 o 4x4 m per pixel) che, pertanto, induce ad indagini di media scala volte alla individuazione di canali e strade piuttosto che di singole strutture, la necessaria correzione alla distorsione, l’eliminazione del ‘rumore’ che contraddistingue le immagini MIVIS. Fatte salve tali considerazioni, le informazioni spettrali ottenibili dai sensori iperspettrali costituiscono uno straordinario strumento per la ricerca archeologica, soprattutto quando sono integrati con altri dati provenienti di differente origine.