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8.1 TRATTAMENTO DIGITALE DELLE IMMAGINI: METODOLOGIA APPLICATA E SOFTWARE IMPIEGAT

8.1.1 Caratteri dell’immagine telerilevata

Un’immagine numerica consiste nella distribuzione bidimensionale di elementi organizzati per linee e colonne. Le immagini da remote sensing sono immagini digitali di tipo raster, dove il territorio è rappresentato mediante una matrice; all’interno di essa ogni elemento base, il pixel560, è associato

ad un numero, definito come numero digitale o Digital Number (DN); quest’ultimo rappresenta la misura della radianza media misurata elettronicamente dell’area a terra coperta da ciascun pixel. I pixel hanno, di solito, forma quadrata e una propria posizione definita nel sistema di coordinate dell’immagine attraverso una coppia di valori x e y. Pertanto, ogni pixel si caratterizza per:

● le due variabili spaziali x e y, individuano la posizione del pixel in quanto corrispondono agli indici di riga e di colonna

● il DN, funzione della radianza al suolo, che determina il valore del grigio di ogni pixel. Un’immagine telerilevata è quindi una matrice di numeri, nata dalla traduzione in valori numerici della quantità di energia emessa o riflessa da un oggetto. Beninteso, tale combinazione di numeri deve essere convertita in un dato analogico per essere percepita come una immagine. Tale processo avviene tramite l’applicazione di una specifica funzione di trasferimento, che tramuta i valori dei pixel nella luminosità visualizzata nello schermo. Ogni punto dello schermo riceve, quindi, un’intensità di luce (nella scala dei grigi) che dipende dal DN. Nello specifico, avendo un’immagine con una sola banda spettrale, i pixel con bassi valori sono rappresentati con i livelli di grigio

scuro561, mentre le tonalità sempre più chiare indicano pixel con valori crescenti. Nelle immagini

multispettrali, invece, per sfruttare il potenziale informativo di tutte le bande presenti si ricorre al colore e al principio della sintesi additiva dei tre colori fondamentali RGB: red, green e blue. Esso prevede che l’energia luminosa sia aggiunta al nero, originando un’ampia gamma di colori. La classica rappresentazione dello spazio vettoriale che si crea è un cubo inserito in una terna cartesiana, dove i tre assi X, Y, Z sono occupati da Rosso, Verde e Blu. In maniera assai banale ma molto efficace, maggiore è il numero delle suddivisioni che operiamo su ciascuno dei tre assi più accurata sarà la rappresentazione dei colori.

Figura 1. Spazio RGB: dalla sintesi additiva dei tre colori primari (rosso, verde e blu) si generano gli altri colori e le loro sfumature.

Com’è noto, associando ad ogni bande uno dei tre colori primari, un’immagine multispettrale può essere visualizzata al massimo in tre bande. Le possibili visualizzazioni che si possono ottenere sono, di conseguenza, inquadrabili in tre grandi tipologie:

1. bianco e nero: rappresentazione con sfumature di grigio per una sola banda:

2. colori naturali: i colori primari sono associati alle tre bande spettrali (rosso con rosso, verde con verde e blu con blu);

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3. falsi colori: mancanza di relazione tra la banda spettrale e il colore con cui è rappresentata l’immagine.

Ritorniamo, stavolta dedicando maggiore spazio, ad alcuni concetti ai quali abbiamo fatto riferimento nei precedenti capitoli. Alla luce delle precedenti spiegazioni, la loro comprensione dovrebbe essere facilitata.

Secondo la definizione fornita dal glossario del telerilevamento562, il termine risoluzione spaziale563

indica la dimensione dello spazio rappresentata da un singolo pixel o la capacità di discernere due punti adiacenti. I due fattori che determinano il livello di risoluzione sono la distanza del sistema di ripresa e le caratteristiche di funzionamento. La dimensione meramente geometrica al suolo dei pixel costituisce il principale parametro per la qualità della rappresentazione della scena: maggiore sarà la risoluzione maggiore sarà il livello di dettaglio fornito dall’immagine. Naturalmente, da risoluzioni diverse prendono avvio ricerche dagli obiettivi diversi, anche in ambito archeologico. Con il termine risoluzione radiometrica si definisce la quantità minima di energia necessaria affinché l’elemento sensibile produca un segnale elettrico registrabile dai sensori. Prima dell’introduzione dei satelliti VHR, un’immagine telerilevata aveva risoluzione radiometrica di 8 bit. Poiché il livello di radianza è misurato da 0 o da 1 bit, con 8 bit si possono rappresentare 256 livelli, cioè due all’ottava. Immagini scattate da satelliti come Worldview-2 o Quickbird-2 sono caratterizzate da un dinamic range di 11 bit per pixel, corrispondenti a 2048 variazioni tonali, ma alcune immagini iperspettrali possono toccare anche i 16 bit (65536 livelli). Tale miglioramento permette all’occhio umano, soprattutto nelle composizioni a colori, di percepire anche piccole differenze di intensità che, altrimenti, non sarebbero state notate. I valori di radianza sono rappresentati tramite una funzione grafica, definita istogramma di frequenza. Esso qualifica l’immagine in termini statistici, senza alcuna determinazione spaziale, tanto che può capitare che a uno specifico istogramma corrispondano più immagini diverse.

La risoluzione spettrale è connessa con il numero di bande e con la loro ampiezza, introducendo così il concetto di multispettralità564. La struttura delle immagini multispettrali non presenta

significative differenze rispetto al modello coordinate immagine e DN; naturalmente invece di una sola immagini si hanno a disposizione un n immagini, i cui pixel hanno DN diversi e coordinate comune.

562BRIVIO-ZANI 1995. Consultabile anche on line all’indirizzo http://www.irea.cnr.it/glossario/glossario.htm (ultimo

accesso 10/72017).

563Diffusi in letteratura anche i sinonimi risoluzione geometrica e risoluzione al suolo.

564Abbiamo visto nei capitoli precedenti come consista nella capacità dei sistemi di ripresa di acquisire i livelli di