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4.1 IL CONTESTO TERRITORIALE

4.1.2 Macroarea 1: Maniace, contrade Galatese, Cavallaro, Vaccheria Boschetto (TAV I)

4.1.2.1 Caratteri geo-morfologici e idrografia

L’intero versante nord-occidentale ruota intorno a due perni centrali: la valle del Simeto e il vulcano Etna a Est. Da un punto di vista morfologico, l’area si caratterizza per una varietà di forme e litologie, con prevalenza di morfologia collinare, con alternanza di terreni sedimentari a carattere alluvionale, come la piana di Maniace, e terreni vulcanici.

Inoltre, il territorio oggetto d’analisi occupa una zona che potremmo definire strategica, sia per la rilevanza dei caratteri geo-morfologici sia per la storia degli insediamenti umani. L’area, infatti, segna il passaggio dal sistema montuoso dei Nebrodi, con gli ultimi contrafforti che ricadono all’interno dei confini amministrativi del comune, alla valle del Simeto. Verso Est, invece, scorre il confine con il bacino fluviale dell’Alcantara, il cui corso separa l’area pedemontana da quella jonica.

Geograficamente parlando, il Simeto ha origine proprio a Maniace, dove scorrono il Cutò, il Martello e soprattutto il Saracena. Si tratta di corsi d’acqua che nascono sui Nebrodi e che oggi altro non sono che dei piccoli torrenti. Diversi secoli fa, anche il Flascio, adesso tributario dell’Alcantara, costituiva uno degli affluenti del Simeto, scorrendo insieme al Saracena. Come è facile immaginare, tale cambiamento è imputabile ad una serie di colate provenienti da coni lavici situati a quote più basse, da cui ebbe origine anche il vicino lago Gurrida366. L’invaso costituisce uno dei pochissimi

esempi al mondo di lago formatosi da uno sbarramento vulcanico. La pianura di Maniace, invece, ha origine diverse. Nell’area dove sorge adesso il comune di Bronte, altre colate sbarrarono il corso dell’antico Simeto generando un lago in cui confluivano anche Cutò, Martello e Saracena; in pochi secoli il lago si interrò a causa degli apporti dei corsi d’acqua e si formò così la fertilissimi pianura di Maniace, costituita da ghiaie, sabbie e limi argillosi367. Essa, come altre zone limitrofe, è soggetta

a fenomeni di erosione (regressiva) molto forte e a rischio idrogeologico368, proprio a causa dello

scorrere, anche sotterraneo, dei numerosi corsi d’acqua presenti.

Tra i fiumi secondari il bacino del Cutò è quello con l’estensione maggiore, stimata in circa

366CAFFO 2015, p. 37.

367Sui depositi alluvionali etnei vedi AURELI 2011, p. 53.

368Per le zone a rischio idrogeologico della provincia di Catania vedi l’apposito capitolo del piano territoriale

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centotrenta chilometri quadrati ripartiti tra le province di Enna e Catania, e lunghezza pari a circa sedici chilometri.

Il Cutò riceve un buon apporto idrico dal torrente Martello, che attraversa la contrada Galatese e ne costituisce il limite occidentale. Il Consorzio di bonifica ‘Alto Simeto’ elaborò alla metà degli anni Sessanta un piano di bonifica e di irreggimentazione dei torrenti e dei fiumi. L’area, infatti, presenta ancora oggi un alto potenziale idrico ma, allo stesso tempo, sussistono aspetti di dissesto idrogeologico soprattutto in corrispondenza dei bacini idrografici.

Rimane da segnalare come all’interno del comune di Maletto ricada il SIC (Sito Interesse Comunitario) Serra del Re, Monte Soro e biviere di Cesarò. Si tratta di un’estesa area in cui sono concentrate le cime più alte dei Nebrodi, con quote prossime ai duemila metri. Da un punto di vista geomorfologico il terreno non si distanzia molto dalle caratteristiche specifiche dei Nebrodi (rocce sedimentarie sovrapposte), presentando abbondanza di silicei (soprattutto flysch) con rari affioramenti calcarei. Tra le diverse zone che presentano uno spiccato interesse naturalistico citiamo, per esempio, il Biviere di Cesarò. Posto a quasi mille e trecento metri di quota, subito a monte del Martello, si alimenta grazie allo scioglimento delle abbondanti nevicate che cadono sul Monte Soro.

Nonostante le interferenze antropiche che si manifestano soprattutto attraverso le attività pastorali diffuse sull’intera catena montuosa, sussiste ancora la presenza di numerose specie di interesse faunistico o fitogeografico. L’ambiente lacustre estremamente particolare del Biviere rappresenta l’habitat ideale per la sopravvivenza di piante endemiche e piccoli mammiferi, come il Gatto selvatico, e grandi rapaci, a rischio estinzione nel resto della Sicilia.

Anche analizzando i caratteri geologici, l’area ricadente all’interno del comune di Maniace si distingue per la sua grande varietà.

Figura 8. I caratteri geologici del territorio intorno a Maniace (da Branca et al. 2015).

Coesistono, infatti, i già citati depositi alluvionali, formatisi a seguito dello scorrere dei corsi d’acqua (indicati come bb369 nella mappa) e rocce sedimentarie del tipo flysch (cioè originate in

ambiente marino soprattutto a causa di frane). Il complesso geologico definito Catena Appeninico- Maghrebide «si è originato a partire dall’Oligocene superiore a spese delle successioni bacinali

Alpino-Tetidee, che tappezzavano la crosta oceanica (Unità Sicilidi)370». La sotto unità Troina-

flysch (indicata come Mt) è datata all’Oligocene superiore – Miocene inferiore, presenta un’alternanza di marna di colore grigio cenere e calcarenite marnosa bianca, con spessore anche superiore ai duecento metri. L’area a Nord di Maniace è coperta, invece, dal flysch di Monte Soro, con argille scagliose risalenti al Cretaceo e banconi quarzarenitici (indicate come cc). Infine, la

369CARBONE-LENTINI 2015, p. 24: «Limi sabbiosi e lenti di ghiaie, distribuiti lungo i corsi d’acqua o le piane

costiere; talora riempiono depressioni morfologiche a monte di sbarramenti lavici o formano piccoli conoidi alluvionali» .

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sottounità di Nicosia (Oar), databile all’Oligocene, con argille varicolori, quarzareniti e conglomerati metamorfici e spessore compreso tra i duecento e trecento metri.

Per quanto concerne l’evoluzione paleotettonica del substrato etneo, i più recenti studi geologici371

mostrano come le Unità Sicilidi (la cui formazione più diffusa è quella delle Argille Varicolori), inserite all’interno del bacino della Tetide Alpina, separassero la placca europea da quella africana durante il Giurassico superiore. Soltanto dal Pliocene, a seguito della subduzione di ciò che rimaneva della Tetide Alpina, si innescò il processo di formazione (definito oceanizzazione) del Mar Tirreno.

4.1.3 Macroarea 2: Bronte, contrade Sciare di Santa Venera, Balze Soprane, Edera