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Il presente capitolo è posto a conclusione del lungo processo che ha guidato la nostra indagine. Siamo passati attraverso momenti diversi quali la scelta, l’acquisizione, l’analisi e la classificazione delle immagini multispettrali e siamo giunti alla presentazione dei risultati conseguiti. Abbiamo scelto di analizzare, per la sua rilevanza generale, il rapporto tra le tracce individuate con la lettura manuale ed i canali (o gli indici di vegetazione) in cui esse sono enfatizzate, cercando di comprendere se vi sia qualche banda spettrale particolarmente favorevole per l’archeologia. Inoltre, oltre ai tentativi sperimentati di classificazione semi-automatica pixel-based, presentiamo specifici approfondimenti o su alcune tracce su cui abbiamo lavorato con più strumenti, o su tracce che rivestono una particolare importanza all’interno di una procedura post-dittiva.

Prima di addentrarci nella discussione, intendiamo precisare alcuni aspetti, pertinenti alla natura stessa dei risultati. Si badi bene, infatti, come al termine risultato non vada associato esclusivamente il mero dato archeologico conseguito, quale può essere la segnalazione di anomalie archeologiche, sicuramente individuate in alcune aree; all’interno dell’idea di risultato, rientra anche la grande esperienza fatta e il bagaglio, formato soprattutto dagli errori compiuti, che ci porteremo nelle prossime esperienze. Sarà, infatti, molto più facile grazie alle difficoltà affrontate, anche di carattere metodologico, pianificare e condurre nuove indagini in questo settore così particolare.

9.1.1 Parametri di identificazione delle anomalie

Il livello di successo della segnalazione nelle immagini590 di anomalie pertinenti a manufatti sepolti è

strettamente correlato al grado di familiarità e conoscenza degli elementi da individuare; inoltre, è necessaria la comprensione delle dinamiche post-deposizionali che agiscono sulla visibilità delle tracce, archeologiche o non archeologiche che siano591. La principale difficoltà riscontrata è causata

dalla pressione, sempre costante, esercitata dal livello di antropizzazione nel territorio preso in esame. In particolare, i terreni di Galatese sono intensamente sfruttati per scopi agricoli, il corso dei torrenti sottoposto a numerose opere di irreggimentazione, e nuovi edifici stanno sorgendo nell’area, rischiando di obliterare per sempre l’anomalia e la possibile struttura sepolta.

Per evitare di cadere nelle c.d. false tracce, il primo approccio è consistito nel tentativo di comprendere pienamente le caratteristiche globali del paesaggio e degli elementi che rientrano nelle immagini. In questa ottica, un grande aiuto proviene dal ricorso agli strumenti cartografici di cui si dispone; il confronto, per esempio, con il tipo di vegetazione o coltivazione osservabile attraverso il

590In questo caso, importa relativamente se si tratta di foto aeree storiche, foto oblique o immagini multispettrali. 591 Vedi WILSON 2000, pp. 210-224.

ricorso alla funzione multi-temporale di Google Earth permette di notare come il cambio di coltura determini la nascita di una serie di anomalie, chiaramente visibili, ma non archeologiche. Naturalmente, con esito opposto, la mancanza di tali trasformazioni può costituire un ulteriore fattore di conferma della presenza di un manufatto archeologico sepolto nell’area.

Sempre a carattere generale, le tracce individuate possono essere distinte in contesti affioranti e contesti ipogei. Nel primo caso, siamo in presenza di strutture che, seppur in minima parte, affiorano, avendo conservato un elevato più o meno ridotto; tale tipologia può essere, quindi, osservate direttamente e le tecniche utilizzate servono a separare in maniera più chiaro il suolo o la vegetazione dalla struttura archeologica. Nel secondo caso, avremo, invece, costruzioni ipogee che non possono essere osservate direttamente, ma la cui presenza è segnalata, in maniera indiretta, da una serie di indizi: micro-rilievi, copertura vegetale, umidità. Proprio perché si tratta di una deduzione proveniente dall’analisi di altri fattori, costituisce un fattore importante la scelta del periodo migliore in cui concentrare l’individuazione di tracce. Non sempre è possibile sfruttare le migliori condizioni di visibilità possibile, soprattutto in quanto esse si limitano ad un periodo cronologicamente limitato. Riferendoci alla visibilità legata alla vegetazione, il momento più adatto sarebbe l’inverno, ma nel nostro caso, trattandosi di un contesto montano, le immagini satellitari sarebbero state coperte, con buona probabilità, dalle nuvole. Pertanto, come già spiegato, l’immagine multispettrale risale ad aprile, momento contraddistinto dal risveglio primaverile. Tale scelta ha portato a privilegiare l’applicazione degli indici di vegetazione per evidenti motivi.

Da un punto di vista ontologico, l’identificazione delle anomalie segue i tradizionali parametri propri della fotointerpretazione592:

● Forma; essa è definita il contorno della struttura che giace nel sottosuolo. Come vedremo, lavorando in ambiente GIS sono state distinte due grandi tipologie: anomalie lineari, come partizioni agrarie antiche o moderne, canali, possibili strade; anomalie spaziali, con superfici di forma ed estensione diversa come vani, edifici circolari, ville, muri di enclosures, pozzi593.

Naturalmente, si tratta di uno dei parametri principali per il riconoscimento delle tracce e per la loro interpretazione funzionale e tipologica.

● Dimensione; attraverso il ricorso ai programmi GIS (QGIS nel nostro caso) è facilmente calcolabile l’estensione, nelle tre dimensioni, della superficie dell’anomalia.

● Colore; poiché il lavoro condotto corrisponde, in questo caso, a un’analisi visiva, le variazioni di colore sono la rappresentazione di modifiche della superficie che si sta osservando. Si tratta, quindi, di un fattore determinante nella lettura delle immagini multispettrali, e non a caso le

592 Per esempio MALAGOLI 2002, pp. 35-40; PICCARRETA-CERAUDO 2000, pp. 99-128. 593 Un approccio simile in CAMPANA 2002, p. 182.

tecniche di miglioramento del colore (o anche indici di vegetazione) costituiscono un passaggio prodromico di grandissima importanza;

● Struttura; si tratta della possibilità di leggere l’articolazione interna dell’unità individuata. Chiaramente, la percezione della struttura consente la formulazione di ipotesi più precise e puntuali su quanto osservato, ma, purtroppo, essa è difficilmente riscontrabile;

● Tessitura; fondamentale quando si è in possesso di immagini con un livello di dettaglio scarso o molto scarso; una discontinuità nella trama regolare della vegetazione potrebbe, per esempio, indicare l’esistenza di un’anomalia altrimenti illeggibile;

● Elementi connessi; rientrano in questa ultima categoria tutti gli elementi che rientrano e si relazionano con l’immagine.

Su questi presupposti, un vero e proprio ‘paradigma indiziario’ citando Ginzburg594, si è proceduto

utilizzando il metodo di Sherlock Holmes. Come abbiamo visto nel capitolo dedicato all’archeologia predittiva e postdittiva, in realtà, più che un metodo deduttivo quello usato dal noto detective è un metodo ipotetico-congetturale595. Superando la questione epistemologica, nel nostro caso la difficoltà

principale risiede nella difficoltà di ricondurre gli indizi ai tipi. Nel resto d’Europa esistono dei veri e propri repertori dove sono illustrati casi-tipo e tipologie in funzione di archi cronologici e contesti ambientali differenti. Si tratta, pertanto, di atlanti, sostanzialmente simili a quelli ceramografici, che permettono di identificare capanne, strutture funerarie, edifici pubblici, villaggi ecc…partendo dai parametri prima menzionati, soprattutto tramite forma e dimensioni. Per l’Italia, l’unica opera in qualche modo paragonabile è l’Atlante dei Siti d’altura della Toscana, progetto portato avanti nel corso degli anni dall’Università di Siena, ma rimasto sostanzialmente inedito. Si tratta, naturalmente, di uno strumento calibrato per un contesto specifico e assai peculiare e che, pertanto, non può servire da supporto per la nostra ricerca.

Abbiamo concluso la nostra analisi sulle immagini multispettrali senza avere a disposizione, pertanto, un valido confronto sulle tipologie a cui ricondurre le anomalie ritenute di carattere archeologico. L’identificazione dei possibili tipi archeologici si è basata, di conseguenza, sull’intuizione dell’operatore, supportata nella maggior parte dei casi dal confronto con gli specialisti dell’ambito cronologico a cui si pensa possa risalire la struttura individuata. Si tratta, ovviamente, di un modo di procedere molto soggettivo, che risente del livello di conoscenza del singolo archeologo. Purtroppo, nelle more della creazione di procedure standardizzate, tale scelta era l’unica possibilità che si presentava.

594 Si tratta, in sostanza, di uno studio che parte dagli indizi, un approccio metodologico comune ad altre discipline come

la storia dell’arte (per esempio Morelli e il suo metodo attribuzionistico nello specifico); GINZBURG 1979, pp. 57-106.

595 La celebre deduzione con cui Holmes risolve il caso più spinoso è chiamato dai filosofi della scienza abduzione

9.1.2 Identificazione delle anomalie: tipologie e origine

Accostandoci al processo di foto-interpretazione ci siamo mossi con grande cautela, consci della ricchezza di informazioni e false tracce che ogni foto presenta. Il contesto ambientale da noi scelto, inoltre, esalta per una serie di motivi la definizione stessa di contesto ambientale di origine palinsestica. Pertanto, il primo passo è stato il tentativo di comprensione del paesaggio inteso nella sua globalità. Nessuno ha una conoscenza e un’esperienza tale da poter con certezza individuare e analizzare ogni aspetto presente in una foto, aerea o multispettrale che sia: troppo vasto è il potenziale euristico del documento. Molto saggio il monito che ricorda come «l’archeologo foto-interprete si

deve attenere al proprio campo specifico, con l’obiettivo di riconoscere e comprendere la propria gamma di elementi596».

In un primo momento, pertanto, sono state schedate e restituite tutte le anomalie individuate; tale operazione ha comportato la creazione di un database in cui esse sono state distinte con un id , indicando la tipologia (lineare o spaziale) e riportando la banda (o le bande) e/o le tecniche di

enhancement che ne favoriscono la visualizzazione. Seguendo tale procedura è stato raccolto un

campione assai significativo, stimato in circa duecento anomalie, di cui soltanto una minima parte attribuibile a elementi archeologici. Numerose e assai comuni sono, infatti, le tracce geologiche o dovute a fenomeni recenti che possono manifestarsi come tradizionali soil-mark o crop-mark . Come per quelle propriamente archeologiche, non esiste un atlante che racchiuda i casi più ricorrenti di fraintendimento per l’archeologo foto-interprete. Nonostante la mancanza di uno strumento organico, la letteratura scientifica in lingua italiana offre qualche aiuto597, sicuramente da consultare sebbene sia

chiaro che, a causa della ricchezza tipologica del paesaggio italiano, non è sempre facile generalizzare.

Premettiamo che nel territorio oggetto della presente tesi di dottorato, da un punto di vista topologico, si distinguono chiaramente due contesti ambientali molto diversi forieri, di conseguenza, di anomalie appartenenti a categorie differenti. Nel caso di Galatese, si tratta delle tradizionali tracce che fanno postulare l’esistenza di strutture ipogee, mentre nel caso di Santa Venera la natura vulcanica del terreno rende impossibile la formazione di crop o soil-mark; le strutture archeologiche, infatti, affiorano seppur di poco dalla superficie e, pertanto, la principale difficoltà del foto-interprete consiste nel discernere l’anomalia meramente antropica da quella propriamente archeologica. Presentiamo alcuni significativi esempi così da rendere più facile la comprensione di quanto scritto.

Nella TAV. XXI, abbiamo riportato due immagini, una con il NIR e l’altra con elaborazione RGB, dove appare molto chiaramente un’anomalia spaziale circolare individuata in contrada Galatese lungo il torrente Martello. Le dimensioni complessive e la stessa forma potrebbero far pensare a una traccia

596 MUSSON et al. 2005, p. 110.

di origine archeologica, magari a un tumulo o, comunque, una struttura funeraria. L’estrema vicinanza con una grande cisterna è apparsa subito sospetta e da un rapido controllo con la CTR è stato fugato ogni dubbio; si tratta, infatti, di un’anomalia dovuta all’interramento di un sistema idrico, un grande contenitore circolare, che appare indicato nella cartografia comunale. Tale identificazione ha permesso di escludere dal rango delle anomalie archeologiche altre traccia che riproponevano la medesima articolazione.

A testimonianza della complessità delle stratificazioni diacroniche e sincroniche che si celano nel paesaggio oggetto di indagine presentiamo la TAV. XXII. In una sola schermata, in poche centinaia di metri è individuabile una ricchezza di anomalie di differente origine e forma: ritorna una traccia circolare appartenente alla tipologia già descritta, ne compaiono altre dovute a cambiamenti nella coltivazione598, altre, infine, di cui non si è in grado di dare spiegazione ma che non presentano

comunque una logica archeologica.

Altrettanto numerose sono state le anomalie lineari classificate per l’area di Galatese. Anche in questo caso, l’archeologo deve stare molto attento ad alcuni particolari. In linea di massima, tale tipologia di anomalie può essere erroneamente scambiata con un asse viario antico, romano nella maggior parte dei casi italiani. Per evitare il fraintendimento è opportuno sempre controllare il rapporto che tali linee hanno con i poderi e i loro luoghi di accesso. Molto spesso, infatti, la traccia curva o cambia direzione in maniera netta in presenza di un vecchio limite di un campo. Tale è il caso che si presenta nella TAV. XXIII, dove si vede in maniera assai chiara la curva descritta dall’anomalia, apparentemente senza senso ma in realtà un indicatore dell’esistenza di precedenti limiti agrari adesso modificatasi. Il quadro delle anomalie individuate nella seconda macro-area non rientra nelle tradizionali categorie, come già accennato. La conformazione geo-morfologica del terreno, un plateau basaltico risalente ad una colata di circa 25mila anni fa, non permette la distinzione tra terreni più chiari o più scuri a causa del limitato interro. Proprio quest’ultimo elemento fa si che le murature delle strutture archeologiche affiorino dalla superficie per larghi tratti. Tale peculiare caratteristica comporta alcune insidie, superabili soltanto attraverso la necessaria azione di verifica a terra delle anomalie individuate. Distinguere, infatti, la fattura di un muro segnalato come anomalia è nella maggior parte dei casi impossibile. L’unico aiuto può venire dalla presenza di simmetrie o dalla riproposizione di schemi dimensionali ricorrenti. Per esempio, nella TAV. XXIV abbiamo individuato alcuni muri, dall’andamento curvilineo, che corrono paralleli a distanza costante; la ricorrenza di questo modello per lunghi tratti ha permesso di identificare tali anomalie come i percorsi utilizzati dagli allevatori e dai contadini per raggiungere i diversi fondi della contrada.

Come dicevamo, in mancanza di tali fattori, soltanto la verifica de visu delle strutture segnalate può dirimere l’attribuzione. Diciamo può perché, in realtà, anche la ricognizione potrebbe non essere

598 Lo sradicamento e la sostituzione di una vecchia coltivazione, come succede sempre più spesso con gli agrumeti, così

diffusi nel nostro territorio, lascia degli evidenti segnali; si notano, in particolare, dei piccoli cerchi in corrispondenza dell’albero e una generale enfatizzazione della linea su cui erano stati piantati.

dirimente: la tecnica costruttiva impiegata è rimasta immutata nei secoli e, naturalmente, lo stesso è avvenuto con il materiale usato (pietra lavica). Nel caso sia impossibile definire l’ambito cronologico dell’anomalia lineare, soltanto la possibilità di condurre accurati scavi archeologici può eliminare ogni ragionevole dubbio nella mente del foto-interprete. Riportiamo, a tal proposito, il caso della struttura muraria segnalata nella TAV. XXV. Essa è localizzata a Nord della strada statale, in contrada Balze Soprane e corre, in direzione N-S, attraversando il pianoro lavico. Non sono presenti simmetrie o altri elementi che possano spingerci verso un’interpretazione legata a strade o a elementi di raccordo tra parcelle agrarie diverse. L’unica pezza di appoggio per non naufragare in un mare di supposizioni è il possibile rapporto/allineamento con altre strutture murarie presenti in zona. Nel caso specifico, la traccia lineare sembra essere l’esatta continuazione della grande struttura muraria che attraversa contrada Santa Venera. Purtroppo la folta vegetazione non permette di riconoscere con chiarezza se il tratto individuato sia a doppio paramento o se sia formato da un unico filare.

9.1.3 Identificazione delle anomalie: casi studio

Per meglio comprendere l’apporto di ogni strumento impiegato, le tecniche e la loro integrazione nonché la molteplicità di difficoltà che ogni contesto ambientale e archeologico cela, presentiamo alcuni casi studio. Per ognuno di essi, saranno brevemente ricordate le caratteristiche topografiche dell’area su cui insistono, il contesto archeologico (qualora sia disponibile) e saranno avanzate le possibili interpretazioni delle tracce e, infine, analizzati i fraintendimenti più ricorrenti che caratterizzano la foto-interpretazione.

1. Anomalia spaziale da Fondaco-Galatese (macroarea 1)

Il podere si trova nella terrazza fluviale di Galatese, quasi a valle, in prossimità del letto del Saracena e a poca distanza dal piccolo nucleo abitato di Fondaco (TAV. XXVI). Il terreno è proprietà privata, recintato per la maggior parte del suo perimetro e coltivato in maniera non intensiva; per fortuna, la maggior parte dell’area non è coperta da alberi e l’abitazione è di piccole dimensioni.

Le ricognizioni dell’Upper Simeto Valley Project non avevano interessato questo settore della pianura, concentrandosi invece nella parte centro settentrionale di Galatese o nella vicina contrada Vaccheria- Boschetto. Nonostante ciò, era stato segnalato dal personale della Soprintendenza599 il rinvenimento,

durante lavori edili, di alcuni frammenti di rara ceramica Sigillata Tardo-Italica, databile alla prima età imperiale, e di«uno strato con strumenti di ossidiana appartenente alla preistoria600».

L’analisi delle immagini multispettrali ha permesso di individuare una serie di anomalie di grandissimo interesse. Esse risultano visibili sia con RGB che con il Red Edge. Quest’ultimo, come

599 PRIVITERA 2009, p. 525. 600 Ibidem.