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8.1 TRATTAMENTO DIGITALE DELLE IMMAGINI: METODOLOGIA APPLICATA E SOFTWARE IMPIEGAT

8.1.6 Indici di vegetazione

L’analisi della vegetazione e dei cambiamenti nei vegetation patterns (schemi vegetativi) è una delle chiavi per monitorare e studiare il paesaggio da diversi decenni. Il primo programma in questo settore fu sviluppato dalla NASA569 in contemporanea con l’inizio dell’avventura dei primi satelliti

Landsat. Non sorprende, pertanto, come la stima quantitativa della vegetazione verde presente in una data area sia ormai una delle procedure del remote sensing con le maggiori implicazioni in numerosi campi applicativi.

La vegetazione, in condizioni normali, ha una firma spettrale caratteristica; la riflettanza570 di una

foglia verde è ripartita 20% nel verde, 10% nel blu e nel rosso, e un picco del 70% nell’infrarosso vicino; tra 690 e 740 nm, si verifica un fenomeno definito come red edge: l’energia assorbita non è impiegata dalle piante per attivare la fotosintesi, ma si disperde nella struttura interna delle foglie, causando una fortissima rifrazione facilmente osservabile.

È proprio tale forte contrasto, generato dalla disparità di energia riflessa nelle regioni del rosso e del vicino infrarosso, a essere l’oggetto di un gran numero di tentativi nati per sviluppare indici quantitativi di vegetazione partendo da immagini telerilevate. Intorno alla metà degli anni Novanta era stato calcolato che erano stati sviluppati oltre quaranta differenti indici di vegetazione571; stime

più recenti572 hanno, in realtà, quasi raddoppiato il numero. L’obiettivo costante, nel corso dei

decenni, è rimasto immutato: assicurare il miglioramento della metodologia, minimizzando il peso di alcuni fattori di disturbo, come le variazioni dell’atmosfera.

Da un punto di vista generale, il termine indice rappresenta numericamente l’intensità di un fenomeno la cui complessità non permette la sua scomposizione in parametri fissi e ben riconosciuti. Sebbene sia possibile determinare l’influenza e il peso di molti fattori, risulta assai

569Risale al 1972 il Monitoring the Vernal and Advancement and Retrogradation of Natural Vegetation program. 570La riflettanza è definita come una grandezza adimensionale che esprime il rapporto, in percentuale, tra radiazione

riflessa e radiazione incidente (GONTHIER et al. 2012, p. 89).

571BANNARI et al. 1995, p. 95.

difficile procedere con questa operazione partendo dai segnali osservabili nelle immagini telerilevate. Pertanto, la nozione di indice di vegetazione ben si presta per qualificare e definire la vegetazione di vaste aree come quelle che coprono più pixel di una singola immagine. Gli indici di vegetazione sono misure quantitative che indicano il vigore della vegetazione573 e mostrano una

sensibilità più acuta per lo studio delle biomasse rispetto alle singole bande spettrali. Essi costituiscono uno strumento utilissimo per l’individuazione dei cambiamenti nell’uso del suolo, la valutazione della densità vegetativa, lo stato di salute delle piante.

Sono state proposte differenti classificazioni574, ma abbiamo scelto di seguire, per la sua

completezza quella proposta da Jackson e Huete575; secondo la loro proposta gli indici di

vegetazione (VI) si distinguono in quattro gruppi principali: slope-based, distance-based,

orthogonal transformation indici spettrali576. Per comprendere tale divisione, è necessario

considerare la posizione dei pixel con la vegetazione in una rappresentazione grafica bidimensionale della riflettanza (o riflettività) del rosso e dell’infrarosso. Gli indici appartenenti alla categoria slope-based577 sono semplici combinazioni aritmetiche che si concentrano sul contrasto

del responso spettrale nelle porzioni del rosso e del vicino infrarosso dello spettro elettromagnetico. Sono così definiti in quanto ogni coppia di valori nello spazio bidimensionale NIR/Rosso è geometricamente equivalente alla tangente (slope) della linea che congiunge l’origine e il particolare punto posto nel diagramma.

573CAMPBELL 1987, p. 551.

574Per esempio tra indici semplici, indici con soil line e indici corretti atmosfericamente. 575JACKSON-HUETE 1991, p. 187.

576Tra gli indici spettrali più ricorrenti il RED-EDGE, così definito perché misura la lunghezza d’onda intorno al punto

di flesso della curva di riflettanza tra il rosso e il vicino IR.

577È possibile incontrare, nella letteratura scientifica in lingua italiana, anche la dicitura di indici intrinseci, poiché il

178 Figura 4. Rappresentazione grafica di un slope-based index.

Tra i più impiegati all’interno di tale categoria vi sono il Ratio Vegetation Index (RATIO) e soprattutto il Normalized Difference Vegetation Index (NDVI). Il primo fu proposto da Rouse578 e

nacque per separare la vegetazione verde dal suolo usando le immagini Landsat MSS. Il valore è ottenuto con una semplice divisione dei valori della riflettanza contenuti nel vicino infrarosso con quelli del rosso:

𝑅𝐴𝑇𝐼𝑂 = 𝑁𝐼𝑅 𝑅𝐸𝐷

Il risultato esalta in maniera netta il contrasto tra rosso e vicino infrarosso, ma non ha una distribuzione normale che possa permette di elaborare statistiche. Inoltre, l’indice non permette di eliminare gli effetti della topografia o le variazioni angolari nell’illuminazione del sole. Tra gli indici-RATIO più utilizzati in ambito archeologico ve ne sono due particolarmente importanti. Uno è il più semplice della famiglia, il Simple Ratio Index (SRI)

𝑆𝑅𝐼 =𝑁𝐼𝑅1 𝑅𝐸𝐷

Esso permette di enfatizzare il contrasto tra il suolo e la vegetazione, con grande giovamento per la lettura delle possibili features archeologiche. L’altro è il Modified Simple Ratio (MSR), formulato sulla base di una valutazione di differenti indici come l’NDVI, il SRI, il SAVI e le sue varianti (SAVI 1, SAVI 2), il Weitghted Difference Vegetation Index (WDVI), Non Linear Index (NLI) e il

Renormalized Difference Vegetation Index (RDVI).

𝑀𝑆𝑅 = 𝑅𝐸𝐷 (𝑁𝐼𝑅1𝑅𝐸𝐷 + 1)0.5

Il MSR è una versione migliorata proprio di quest’ultimo indice, sviluppato con l’obiettivo di linearizzare le relazioni con gli indici biofisici.

Invece, le distorsioni cui abbiamo accennato in precedenza sono assenti nel NDVI579, il più comune

tra tutti gli indici di vegetazione, introdotto sempre da Rouse; si tratta di un indice multispettrale correlato strettamente al contenuto di clorofilla

𝑁𝐷𝑉𝐼 =𝑁𝐼𝑅1 − 𝑅𝐸𝐷 𝑁𝐼𝑅1 + 𝑅𝐸𝐷

Nella formula NIR e RED sono i valori della riflettanza delle bande dell’infrarosso vicino e del rosso; il risultato oscilla tra il -1 e il +1: valori positivi indicano alti contenuti di clorofilla e quindi vegetazione crescente, valori negativi aree non vegetate. Tale indice è funzionale alla realizzazione di carte vegetazionali attraverso procedure automatizzate, con applicazioni nel settore del monitoraggio dello stato di salute delle piante arboree, oltre ad essere il più utilizzato per evidenziare possibili anomalie archeologiche.

Passiamo, adesso, agli indici distance-based; essi misurano i livelli di vegetazione calcolando la differenza di valori di riflettanza tra i pixel di vegetazione e quelli del suolo ‘nudo’. Graficamente, la rappresentazione richiede il tracciamento di una linea del suolo (definita soil line) e, pertanto, il risultato finale corrisponde alla distanza perpendicolare di ogni punto dalla linea. Solitamente, i valori della nuvola di punti sulla soil line formano una linea di 45°. All’aumentare della copertura della vegetazione, aumenterà la distanza perpendicolare (intercept) dalla linea del terreno; consequenzialmente, in ambienti aridi o desertici, i valori di gran parte delle piante tenderanno, invece, a posizionarsi sulla medesima soil line, giungendo quasi a oscurarla. Un’altra differenza con gli slope-based è nell’orientamento delle linee che segnalano l’intensità della vegetazione, definite isovegetative. Negli indici slope-based le isolinee convergono all’origine, mentre nei distance-

based VIs rimangono parallele alla soil line580.

579Vale la pena sottolineare come gli effetti atmosferici e topografici siano ridotti anche con il SRI e MSR.

580Gli indici della famiglia SAVI rientrano all’interno della tipologia distance-based sebbene le isolinee non siano né

180

Tra gli indici slope-based più impiegati anche in archeologia spicca il Soil-Adjusted Vegetation

Index (SAVI), proposto da Huete circa un trentennio fa581. Esso è stato costruito con l’obiettivo di

minimizzare la radiazione di fondo del suolo sul segnale della vegetazione; tale risultato è ottenuto incorporando una costante di Soil-Adjustment, il fattore L582, al denominatore dell’equazione.

𝑆𝐴𝑉𝐼 = 𝑁𝐼𝑅1 − 𝑅𝐸𝐷

𝑁𝐼𝑅1 + 𝑅𝐸𝐷 + 𝐿 (1 + 𝐿)

Figura 5. Rappresentazione grafica di un distance-based index.

Il valore di L va scelto in base alla densità della vegetazione che si desidera analizzare. L’autore suggerisce un valore di 1 per livelli di vegetazioni molto bassi, 0.5 per quelli intermedi e 0.25 per alte densità. Successivamente, Walther e Shabaani583 hanno suggerito che il migliore valore di L

vada scelto dove la differenza tra gli indici SAVI per terreni scuri e chiari è minima.

Naturalmente, esistono, come scritto in precedenza, diverse decine di indici di vegetazione, ognuno di essi è stato sviluppato per esaltare un aspetto piuttosto che un altro. Abbiamo, pertanto, deciso di presentare esclusivamente quelli che si sono rivelati più utile nella nostra ricerca: si tratta, nello specifico, del NDVI, SAVI, SRI e MSR. L’applicazione delle formule degli indici rende possibile l’identificazione di possibili e probabili strutture archeologiche sepolte nel sottosuolo; la loro presenza è inferita in maniera indiretta in quanto possono o favorire o bloccare e inibire lo sviluppo della vegetazione che insiste nella medesima area.

Proprio in tali casi, lo strumento dell’immagine multispettrale dimostra tutta la sua potenza. Possono essere citati numerosi esempi, infatti, in cui le features appaiono più evidenti grazie ad uno

581HUETE 1988.

582L varia in funzione della riflettanza di alcune caratteristiche quali il colore, la luminosità etc. 583WALTHER-SHABAANI 1991.

specifico canale, come il NIR, o all’applicazione di tecniche algebriche di miglioramento dell’immagine. Il confronto tra l’immagine nel visibile in RGB e quella nel NIR rappresenta la prova migliore di quanto detto (TAV. XX).