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5.1.1 Le scelte e la tempistica della ricerca

La ricerca ha avuto origine da una varietà di spunti, generati da riflessioni differenti. La prima ipotesi concerne la possibilità di poter sviluppare metodologie d’indagine di tipo pre e post-dittive anche in Sicilia, una regione sostanzialmente estranea concettualmente a tali pratiche432 e lontana,

anche da un punto di vista amministrativo, dalle ultime esperienze sviluppate in Europa. La seconda ipotesi, invece, nasce dall’idea che i dati da satellite di ultima generazione, nonché le più recenti applicazioni tecnologiche, possano fornire un aiuto imprescindibile per lo studio dei paesaggi archeologici etnei, permettendo anche un avanzamento delle conoscenze. In particolare, se è vero che ogni ricerca parte sempre da una domanda, nel nostro caso esse erano almeno due: quale la natura dell’insediamento bizantino scavato in contrada Sciare di Santa Venera pochi anni fa? Dove si trova la città perduta di Tissa? Naturalmente, tali interrogativi hanno avuto il merito di stimolare la curiosità e l’interesse verso l’area soprattutto nella fase che ha preceduto l’avvio della ricerca; una volta iniziata, la ricerca si è trasformata in un progetto ben più ampio e organico (speriamo) rispetto al semplice tentativo di risposta alle domande. In questo capitolo sono trattati ed esplicitati i motivi, i tempi e le modalità delle scelte operate durante la ricerca, soprattutto riguardo alla validità delle tecnologie adottate.

Se il primo passo è stato, com’ è ovvio che sia, la definizione del contesto territoriale, il secondo l’elaborazione di una strategia generale per l’acquisizione e la lettura delle immagini. Ci riferiamo non soltanto alla scelta di quale specifica immagine comprare ma, in un’accezione più generale, alla necessaria presenza di un team di supporto, altamente specializzato nel campo del telerilevamento e aperto a condividere gli spunti e gli obiettivi della ricerca. Nonostante si potessero paventare numerosi disincentivi, abbiamo avuto il costante e fondamentale appoggio del professore Mussumeci, docente di Topografia e Cartografia presso il DICAR dell’Università degli studi di Catania e del laboratorio di Geomatica.

432L’unica eccezione è costituita da alcuni illuminanti lavori condotti su alcune valli del palermitano. A tal proposito,

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Molto più problematico si è rivelato entrare in possesso dei dati dal survey effettuato dall’Università di Durham in collaborazione con la Soprintendenza di Catania. Al contrario di quanto si possa pensare, tali difficoltà non sono state generate da particolari scelte personali, dal desiderio di tenere secretate ancora nel cassetto le informazioni, in attesa magari di trovare nel futuro il tempo necessario per pubblicarle. Anzi, in questo caso la nostra ricerca ha tratto giovamento dai preziosi consigli e indicazioni della professoressa Leone, docente di Archeologia tardo-antica presso l’Università di Durham. Purtroppo, un disguido tra il personale della Soprintendenza e l’equipe inglese ha creato il ritardo a cui si accennava; all’interno degli archivi della Soprintendenza, in effetti, non erano presenti né le schede di ricognizioni né qualsiasi altro documento sebbene un documento in possesso della professoressa Leone ne certificasse l’avvenuta consegna. Alla fine, un viaggio risolutore a Roma, ad inizio del terzo anno, ci ha permesso di entrare in possesso dell’intera documentazione, adesso conservata presso gli archivi della Soprintendenza di Catania. Tale ritardo ha comportato un necessario cambiamento nella strategia pensata per condurre la ricerca. In mancanza dei dati archeologici inediti, le uniche informazioni disponibili erano quelle pubblicate sul bel volume sul Lago Gurrida e Sciare di Santa Venera.433 Esse sarebbero state probabilmente

insufficienti per garantire la quantità di evidence necessaria per avviare un’analisi di tipo post- dittivo. Pertanto, nelle more dell’ottenimento della documentazione, ci si è soffermati sullo studio dei principali caratteri geo-morfologici e vulcanologici del paesaggio. Anche in questo caso, fondamentale per la corretta comprensione delle dinamiche che hanno trasformato e modellato il territorio si è rivelato l’aiuto dei vulcanologi del Parco dell’Etna, soprattutto nella persona del dott. Caffo.

Dopo aver ottenuto la documentazione prodotta dai ricercatori inglesi, è stato possibile restringere il contesto territoriale di riferimento e avviare la fase di acquisizione e valutazione delle immagini. In maniera preliminare, sono state cercate e consultate molteplici tipologie di fonti per fungere da confronto con la documentazione satellitare: fotografie aeree storiche, piani paesaggistici regionali e comunali, cartografia storica o tematica e tecnica prodotta dagli enti amministrativi. Alcune foto di particolare rilevanza sono state georiferite e immesse in un SIT appositamente creato. Per quanto concerne le immagini satellitari, la scelta è caduta su WorldView. Purtroppo l’intera area prescelta non è interessata dal passaggio della piattaforma WorldView 3 e così sono state acquisite immagini multispettrali e pancromatiche da WorldView 2. L’analisi delle immagini è passata attraverso due fasi. In un primo momento, l’individuazione di anomalie archeologiche è stata effettuata con una lettura manuale, diremmo tradizionale, condotta dall’operatore. Successivamente, si è fatto ricorso

alle tecniche di classificazione automatica del tipo supervisionata e pixel-based, sebbene sia stato tentato anche un approccio object-based. A causa dei ritardi su cui ci siamo soffermati in precedenza, tale metodologia non è stata pienamente sviluppata e verificata in tempo per la consegna della presente tesi, pertanto si rimanda ai prossimi lavori già in preparazione.

L’elaborazione e la sintesi effettuata della documentazione archeologica proveniente dal survey dell’University of Durham ha permesso l’incrocio e la conseguenziale verifica delle più significative tracce segnalate attraverso le procedure sopra menzionate soprattutto in contrada Galatese. Tale fase, probabilmente insieme alle sperimentazioni condotte per l’individuazione di procedure di classificazione automatica applicabili in ambito archeologico, è da considerare come il momento il più stimolante dell’intera ricerca. Giunto a questo punto, il nostro lavoro è proseguito non su una serie di binari paralleli quanto su un percorso fortemente intrecciato e correlato. Sono stati integrati e contemporaneamente testati sia un approccio predittivo che postdittivo alle feature osservate. L’introduzione di nuove tecniche di analisi delle immagini multispettrali ha, infatti, permesso di arricchire e migliorare la qualità degli elementi di confronto, dando maggiore consistenza al progetto di ricerca, sia nella metodologia applicata che sia nel risultato conseguito.

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CAPITOLO 6

6.1 LE TECNICHE E GLI STRUMENTI DELL’INDAGINE: