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Glottodidattica dell‟italiano come lingua seconda nel contesto scolastico

DEDICATI Iniziale

2.3 La didattica dell‟italiano L 2: i fondamenti e gli approcc

2.3.2 L‟approccio comunicativo

Secondo l‟approccio comunicativo la lingua viene intesa come un sistema per entrare in relazione con l‟altro e con il mondo.

Per favorire il diramarsi di queste relazioni, i vari aspetti della lingua vengono trattati dal punto di vista della comunicazione, con l‟intento di mettere il parlante in condizione di saper affrontare diverse situazioni comunicative. L‟approccio comunicativo prevede che la lingua sia perseguita in maniera totale, trattando tutte le competenze e abilità che la compongono.

La finalità principale dell‟insegnamento di qualsiasi lingua è il raggiungimento della competenza linguistica e comunicativa, intesa come “la capacità di esprimersi usando una lingua in modo appropriato al contesto di situazione, coerente con i significati culturali veicolati dalla lingua, efficace quindi in

79 grado di raggiungere gli scopi che il parlante si prefigge di raggiungere” (Luise, 2006: 111). Accanto a questa competenza comunicativa va raggiunta anche la competenza metalinguistica, meta comunicativa e glottomatetica, ossia la capacità di riflettere sulla lingua appresa e su come la si apprende. Riprendendo il modello che Balboni ha proposto in numerose sue opere (Balboni, Luise, 1994, Balboni, 1994, Balboni 2002), essere competenti dal punto di vista linguistico e comunicativo significa:

a. sapere la lingua, ossia la capacità di usare le grammatiche fonologica, grafemica, lessicale, morfosintattica, testuale;

b. sapere fare lingua: saper padroneggiare le abilità linguistiche che si distinguono in abilità primarie (parlare, leggere, scrivere) e le abilità integrate (dialogo, riassunto, parafrasi, dettato, prendere appunti, traduzione);

c. saper fare con la lingua: ossia la capacità di utilizzare la lingua come strumento di azione: si tratta delle competenze funzionale e pragmatica che per realizzarsi hanno bisogno anche di una competenza socio- culturale;

d. saper integrare la lingua con i linguaggi non verbali gestuali, oggettuali, prossemici, vestemici ecc.

Nel caso però dell‟insegnamento dell‟italiano come lingua seconda in contesto scolastico, Luise ritiene sia necessario aggiungere un‟altra articolazione al concetto di competenza linguistica e comunicativa. Afferma Luise:

“un allievo competente in lingua seconda deve essere in grado anche di saper

studiare in lingua per apprendere contenuti non linguistici, saper usare l‟italiano

come veicolo per incrementare le proprie conoscenze e per proseguire nello sviluppo delle capacità cognitive”(2006: 112).

Questo, osserva Luise, è un aspetto fondamentale della didattica delle lingue seconde, sul quale si gioca la possibilità o meno non solo di permettere allo studente straniero di raggiungere il successo scolastico, ma anche di avere gli

80 strumenti culturali e concettuali dei suoi coetanei italiano per auto realizzarsi in modo autonomo e consapevole.

La competenza linguistico-comunicativa che riunisce al suo interno le competenze linguistica, sociolinguistica, pragmatica e metalinguistica.

Ognuna di queste competenze specifiche comprende a sua volta particolari abilità che la caratterizzano.

La competenza linguistica è un sistema complesso composto da:

a. la competenza fonologica che permette di riconoscere e produrre i fonemi di una lingua nonché le sue curve intonative;

b. la competenza morfosintattica che si esplicita nelle abilità legate all‟uso della grammatica che permettono di legare le parole tra di loro in una frase o in un periodo;

c. la competenza lessicale che permette di comprendere le parole, di memorizzarle, di organizzarle in campi lessicali, di reperirle e utilizzarle;

d. la competenza testuale che consente di riconoscere e di produrre testi coerenti sul piano logico-semantico, coesi sul piano della relazione tra le frasi, congruenti con le caratteristiche dei vari generi comunicativi; e. la competenza grafemica legata all‟uso della scrittura.

La competenza sociolinguistica riguarda invece i fattori socioculturali dell‟uso linguistico (ad esempio le convenzioni sociali, gli usi, i costumi) e l‟uso dei linguaggi non verbali. Le principali competenze extralinguistiche sono:

a. la competenza paralinguistica, vale a dire l‟uso che si può fare dell‟intonazione, del tono di voce, della velocità con cui si parla, al fine di modificare o sottolineare il significato delle parole;

b. la competenza cinesica che riguarda la capacità di comprendere e di utilizzare i gesti, le espressioni facciali, i movimenti di mani, braccia e gambe, integrandoli con la lingua;

81 c. la competenza prossemica, relativa all‟uso dello spazio interpersonale:

distanza, vicinanza o contatto con l‟interlocutore;

d. la competenza oggettuale o vestemica che, secondo l‟accezione di Roland Barthes, rimanda all‟uso di oggetti come strumenti per comunicare uno status o una funzione sociale e alla capacità di padroneggiare il sistema della moda:(divise, uniformi, abiti più o meno formali, ecc). Tale competenza è spesso legata alla scelta di registro linguistico e rimanda dunque alla competenza sociolinguistica.

La competenza pragmatica è la competenza relativa agli usi ed alle funzioni all‟interno dell‟atto linguistico come la padronanza del discorso, la coerenza, l‟identificazione delle forme testuali, l‟ironia e la parodia.

La competenza pragmatica permette di agire socialmente attraverso la lingua. Si articola in varie funzioni che la lingua svolge nell‟interazione sociale. Dal momento che a seconda delle situazioni si devono usare forme linguistiche differenti („i registri‟), la competenza pragmatica è necessariamente legata alla competenza sociolinguistica ed a quella culturale, cioè alla conoscenza dei modelli di comportamento sociale e culturali che governano la vita quotidiana. Nella glottodidattica degli ultimi quarant‟anni si è parlato di metodo nozionale- funzionale, intendendo una realizzazione dell‟approccio comunicativo basato sullo sviluppo della competenza pragmatica.

Integrando i modelli funzionali di Jakobson e Halliday si giunge a una griglia di sei funzioni, vale a dire di sei macroscopi che si perseguono quando si usa la lingua per agire sul contesto: la funzione personale, ossia presentarsi, rivelare la propria personalità, soggettività, manifestare sentimenti, emozioni, pensieri, sensazioni ecc.; la funzione interpersonale, quando la lingua è usata per stabilire, mantenere o chiudere una interazione; la funzione regolativa- strumentale, ossia l‟uso della lingua per agire sugli altri, per regolare il loro comportamento o ottenere qualcosa al fine di soddisfare le proprie necessità; la funzione referenziale quando la lingua viene usata per descrivere o spiegare la realtà; la funzione poetico-immaginativa che si realizza quando la lingua è usata per produrre particolari effetti ritmici, suggestioni musicali, associazioni metaforiche o per creare situazioni e mondi immaginari; infine la funzione

82 metalinguistica, ossia l‟uso della lingua per riflettere sulla lingua stessa (spiegarne i meccanismi, descriverne le caratteristiche, ecc.) o per risolvere problemi comunicativi tipici dell‟interazione in lingua straniera.

Su queste basi Balboni (2008) definisce un modello di «competenza linguistica» cioè un “costrutto mentale che riunisce le regole che governano la lingua e altri codici” e di «padronanza» che “traduce la realtà mentale in azione sociale, trasforma il «sapere la lingua» nel «sapere fare lingua» e «saper fare con la lingua» . Il modello viene rappresentato graficamente nel seguente modo:

Fig. 2.1: Modello della competenza comunicativa (BALBONI P.E., 2008)