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Il quadro dell'integrazione scolastica degli alunni stranieri si interseca profondamente con quello della cittadinanza.

Da un punto di vista legislativo, in Italia, una persona viene definita italiana sulla base del principio dello ius sanguinis4, principio ribadito anche dalla legge sulla cittadinanza n. 91 del 5 febbraio 1992, recante «Nuove norme sulla cittadinanza». Secondo la legge, si acquisisce la cittadinanza solo per nascita da genitori già cittadini italiani o, per chi nasce in Italia da genitori non italiani, la legge prevede la possibilità di presentare la domanda e, quindi, di diventare cittadino alla maggiore età. Pertanto sono stranieri gli alunni che, anche se nati in Italia, hanno entrambi i genitori di nazionalità non italiana. Ciò significa che non vengono presi in considerazione i dati relativi agli studenti con doppia cittadinanza, di cui una italiana, agli apolidi e agli alunni appartenenti a comunità nomadi.

Luise (2006: 38) sottolinea che, dal punto di vista della scuola e dell‟intervento che essa deve programmare, due sono i fattori che diventano importanti per la definizione di alunno straniero:

a. il profilo linguistico: l‟allievo ha una lingua materna diversa dall‟italiano;

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Uno studio comparato del Ministero dell‟Interno (2007) rispetto alle politiche di accesso alla cittadinanza sulla base di questi due principali paramenti: a) il numero di anni di residenza richiesti per acquisire la cittadinanza e b) la rilevanza del luogo di nascita per la seconda generazione, ha proposto la seguente classificazione rispetto ai quindici membri storici dell‟Unione Europea: a. Paesi liberali: dove cioè si riscontra un‟apertura su entrambe le dimensioni: Gran Bretagna, Olanda, Francia; b. Paesi semiliberali: dove l‟acquisizione per residenza è abbastanza accessibile, ma i requisiti per le seconde generazioni sono più elevati: Lussemburgo, Svezia, Finlandia: c. Paesi con politiche semi-restrittive: che ammettono aperture più o meno ampie per i figli di immigrati: Spagna, Portogallo, Irlanda, Belgio; Paesi

con politiche restrittive: nei quali i requisiti per la naturalizzazione per residenza sono molto

elevati e anche gli atteggiamenti verso i figli di immigrati è di relativa chiusura: Germania, Austria, Danimarca, Italia e Grecia. Anche se, è doveroso aggiungere, in Germania, sono stati fatti, negli ultimi anni, degli importanti cambiamenti legislativi e la riforma del 1999 ha portato all‟applicazione dello ius soli (diritto di suolo) per le seconde generazioni: viene cioè conferita la cittadinanza ai minori stranieri nati in Germania a patto che almeno uno dei genitori vi risieda regolarmente da almeno otto anni e che abbia un permesso di soggiorno permanente. (Cfr. Favaro, 2011: 21)

37 b. la cultura di appartenenza: l‟allievo ha esperienza e si riconosce in una cultura diversa da quella italiana o in più culture, tra cui anche quella italiana.

Rispetto alla condizione di migrazione, è opportuno fare una distinzione tra i ragazzi giunti in Italia assieme ai genitori o per ricongiungimento famigliare in età avanzata e scolarizzati nel paese di origine, da una parte, e i ragazzi nati da genitori immigrati in Italia e qui scolarizzati, dall‟altra.

Gli alunni stranieri aumentano di anno in anno di circa settantamila unità, la maggior parte di loro sono bambini nati in Italia o che vi risiedono da qualche anno piuttosto che nuovi arrivati in seguito ai flussi migratori. Gli alunni che entrano a scuola subito dopo l‟arrivo dal proprio paese di origine o da un altro paese di migrazione, definiti NAI , ossia «neo-arrivati in Italia», sono solo,

secondo le fonti del MIUR 2010, l‟8% del totale degli alunni di cittadinanza non

italiana5.

Tenendo conto di questo, bisogna puntualizzare che l‟aggettivo «straniero» risulta essere spesso inappropriato, in quanto questi ragazzi sono da considerare stranieri solo dal punto di vista della cittadinanza formale, mentre, di fatto, sono da considerare a tutti gli effetti, come i loro coetanei, cittadini italiani in quanto sono accumunati ai compagni italiani dal luogo di nascita, di residenza, dalla lingua, dal sistema formativo e dal percorso di socializzazione. Risulta quindi sempre più opportuno parlare di «seconde generazioni» di immigrati. Con questo termine, al quale fa ricorso, da tempo, la letteratura specialistica di riferimento, si intendono i figli nati nei paesi di accoglienza o qui arrivati in età prescolare.

5 Nel rapporto sulla presenza degli alunni stranieri in Italia nel 2008/2009, la percentuale dei

neo-arrivati ammonta a 8.2%, del totale degli studenti non italiani, in calo di due punti rispetto all‟anno scolastico precedente. I 41.421 bambini e ragazzi inseriti per la prima volta a scuola frequentano, nel 46% dei casi, la scuola primaria, e, nella quota restante, si distribuiscono equamente tra la scuola secondaria di primo e di secondo grado. L‟ingresso a scuola dei bambini e ragazzi NAI ha una consistenza numerica maggiore nelle regioni del centro-nord (8.900 in Lombardia; 5.300 nel Veneto; circa 5.000 in Emilia Romagna; 4.400 nel Lazio; 3.750 in Piemonte; quasi 3.200 in Toscana), ma rappresenta una percentuale più alta – rispetto alla media nazionale del 8.2% sul totale degli alunni stranieri – nelle regioni del Sud. In Basilicata, ad esempio, essi costituiscono il 17.5% del totale degli alunni non italiani.

38 Una definizione più articolata e dettagliata delle seconde generazioni può essere la seguente proposta da Rumbaut (1994, 1997):

a. seconda generazione in senso stretto tipo 2: solo i figli di immigrati nati in Italia;

b. seconda generazione tipo 1.75: figli nati all‟estero e immigrati in Italia in età prescolare da 0 a 5 anni;

c. seconda generazione tipo 1.50: figli nati all‟estero e immigrati in Italia in età compresa fra i 6 e i 12 anni;

d. seconda generazione tipo 1.25: figli nati all‟estero e immigrati in Italia in età compresa tra i 13 e i 17 anni.

Queste ultime due, definite anche «generazioni in bilico», a metà strada tra la prima generazione rappresentata dai loro genitori e la seconda generazione in senso stretto rappresentata dai bambini nati in Italia, si caratterizzano per essere, seppur in maniera diversa, bilingui. Infatti, tra loro vi saranno coloro che conoscono la L1 solo oralmente, coloro che hanno imparato anche a

leggere e a scrivere in L1 e infine coloro, soprattutto gli appartenenti alla

generazione 1,25, che hanno compiuto gran parte della loro scolarità in L1.

Studi e ricerche condotte sia in Italia che in altri paesi hanno dimostrato che la velocità e le modalità di integrazione variano notevolmente per coloro che sono nati nel paese di arrivo, coloro che vi sono giunti nell‟infanzia e coloro invece che sono arrivati nell‟adolescenza dopo aver già esperito un processo di scolarizzazione e di socializzazione nel proprio paese.

Nel paragrafo successivo vedremo i bisogni degli alunni migranti anche sulla base della distinzione sopra proposta.