• Non ci sono risultati.

La C.M. n. 24 del 1 marzo 2006, Linee guida per l‟accoglienza e l‟integrazione degli alunni stranieri riassume le indicazioni per l‟inserimento degli alunni stranieri nella scuola dettate, nel corso degli anni, dalla normativa precedente. Il documento, il cui focus è chiaramente posto sugli alunni stranieri, è suddiviso in due parti. Nella prima parte viene illustrato lo scenario internazionale sottolineando il ruolo in prima linea della scuola per la piena

23 integrazione degli immigrati nella società di accoglienza, considerato esso un obiettivo primario da raggiungere.

Nella circolare si legge che “l‟integrazione è oggi comunemente intesa come un processo bidirezionale, che prevede diritti e doveri tanto per gli immigrati quanto per la società che li accoglie”. Ciò è vero sia nei paesi in cui il fenomeno dell‟immigrazione è relativamente recente, come l‟Italia, sia in quelli in cui l‟immigrazione costituisce una consolidata esperienza, e in cui sono state adottate e praticate negli anni specifiche politiche di integrazioni. Dopo aver illustrato lo scenario internazionale, sempre nella prima parte della circolare, si fa riferimento alla situazione italiana mettendo in evidenza la risposta che è stata data dall‟Italia rispetto alla questione dell‟inserimento e dell‟integrazione degli alunni di cittadinanza non italiana.

Si puntualizza che per poter comprendere la situazione italiana è doveroso fare due considerazioni:

a. la presenza di alunni stranieri è molto disomogenea e differenziata sul territorio nazionale. La concentrazione di alunni stranieri è molto più elevata nelle aree del Centro e del Nord del Paese, in particolare nel Nord- Est ed investe non solo le grandi città, ma anche i piccoli centri;

b. il cambiamento è stato rapidissimo. Nel triennio 2004/2006 l‟incremento di alunni con cittadinanza non italiana è stato mediamente di circa 60.000 unità all‟anno, portando, nell‟anno in corso (2005/2006), il totale degli alunni stranieri oltre le 400.000 unità; con un‟incidenza, rispetto alla popolazione scolastica complessiva, di circa il 5%. I dati statistici a disposizione segnalano una crescita della presenza di studenti stranieri nella scuola secondaria superiore, con una tendenza verso gli istituti tecnici e professionali. Si evidenzia la necessità di porre sotto osservazione questo livello di istruzione seguendo sia i processi di scelta che i livelli di riuscita e il successivo inserimento nell‟università o nel lavoro.

È questa una realtà dinamica che pone problemi che non sono né da sottovalutare né da drammatizzare, ma che vanno realisticamente affrontati nel confronto con le politiche educative di altri paesi.

L‟Italia, si afferma, sta passando dalla prima fase, nella quale la scuola si è trovata ad affrontare il fenomeno come emergenza, a una fase di valutazione delle esperienze già realizzate e di programmazione degli interventi. La presenza di alunni stranieri è un dato strutturale e riguarda tutto il sistema

24 scolastico. È necessario, dunque, individuare le migliori pratiche e disseminarle nel rispetto del Piano dell‟Offerta Formativa (POF) e dell‟autonomia scolastica,

d‟intesa con gli Enti locali e gli altri soggetti che interagiscono sul territorio per l‟integrazione.

All‟interno di questo contesto di riferimento, il documento mette in luce una fondamentale scelta culturale ed educativa di fondo

“l‟Italia ha scelto la piena integrazione di tutti nella scuola e l‟educazione interculturale come suo orizzonte culturale. […] L‟educazione interculturale costituisce lo sfondo da cui prende avvio la specificità di percorsi formativi rivolti ad alunni stranieri, nel contesto di attività che devono connotare l‟azione educativa nei confronti di tutti. La scuola infatti è un luogo centrale per la costruzione e condivisione di regole comuni, in quanto può agire attivando una pratica di vita quotidiana che si richiami al rispetto delle forme democratiche di convivenza e, soprattutto, può trasmettere le conoscenze storiche, sociali, giuridiche ed economiche che sono saperi indispensabili nella formazione della cittadinanza societaria. L‟educazione interculturale rifiuta sia la logica dell‟assimilazione, sia la costruzione ed il rafforzamento di comunità etniche chiuse ed è orientata a favorire il confronto, il dialogo, il reciproco arricchimento entro la convivenza delle differenze”.

Nella seconda parte del documento, intitolata Indicazioni operative, vengono fornite precise linee guida sia a livello organizzativo che didattico.

Rispetto alle indicazioni di tipo organizzativo, nel primo paragrafo intitolato Un‟ equilibrata distribuzione degli alunni stranieri, vengono raccolte alcune reali preoccupazioni espresse sia dalle famiglie che dagli insegnanti, e di cui spesso ne viene dato eco in tono allarmistico dai mezzi di comunicazione, in merito alle classi con forte incidenza di alunni stranieri, al rischio di creazione di classi o scuole ghetto ed al timore di rallentamento delle classi rispetto alle programmazioni da seguire.

In presenza di fenomeni di concentrazione di studenti con cittadinanza straniera “si ritiene proficua un‟equilibrata distribuzione delle iscrizioni attraverso un‟intesa tra scuole e reti di scuole e una mirata collaborazione con gli enti locali, avendo come riferimento normativo l‟art. 7 del D.P.R. 275/1999.

La costruzione di reti e coordinamenti è rilevante non solo ai fini della distribuzione, ma più in generale per la costruzione di un‟offerta formativa che riduca le disuguaglianze e i rischi di esclusione sociale per tutti.

25

Nell‟ambito delle singole scuole, l‟orientamento più diffuso è di favorire l‟eterogeneità delle cittadinanze nella composizione delle classi, piuttosto che formare classi omogenee per provenienza territoriale o religiosa degli stranieri”.

Rispetto alle modalità da seguire per l‟Accoglienza degli alunni stranieri nella scuola, nel secondo paragrafo, si fa riferimento a tre aree distinte: amministrativa, comunicativa-relazionale e educativo-didattica.

L‟area amministrativa disciplina principalmente l‟iscrizione a scuola degli alunni di cittadinanza non italiana e indica la documentazione, sia sanitaria che scolastica, che deve essere presentata all‟atto dell‟iscrizione; l‟area comunicativa-relazionale fornisce indicazioni circa la gestione dell‟accoglienza, che implica, all‟interno dell‟istituto, un lavoro di costante formazione del personale, e precisa le modalità da seguire per facilitare la comunicazione tra la scuola e le famiglie dal momento che “i genitori sono la risorsa fondamentale per il raggiungimento del successo scolastico”; l‟area educativo-didattica offre indicazioni di rilievo, in particolare quando afferma che: “per un pieno inserimento è necessario che l‟alunno trascorra tutto il tempo scuola nel gruppo classe, fatta eccezione per progetti didattici specifici, ad esempio l‟apprendimento della lingua italiana, previsti dal piano di studio personalizzato”.

Rispetto alla questione della valutazione degli allievi stranieri, un tema molto delicato e sul quale la pur significativa normativa esistente sugli alunni con cittadinanza non italiana non fornisce indicazioni specifiche, nella circolare si legge che

“il riferimento più congruo a questo tema lo si ritrova nell‟art. 45, comma 4, del

DPR n. 394 del 31 agosto 1999 che così recita “il collegio dei docenti definisce, in relazione al livello di competenza dei singoli alunni stranieri, il necessario adattamento dei programmi di insegnamento …”. Benché la norma non accenni alla valutazione, ne consegue che il possibile adattamento dei programmi per i singoli alunni comporti un adattamento della valutazione, anche in considerazione degli orientamenti generali su questo tema, espressi in circolari e direttive, che sottolineano fortemente l‟attenzione ai percorsi personali degli alunni. […] Per il consiglio di classe che deve valutare alunni stranieri inseriti nel corso dell‟anno scolastico - per i quali i piani individualizzati prevedono interventi di educazione linguistica e di messa a punto curricolare - diventa fondamentale conoscere, per quanto possibile, la storia scolastica precedente, gli esiti raggiunti, le caratteristiche delle scuole frequentate, le abilità e le

26

competenze essenziali acquisite. In questo contesto, che privilegia la valutazione formativa rispetto a quella “certificativa” si prendono in considerazione il percorso dell‟alunno, i passi realizzati, gli obiettivi possibili, la motivazione e l‟impegno e, soprattutto, le potenzialità di apprendimento dimostrate. In particolare, nel momento in cui si decide il passaggio o meno da una classe all‟altra o da un grado scolastico al successivo, occorre far riferimento a una pluralità di elementi fra cui non può mancare una previsione di sviluppo dell‟alunno”.

Uno dei maggiori punti di forza della circolare è la sua preparazione partecipata. Infatti il documento è nato, e poi rivisto e rimodellato, sulla base della consultazione e collaborazione di più organi competenti ed esperti. In particolare, la prima bozza è stata redatta da un gruppo di lavoro composto da esperti, poi è stata sottoposta alle amministrazioni regionali e provinciali per l‟intercultura nel corso di un convegno che si è tenuto a Brescia nel novembre del 2005 e infine il documento è stato integrato con le riflessioni raccolte dal territorio.

Alla fine dello stesso anno, nel mese di dicembre 2006, viene divulgato dal MPI

un Documento generale di indirizzo per l‟integrazione degli alunni stranieri e per l‟educazione interculturale nel quale vengono richiamate le direttive emanate attraverso la precedente circolare ribadendo alcune questioni importanti: la necessità di arrivare ad una certificazione delle competenze in italiano come lingua seconda, sia dei ragazzi che degli adulti immigrati, per garantire l‟apprendimento di “una base linguistica che possa consentire un livello minimo di partecipazione sociale”; la considerazione del bilinguismo e del plurilinguismo come fonte di vantaggi cognitivi che deve portare “al riconoscimento e alla valorizzazione delle lingue d‟origine del patrimonio linguistico e culturale dei ragazzi stranieri”; l‟importanza di riconoscere e valorizzare le competenze degli alunni stranieri anche negli ambiti diversi da quello prettamente linguistico, per esempio negli ambiti matematico o tecnologico o nell‟utilizzo dei linguaggi non verbali; la necessità di rivisitare i programmi, i contenuti, le discipline in chiave interculturale. A tal proposito, si invita alla costituzione di un gruppo di lavoro con un preciso obiettivo che, in un tempo stabilito e in collaborazione con enti, associazioni disciplinari e organizzazioni non governative, definisca alcune proposte in merito all‟editoria

27 scolastica e ai nuovi contenuti disciplinari da definirsi secondo la prospettiva interculturale.

Il 15 marzo 2007 viene pubblicata la C.M. n. 28 Esame di stato conclusivo del primo ciclo di istruzione nelle scuole statali e paritarie per l'anno scolastico 2006-2007, nella quale, per gli alunni con cittadinanza non italiana, si sottolinea che, pur nella inderogabilità della effettuazione di tutte le prove scritte previste per l‟esame di Stato e del colloquio pluridisciplinare, le Commissioni dovranno considerare la particolare situazione di tali alunni stranieri e procedere ad una opportuna valutazione dei livelli di apprendimento conseguiti che tenga conto anche delle potenzialità formative e della complessiva maturazione raggiunta.

Nel mese di ottobre dello stesso anno viene pubblicato il documento La via italiana per la scuola interculturale e l‟integrazione degli alunni stranieri redatto dall‟Osservatorio Nazionale per l‟integrazione degli alunni stranieri e per l‟educazione interculturale, istituito nel dicembre 2006 al Ministero della Pubblica Istruzione, e coordinato dall‟allora sottosegretario Letizia De Torre, con l‟obiettivo di individuare soluzioni organizzative efficaci e utili orientamenti per le scuole in materia di inserimento e di integrazione degli alunni di cittadinanza non italiana.

Il documento riunisce le due dimensioni irrinunciabili, quella dell‟intercultura che coinvolge tutti gli studenti e tutte le discipline, fungendo da asse culturale di fondo e trasversale ai diversi saperi, e quella dell‟integrazione, ossia dell‟insieme di disposizioni emanate e delle azioni messe in atto per favorire l‟accoglienza e gli apprendimenti linguistici e disciplinari degli studenti di cittadinanza non italiana, sia di recente che di consolidata immigrazione.

Il documento è diviso in due parti: nella prima vengono indicati i principi a cui si rifanno sia la normativa, emanata sia a livello nazionale che dagli enti locali, che le buone pratiche realizzate nelle scuole fin dal presentarsi dei primi alunni stranieri, nella seconda si illustrano le azioni che caratterizzano il modello di integrazione italiano e che, se sostenute da adeguate risorse e disposizioni normative nonché da un costante impegno politico, possono concorrere a realizzarlo.

28 I principi sono l‟universalismo, secondo il quale l‟istruzione è un diritto di ogni bambino - considerato portatore di diritti non solo come “figlio” data la sua minore età, ma anche come individuo in sé (indipendentemente dalla posizione dei genitori e anche indipendentemente dalla presenza dei genitori sul nostro territorio) - e, nella scuola, tutti devono poter contare su pari opportunità in materia di accesso, di riuscita scolastica e di orientamento; la suola comune, ossia la decisione, fin da subito, della scuola italiana di inserire gli alunni stranieri all‟interno delle normali classi evitando la creazione di luoghi di apprendimento separati; la centralità della persona in relazione con l‟altro; l‟intercultura riferendosi alla scelta della scuola di adottare la prospettiva interculturale e quindi la promozione del dialogo e del confronto tra culture per tutti gli alunni ed a tutti i livelli: insegnamento, curricoli, didattica, discipline, relazioni e vita di classe.

Le dieci azioni che possono tradurre in pratica i suddetti principi sono: 1. Pratiche di accoglienza e di inserimento nella scuola; 2. Italiano seconda lingua. 3. Valorizzazione del plurilinguismo; 4. Relazione con le famiglie straniere e orientamento; 5. Relazioni a scuola e nel tempo extrascolastico; 6. Interventi sulle discriminazioni e sui pregiudizi; 7. Prospettive interculturali nei saperi e nelle competenze; 8. L‟autonomia e le reti tra istituzioni scolastiche, società civile e territorio; 9. Il ruolo dei dirigenti scolastici; 10. Il ruolo dei docenti e del personale non scolastico.

Due di queste azioni sono state attivate e accompagnate da risorse economiche: la formazione dei dirigenti scolastici, a partire da quelli delle scuole a più alta concentrazione di studenti stranieri, attraverso una serie di seminari che si sono tenuti a Rimini, a Milano, a Torino tra maggio 2007 ed aprile 2008; il Piano

nazionale per l‟insegnamento dell‟italiano come lingua seconda, destinato

principalmente agli studenti stranieri di recente immigrazione delle scuole secondarie di primo e secondo grado. Tale piano è stato elaborato dall‟Osservatorio e finanziato con sei milioni di euro all‟interno del programma “Scuole aperte” per l‟anno 2009 reso noto attraverso la C.M. del 27 novembre

2008, Programma nazionale Scuole aperte, in cui viene comunicato l‟iter da

seguire da parte di ogni istituzione scolastica, di ogni ordine e grado, statale e paritaria, per poter ottenere i finanziamenti con cui realizzare specifici progetti

29 destinati all‟insegnamento della lingua italiana agli allievi stranieri neo-arrivati in Italia (NAI), affatto o poco italofoni, o coloro i quali sono inseriti a scuola da

meno di due anni. Nel Piano Nazionale L2si specifica che le risorse finanziare sono assegnate agli Uffici Scolastici Regionali in misura proporzionale al numero di alunni di cittadinanza non italiana, di recente immigrazione e frequentanti le scuole secondarie di primo e secondo grado del sistema nazionale di istruzione; vengono altresì date indicazioni pratiche agli uffici scolastici regionali per poter utilizzare al meglio le risorse ottenute.