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METODOLOGIA DELLA RICERCA

4.3 L’approccio eco-sistemico alla ricerca

Per condurre la mia ricerca mi sono appoggiata all’approccio eco-sistemico (Brofenbrenner, 1986, 2005; Capuorso, 2010) che mi ha offerto un forte riferimento, proprio perché ha permesso un’analisi delle molteplici variabili che entrano in gioco nel sistema di istruzione e formazione dei giovani e che ne determinano la complessità dell’oggetto di studio.

In particolare, questo approccio mi ha permesso di porre la persona, sia essa studente, docente o genitore, al centro dell’indagine, ma mai separata dall’ambiente sociale ed economico in cui vive.

Ecco che l’ambiente diventa oggetto stesso di studio, elemento nel quale immergersi per trovare le relazioni con chi nell’ambiente vive.

Ritengo che la comprensione di un aspetto necessiti la comprensione dell’intero sistema e quindi questo approccio ben si coniuga con la mia esigenza di un’analisi dei processi che intervengono negli individui, giovani e adulti, inseriti in un contesto e in un tempo, che in virtù delle quotidiane interrelazioni reciproche, li vede strettamente interdipendenti.

L’approccio eco-sistemico, infatti, dà rilevanza alla multidimensionalità delle interazioni e all’influenza che le une hanno sulle altre.

                                                                                                               

172 Dalle interviste, come vedremo nel successivo capitolo, in realtà emerge un dato anche più importante che vede l’onda lunga di un cattivo orientamento e quindi di una transizione non funzionale, arrivare fino al IV anno e anche al V di scuola superiore con conseguenze molto destrutturanti per i giovani che ne sono interessati.

All’interno dell’inquadramento teorico di riferimento, relativamente alla visione ecologica dei sistemi, una menzione va a Gregory Bateson al cui pensiero mi riferirò soprattutto per il suo pioneristico contributo sull’ecologia della mente o, come lui spiega, delle idee (Bateson G., 1976), viatico per la comprensione di fatti complessi. Il termine ecologia sta proprio a significare che le idee sono interdipendenti, interagiscono, vivono e muoiono. Muoiono perché non si armonizzano con le altre, proprio come una sorta di intrico complicato, vivo, che lotta e che collabora.

Eco-sistema “significa che l’insieme delle interazioni tra popolazioni viventi in seno ad un’unità geofisica determinabile costituisce un’unità complessa di carattere organizzatore […]”173.

L’ecologia delle idee è orientata allo studio dei sistemi evolutivi. Di questi sistemi Bateson ne considera tre, in ordine crescente: l’individuo, la società in cui l’individuo vive e l’ecosistema. Questi sistemi rappresentano reti cibernetiche complesse, anelli collegati da una catena di processi causali circolari. Per garantirne l’equilibrio, sono necessari meccanismi di regolazione al suo interno che lo riportano allo stato di

quiete attraverso un meccanismo di auto correzione. Secondo Bateson, infatti, (1999) la conoscenza è il frutto della mediazione tra

la mente del soggetto e l’ambiente in cui è inserito, per cui le interpretazioni cognitive individuali deriverebbero dai segni che il soggetto seleziona dall’ambiente e che gli permettono di “[…] riconoscersi nel contesto, relazionarsi ad esso e piegarlo in qualche modo ai bisogni di vita, individuali e collettivi” (Orefice, 2009, p. 108).

Nell’ambito della mia ricerca, l’organizzazione scolastica è intesa come un sistema complesso.

                                                                                                               

4.2.1 La complessità come paradigma di lettura e interpretazione del fenomeno

Il paradigma che ha guidato tutta la ricerca è quello della complessità (Morin, 1993; 2012; Orefice, 2003) che permette di valorizzare la molteplicità dei punti di vista dei soggetti studiati e offre la possibilità di un’analisi qualitativa in profondità. Proprio per il fatto che

«La dispersione scolastica è un fenomeno complesso, non riducibile a interpretazioni univoche di causa effetto, va analizzata secondo un modello sistemico. Condizioni esterne e interne alla scuola, variamente intrecciate alle problematiche del vissuto minorile, si pongono come effetto, ma anche come causa di ‘dispersione’, correlandosi anche a disuguaglianze nel più vasto contesto sociale, economico e culturale. Ne consegue che, per un intervento di prevenzione reale, a partire dalla scuola materna, è necessario un approccio che consenta di farsi carico globalmente dei fenomeni rispettando le specificità territoriali e l’originalità delle interazioni nei diversi contesti, valorizzando le relazioni tra gli individui e l’ambiente dal livello micro-sistemico al livello macro-sistemico»174.

Si assume pertanto una visione integrata dei vari fattori che si correlano e interagiscono, all’interno della quale restano sempre centrali il successo o l’insuccesso scolastico.

In questo senso il lavoro deve assumere una prospettiva che integri i diversi fattori che sono tra loro correlati e interagenti e porti ad una conoscenza che rispetti la rete di relazioni che intercorrono tra tutti gli elementi dell’eco- sistema.

Nell’analizzare i processi di transizione e orientamento scolastico ho quindi seguito una logica sistemica.

Dato che istruzione e formazione si configurano come “[…] processi bio- antropologici, come fattori di socializzazione e di condivisione simbolica e culturale, come insiemi di elementi che contribuiscono alla crescita individuale […]” (Frauenfelder, Santoianni, 2002, pag. 22), essi sono strettamente connessi alla capacità di scelta, alle aspettative e in questo senso si perde la dimensione di linearità degli eventi educativi a sé stanti.

                                                                                                               

L’ambiente scolastico rappresenta il campo di esperienza per i ragazzi; il singolo e l’ambiente, entrambi sistemi complessi separati, sono indissolubilmente connessi e lo studio dell’uno deve necessariamente contemplare la complessità dell'altro e, al contempo, la sua completezza e unicità.

Nell’ottica ecologica Morin sostiene che lo sviluppo di un pensiero dinamico conduce ad una visione delle relazioni in modo al contempo dinamico e complesso per cui “lo sviluppo dell’attitudine a contestualizzare e globalizzare i saperi diviene un imperativo dell’educazione. […] tende a produrre l’emergenza di un pensiero ecologizzante, nel senso che esso situa ogni evento, informazione o conoscenza in una relazione di inseparabilità con il suo ambiente culturale, sociale, economico, politico e, beninteso, naturale175.

Il sistema di istruzione deve necessariamente adeguarsi alle esigenze del mondo complesso e per far questo deve impegnarsi in una trasformazione profonda.

Secondo Edgar Morin, il sistema educativo inteso nella sua accezione più ampia del termine che comprenda il livello formale, informale e non formale dovrebbe essere “fondato sulla «relianza»” (Morin E., 2012, p. 140), intendendo con questo termine, mutuato dalla fisica, le forze che si oppongono alla dispersione, all’annichilimento e che formano l’unità nella molteplicità e la molteplicità nell’unità.

Questo principio regolatore del sistema dovrebbe “favorire la capacità della mente di pensare i problemi individuali e collettivi nella loro complessità. […] Insegnerebbe anche a situare tutte le informazioni, tutti i dati nel loro contesto e anche nel sistema del quale fanno parte” (ivi, p. 140).

Una mente che possa accedere alla complessità deve, giocoforza, possedere quell’abilità fondamentale “che influenza profondamente tutte le altre, di volta in volta facilitandone l’espressione, o interferendo con esse” (Goleman D., 1996, p. 107). Deve essere emotivamente intelligente, portata alla                                                                                                                

175 Morin E. (2000), La testa ben fatta. Riforma dell’insegnamento e riforma del pensiero, Milano: Raffaello Cortina, p. 19.

autoanalisi e al dialogo costante e attenta tra le dimensioni di razionalità ed emotività (Orefice P., 2003).

Già con John Dewey, l’uomo non è più il soggetto isolato, collocato nel vuoto che si rapporta ad un mondo distinto da sé. Al contrario, l’uomo fa esperienza perché è inserito nel mondo; è interconnesso all’ambiente sia dal punto di vista biologico, sia dal punto di vista della conoscenza e con esso forma un sistema senza il quale la sua esperienza sarebbe una successione, priva di

significato, di percezioni sconnesse e insignificanti (Dewey, 1957). Grazie alla sua azione nel contesto di vita, l’individuo acquisisce quella che

l’autore chiama capacità riflessiva, propria dell’essere umano. Il pensiero si configura attraverso l’indagine attiva del contesto, nasce dall’incertezza ed è tesa al raggiungimento di uno scopo. È proprio in questa fase di indagine, nel passaggio dal problema alla soluzione, che il pensiero diviene riflessivo (ivi, 1957).

Questa forma di pensiero riflessivo dovrebbe essere la base di ogni attività umana, “dovrebbe sorreggere il cittadino” (Baldacci, 2014, p.103) in ogni suo comportamento.

La scuola è un sistema complesso che ha al suo interno gli utenti finali, i bambini e ragazzi in formazione, ma al contempo, agisce anche sul contesto esterno, sulle famiglie e su tutte le agenzie del sistema di educazione informale e non formale.

La scuola è parte integrante di un contesto sociale nel quale gli elementi si stimolano e si influenzano circolarmente e senza il predominio di nessuno sull’altro.

Necessita, quindi di attenzione e di un adattamento continuo ai cambiamenti del contesto sociale in cui è inserita (Baldacci, op. cit., 2014).

Questo adattamento, secondo Edgar Morin, può realizzarsi considerando la reciprocità di azioni trasformative tra contesto e soggetti in un’evoluzione delle menti che siano aperte e disponibili al cambiamento176.

                                                                                                               

176L’autore sostiene che “non si può riformare l’istituzione senza avere prima riformato le menti, non si possono riformare le menti se non si sono prima riformate le istituzioni”,Morin E. (2012), La via. Per l’avvenire dell’umanità, Milano: Raffaello Cortina Editore, p. 139.

Per questo oggi è cogente formare menti aperte e plastiche, consapevoli di appartenere al sistema-mondo.

In una società planetaria (Orefice P., 2003; 2012), per non compromettere la qualità dei saperi elaborati e, con essa, la stessa qualità della vita e degli ambienti antropizzati, bisogna scongiurare il rischio di formare menti divise e alienate, (ivi, 2003).

Come afferma ancora Morin, che con la sua riflessione è stato e continua ad essere ispiratore per molti, è indispensabile guardare all’ ecologia dell’azione177.

In base al paradigma della complessità, “non solo conoscere è una relazione, ma conoscere è conoscere relazioni. Si conoscono dunque non elementi separati dal contesto, ma configurazioni di elementi, rapporti dinamici fra ele- menti. Il vedere attraverso sistemi è un modo di conoscere che vuole contrapporsi al riduzionismo e alla logica sequenziale e lineare e per questo diventa fondamentale”178.