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Approccio esistenziale ed ermeneutica del fatto tipico – Sarà chiaro,

Nel documento I reati "fuori dei casi di concorso" (pagine 64-67)

La complicità “fuori dei casi di concorso”

III. Approccio esistenziale ed ermeneutica del fatto tipico – Sarà chiaro,

giunti a questo punto, che, nella produzione di un risultato penalmente rilevante, ciascun fattore abbia in realtà un significato ed un peso proprio, differente da ogni altro, e che l’equivalenza delle condizioni sia una finzione, giustificabile solo su base logica. Ma il principio di personalità, la dimensione umanistica della responsabilità penale, insorge contro siffatti criteri di valutazione freddi ed asetti- ci. Si oppone all’astratta ed irragionevole equiparazione di azioni affatto diverse.

formula della conditio.

150 Sulla possibilità di distinguere tra condizioni “più” e “meno” causali, illuminanti appaiono, ancora

oggi, le parole di F. ANTOLISEI, op. cit., a p. 40: «Se al contrario si ritiene che la causalità implichi un nesso

reale di produzione, una forza metafisica che si trasmette dalla causa all’effetto (questa è la veduta del Buri), allora ogni condizione deve possedere una reale efficienza per il risultato, ma non si può escludere che ciascuna produca una quota del risultato medesimo, anche se noi non siamo in grado di individuare, di misurare il contributo di essa» e a p. 83: «Voler distinguere fra le condizioni “ dal punto di vista del- l’efficienza causale – ha scritto il Guex – è così vano è irritante come ricercare se Blücher o Wellington hanno vinto la battaglia di Waterloo. Non è stato né l’uno, né l’altro. Senza Blücher, Wellington sarebbe stato schiacciato; senza Wellington, Blücher sarebbe arrivato troppo tardi. Essi hanno vinto insieme, giac- ché la vittoria non è un risultato divisibile e del quale si possa riportare solo una parte ”. / Associandosi a questo rilievo, non intendiamo punto affermare che tutte le condizioni contribuiscano nella stessa misura al risultato: non intendiamo con ciò accettare la tesi dell’eguale efficacia positiva delle condizioni soste- nuta dal Buri. Questa tesi per noi è poco verosimile: comunque, non è dimostrabile».

151 Lo riconosce lo stesso F. STELLA, Leggi scientifiche, cit., p. 233: «una legge causale può risultare perti-

nente se riferita a una certa descrizione (dell’evento, n.d.a.), non pertinente se riferita ad una descrizione diversa»; che aggiunge, a pag. 234: «Se proviamo a stabilire qual è la legge che deve essere enunciata nella spiegazione di un certo evento ripetibile, o di un certo aspetto di un evento, ci accorgiamo che non esiste la legge pertinente, ma che ci sono tante leggi pertinenti quanti sono i “ punti di vista ” dai quali viene sollevata la questione». Sulla selezione delle modalità rilevanti, si v. F. SGUBBI, Plurisoggettività

eventuale e permanenza, cit., p. 1192 e ss..

152 Si v. N. IRTI, voce Rilevanza giuridica, in Noviss. Dig. It., vol. XV, Utet, Torino 1968, pp. 1094-1112,

a pag. 1107: «Non vi sono fatti, che attendono semplicemente di essere scelti; la scelta è costitutiva del fatto, e il fatto, prima della scelta, è un nulla». La decisività del punto di vista è anche l’approdo di L. CORNACCHIA, Concorso di colpe e principio di responsabilità penale per fatto proprio, Giappichelli, Tori-

no 2004, p. 48 e s.. Ma si v. giàG. INSOLERA, Problemi di struttura del concorso di persone nel reato, cit.

Pretende che la scienza non oscuri la complessità dell’agire; richiede, piuttosto, che l’illumini.

Per quanto concerne il contributo concorsuale, la differenza soltanto chiaro- scurale e non ontologica fra agevolazione e condizionalità153 pone il problema di

evitare un’indiscriminata affermazione responsabilità ai sensi dell’art. 110 c.p., secondo il descritto criterio cronologico, per ogni aiuto prestato prima dell’ulti- mazione del fatto plurisoggettivo.

Certo, se questo è assunto nei suoi dettagli minimi, qualsiasi condotta con esso interferente è rilevante e, secondo logica, necessaria.

Se invece si assume un punto di vista esistenzialista154, o anche soltanto più

realista, secondo cui occorre valorizzare quanto e come l’agente abbia partecipa- to all’integrazione del fatto tipico plurisoggettivo, ne discende che l’ascrizione di responsabilità deve essere quanto più aderente al vissuto155 dell’agente. Nella pre-

cisazione del senso e del peso dell’agire, la scienza non potrà fungere che da ser- vile informatrice. Potrà cioè meglio rappresentarne al giudice la direzione modale e l’efficienza individuale. Ma sarà questi, con la sua autorità, a decidere.

Ora, se il quadro tratteggiato è plausibile, chi legge avrà intuito quanta parte giochi la discrezionalità giudiziale nella fissazione del più basilare requisito di imputazione criminale. Se, pertanto, il cuore stesso della responsabilità penale è affidato all’autorità del magistrato156, sono di certo insufficienti a disciplinare il

complesso gioco dell’interpretazione le scarne disposizioni contenute negli arti-

153 Cfr., retro, l’introduzione.

154 Cfr. lo stesso F. STELLA, Leggi scientifiche, cit., che, a pag. 248, scrive: «A giudizio di Engisch […]:

come lo storico, il giudice rivolgerebbe la sua attenzione a singoli accadimenti concreti, e di questi ricer- cherebbe la spiegazione causale, con un’indagine di tipo “ esistenziale ”».

155 Di “vissuto causale”, richiamandosi ad uno studio sulla causalità psichica dell’ENGISCH, parla anche A.

SERENI, Istigazione al reato e autoresponsabilità, cit., p. 97. Si v., altresì, A. ROMANO, Causalità giuridica

e fisica contemporanea, cit., passim.

156 Indizi di un “circolo ermeneutico”, nella ricostruzione del nesso causale, si ritrovano d’altro canto an-

che in F. STELLA, Leggi scientifiche, cit., il quale, richiamandosi a DEWEY, afferma a pag. 257: «la supposi-

zione esplicativa del giudice concorre alla stessa individuazione del problema da risolvere: come è stato osservato, “ un problema non è un compito predisposto, che una persona si prefigge o che altri le prefig- gono, come il cosiddetto problema aritmetico nel lavoro scolastico. Un problema rappresenta la trasfor- mazione parziale di una situazione problematica in una situazione determinata mediante l’indagine. È un detto familiare che un problema ben posto è mezzo risolto […] ”. In breve: l’explanandum, lungi dall’es- sere un “ dato ” precostituito, rappresenta esso stesso il frutto di una ricerca, che il giudice compie facen- do ricorso a una o più “ congetture ” esplicative».

coli 12 e 14 delle preleggi al codice civile. Emerge in tutta la sua urgenza la pro- posta di chi157 ha suggerito di introdurre, pure nel nostro ordinamento, la regola

del precedente vincolante, di modo che i mutamenti giurisprudenziali in malam partem non possano valere nella decisione del caso a quo, ma solo per i casi futu- ri, secondo le cadenze del prospective ovverruling158.

§ 5. La ragione punitiva dell’art. 110 c.p..159

Quanto premesso sulle manchevolezze – sia in termini scientifici che equi- tativi – del modello dell’equivalenza, non ci esime dall’interrogarci sulla ragione di fondo per cui il legislatore del 1930 prescelse la soluzione della formale equi- parazione di tutti i partecipi, codificandola nell’art. 110 c.p..

Se infatti dovesse mai risultarne che essa non possa esclusivamente essere ravvisata, come ha invece fatto la dottrina tradizionale, nell’adesione filosofica alla teorie causali positivistiche (id est: il condizionalismo), certamente potrebbe essere più indulgente, da un lato, il giudizio complessivo sul tipo di regime con- corsuale delineato dal codice Rocco e, dall’altro, si aprirebbe un pertugio alla prospettazione – già de jure condito – di un nuovo ed alternativo modello di par- tecipazione al reato.

157 A. CADOPPI, Il valore del precedente nel diritto penale. Uno studio sulla dimensione in action della le-

galità, Giappichelli, Torino 1999, pp. 301 e ss., la cui analisi si condivide integralmente.

158 Sulla recente sent. della CGCE che ha sostanzialmente affermato il principio di irretroattività delle

svolte giurisprudenziali in malam partem, cfr. V. MANES, I rapporti tra diritto comunitario e diritto pena-

le nello specchio della giurisprudenza della Corte di Giustizia: approdi recenti e nuovi orizzonti, in F.

SGUBBI, V. MANES, a cura di, L’interpretazione conforme al diritto comunitario in materia penale, Bono-

nia University Press, Bologna 2007, pp. 9-31, in ptc. pag. 27.

159 La dottrina più avvertita, in verità, individua una pluralità di ragioni storiche all’accoglimento del cd.

modello unitario di partecipazione al reato: cfr. G. GRASSO, Pre-Art. 110, in M. ROMANO, G. GRASSO, Com-

mentario sistematico del Codice Penale. II. Art. 85-149, II ed., Giuffrè, Milano 1996, p. 125, che annove-

ra ragioni dogmatiche, filosofiche, politico-criminali e pratiche. Cfr., similmente, L. CORNACCHIA, Concor-

so di colpe, cit., p. 9 e ss., che però ravvisa nella regolamentazione adottata con gli artt. 110 e ss. anche la

finalità – garantistica – di imporre un divieto di responsabilità per fatto altrui. Pur consci del fatto che la storiografia giuridica – come ogni scienza storica – non può contentarsi di una spiegazione monofattoria- le, a noi interessa qui di seguito evidenziare, in particolar modo, una delle ipotesi ricostruttive prospettate. Ciò soprattutto in ragione del fatto che, a nostro avviso, essa è stata, rispetto alle altre, relativamente tra- scurata e non tenuta nel debito conto.

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