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La “neutralità” della condotta quale limite ermeneutico di applica zione dell’art 51 c.p I ruoli giuridici scriminanti – Molto probabilmente, al-

Nel documento I reati "fuori dei casi di concorso" (pagine 131-135)

La complicità mediante azioni “quotidiane”

II. La “neutralità” della condotta quale limite ermeneutico di applica zione dell’art 51 c.p I ruoli giuridici scriminanti – Molto probabilmente, al-

l’origine delle varie opzioni teoriche “soggettive” o “materiali” sbocciate in seno alla letteratura tedesca nel secolo appena trascorso, sta una carenza legislativa: nel codice penale tedesco è infatti assente, siccome lo era nel codice regio del 1871, una norma analoga alla causa di giustificazione prevista all’art. 51 del no- stro codice. Ciò ha appunto indotto, colà, ad elaborare altri meccanismi risolutivi di quell’apparente conflitto che si delinea ogniqualvolta alla norma penale se ne opponga un’altra con previsione prescrittiva o facultizzante: il bilanciamento di interessi, l’adeguatezza sociale dell’azione, il rischio consentito, etc..343

Oggi, però, anche in Germania, giusta una coscienza giuridica più evoluta e più attenta alle garanzie formali, si avverte una sensibile tendenza ad orientare il giudizio sul disvalore della condotta a parametri più strettamente giuridico-positi- vi, quando non addirittura ad appuntarlo esplicitamente ad una causa di giustifi- cazione, purtroppo senza nome né rubrica. In questo senso vanno letti: i frequenti

343 Chiara intuizione di ciò esprime I. CARACCIOLI, L’esercizio del diritto, Giuffrè, Milano 1965, sin dall’in-

troduzione, a pag. 1 e ss., nonché alle pp. 186 e ss.. Si veda anche A. LANZI, La scriminante dell’art. 51

c.p. e le libertà costituzionali, Giuffrè, Milano 1983, il quale, discorrendo dell’esperienza giuridica tede-

sca, afferma a p. 19, che la mancata introduzione di una scriminante dedicata all’esercizio di un diritto, in sede di riforma della parte generale, «si inquadra in una ormai ben delineata tradizione giuridica di quel Paese, secondo la quale, dal principio fondamentale dell’unità dell’ordinamento giuridico, discende il si- gnificato unitario dell’antigiuridicità».

richiami, ancorché non elevati alla dignità di criteri determinativi, che FRISCH de-

dica alla conformità al diritto della situazione creata (die Schaffung eines als sol- chen rechtskonformen Zustands)344; la constatazione di W

OHLLEBEN che le cause di

giustificazione costituiscono le fondamenta su cui è edificato il concetto di ri- schio consentito, che a sua volta è la condizione di operatività di ogni meccani- smo di imputazione, compreso quello del bilanciamento345; il lungo indugiare di

KUDLICH, pur con esisti negativi, sulle norme di categoria come possibili strumen-

ti di concretizzazione dei precetti (interdittivi o autorizzatòri) di rischio penale346;

i raffinati tentativi di VOLK e HASSEMER di ricondurre in un alveo normativo l’ade-

guatezza sociale dell’azione347. E si potrebbe continuare.

Il genio penalistico italico, d’altro canto, e non solo perché forte della pre- senza di una simile esimente, ha sempre opposto un fiero ripudio a concezioni che, quantomeno sotto mentite spoglie, non sembrassero più che ossequiose ri- spetto al canone della riserva assoluta di legge ed ha abitualmente mantenuto li- velli più elevati di formalismo.348

E tuttavia ha costantemente interpretato la norma de qua in maniera scissa e, per dir così, un po’ asettica: ha cioè sempre ricondotto l’effetto scriminante, al- ternativamente, o all’esercizio di un diritto o all’adempimento di un dovere. Mai ha provato ad immaginarne – per quanto ci consta – l’operatività congiunta.349

Eppure, pare proprio che la giurisprudenza qui esaminata nel corso del pri- mo capitolo, allorché indagammo una seconda ragione di indifferenziazione – e

344 W. FRISCH, Tatbestandsmäßiges Verhalten, cit.: ad es. p. 299, p. 302.

345 M. WOHLLEBEN, Beihilfe durch äußerlich neutrale Handlungen, cit., p. 117, u.cpv.. 346 H. KUDLICH, Die Unterstützung fremder Straftaten, cit., p. 436 e ss..

347 Cfr. retro.

348 Tale formalismo si espresse talora ipotizzando limiti scriminanti di natura consuetudinaria (P.

NUVOLONE, I limiti taciti della norma penale (1947), rist. Cedam, Padova 1972, p. 149: «Fissato come cri-

terio inderogabile di individuazione delle fonti giuridiche quello della conoscibilità oggettiva non è possi- bile prendere in esame altri limiti legislativi se non quelli che hanno il loro fondamento nella consuetudi- ne o nella struttura dell’istituzione»); altre volte ammettendo l’applicazione analogica delle cause di giu- stificazione codificate (G. VASSALLI, voce Analogia nel diritto penale, in Dig. pen., vol. I, 1987, pp. 158 e

ss., in partic. p. 169).

349 Si v., nell’ordine, I. CARACCIOLI, L’esercizio del diritto, cit., p. 6: «Tralasciando di esaminare, se non per

quei riferimenti che di volta in volta saranno necessari, la problematica relativa all’adempimento di un dovere, che è causa di giustificazione del tutto distinta da quella che ci occupa»; A. LANZI, La scriminante

dell’art. 51 c.p., cit., passim; D. PULITANÒ, voce Esercizio di un diritto e adempimento di un dovere, in

quindi di spersonalizzazione – del trattamento penale, avesse a che fare con un tal genere di casi. Pare, cioè, che i soggetti, imputati nelle singole vicende concrete, alle volte (il più delle volte) non semplicemente esercitassero un diritto, ma des- sero altresì il giusto adempimento ad un obbligo. Essi erano quindi titolari di un potere-dovere, vale a dire di una funzione, di un ruolo.

Esemplificando: la tutela della salute non soltanto è l’orizzonte del diritto professionale del medico, ma contenuto di un suo preciso dovere. Ciò vale reci- procamente per il diritto di difesa in giudizio rispetto all’avvocato così come per i vicendevoli benefici del lavoro subordinato rispetto alla collaboratrice domestica, per il mandato elettivo rispetto all’uomo politico così come per l’ufficio religioso rispetto al sacerdote del culto cattolico.

Un ruolo, però, questo di cui discorriamo, non già “sociale” o “normativo- sociale”350, bensì un ruolo giuridico, vista l’indubbia giuridicità della coppia dirit-

to-dovere, riconosciuto quindi dal diritto positivo per il tramite di quel fondamen- tale raccordo fra sistema penale e sottosistemi extrapenali che è l’art. 51 c.p..

Ora: si potrebbe esser tentati di definire tali ruoli come posizioni di garan- zia. In senso tecnico, tuttavia, queste sono delle funzioni di presidio di un bene penalmente protetto, onde impedirne la menomazione ad opera di quegli eventi di previsione legale, che la situazione concreta fa ritenere prevedibili ed evitabili, ex art. 43 III comma c.p., adottando le opportune misure preventive. Certo, non si nega che anche nelle situazioni da noi esaminate si possa dare la previsione lega- le di un evento che il soggetto agente sia stricto sensu tenuto ad impedire, in quanto investito di un autentico ruolo di garante.351

Tuttavia, anche a prescindere dalle ipotesi in cui un simile evento non sia nemmeno configurabile, la posizione degli agenti, nei casi oggetto del presente studio, non acquista rilevanza in relazione al bene penalmente protetto, ma in re-

350 Espone ampiamente la riflessione sociologica sul tema, L. CORNACCHIA, Concorso di colpe, cit., p. 350,

alla nt. n. 24.

351 Si pensi al caso del medico che, ove non si fosse attivato per soccorrere il latitante ferito ad un piede,

lazione al bene scriminante, a garanzia cioè dell’oggetto giuridico sotteso alla norma esimente.

Il soggetto si è infatti attivato. La contestazione dell’omissione, quindi, non è più in discussione. Si tratta, invece, di giustificare l’indubbia rilevanza giuridica del comportamento attivo, sulla base delle proiezioni normative del potere-dove- re di agire che delineano lo statuto giuridico del reo.

L’art. 51 c.p., rianimato grazie al principio di ragionevolezza, di cui quello di personalità rappresenta senza dubbio il primo precipitato in materia penalisti- ca352, consente dunque di istituire un ulteriore, secondo livello di personalizzazio-

ne della responsabilità penale e ciò senza peraltro sconfinare nel mare magnum delle fonti extragiuridiche e senza sprofondare negli abissi dell’interiorità, ma ri- manendo saldamente ancorati all’interpretazione del dato positivo.

Ecco perché, allora, la “neutralità” delle umane condotte potrebbe veramen- te definirsi come limite ermeneutico di applicazione dell’articolo 51 c.p..

Perché, in tanto una condotta può dirsi usuale (üblich), quotidiana (alltägli- ch), professionale (berufsbedingt), socialmente adeguata (sozialädaquat), in quanto essa si mantenga nei limiti segnati dalle norme cui tale esimente codifica- ta – autentico punto di chiusura dei riverberi sistematici del principio di legalità – rinvia. E si tratterà spesso di norme settoriali, prodotte dalle associazione di cate- goria, di norme deontologiche. Ma nulla qaestio, perché quest’ultime si stanno emancipando dall’antica essenza di fonti contrattuali interprivate ed assurgono

352 Cfr. V. MANES, Attualità e prospettive del giudizio di ragionevolezza, cit., p. 753, ove, discutendo la

sentenza della Corte Cost. n. 27 del 2005, intervenuta sulla questione della decurtazione di punti dalla pa- tente di guida, si indica «il principio di personalità come autonomo criterio o autentico presupposto di ra-

ora al livello di vere e proprie fonti normative.353 Anzi, esse sono – ogni giorno di

più – lo specchio positivo di un nuovo ed irrefrenabile particolarismo giuridico.354

Così il giudice, nella “penombra” della camera di consiglio, nell’opera di bilanciamento cui ogni causa di giustificazione per sua natura affatica, non sarà lasciato solo con i propri giudizi di valore355 o con le proprie intuizioni proces-

suali356, ma disporrà di due poli normativi, due costellazioni apparentemente con-

fliggenti e recanti ciascuna l’attuazione di un principio di tutela mediante un pre- cetto di fonte primaria: da un lato il bene giuridico e la norma penale protettiva, dall’atro il bene scriminante e l’articolo 51 c.p., con il corredo di fonti da questo richiamate in via sussidiaria.

Egli traghetterà dunque ripetutamente dal fatto ad un polo, poi nuovamente al fatto e da questo all’altro polo e così di seguito, finché il caso concreto non ri- sulti irrimediabilmente estraneo a uno dei due, secondo quell’andirivieni a mo’ di circolo che è la cifra autentica di ogni procedimento ermeneutico.357

Nel documento I reati "fuori dei casi di concorso" (pagine 131-135)

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