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Il funzionamento secondo la specialità in concreto – Inizia allora a

Nel documento I reati "fuori dei casi di concorso" (pagine 87-91)

La complicità “fuori dei casi di concorso”

IV. Il funzionamento secondo la specialità in concreto – Inizia allora a

profilarsi la specifica modalità di funzionamento del modello di complicità qui prospettato.

Le ipotesi di partecipazione oggetto del nostro studio operano secondo lo schema della specialità in concreto223.

(i) Ciò significa, anzitutto, che un comportamento possa ricevere la legitti- ma qualifica penalistica di complicità, solo quando si presenti effettivamente ri-

222 Cfr., per tutti, ancora D. PULITANÒ, Il favoreggiamento personale, p. 137 e P. PISA, voce Favoreggia-

mento personale e reale, cit., p. 164.

223 Sulla “specialità in concreto”, nel contesto tematico della successione di leggi nel tempo, cfr. G.

FIANDACA, E. MUSCO, Diritto penale. Parte Generale, III ed., Zanichelli, Bologna 1995, p. 78, nota n. 89;

vestito delle speciali modalità pratiche postulate dalle indicate previsioni norma- tive. Si potrà ragionevolmente definire condotta partecipativa, quindi, non già qualsiasi agevolazione minore del fatto delittuoso altrui, bensì soltanto quell’aiu- to, comunque marginale, comunque non decisivo e di efficienza causale non cer- to preponderante, che sia tuttavia connotato da una specifica direzione tipica224:

quella dell’assicurazione dell’impunità o del prodotto/profitto/prezzo del reato commesso.225

Affiora così la cifra autentica della “concretezza”: le ipotesi accessorie pos- siedono sia una sfera di vigenza ed operatività autonoma, che si traduce nel repri- mere condotte di ausilio prive di influsso causale rispetto al Vortat, perché, an- corché prestate nel corso della consumazione, dirette più alla sua cessazione che alla sua protrazione e rafforzamento226; sia un ambito applicativo adesivo all’ipo-

tesi concorsuale, che si concreta, al contrario, quando l’aiuto figuri come estrin- secazione modale di un impulso efficace in vista, quantomeno, del mantenimento della situazione antigiuridica presupposta.227

(ii) In secondo luogo, come s’è cercato di spiegare in precedenza, le fatti- specie del favoreggiamento, della ricettazione e del riciclaggio potranno effetti- vamente fungere da previsioni sulla partecipazione criminosa, per quelle sole condotte che siano cronologicamente situate dopo il perfezionamento del tentati- vo del delitto base, ma prima della sua ultimazione.

La consumazione materiale è infatti l’autentico limite temporale oltre il quale tali ipotesi criminose guadagnano la massima, ancorché mai completa, au- tonomia.

224 Costruisce una tipicità speciale del favoreggiamento, rispetto al «dispiegarsi organizzato dei

contributi», G. INSOLERA, Problemi di struttura del concorso di persone nel reato, cit., p. 137.

225 Sulla specifica direzione modale del favoreggiamento, cfr. D. PULITANÒ, Il favoreggiamento personale,

cit., p. 70 e 114; nonché M. ZANOTTI, Studi in tema di favoreggiamento personale, cit., p. 86 e ss., che però

parla di direzione lesiva.

226 Gli esempi, oramai di scuola, sono quelli dell’auto messa a disposizione per la fuga dei sequestratori

senza l’ostaggio o del lancio della droga fuori dal finestrino della vettura in corsa, durante l’inseguimento.

227 Né vale obiettare che una medesima cornice di pena per condotte con influsso causale tanto asimmetri-

co concreterebbe irragionevole disparità di trattamento: un ruolo marginale come favoreggiatore accesso- rio può ben essere meno meritevole di pena, nell’ottica della lesione del bene giuridico del reato base, che una sensibile e rilevante attività post patratum crimen, nell’ottica della frustrazione delle indagini.

(iii) Inoltre, nonostante l’appurata corrispondenza dei tratti fattuali della condotta alla sua descrizione legale tipica contenuta nella fattispecie accessoria, il giudice dovrà comunque rinunziare ad applicare quest’ultima tutte le volte in cui il suo utilizzo equitativo, in termini di mitigazione della risposta sanzionato- ria, sia concretamente impedito dalla maggiore entità della risultante di pena ri- spetto a quella calcolabile servendosi del modello concorsuale.

(iv) Infine, occorrerà che il delitto base risulti effettivamente commesso, se non dal soggetto aiutato, come peraltro si verificherà nella stragrande maggioran- za dei casi, da parte di altri, a cui vantaggio, comunque, si riverberi l’aiuto presta- to.

Volendo sintetizzare le conclusioni raggiunte, ricorrendo ad un annoso e tormentato caso di scuola, potrebbe dirsi: il “palo” è un favoreggiatore.228

È infatti, in primo luogo, indiscutibile la sua incidenza casuale agevolatrice sul corso dell’impresa criminosa plurisoggettiva: non si tratta della mera presenza sul luogo del fatto, pure ritenuta punibile in giurisprudenza, bensì di una presenza attiva. La relativa condotta, inoltre, si estende normalmente ben oltre la soglia cronologica del tentativo dell’illecito plurisoggettivo. Ma la specifica direzione modale della stessa, rivolta all’assicurazione dell’impunità dei compartecipi229,

non può confondersi con quella del comune concorrente, a meno di non assecon- dare la logica simbolica e indifferenziata dell’art. 110. Infine, la cornice edittale

228 La massima attenzione meritano, a proposito, le parole di G. INSOLERA, Problemi di struttura del con-

corso di persone nel reato, cit., p. 87, nota n. 88: «In tal senso la condotta del palo si connota come una

forma di favoreggiamento anticipato, quasi un’immagine speculare di quell’ipotesi di concursus subse-

quens, in cui affonda le radici il delitto previsto dall’art. 378 c.p. / Ci sembra inoltre che in questa pro-

spettiva anche quella forma di partecipazione acquisti una, se pur ridotta, veste di autonomia, con un pro- cedimento analogo a quello vissuto dalla fattispecie di favoreggiamento». Cfr. anche M. DONINI, La parte-

cipazione al reato, cit., p. 216, nota 103 (sul favoreggiamento anticipato) e p. 218, che invece riconduce

la figura del “palo” all’aggravante dell’art. 61 n. 5 (c.d. minorata difesa), secondo il proprio assunto circa una funzione tipizzante delle ipotesi circostanziali (c.d. partecipazione circostanziale).

229 Ovviamente, l’applicabilità dell’art. 384 c.p. resterebbe confinata alle ipotesi di favoreggiamento auto-

nomo: è di agevole comprensione, infatti, che la scelta consapevole di partecipare al reato non possa dirsi in alcun modo “costretta dalla necessità di salvare sé medesimi o un prossimo congiunto da un grave ed inevitabile nocumento nella libertà o nell’onore”.

dell’art. 378 c.p. si presta perfettamente ad adeguare la sanzione alla marginalità dell’apporto – sia in termini di disvalore d’evento che in termini di disvalore d’a- zione – oltre i limiti di una mera commisurazione della pena (art. 114 c.p.).

Quel che ne risulta, ne siamo consapevoli, è un modello di partecipazione al reato che certo non svetta nei “cieli” della dommatica, un modello teorico “debo- le”, quindi, buono non già per ogni occasione, ma attento al caso concreto, alla reale vicenda esistenziale di persone concrete, figlio – oseremmo dire – della co- struzione separata delle fattispecie, il cui più nobile insegnamento, forse, è pro- prio questo: di non far prevalere la bellezza del sistema sulle vite degli individui, di non elaborare dal reato un ente valido ubiquitariamente ed immune da censure logiche, ma dimentico di fondamentali princìpi di giustizia.

Senza dubbio, tra questi v’è pure il principio di legalità; ma non sia dica che quello da noi proposto sia un metodo eretico, che invertirebbe i rapporti di sogge- zione fra legge e giudice. La legge, infatti, dev’essere interpretata e non pare vi sia guida migliore, nel percorso ermeneutico-giuridico, che la Carta fondamenta- le. Sicché il giusto sentiero che ci è sembrato di imboccare fu quello di ricercare n e l l a legge le ragioni dell’equità, contemperando le pretese di questa con i vincoli letterali di quella, di guisa che la risposta del sistema alla provocazione del cittadino appaia ferma, ma al tempo stesso duttile, dialogica ed attenta alla vi- cenda umana sottesa a qualsiasi “caso” giudiziario.

In fondo, da un canto, l’espediente della specialità in concreto è stato utiliz- zato per scopi assai meno nobili di quelli qui perseguiti230 e, dall’altro, in dottrina

si ammette già da tempo considerevole che dell’impresa criminale collettiva i partecipi possano rispondere anche a diverso titolo231.

Favorevoli indicazioni provengono, poi, dallo stesso dato letterale: è forse irrilevante che la legge, nella locuzione da cui prende il nome la presente ricerca, parli di “c a s i ” di concorso?

230 Segnatamente, per attribuire rilevanza a posteriori ad aspetti del fatto diversi da quelli presi in conside-

razione dalla precedente legge, affermando così la successione, in violazione del divieto di retroattività: cfr. G. FIANDACA, E. MUSCO, Diritto penale. Parte Generale, cit., p. 78.

§ 8. Il significato della clausola di riserva.

La precisazione del senso dell’espressione “fuori dei casi di concorso”, di cui ci occuperemo in quest’ultimo paragrafo, richiede di indagare la ragione del- l’esenzione da pena a titolo di favoreggiamento, ricettazione e riciclaggio per il concorrente nel previo delitto.

Solo successivamente a tale studio, potrà infatti chiarirsi il motivo per cui il legislatore avvertì la necessità di inserire nel disposto di tali incriminazioni un si- mile inciso, da più parti ritenuto pleonastico.232

Nel documento I reati "fuori dei casi di concorso" (pagine 87-91)

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