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Teoria del (rapporto di) significato delittuoso – Claus R OXIN , che fra

Nel documento I reati "fuori dei casi di concorso" (pagine 107-109)

La complicità mediante azioni “quotidiane”

IV. Teoria del (rapporto di) significato delittuoso – Claus R OXIN , che fra

i primi ha segnalato il deprecabile oblio in cui il tema delle azioni quotidiane era caduto dopo il suo splendore welzeliano, pone in primo piano una fondamentale partizione a seconda che l’agevolatore agisca con dolo diretto (der Beitragende kennt den Deliktsentschluß des Täters) o piuttosto con dolo eventuale (der Bei- tragende rechnet lediglich mit einem deliktischen Verhalten des Täters).270

Immediatamente dopo, nell’ambito della prima ipotesi, formula il proprio basilare criterio di riconoscimento della complicità punibile: l’azione accessoria di sostegno deve rivestire un chiaro significato delittuoso per l’autore (einen ein- deutigen “deliktischen Sinnbezug” für den Täter) e ciò avviene quando l’agevo- lazione acquisisce valore soltanto alle condizioni della realizzazione del piano criminale. Ad esempio: se il tassista sa che la corsa è finalizzata unicamente alla fuga o a raggiungere il luogo del programmato delitto, allora la complicità deve ritenersi sussistente, perché l’attività del trasportatore, nel caso di specie, non ri- veste altro significato che quello criminale, non è cioè utile in sé, ma serve solo scopi illeciti. Al contrario, la fornitura di materia prima all’industriale che, nel re- lativo processo di lavorazione, viola abitualmente la normativa penale sulla pro- tezione dell’ambiente, ha valore anche in sé, a prescindere dall’utilizzo che ne

268 L’esempio è oggetto del citato studio di C. BAUMGARTE. 269 Ancora C. BAUMGARTE, op. cit., p. 47.

270 ID., Was ist Beihilfe?, in Festschrift für Koichi Miyazawa, Nomos, Baden-Baden 1995, pp. 501-517, a

pag. 513. Si veda anche ID., Strafrecht. Allgemeiner Teil. II, cit., pp. 206 e ss., dove ROXIN discute più ap-

sarà fatto, sicché nemmeno la consapevolezza di tale prassi nuoce al fornitore sino al punto di poterlo ritenere concorrente nel reato. Lo stesso vale per le com- messe inoltrate all’artigiano, noto evasore delle imposte.

Viene quindi citata, a suffragio della tesi proposta, la decisione della Corte di Cassazione svizzera, recante data 13.10.1993, con la quale è stata confermata la condanna di alcuni grossisti africani di carne d’antilope, i quali l’avevano ven- duta sotto l’appropriato marchio a dei rivenditori, che a loro volta l’avrebbero di- chiaratamente diffusa sul mercato con il marchio fasullo di “carne di selvaggina europea”. Ora: poiché lo smercio del prodotto avrebbe potuto essere redditizio e conveniente per ambedue le parti alla sola condizione del mutamento truffaldino dell’etichetta e la fornitura, in definitiva, senza l’azione di penale rilievo, sarebbe rimasta priva di qualsivoglia significato ed utilità, la corte ha ritenuto la vendita all’ingrosso punibile come Beihilfe nella frode al mercato.

Quando il presunto complice, di converso, non abbia certezza dell’utilizzo delittuoso del proprio contributo, ma ne tenga semplicemente conto come una delle possibili alternative, allora la rilevanza penale dello stesso è nella generalità dei casi da escludere, in base al principio di affidamento271. Soltanto qualora l’e-

ventualità del delitto si prospetti, secondo le circostanze del caso, assai probabile e concreta272, superando la soglia di un’astratta possibilità, potrebbe invece for-

mularsi un giudizio di rilevanza penale. Altrimenti si permarrebbe nell’ambito di un rischio consentito.

Ora, il qui esposto criterio del significato delittuoso dell’azione agevolatrice sembrerebbe, di primo acchito, muoversi nel campo della semantica.273 Resta tut-

tavia, in fondo, un criterio soggettivo, se è vero che lo stesso suo insigne e princi-

271 Qui, dunque il Vetraunsgrundsatz è utilizzato, in maniera per molti versi stravagante, per segnare il

confine tra concorso con dolo eventuale e con dolo diretto. Cfr., sul tema, M. MANTOVANI, Il principio di

affidamento nella teoria del reato colposo, Giuffrè, Milano 1997, pp. 165-170, il quale, pur occupandosi

della questione in senso più tradizionale, vale a dire studiando il concorso colposo nell’altrui reato doloso, ravvisa comunque una legittima aspettativa dell’ordinamento all’osservanza di tutti i precetti penali, an- che di quelli puniti secondo l’intenzione.

272 In particolare, quando la condotta si presenti, secondo le circostanze fattuali di contorno, dotata di una

riconoscibile inclinazione al fatto illecito (erkennbare Tatgeneigtheit): spiega il concetto, L. CORNACCHIA,

Concorso di colpe, cit., p. 297.

273 Si v. infatti il giudzio di L. CORNACCHIA: «L’orientamento sembra inoltre sintomatico di una certa atten-

zione (pur pregna di pregiudizi indimostrati) al significato sociale riconosciuto alle diverse attività uma- ne» (ivi, p. 301).

pale sostenitore afferma a chiare lettere che nessuna azione è neutrale o quotidia- na “in sé”, ma che acquisisce senso unicamente a seconda del diverso scopo cui è diretta.274 Si rimane allora, anche in questo caso, nel grande orizzonte del finali-

smo, ancorché si tenti di ancorare la valutazione della direzionalità intrinseca del- la condotta a dati il più possibile oggettivi, come la sua utilità sociale ed econo- mica.

§ 12. Teorie oggettive materiali.

Un simile tentativo è pure all’origine delle concezioni che, fondate su un concetto materiale di antigiuridicità e su di un approccio giusfilosofico di tipo co- gnitivistico, hanno creduto, nel corso dei decenni, di poter porre rimedio alla va- ghezza o alla vetustà del dettato legislativo mediante l’utilizzo di parametri di giudizio extralegali, fossero essi ontologici o valoriali, comunque ritenuti merite- voli del sigillo dell’oggettività.

L’impiego di criteri di tal fatta venne considerato, dai fautori di un simile modus procedendi, come la migliore risposta all’indeterminatezza delle teorie soggettive, che, denunciata con sempre maggiore frequenza anche nell’applica- zione giurisprudenziale, ne aveva lentamente determinato l’inesorabile declino.

Tuttavia, per una sorta di contrappasso storico, fu proprio il difetto di cer- tezza, insieme alla violazione di princìpi più squisitamente penalistici, il principa- le argomento brandito dalla successiva dottrina contro le teorie “oggettive” mate- riali.

Nel documento I reati "fuori dei casi di concorso" (pagine 107-109)

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