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APRILE: IL PROGRAMMA DEL NUOVO CORSO

Il Programma d'Azione fu presentato il 10 aprile. Il risultato di tre mesi di lavoro del gruppo guidato da Zdeněk Mlynář fu sicuramente un compromesso tra le intenzioni democratiche degli esponenti più liberali del Comitato Centrale, e la fazione conservatrice supportata dalle sempre più evidenti pressioni sovietiche; nonostante questo il documento si proponeva di riformare “l'intero sistema politico”, per “consentire uno sviluppo dinamico della società socialista ed il contemporaneo affermarsi di larghe forme di democrazia91”. Dubček presentò la base programmatica del nuovo corso con un

lungo, entusiastico discorso. Il segretario del Partito sapeva di avere alle spalle un largo consenso del popolo cecoslovacco; in prima istanza difese la libertà d'opinione nel Paese:

La libertà di parola è una premessa molto importante per l'espressione democratica delle opinioni e degli interessi. Opinioni e interessi si scontreranno necessariamente tra loro, ed a volte anche con la realtà di tutta la società. La garanzia istituzionale di una obiettiva valutazione e soluzione dei contrasti è dunque un'esigenza che dobbiamo concretizzare e codificare. Tutto questo però non avrebbe senso se i problemi, una volta posti sul tappeto, non fossero risolti, se la discussione restasse perennemente discussione, impedendo la realizzazione degli obiettivi nella edificazione sociale in generale e in quella economica in particolare, se l'attività sociale non sfociasse alla fine in un'attività economica, produttiva. La ricchezza del pensiero si deve concretizzare nell'aumento del patrimonio culturale ed economico. Sarà sempre un lavoro onesto, deciso e coraggioso che ci porterà in avanti.92

Il tema posto da Dubček era centrale: la libertà di opinione e la partecipazione dei cittadini. Il Programma d'Azione restava circoscritto alla libertà di parola, alla necessità di fornire in breve tempo le dovute garanzie legislative; riconosceva la differenza degli interessi tra le componenti della società; ma non prevedeva una rappresentanza politica per questi gruppi in sede legislativa. I riformatori comunisti cecoslovacchi si erano prefissi un obiettivo niente affatto semplice: allargare la base decisionale anche ai non comunisti tramite maggiore discussione con i vari gruppi di interesse, discussione catalizzata dal Fronte Nazionale. Il Fronte era nato tra il '45 ed il '48 come unione dei Partiti socialisti e nei vent'anni successivi, pur non essendo stato abolito, aveva del tutto

91 Estratti dal programma di azione del Partito Comunista Cecoslovacco, in Dubček, Alexander, Il nuovo

corso in Cecoslovacchia, traduzione di Lorenzo Del Giudice, Editori Riuniti, 1968.

perso il peso politico. Nelle intenzioni di Dubček, Mlynář e gli altri riformatori, il Fronte doveva divenire un organo consultivo, evitando però di far scivolare l'organizzazione politica della società cecoslovacca in una democrazia rappresentativa di tipo occidentale93. Su questo punto il Programma insisteva con chiarezza: il Partito Comunista

manteneva il suo ruolo di unica guida della democrazia socialista.

Nonostante le precauzioni prese dai dirigenti il documento non riusciva su questo punto ad accontentare i conservatori, che temevano la perdita di potere del Partito; d'altra parte non accontentava neppure una grossa parte della popolazione e degli ambienti culturali e giovanili; i quali, nelle settimane di marzo si erano spinti anche oltre nelle rivendicazioni di maggior libertà.

Esempi importanti furono la creazione di due movimenti, il Klub 131 ed il KAN. Il 31 marzo su un'isola sulla Moldava (il fiume che attraversa Praga), oltre tremila ex detenuti per reati politici diedero vita al club che ricordava con il numero 131 l'articolo del codice penale per il quale erano stati in precedenza arrestati e condannati; in maggioranza erano stati attivi in partiti non comunisti sino al 1948 e questo era stato il loro “crimine”. Un grosso striscione dietro il palco reclamava “Che non succeda mai più!”, e il gruppo auspicò maggiore potere per i non comunisti94. Sulla stessa linea di maggior libertà si

mosse il KAN, ovvero il club dei senza Partito95, fondato il 5 aprile da 150 intellettuali

cecoslovacchi. Sulla possibilità di un sistema politico con una reale opposizione si levarono molte voci, una di queste fu quella di Vacláv Havel (il futuro Presidente della Repubblica quando, due decenni più tardi, il sistema comunista filo-sovietico collassò). Havel scrisse un articolo sulle pagine del Literární Listy, il nuovo giornale dell'Unione degli Scrittori che divenne una tribuna eccezionale del dibattito politico nel paese96, in cui

auspicava un sistema bipartitico con un opposizione socialdemocratica al Partito Comunista97. Gli esponenti del Partito chiudevano ovviamente la porta a queste richieste,

93 Clementi, Mario, La primavera di Praga, in Guida, Francesco (a cura di), Era sbocciata la libertà? A

quarant'anni dalla Primavera di Praga, op. cit.

94 Schwartz, Harry, Prague's 200 days, op. cit.

95 In ceco l'acronimo KAN sta per Klub Angazovanych Nestraniku, alla lettera appunto “club degli impegnati senza Partito”.

96 Durante la primavera il giornale (settimanale) arrivò ad una tiratura di circa 300.000 copie (fonte: Guida, Francesco (a cura di), Era sbocciata la libertà? A quarant'anni dalla Primavera di Praga, op. cit.). In un paese di 14 milioni di abitanti il dato è incredibilmente alto; per fare un parallelo con i giornali italiani odierni, rapportati agli abitanti (60 milioni), la tiratura era equivalente a quella de Il Corriere della sera, La Repubblica, Il Sole 24 Ore e La Stampa messi insieme (ovvero dei primi quattro quotidiani nazionali per tiratura, esclusi i quotidiani sportivi).

97 Per questo stesso articolo al seguito della “normalizzazione” filo-sovietica Havel fu accusato di essere un controrivoluzionario e fu allontanato dal suo mestiere di scrittore e sceneggiatore di teatro; per diversi anni fu costretto a lavorare come operaio in un birrificio.

ma è evidente come la loro esplicitazione pubblica fosse già un fatto anomalo tra gli Stati del Patto di Varsavia.

Il Programma d'Azione prevedeva una divisione del potere, per troppo tempo accentrato nelle mani di pochi (in questo caso il documento cita pubblicamente il nome del compagno Antonín Novotný, che svolgeva “una funzione assolutamente sproporzionata, ossia al di là dei suoi compiti specifici”98) e per troppo tempo basato su una concezione

Praga-centrica. Fu annunciata la federazione tra le due nazioni, quella ceca e quella slovacca, e nel piano furono promesse garanzie per le altre nazionalità presenti sul territorio (tedeschi, ungheresi, polacchi). Oltre alla divisione in due organi nazionali di pari diritti, essenzialmente una divisione orizzontale del potere, Dubček ed i suoi tentarono una rimodulazione dei rapporti verticali, ovvero i rapporti dalla leadership (di Partito e di Stato) verso i cittadini: furono promosse le associazioni (ovviamente non partitiche), fu data ai contadini, organizzati in cooperative, pari dignità degli operai, e fiorirono metodi di democrazia diretta quali i consigli di fabbrica. Dubček insistette molto sulle riforme “dal basso”, come ebbe a dire più volte nel suo discorso di aprile, secondo una “più piena attuazione dei principi fondamentali della teoria marxista- leninista”:

Solo insieme al popolo arriveremo più vicino alla verità, troveremo le soluzioni più giuste,solo col popolo noi potremo agire, cambiare, ottenere qualcosa. Questo fondamentale principio dell'attività politica il partito potrà realizzarlo bene solo se lo applicherà in tutte le sue istanze, in tutti i vari settori – dalla produzione alla cultura, all'amministrazione statale. Questo metodo di direzione politica è più difficile, più complesso, ma è anche l'unico giusto.99

La comprensione della realtà attraverso il decentramento delle scelte era un punto focale della riforma, il quale faceva combaciare il tema politico con quello economico. La riforma voluta da Ota Šik si basava sulla critica della pianificazione centralizzata caratteristica del modello sovietico; essa era, secondo l'economista, la prima causa del fallimento del modello e della crisi economica in cui la Cecoslovacchia ormai ristagnava dagli inizi degli anni sessanta. Nel nuovo corso bisognava al contrario favorire i consigli operai e la gestione diretta dei collettivi di lavoratori quali momenti fondamentali del processo democratico. Per Šik l'autogestione era l'unico metodo per evitare il fallimento dell'economia centralizzata e raggiungere i reali bisogni dei consumatori; a suo dire

98 Dubček, Alexander, Il nuovo corso in Cecoslovacchia, op. cit. 99 Ibidem, cit. pagg. 15-16.

“una produzione industriale altamente sviluppata non può venir pianificata nemmeno con i computer più moderni: una pianificazione concreta non è più possibile.”100

Il programma d'azione proseguiva dunque l'esperimento dell'economia cecoslovacca, che mirava essenzialmente a tre obiettivi:

1. sostituire alla priorità scelte dal sistema centralizzato la sovranità dei

consumatori, secondo un sistema di prezzi non più fisso ma con delle possibili variazioni secondo logiche di domanda ed offerta;

2. rendere efficace una proporzionalità dei compensi in basa alla produttività;

3. maggiore autonomia alle imprese, a cominciare dalla scelta dei propri lavoratori,

libera dalle nomine di Partito101.

Il tutto doveva attuarsi restando in un regime socialista: in poche parole, Šik era favorevole alle libere relazioni di mercato, ma non alla appropriazione del capitale da parte di privati. L'unica eccezione era data dalla piccola o piccolissima imprenditoria, piccole botteghe ed artigiani, verso cui il nuovo corso aveva promesso delle liberalizzazioni. Il grosso del sistema produttivo doveva però restare nelle mani dello Stato102. Ma il cambiamento era più che bastante a creare sospetti a Mosca per un ritorno

al capitalismo103.

Il piano economico, così come la libertà di opinione, era sviluppato con continue sottolineature a proposito dell'indomita fede comunista dei suoi attuatori, ma

100 Bini, Piero e Anelli, Veronica, Ota Šik e la riforma economica della Primavera di Praga, in Guida, Francesco (a cura di), Era sbocciata la libertà? A quarant'anni dalla Primavera di Praga, op. cit., citazione pag. 70.

101 Ibidem.

102 L'effettiva realizzabilità del modello ideato da Ota Šik è stata oggetto di discussione tra gli economisti, dato che la sua applicazione pratica fu stroncata dall'intervento delle truppe del Patto di Varsavia nell'agosto 1968; tuttavia, per citare l'opera di sintesi compiuta da Bini e Anelli in Ota Šik e la riforma

economica della Primavera di Praga, in Guida, Francesco (a cura di), Era sbocciata la libertà? A quarant'anni dalla Primavera di Praga, op. cit., il modello presentava evidenti caratteristiche di

instabilità, soprattutto per la contraddizione tra il richiamo agli interessi privati ed i vincoli istituzionali di proprietà. Tale contraddizione sarebbe potuta cadere per la forza degli interessi liberali e quindi per il riaffidarsi a logiche capitalistiche oppure rimanere bloccata in un modello statico in cui i vantaggi del mercato sarebbero stati soffocati dalla mancanza di iniziativa. Non vi sono state altre politiche simili tali da poter fare dei paragoni: le idee di Šik rimangono dunque sotto la coltre degli esperimenti del

Nuovo Corso della segreteria di Alexander Dubček.

103 Dubcek riporta nelle sue memorie una conversazione telefonica con Brežnev proprio sulle piccole attività imprenditoriali che il nuovo corso aveva intenzione di liberalizzare: Brežnev portò le sue

accuse direttamente durante una delle nostre conversazioni di aprile. Ho risposto che avevamo bisogno di un settore privato per migliorare la situazione del mercato e rendere più facile la vita del popolo. Brežnev ribatté “Piccoli artigiani? Sappiamo cosa significa! Anche il vostro signor Bata era un piccolo artigiano, e poi ha costruito una fabbrica!” Era il vecchio adagio Leninista sulla piccola produzione privata che creava il capitalismo “ogni giorno ed ogni ora”. Non c'è niente che uno possa fare per cambiare la dogmatica paranoia sovietica. Mia traduzione da Dubček, Alexander, Hope dies last, op.

evidentemente ciò non poteva convincere i sovietici ed i “Partiti fratelli” a sottovalutare il pericolo di tali cambiamenti.

Mentre la Pravda di Mosca citava in maniera breve ed approssimativa la pubblicazione del Programma104, l'11 aprile Brežnev inviò una lettera a Dubček, con l'ufficiosa

intestazione “Caro Alexander Stepanovič...”. Il patronimico, di uso in Russia ma non in Slovacchia, era insieme un richiamo di vicinanza ed un ammonimento di appartenenza ad un determinato scacchiere geopolitico facente capo agli interessi sovietici.

Nella lettera il leader sovietico comunicò la sua disapprovazione con la linea adottata dal PCCS. Brežnev volle dare un tono fraterno alla lettera, usando il tu al posto del voi, descrivendo se stesso come reduce da una notte insonne, gravata dai pensieri sul futuro del socialismo in Europa e nel mondo. Evitando di dare ordini precisi, si limitò ad avvisare il compagno Alexander che “il destino del Partito e dello Stato sono ormai direttamente connessi con le tue azioni e le tue personali responsabilità”105.

Per il momento Dubček decise di non rispondere, né di richiamare in un modo preciso gli esponenti più liberali tra i suoi collaboratori; come con gli ammonimenti di Dresda, egli voleva ancora mantenere offuscate le critiche di Mosca.

Ad aprile la Cecoslovacchia rinnovò inoltre il proprio governo, a seguito del valzer di poltrone di marzo e l'elezione del nuovo Presidente. Ovviamente il nuovo consiglio dei ministri fu a maggioranza vicino a Dubček, e come nuovo Primo Ministro fu eletto Oldřich Černík. Altre nomine importanti furono l'elezione nel Presidium del Partito di Josef Smrkovsky, Josef Spaček e František Kriegel, come esponenti dell'ala più liberale del nuovo corso. Smrkovsky ebbe inoltre la carica di Presidente dell'Assemblea Nazionale, mentre Kriegel divenne il segretario del Fronte Nazionale106. Altri esponenti

liberali occuparono posizioni di potere: Josef Boruvka divenne Ministro dell'Agricoltura, Josef Pavel, un riabilitato, ebbe il Ministero degli Interni107.

Il nuovo gruppo dirigente prese dunque diversi ruoli chiave nella gestione del Partito e dello Stato, ed i riformatori decisero di spingersi ancora oltre per avere una base decisionale ancora più ampia: fu annunciata la preparazione di un nuovo Congresso del

104 Schwartz, Harry, Prague's 200 days, op. cit.

105 Citazione della lettera riportata in Williams, Kieran, The Prague Spring and its aftermath:

Czechoslovak politics, 1968-1970, op. cit., pag. 76

106 Schwartz, Harry, Prague's 200 days, op. cit.

107 Il grande movimento di riforma ebbe anche degli effetti drammatici: nel mese di aprile vi furono diversi suicidi da parte di persone che avevano occupato posizioni di potere negli anni bui della segreteria di Novotný. Il dottor Josef Sommer, ad esempio, era stato a capo delle torture nella prigione per detenuti politici di Ruzynĕ, e tra le sue vittime vi fu Josef Pavel; all'elezione di questi Ministro degli Interni, Sommer decise di impiccarsi. Schwartz, Harry, Prague's 200 days, op. cit.

PCCS, che avrebbe eletto i nuovi delegati all'Assemblea Nazionale.

Nella seconda metà di aprile la tensione tra cecoslovacchi e sovietici cominciò a salire, a causa di diverse inchieste giornalistiche della libera stampa cecoslovacca. Ci fu una campagna per riscoprire la verità sulla morte di Jan Masaryk, figlio del primo Presidente cecoslovacco e Ministro del governo di Gottwald fino al febbraio '48, quando dopo il golpe comunista Masaryk fu trovato morto: le tesi ufficiali enunciarono il suicidio. La procura di Praga riaprì il caso, mentre le speculazioni giornalistiche affidavano la responsabilità a Berija o direttamente a Stalin. A fine aprile nuova benzina sul fuoco fu gettata da Karol Bacilek, comunista slovacco conservatore, che rivelò come l'intero, falsificato, processo Slánský fu ordinato dal Cremlino e da Stalin in persona108.

Dalla stampa sovietica non vi furono risposte, ma la situazione a Mosca era evidentemente problematica. Per Brežnev, qualunque assicurazione che il gruppo di Dubček gli aveva rivolto durante gli incontri di Dresda dovette sembrare definitivamente inadatta: parte della popolazione cecoslovacca stava divenendo dichiaratamente ostile ai sovietici, e Praga non riusciva a bloccare tale deriva.