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MAGGIO: LA FESTA DEI LAVORATOR

Jiří Pelikan, a capo della televisione cecoslovacca dal 1963, così ricordava, anni dopo, la festa dei lavoratori del '68:

La sfilata del primo maggio si trasformò in una spontanea manifestazione di entusiastico appoggio al gruppo di Dubček. Quel corteo riprendeva calore e significato, mentre negli anni precedenti si era degradato sino a diventare una scialba consuetudine, cui la gente partecipava solo per essere notata, nella scuola o nel luogo di lavoro. Invece, il primo maggio 1968 un vero fiume umano sfilò davanti ai dirigenti visibilmente commossi, e anch'io, guardando la folla entusiasta, pensavo che, nonostante gli errori e le ingiustizie da noi commessi, avevamo avuto ragione ad avanzare sulla nuova via, perché ora stavamo per riabilitare l'ideale della nostra giovinezza.109

La grande parata di maggio è stata raccontata da vari autori come un'enorme e felice dimostrazione di supporto popolare per i riformatori110, tuttavia nella grande festa della

capitale non mancarono dimostrazioni che crearono qualche problema (e qualche imbarazzo) per il Partito Comunista. Apparvero ad esempio delle bandiere americane ed israeliane (come già accennato raccontando gli eventi del 1967, all'epoca molti cecoslovacchi sentivano vicina la causa di Israele contro gli Stati arabi, mentre la linea ufficiale del Partito – dettata da Mosca all'intera orbita sovietica – era nettamente ostile al governo di Tel Aviv), e sfilarono membri dei già citati KAN e K231, che vedevano aumentare i propri sostenitori. Un gruppo portò con sé uno striscione a favore della Macedonia come parte della Jugoslavia; il territorio macedone, effettivamente all'interno della federazione jugoslava, era da tempo al centro di contrasti con la Bulgaria che non voleva riconoscere l'autorità di Belgrado111: di qui le vibranti proteste dell'ambasciatore

bulgaro a Praga112. A tarda sera un altro Stato socialista, la Polonia, si lamentava della

mancanza di controllo del Partito Cecoslovacco sulla manifestazione: il motivo della protesta fu un sit-in di circa trecento studenti cechi davanti a i cancelli dell'ambasciata polacca, i quali esprimevano indignazione verso la condotta antisemitica del Partito di

109 Pelikan, Jiří, Il fuoco di Praga, op. cit., pag. 172.

110 “Gioiosa, spontanea, informale e rilassata” è la descrizione data in proposito da Harry Schwartz in

Prague's 200 days, op. cit.

111 La Macedonia è stata a lungo rivendicata dalla Bulgaria come territorio ad essa appartenente; durante la seconda guerra mondiale Sofia tentò l'annessione, senza riuscirvi; dagli anni cinquanta la Bulgaria decise di fomentare i movimenti nazionalistici ed indipendentisti di Skopje, entrando apertamente in contrasto con Tito.

Gomulka e le violenze contro gli studenti che si andavano perpetrando sempre più frequentemente a Varsavia negli ultimi mesi.

In Polonia infatti era in atto già dall'estate del 1967 una propaganda antisemitica proveniente da alte cariche del PZPR113, il Partito Comunista polacco. Sull'onda del

sostegno agli Stati Arabi durante terza guerra arabo-israeliana, sostegno voluto da Mosca e proclamato dall'intero blocco sovietico, alcuni membri del Comitato Centrale a Varsavia decisero di forzare la mano contro presunti movimenti sionisti nel Paese114,

suscitando proteste dal mondo intellettuale polacco. Dal febbraio 1968 inoltre il nuovo corso da poco iniziato in Cecoslovacchia rinvigoriva il dissenso polacco; a seguito di uno spettacolo teatrale interrotto dal Ministero degli Interni poiché controrivoluzionario (in realtà era un dramma ambientato a metà ottocento – ricordiamo che il Congresso di Vienna del 1815 sancì l'occupazione russa dei territori polacchi – che richiamava forti sentimenti anti-russi della popolazione) un lungo corteo di studenti universitari intonava lo slogan “Cala Polska czeka na swego Dubczeka!”, ovvero “Anche tutta la Polonia attende il suo Dubček!”. L'episodio fu il primo segnale d'allarme per i grandi Partiti del Patto di Varsavia sulla problematica diffusione degli ideali democratici cecoslovacchi, e vedremo come tra luglio e agosto salirà l'esasperazione dei Paesi Fratelli per la segreteria di Dubček. Per quanto riguarda la Polonia, le agitazioni studentesche e del mondo culturale proseguirono con coraggio sino a marzo, quando diversi atenei universitari furono occupati (giunsero anche segnali di sostegno da parte degli universitari cecoslovacchi); Gomulka reagì con un diktat rivolto agli studenti ed agli intellettuali ebrei che (a dire del Partito) fomentavano la rivolta: tutti gli ebrei sionisti erano invitati a lasciare il Paese in breve tempo, mentre gli ebrei “buoni polacchi” non avrebbero avuto ritorsioni115. Per gli studenti invece il PZPR inviò la polizia militare (la temuta ZOMO116)

113 Partito Operaio Unificato Polacco, in polacco: Polska Zjednoczona Partia Robotnicza

114 Il portavoce di tale politica fu il Ministro degli Interni Mieczyslaw Moczar; le sue intenzioni diffamatorie verso gli ebrei polacchi servivano ad una battaglia politica interna al Partito: oltre a raccogliere il consenso e l'appoggio degli strati più conservatori del Paese (il quale non era purtroppo nuovo a movimenti diretti contro la minoranza ebraica, anche dopo i rastrellamenti tedeschi della seconda guerra mondiale), non era da sottovalutare il fatto che la moglie di Gomulka, Primo Segretario del Partito e diretto avversario politico di Moczar, fosse anch'ella ebrea. Fonte: Macchia, Antonio, Echi

polacchi della primavera di Praga, in Guida, Francesco (a cura di), Era sbocciata la libertà? A quarant'anni dalla Primavera di Praga, op. cit.

115 Dei circa trenta mila ebrei polacchi, oltre due terzi decisero di lasciare lo Stato; tra questi vi furono alti esponenti della cultura e delle scienze, sicuramente gravi perdite per la società polacca (ad esempio lasciò il Paese anche il sociologo Zygmunt Bauman, all'epoca professore all'Università di Varsavia). 116 Ovvero le “Riserve Motorizzate della Milizia Popolare”, in polacco: Zmotoryzowane Odwody Milicji

a sgomberare gli atenei ed arrestare oltre 2500 studenti.117

Com'era facilmente prevedibile per le logiche politiche sovietiche del tempo non vi furono note di disapprovazione da parte dei Paesi alleati per la repressione delle proteste; ma la nota discorde arrivò proprio dalla “società civile” cecoslovacca, ormai libera di esprimere le proprie opinioni, mettendo anche qui in imbarazzo il governo di Praga118.

La situazione per il Partito Comunista Cecoslovacco peggiorò due giorni dopo, quando il 3 maggio nella storica piazza dell'orologio di Praga, ai piedi della statua di Jan Hus, ci fu una manifestazione con oltre quattromila persone, dichiaratamente “anti-comunista”, in cui la dirigenza veniva ripetutamente attaccata; fu letto il programma del KAN, che aspirava a divenire il fulcro dell'opposizione al Partito. Quella sera stessa Dubček, Černík, Bil'ak e Smrkovsky partirono per un meeting di due giorni a Mosca. Brežnev aveva espresso la volontà di un incontro a due con Dubček già prima della festa del primo maggio, e con il “peggiorare” della situazione il Politburo sovietico aveva deciso di chiamare a Mosca una delegazione rappresentativa del CC cecoslovacco (Brežnev aveva indicato anche il compagno Kolder, conservatore vicino ai sovietici, come lo slovacco Bil'ak; fu Dubček ad insistere per far partire al suo posto Smrkovsky, in quanto presidente del Parlamento, anche se questi era certamente inviso ai massimi dirigenti di Mosca)119. Brežnev espose criticamente gli ultimi avvenimenti cecoslovacchi, tra cui le

manifestazioni contro il Partito e contro i sovietici, e chiese quali contromisure avrebbe adottato il CC di Praga. Dubček rispose con una relazione di due ore in cui tentò di rivedere in maniera meno drammatica il punto di vista sovietico, ma deplorò anch'egli alcune derive controrivoluzionarie manifestatesi nelle ultime settimane, citando espressamente i movimenti come il KAN ed il K231, nonché alcuni articoli del Literární

Listy. Anche Černík e Bil'ak affermarono la presenza di “forze antisocialiste” nel Paese e

Smrkovsky promise che entro un mese il Partito avrebbe risolto la questione.120

Le proposte di Mosca di prendere subito provvedimenti contro determinati personalità della cultura, come Prochazka e Černy non furono però prese in considerazione dai cecoslovacchi, e la mancanza di una scaletta precisa con cui convertire in fatti le

117 La sintesi degli eventi polacchi nei mesi del '68 è ampiamente riportata nel già citato Macchia, Antonio, Echi polacchi della primavera di Praga, in Guida, Francesco (a cura di), Era sbocciata la

libertà? A quarant'anni dalla Primavera di Praga, op. cit.

118 Il governo polacco inviò il 7 maggio delle proteste ufficiali al Ministro degli Affari Esteri Jiří Hajek per l'ingerenza dei cecoslovacchi nelle questioni interne (nella strada per il socialismo) della Polonia; al tempo stesso veementi critiche verso gli elementi antisocialisti in Cecoslovacchia furono riportate dalla stampa polacca di quei giorni. Fonte: Windsor, Philip and Roberts, Adam, Czechoslovakia 1968, op. cit. 119 Williams, Kieran, The Prague Spring and its aftermath: Czechoslovak politics, 1968-1970, op. cit. 120 Ibidem.

promesse fu sottolineata duramente dal Primo Ministro sovietico Kosygin. Dubček tentò ancora una volta di ammansire i toni, affermando che l'unico aiuto di cui la Cecoslovacchia aveva bisogno in quel maggio 1968 era un prestito a lunga durata da parte dei sovietici121.

Al rientro in patria Dubček comunicò alla stampa nazionale del meeting di Mosca, e per la prima volta ammise pubblicamente che i sovietici avevano comunicato delle ansietà rispetto al processo di democratizzazione in atto, riguardo alla possibilità che delle forze controrivoluzionarie potessero utilizzarlo per minare la strada verso il traguardo comunista in Cecoslovacchia. Anche se detto a margine del discorso (Dubček annunciò la riunione come un incontro prettamente sul tema economico, per discutere di un possibile credito di circa 400 milioni di rubli), e contornato dalle sue pronte rassicurazioni, il problema fu posto per la prima volta in evidenza dalla più alta carica del Partito122.

È molto probabile che Dubček ed il suo gruppo dirigente furono evidentemente preoccupati dai movimenti anticomunisti che andavano diffondendosi nel Paese, a cui loro, per fedeltà alla politica del nuovo corso e la fiducia nella libertà di parola, non riuscivano a porre un efficace rimedio. Sullo stesso tema gli esponenti conservatori poterono riprendere forza all'interno del Partito, chiedendo azioni dure e, per così dire, nel “vecchio stile”. Il Plenum del CC del 7 maggio durò per circa ventiquattro ore, e segnò una frenata nel percorso dei riformatori. Lo stesso Smrkovsky, sicuramente sino ad allora tra i più vivaci sostenitori delle politiche liberali, esplicitò i propri timori iniziando con le seguenti parole il proprio intervento: “Come funzionario comunista, non ho assolutamente il desiderio di sperimentare una controrivoluzione nel nostro Paese”123. Fu

ammessa la presenza di forze antisocialiste nel Paese, e qualche delegato si spinse a parlare di complotti e cospirazioni all'interno del Partito stesso. Dubček come suo solito abbassò i toni degli scontri e lasciò fuori dalle possibilità concrete qualsiasi complotto di palazzo; era più probabile ad ogni modo che qualche ingerenza straniera stesse fomentando le “tendenze negative” sorte già in aprile, “rendendo fertile il terreno per l'attività o la formazione di elementi controrivoluzionari124”. Il Comitato Centrale decise

di vigilare sulle deviazioni della stampa (furono incaricati Dubček e Černík di avviare i contatti necessari); fu deciso inoltre di stilare regolamenti più precisi per le responsabilità

121 Ibidem, pag. 77.

122 Schwartz, Harry, Prague's 200 days, op. cit.

123 Williams, Kieran, The Prague Spring and its aftermath: Czechoslovak politics, 1968-1970, op. cit. pag. 79.

di televisione e radio.

Ma altri spigolosi scandali mediatici arrivarono poche ore dopo quello stesso Plenum. Il 9 maggio delle manovre militari nell'Ucraina occidentale, non distante dal confine con i territori slovacchi, misero in allarme la stampa internazionale. Le esercitazioni sovietiche giungevano pochi giorni dopo un articolo della testata parigina Le Monde, in cui veniva riportata una breve informazione secondo cui il Generale Episcev, a capo del Dipartimento Politico dell'esercito sovietico, aveva annunciato che non avrebbe esitato a correre in aiuto delle “forze sane” della Cecoslovacchia qualora queste fossero in pericolo125. L'ambasciata sovietica a Praga si lamentò per la diffusione delle

“provocazioni” de Le Monde da parte della stampa cecoslovacca, ma non comunicò nessuna nota ufficiale per confutare l'articolo. Alla notizia delle esercitazioni del 9, l'attenzione della stampa era rivolta verso una domanda diretta e terribilmente semplice: i

sovietici hanno intenzione di ripetere l'invasione ungherese del '56? Oltre alle testate

occidentali, come l'interesse per gli avvenimenti prestato da Le Monde, le esercitazioni militari furono al centro della stampa polacca e della Germania orientale; la notizia d'altra parte fu data per la prima volta a Varsavia. Bisogna aggiungere che il giorno precedente vi erano stata una conferenza a Mosca cui avevano preso parte i leader del PCUS e delegazioni polacche, tedesche (ovviamente della DDR), ungheresi e bulgare: agli occhi di Praga le manovre militari dovettero parere (ed è probabile che questo fu il loro scopo) un avvertimento da parte dei propri alleati. È da sottolineare inoltre che saranno proprio quei cinque Partiti Comunisti (ovvero i Partiti del Patto di Varsavia senza la Romania) a partecipare all'invasione militare che prenderà luogo nell'agosto successivo. Dell'incontro dei cinque non fu pubblicato nessuno comunicato ufficiale, ma è altamente probabile che la Cecoslovacchia fosse il topic principale (guardando indietro nel tempo, Dubček affermò che fu inevitabilmente in quell'occasione che Mosca esplicitò agli alleati le proprie intenzioni di bloccare con ogni mezzo le riforme cecoslovacche; Brežnev avrebbe definito Dubček come “ormai senza speranza”126), e che Ulbricht e

Gomulka abbiano spinto per contrastare efficacemente i riformisti cecoslovacchi. Oltre alle già descritte difficoltà polacche per gli echi provenienti dalle libere voci dei propri vicini, anche la Repubblica Democratica Tedesca cominciava a porsi in maniera dichiaratamente ostile alla democratizzazione di Dubček. Un segnale (con dei tratti talmente banali da rivelarsi comici) fu un allarme lanciato da Pankow per la presenza di

125 Pelikan, Jiří, Il fuoco di Praga, op. cit.

carri armati e militari americani sul suolo Cecoslovacco; la notizia, che fu presa per buona da parte del Partito tedesco, si rivelò subito essere un falso, o per meglio dire, un errore. Praga difatti ribatté che era ammissibile che fossero stati avvistati dei carri americani nei pressi del confine tedesco, semplicemente perché erano in corso delle riprese per un film sulla seconda guerra mondiale (era difficile credere che i tedeschi non avessero focalizzato la situazione, ma non nacquero accuse precise). La realtà dei fatti tuttavia non dissipò i malumori che erano divampati velocemente nella stampa tedesca; era evidente che il Partito di Ulbricht non avesse aspettato altro che un pretesto per lanciare le sue critiche127.

Cresceva in questo modo il disagio e l'isolamento della società cecoslovacca, stretta tra le critiche sempre più aspre da parte dei propri alleati, mentre al suo interno si crearono delle fratture nel delicato equilibrio tra il riformismo nel Partito ed i desideri della parte di popolazione che premeva per una radicalizzazione dei processi democratici. Stando a sondaggi del tempo, seppure Dubček ed i suoi avessero il pieno appoggio di una larghissima maggioranza nel popolo cecoslovacco, al tempo stesso molti cominciarono ad accusare la leadership del partito di un'eccessiva timidezza nell'applicare le riforme128.

Vi era poi anche una minoranza che accusava Dubček dell'opposto, ovvero di condurre la Cecoslovacchia fuori dal socialismo; queste critiche arrivavano dai luoghi di potere, in una lotta tutta interna al Partito. In questo modo i membri più ortodossi del CC poterono cominciare a serrare i ranghi, creando un piccolo fronte comune che tenterà in seguito di essere la testa di ponte per il colpo di mano sovietico; i membri del Presidium di questo gruppo conservatore erano Bil'ak, Indra e Kolder,

Riferendosi a quei giorni di maggio, Jiří Pelikan racconta un episodio significativo sui tentativi di screditare Dubček da parte dei più conservatori e dei sovietici. Apparvero a Praga molti volantini che denunciavano il Primo Segretario di essere un “antisovietico”, “opportunista”, “revisionista di destra”, “traditore”; il Ministro degli Interni Pavel fece partire un'inchiesta privata per trovare la fonte di quei volantini, ed i risultati portarono alla casa editrice di una rivista (chiamata Problemi della Pace e del Socialismo) con una redazione mista tra il Partito Cecoslovacco e membri del PCUS; fu ordinato a Pelikan di non riportare la vicenda nelle trasmissioni televisive, per evitare un ulteriore scandalo129.

Dubček tentò di placare l'escalation di risentimento contro le pressioni straniere, in un

127 Windsor, Philip and Roberts, Adam, Czechoslovakia 1968, op. cit.

128 Williams, Kieran, The Prague Spring and its aftermath: Czechoslovak politics, 1968-1970, op. cit. 129 Pelikan, Jiří, Il fuoco di Praga, op. cit.

intervento alla riunione delle delegazioni regionali e provinciali del Partito, il 13 maggio, ripetendo che il Paese “non è minacciato da nessun pericolo proveniente da Partito Comunista dell'Unione Sovietica130”; le minacce piuttosto, continuò, sarebbero potute

arrivare dall'indebolimento del socialismo e della democrazia.

Il 17 arrivò in Cecoslovacchia il capo del governo sovietico, Kosygin, ufficialmente per dei giorni di cura nella cittadina termale di Karlovy Vary131. Kosygin, come Dubček,

gettò acqua sul fuoco negando che il Generale Episcev avesse pronunciato frasi intimidatorie nei confronti del nuovo corso cecoslovacco. I sovietici decisero dunque di non insistere sulle pressioni, probabilmente ritenendo “efficaci” i suggerimenti dati al PCCS nelle ultime settimane. Il Primo Ministro russo infatti riferì al suo ritorno a Mosca di un'atmosfera a suo dire più sicura (per gli interessi sovietici) rispetto al periodo tra gli incontri di Dresda ed il summit moscovita dei primi di maggio. Come detto prima infatti il gruppo di Dubček tentò di riportare sotto il controllo del Partito il processo di democratizzazione, mentre si polarizzava l'opposizione conservatrice e filo-sovietica. Kosygin riuscì così a strappare il benestare del Presidium per le esercitazioni militari del Patto di Varsavia sul territorio cecoslovacco, previste per metà giugno.

A fine mese, il Comitato Centrale annunciò che il XIV Congresso del PCCS si sarebbe tenuto nel prossimo settembre. Il Congresso avrebbe eletto i nuovi deputati del Comitato Centrale, e il gruppo dirigente sperava di poter avere una stabilità maggiore per procedere con il proprio Programma d'Azione. La decisione fu presa in comune accordo di tutto il Presidium: è molto probabile che anche la fazione conservatrice, viste le condizioni migliori ed il facile appoggio ottenibile da Mosca, speravano di poter al contrario utilizzare il nuovo Congresso per recuperare le posizioni perse tra gennaio ed aprile132.

130 Williams, Kieran, The Prague Spring and its aftermath: Czechoslovak politics, 1968-1970, op. cit. pag. 80.

131 Windsor, Philip and Roberts, Adam, Czechoslovakia 1968, op. cit. 132 Schwartz, Harry, Prague's 200 days, op. cit.