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HUSÁK E LA DEFINITIVA NORMALIZZAZIONE

CAPITOLO 3. EPILOGO: SETTEMBRE 1968-

3. HUSÁK E LA DEFINITIVA NORMALIZZAZIONE

Prima che Dubček chiedesse al Comitato Centrale di rilevare le proprie funzioni di Primo Segretario, gli alti quadri dirigenti informalmente discussero su chi doveva esserne il successore. Il gruppo che un tempo era più vicino a Dubček, ovvero Černík e Svoboda, temevano una rivalsa degli uomini più filo-sovietici, come Indra o Bil'ak; il candidato naturale per superare il pericolo dei conservatori, seppure osteggiato da Dubček, fu Gustáv Husák. Nonostante Černík fosse la scelta del segretario uscente, fu Husák ad avere l'appoggio unanime – anche dello stesso Černík. Gustáv Husák aveva inoltre avuto un incontro segreto con i sovietici in Ucraina, dove questi avevano deciso di sostenere fortemente la sua candidatura. Nell'aprile 1969 egli divenne dunque il nuovo Primo Segretario del PCCS, carica che detenne sino al 1987.

Sebbene inizialmente riscontrasse i favori dei vecchi riformatori, nonché di una parte di popolazione che sperava egli potesse avere un atteggiamento più deciso di Dubček verso i sovietici, la segreteria di Husák avrebbe portato in brevissimo tempo la Cecoslovacchia ad essere privata delle conquiste precedenti; nel giro di pochi mesi si instaurò un regime che Vacláv Havel ha definito post-totalitario400. Nei primi cento giorni nel suo nuovo

ruolo, Husák tentò di porre a termine tutte le richieste sovietiche, da quelle di Čierna ai Protocolli di Mosca, ovvero restaurazione completa della censura, allontanamento dei dirigenti più osteggiati dai sovietici, e rinforzamento del monopolio del Partito401. Tutti i

dirigenti della radio e della televisione furono rinnovati, 2500 giornalisti furono licenziati o radiati dall'albo, circa 70 organizzazioni sociali che avevano visto la propria nascita nel 1968 furono abolite o dichiarate illegali402. L'8 maggio il regime decise di sradicare il

nascente potere “libero” della classe operaia: furono dichiarati illegali i consigli operai nelle fabbriche403.

Tuttavia l'episodio volto a segnare definitivamente il cambio di regime giunse nell'estate. Nel frattempo, Dubček aveva preso il posto di Presidente dell'Assemblea Federale, e dopo gli eventi dell'agosto fu allontanato da qualsiasi carica politica.

Il 21 agosto 1969 cadeva il primo anniversario dell'invasione militare, e per l'occasione il popolo cecoslovacco decise di scendere nuovamente in piazza. Ma il rapporto tra popolo e Stato era ormai nettamente diverso rispetto all'anno precedente, e la repressione fu

400 Havel, Václav, Il potere dei senza potere, Milano, Garzanti, 1991

401 Williams, Kieran, The Prague Spring and its Aftermath: Czechoslovak Politics, 1968-1970, op. cit. 402 Semelin, Jacques, La liberté au bout des ondes, op. cit.

durissima. La polizia sparò sulla folla, due giovani rimasero uccisi a Praga ed altri due a Brno. Nella capitale i poliziotti usarono dei cani pastori tedeschi per rincorrere alcuni manifestanti, mentre dalle finestre i praghesi urlavano “siete come la Gestapo!”404.

Il giorno seguente fu emanato un decreto legge speciale il cui carattere repressivo era sin troppo evidente. Lo sciopero divenne un reato, punibile con il carcere sino a tre mesi; inoltre lo Stato poteva d'ora in avanti rescindere qualsiasi tipo di contratto di lavoro indipendentemente dai giudizi dei sindacati, per attività sospette di violare l'ordine socialista; furono inasprite le pene per svariati reati, cambiarono i regolamenti processuali405. Dubček fu costretto a firmare la legge a nome dell'Assemblea Federale e

poi venne spedito in Turchia come ambasciatore. Egli non protestò406, così come posero

la firma a nome del Governo Oldřich Černík ed a nome della Presidenza della Repubblica Ludvík Svoboda. Nel dicembre di quell'anno il decreto divenne legge, che fu definita “il funerale della Primavera di Praga”407.

Nel corso degli anni successivi la segreteria di Husák impose ai cecoslovacchi uno dei regimi più repressivi – dopo essere stato il più libero – dei Paesi in orbita sovietica. Riguardo ai politici della vecchia dirigenza, nel corso del 1970 furono tutti espulsi dal Partito: Dubček, Smrkovsky, Šik, Kriegel, ed anche Černík, sebbene avesse tentato sino in fondo di rimanere opportunisticamente al potere. Nel dicembre del 1970 veniva pubblicato un documento firmato dal Comitato Centrale, dal titolo “Lezioni dallo

sviluppo della crisi nel Partito e nella società dopo il XIII Congresso del PCCS”408. Il

documento trattava gli avvenimenti politici tra il 1967 ed il 1969, accogliendo la richiesta di Mosca per una definitiva condanna politica del nuovo corso.

Per la nazione cecoslovacca la libertà sappiamo che era rimandata di vent'anni; la

Primavera gettò i semi della dissidenza politica, un indimenticabile punto di riferimento.

Nel 1972 un volantino passava di mano in mano per le fabbriche di Praga409, che

possiamo sintetizzare in: ripensiamo al 1968, ripartiamo dalle fabbriche. La resistenza prima gridata in fronte ai carri armati sovietici ormai diveniva clandestina.

404 Bren, Paulina, The greengrocer and his TV – the culture of Communism after 1968 Prague Spring, op. cit.

405 In particolare, il ruolo dell'avvocato difensore veniva limitato al dibattito processuale, mentre l'attività istruttoria diveniva competenza unica del corpo di polizia; altra modifica fu nel periodo di fermo, che poteva protrarsi sino a tre settimane. Fonte: Pacini, Gianlorenzo, Cecoslovacchia: cinque anni dopo, op. cit.

406 Nella sua autobiografia egli indica nella sua firma di quella legge uno dei suoi più grandi errori politici, sul quale non ha “mai smesso di ripensare”. Dubček, Alexander, Hope dies last, op. cit.

407 Ibidem.

408 Williams, Kieran, The Prague Spring and its Aftermath: Czechoslovak Politics, 1968-1970, op. cit. 409 Il volantino è in appendice I punto h.

CAPITOLO 4. INTERPRETAZIONI STORICHE DELLA PRIMAVERA DI PRAGA