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Illustrazione: Canaletto, Capriccio con rovine,

olio su tela, Firenze, Palazzo Vecchio

31 rchitettura e natura sono da sempre interagenti e comple- mentari, a tal punto da creare sodalizi in grado di migliorare la qualità di vita dell’uomo; un potenziale che oggi viene sempre più spesso vinto da una logica economica e del profitto im- prenditoriale predominanti sul benessere dei fruitori e sul rispetto dell’ambiente. Oggi più che mai l’architettura considera il mondo naturale come modello per la pro- gettazione degli edifici, il solo in grado di suggerire esempi di economicità, efficacia e sostenibilità. 1 Molti professionisti cer-

cano di creare un’architettura in armonia con la natura e ancor più questo concetto vale per l’architettura del paesaggio, una

disciplina che conosce un nuovo grande successo, grazie alle emergenze ambientali della nostra epoca e soprattutto grazie alla dissoluzione sempre crescente delle forme urbane tradizionali. L’interpretazione dell’architettura in chiave contemporanea sta nell’accezione di “sostenibile”, dove la natura non fa più da sfondo all’edificio, ma entrambi si completano per adattarsi alla funzione da svolgere. C’è bisogno di una vita più sostenibile, soprattutto in questo periodo di crisi economica e sociale, e sa- pere che un nuovo mondo sta nascendo è una speranza per tutti. 2 C’è anche bisogno

di apertura mentale da parte dei cittadini, di partecipazione intelligente (smart com- munities) per far sì che il rinnovamento

A

1 F. Fabbrizzi, Architettura verso natura, natura verso architettura, Firenze: Alinea editrice, 2003, p. 18 2. P.Portoghesi, Natura e architettura, abitare la terra, Roma: Skira, 2005

abbia inizio: una trasformazione è possi- bile se ognuno di noi rendesse il proprio tenore di vita più sostenibile, ripensandolo. Il cambiamento deve partire da noi stessi. Il paesaggio nasce direttamente dall’architettura o , più precisamente quan- do l’architettura diventa paesaggio. Nei contesti naturali più o meno consolidati o modificati nel tempo si possono inser- ire diverse architetture che diventano loro stesse paesaggio, dando una valenza nuova al sito nel quale si inseriscono. Fin dai pri- mi rapporti che l’uomo ha avuto con la natura ha cer- cato di darle un ordine, di avere un po- tere su di essa perché con- siderata una potenza forte e distruttiva nei confronti dell’uomo. Si è sempre cer- cato così at- traverso tutte le tecniche e tecnolo-

gie che con gli anni si sono scoperte di darle una forma. 3 Anche formalmente la

natura è caratterizzata dalla linea curva e sinuosa tipica delle forme naturali, mentre quella retta geometrica e severa è sinoni- mo della mano ordinatrice dell’uomo. L’architettura, il costruito dall’uomo, ha come sua qualità specifica l’essere altro

dalla natura, che ne resta il costante scenario di riferimento. Proprio questa abissale dis- tanza ha sfidato da sempre gli architetti, che prima hanno osservato studiato la natura, poi hanno cercato di imitarla, o in modo intellettualmente più raffinato di coglierne i principi, infine ne hanno ricercato la pos- sibile alleanza, quasi una complicità, quasi introiettandola, utilizzandola come elemen- to della composizione architettonica, arriv- ando infine a quella sorta di mutazione che è la bio-architettura.

La società dell’epoca classica si regge su un ordine immu-

tabile: tutto ciò che esiste e il modo in cui esiste viene dalla natura, e l’uomo non crea dal nulla, ma “svela” dalla natura. L’oggetto ar- c h i t e t t o n i - co è tratto da un’idea sovrannatu- rale prima con- cretizzata nella natura e poi introdotta nel quotidiano dall’uomo.

L’ ordine cosmico di un Dio severo e im- prevedibile, dà all’uomo solo tre possibilità nel relazionarsi con questa: imitarla, separa- rne una parte, e proteggersi da essa. Il rap- porto con la natura, infatti, nell’antichità era spesso ambivalente; se da un lato è og-

3 F. Fabbrizzi, Architettura verso natura, natura verso architettura, cit., p. 18 Alhambra, Granada, Spagna

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4 M. Vitta, Il paesaggio. Una storia fra natura e architettura, s.l, Einaudi, 2005

getto di adorazione dall’altro per la neces- sità di proteggersi bisogna separarsi da essa per sopravvivere. Spesso nei documenti dell’antichità i giardini hanno alte e sp- esse mura e all’interno di queste è ritag- liato un frammento di verde. Dal metodo dell’imitazione delle forme della natura nasceranno le prime architetture. Dalla natura prenderà regole, forme, proporzioni, principi, dinamiche e decorazioni, tali da far diventare questo primo manufatto ar- tificiale, una copia umanizzata della natura

4 . Nei giardini romani la raffinatezza del

disegno, la presenza smater ializzatr ice dell’acqua denun- ciano la ricerca di una immagine che trasferisca la natura dalla dimensione dell’essere spirituale a quella umana della comunicazione. Nei giorni nostri notiamo però due diversi approcci tra architettura e natura: quando la natura es- iste per l’architettura

e nell’altro caso quando l’architettura nasce per favorire la natura. Il primo caso è una corrente che risale ai primi giardini meso- potamici e che si trascina fino ad oggi. In questo caso all’inizio lo scopo era quello di realizzare un luogo in cui si formasse un equilibrio armonioso tra i due poli contrap- posti tra l’intervento dell’uomo e la natura.

L’uomo, nei millenni, è passato da un habitat quasi totalmente naturale ad un artificiale e ha tentato di costruire luoghi, i giardini, in cui l’estraneità spesso ostile della natura fosse addomesticata. Questo è il caso in cui l’architettura tende a geometrizzare la nat- ura, a darle un ordine ma con un equilibrio interno. Con la Modernità, che ha spazzato tutto il sapere tradizionale e ha destruttu- rato tutti i cardini del sapere in tutti i cam- pi, anche per quanto riguarda il rapporto natura architettura questo equilibrio che si era formato è entrato in crisi. E’ da tempo che si sono poste le

premesse per distrug- gere quell’equilibrio, che si sta operando per stravolgerlo to- talmente, per ridurre la natura a corpo vile, del tutto sot- toposto all’arbitrio dell’astratto artifi- cio. E’ da tempo che vengono costruiti giardini in cui mate- riali e forme astratte predominano sulla polarità del Naturale.

Natura per l’architettura

Tuttavia anche se questa bilancia ora pende verso l’architettura sono presenti casi in qui l’artista come nel caso di Martha Shwartz gioca con la natura in modo sapiente e fun- zionale.

Va citato anche un esempio di rottura tra le

Martha Shwartz, HUD Plaza, Washington D.C. U.S. General Services Administration.

Robert Burle Marx

GH3, Scholars’ Green Park Mississauga, ON, 2012

vecchie concezioni paesaggiste e un nuovo modo di interpretare il verde soprattutto negli e per gli spazi pubblici, stiamo par- lando di Burle Marx paesaggista del 900 che con le sue piazze dalle forme sinuose e con il suo anarchismo sistematico ha scardi- nato alcuni principi cardine del paesaggio. Profondamente radicato nella realtà brasili- ana, la sua attività si muove tra le forme, i colori e il paesaggio dinamico di una città. Attraverso colori, materiali e linee curve Marx ha riprodotto in queste piazze una natura che sì, è antropizzata perché creata dall’uomo, ma tuttavia non risulta snaturata, anzi il segreto dei suoi progetti sta nello studio attento della natura, delle sue forme e del suo ritmo. 5 È questa conoscenza pro- fonda che gli permette di avere un con- trollo progettuale, che gli consente accos- tamenti ed associazioni di piante ad altri impossibili. Il suo studio si è spinto anche alla dimensione temporale quindi allo stu- dio dei ritmi e delle modalità di evoluzione di ogni pianta da lui sperimentata. Questa capacità di progettare fa sì “che le sue com- posizioni, partecipano di uno spazio dila- tato alla conquista del paesaggio circostante; non quindi “hortus conclusus” ma sempre panorami lontani, profili di monti, linee del mare, tutto per allontanare i confini precisi di una composizione.. […]” 6 . I campi cro-

matici, con cui affronta i temi più diversi a tutte le scale, sono formate da painte autoc- tone spesso sconosciute, fino a quel tempo ritenute selvagge e ostili, nuovo mondo bo- tanico la lui stesso scoperto e classificato. E’ l’invenzione del giardino brasiliano mod-

5 P.M. Bardi, I giardini tropicali di Burle Marx, Milano:Gorlich editore, 1964.

6 G. G. Rizzo, Il progetto dei grandi parchi urbani di Roberto Burle Marx. In “Paesaggio Urbano”, vol. 4-5; p. 82-89, 1995.

W Architecture and Landscape Architecture, Edge Park, NY

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7 cit. Roberto Burle Marx, il giardino del Novecento, Firenze: Ed. Cantini, 1992

8 A.M.Ippolito, L’archinatura: le diverse modalità di dialogo dell’architettura con la natura, Roma: Collana di architettura Franco Angeli, 2010

erno con un suo originale valore estetico legato esplicitamente a un patrimonio pri- mario della nazione, la natura, e alla batt- aglia ecologica per proteggerla.7 E’ forte

la tendenza negli ultimi anni di progettare dei parchi in cui la natura è fortemente ge- ometrizzata e segue il percorso di linee e diagonali dettati dal progettista le quali dis- egnano uno schema sul suolo. Sonomolti i casi di disassamento di progetti in cui la pavimentazione del giardino è fortemente schematizzata e rigorosa, come nel casi del Edge Park o del Scholars’ Green Park.

Architettura per la natura

Nel caso dell’architettura per la natura av- viene un’ astrazione dove l’innaturale di- viene naturale, queste strutture con la loro conformazione sono segno di riferimento nel paesaggio, il progetto nasce dal contesto, per quel contesto e non potrebbe esistere senza le colline, le montagne o un deter- minato territorio, in un incontro diretto tra architettura e natura. L’osservazione che traspare è nella forza di contribuire ad ac- crescere le valenze del paesaggio, realizzan- do un paesaggio unico, architettonico, natu- rale, artistico.8 In questo caso l’architettura

non tende a geometrizzare la natura, non la vuole modellare nè cercare di ingabbiarla dentro delle strutture meccaniche e artifi- ciali.

La natura è lasciata al suo corso, non le viene data una direzione, è il caso del Chateau d’eau di Christian de Portzamparc dove una struttura in metallo viene ricoperta e scom- pare per la crescita delle piante selvatiche

Dam Graham, 1. Double Exposure,” 1995-2002, in Porto, Portugal

Christin de Potzanpark, Chateau d’Eau de Quatre- Pavés, Noisiel, France, 1971-1979

. Viene chiamata cosiì perché l’architetto ha utilizzato l’acqua per far crescere sulla struttura la vegetazione.

Nel caso di Dam Graham le opere con- cettuali sono completamente integrate all’interno dell’ambiente anzi si smaterial- izzano, l’uomo quando interagisce con essa non ha più un rapporto diretto e canoni- co di fruizione come aveva con un’opera d’arte tradizionale, ora anche si sente sma- terializzato di fronte a queste superfici ri- flettenti e mette in dubbio se stesso oltre che l’ambiente circostante.

Altro esempio di come l’architettura sia uno strumento per usufruire dei vantaggi della natura o più in generale per creare degli ambienti che valorizzino lìaspetto più vegetativo è l’Ecoboulevard Madrid. Il progetto risponde perfettamente alla neces- sità più tipica di un quartiere periferico, nel caso specifico il quartiere di Vallecas, a sud della città: creare le condizioni migliori per lo sviluppo di una socialità diffusa a dispetto del grigiore dei palazzi.9

Esigenza a cui ancora una volta è l’intervento sul paesaggio e quindi la creazione di un nuovo rapporto uomo-ambiente a cos- tituire la risposta vincente. La vera inno- vazione di questo progetto è nella unione tra verde, la presenza di giardini verticali all’interno di ogni struttura comporta quei riconosciuti benefici che abbiamo più volte analizzato, e tecnologia, il fabbisogno ener- getico è dispensato dai pannelli solari, per cui è possibile parlare di: giardino verticale fotovoltaico. 10

I padiglioni bioclimatici condizionano

Ecosistema Urbano Architects, Ecoboulevard, Madrid,2007

9 N. Sinapoli, E. Antonini, G. Gemmani., A.Zappa. ( a cura di), Strutture bioclimatiche polifunzionali per la riqualificazi- one dello spazio pubblico del quartiere Vallecas a Madrid, Ecosistema Urbano Architects, Costruire, n. 307, 2008, pp. 111 -115

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11 O. E. Bellini,L. Daglio, Verde verticale: aspetti figurativi, ragioni funzionali e soluzioni tecniche nella realizzazione di living walls e green façades, s.l, Maggioli Editore, 2009, pp. 142 - 147

l’aria senza ricorrere ai sistemi termomec- canici, così dannosi per l’ambiente, permet- tendo di poter attendere con più tranquillità la crescita dei piccoli arbusti messi a dimora nel territorio circostante, del cui fresco si potrà beneficiare non prima di vent’anni. Al loro interno la presenza di un giardino verticale costituito da piante rampicanti e di un sistema di ventilazione, basato sul prin- cipio dell’evapo-traspirazione, permette di creare aria umida abbassando la tempera- tura esterna anche di 10 gradi. 11

l caso di Spidernetwood R&Sie(n) è uno dei multiformi manifesti con cui il piccolo studio di Francois Roche porta avanti la sua parti- colare visione dell’architettura, dichiarata- mente contraria al mito funzionalista, e determinata invece da parametri relativi al contesto ambienale, sociale e culturale. Una delle affermazioni attraverso ciu sintetizza il loro programma – la lettura del sito e del suo intorno dovrebbe diventare l’essenza dell’atto stesso del costruire- rappresenta la chiave di lettura di questo profetto. Si tratta di una casa uinifamiliare per vacanze, collo- cata in un uliveto, nel la francia meridionale dove il rapporto con il luogo, l’inserimento nel paesaggio naturale è interpretato in ter-

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Francois Roche

C a p i t o l o 2 . 2 . 1

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