Illustrazione: Junya Ishigami Plants & Architecture,
Biennale di Venezia, 1998
61 a luce è una sostanza potente. Abbiamo con essa un legame primigenio. Ma di fronte a una realtà così potente, le condizioni in cui se ne vive la presenza sono fragili”. James Turrell 1
Nel suo libro Mapping Spaces (1987) l’artista James Turrell discute della sua op- era nel rapporto con la luce e con lo spazio. “Le qualità dello spazio devono essere visibili”, afferma Turrell, “e l’architettura formale non deve essere predominante.”2
Questi concetti complementari sul modo in cui egli cerca di riempire lo spazio con la luce riecheggiano nel “pensare tramite lo spazio” dell’opera dell’architetto gi-
apponese Junya Ishigami (1974). Come Turrell, egli cerca di creare un’architettura che è, di fatto, invisibile e che permette ai visitatori di vivere lo spazio in modo di- verso. Per lui, ciascun progetto rappresenta un’opportunità per mettere in dubbio i pre- supposti fondamentali di ogni aspetto della pratica architettonica: dallo sviluppo ingeg- neristico all’arredamento, dalla circolazione al controllo climatico, Ishigami immagina una condizione o un’esperienza. Poi, per realizzarle, trascina l’architettura ai limiti dell’impossibile.3 Proprio come nelle in-
stallazioni Skyspace di James Turrell, in cui le più semplici esperienze — come l’atto di osservare un cielo che cambia colore —
“L
1 A. Campens, L’architettura può essere invisibile?, Domus, 20 Marzo 2013 Cfr. citato in Kristine Stiles, Peter Selz, a cura di, Theories and Documents of Contemporary Art: A Sourcebook of Artists’ Writings, University of California Press, 199, p. 575
2 Ibidem
3 A. Di Rosa, Dove la terra incontra il cielo: il Rodder Crater di James Turrell , in Paesaggi culturali. Rappresentazioni, esperienze, prospettive-Cultural landscape, a cura di R. Salerno, C. Casonato, s.l., Gangemi, 2008 ,pp. 200 -201
vengono isolate dilatandone straordinaria- mente la durata, per Ishigami l’esperienza è l’architettura, e l’involucro è semplicemente uno strumento per determinarne l’inizio. Conseguenza di tutto ciò è un sovrano dis- interesse nei confronti dello sforzo richiesto per far sì che tale esperienza abbia luogo: così, le realizzazioni di Ishigami coprono lo spettro che va da sfide tecniche, pressoché inconcepibili, a semplici gesti di dislocazi- one. 4
“Anche se di norma il concetto architettu- ra-e-paesaggio fa pensare a edifici situati all’interno di un contesto più ampio che li racchiude, personalmente ho scelto di con- siderare sullo stesso piano entrambi gli el- ementi che lo compongono. Qui le piante offrono un ambiente di dimensioni e valore pari quasi a quelli di strutture costruite; o così mi piace credere, in cui non si progetta partendo dalle piante o da soggetti natu- rali, né si dispongono rigide costruzioni artificiali come in un formale giardino ge- ometrico in stile europeo. Nessun elemento ne rifiuta un altro o lo mette in ombra, il rapporto è invece non gerarchico ma più astratto, anche se rifugge dai valori relativi nati dal paragone tra ciò che è naturale e ciò che è opera dell’uomo per poter arrivare a una maggiore essenzialità in architettura. In- vece di considerare i laghi, i fiumi, e colline e le foreste come lontani dall’ambiente cos- truito, io cerco di progettare in modo che la natura sia abbastanza vicina ad essere in in- distinguibile dall’architettura; l’idea è dedi- care la stessa cura e attenzione nella creazi-
one dell’architettura e degli spazi naturali. James Turre, Twilight Epiphany” Skyspace, Shepherd School of Music della Rice University, Texas, 2011
4 J. Grima, Ingnegneria e tradizione, in « Domus » 969, aprile 2013
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Rendere vaghi questi confini ci consente di vivere senza divisioni la vicinanza con qual- siasi altra cosa presente nell’ambiente: una nuova idea di architettura più complessiva che trascende una concezione rigida della città. Spazi sottili e flessibili che impercetti- bilmente creano un ponte tra l’architettura e ciò che ci circonda.” 5
Aggiunge poi Ishigami “Natura e costruzi- one sono ugualmente importanti. E’ possi- bile fare architettura usando solo elementi architettonici, ma mi piace includere altre cose, come la vegetazione. Fino a poco tempo fa, l’obiettivo dell’architettura era di separare le persone dalla natura e prov- vedere a loro con un comodo rifugio. Ma oggi la differenza fondamentale tra le creazioni naturali e artificiali sta scom- parendo e sta per essere sostituito da qual- cosa di nuovo.L’inserimento del verde nei miei disegni è parte di una ricerca di un nuovo rapporto tra architettura e paesaggio. Nei disegni, l’architettura diventa paesaggio e il paesaggio diventa architettura - dentro e fuori si fondono per formare un nuovo ambiente.”6
Anche il rapporto con la tradizione sec- ondo Ishigami non è un tema cui prestare specifica attenzione. La tensione è piutto- sto a “pensare in modo naturale” per quel che una tale espressione possa significare.E’ solo in forma mediata, in questo “ pensare naturale” che si può ritrovare un legame es- ile, ma riconoscibile, con la tradizione gi- apponese. Meglio, uno stare in mezzo tra tradizione giapponese e percezione della realtà nel modo più universale possibile. Per
5 Junya Ishigami, Plants and Architecture, « Lotus », MMX (2010), 149 (Lotus in the fields), p. 87
6 Nuijsink Cathelijne :Natural Highs: Junya Ishigami blends buildings and landscapes, Frame n. 85, Marzo-Aprile 2012 7
Disegni Yunya Ishigami, architettura e natura
quanto riguarda il rapporto tra patrimonio e innovazione Ishigami rideclina il tema dell’innovazione su quello della crescita urbana, in modo on dissimile. “ vorrei – dichiara- pensare ad una nuova forma di aggregazione archittettonica” 7 che possa
superare l’attuale concetto di urbanizzazi- one. Tenendo ben saldo al centro l’uomo. Ma con la tensione a capire se nuove forme architettoniche e urbane possano stare al passo con la velocità con le quali si muove la società” Patrimonio e
innovazione sembrereb- bero dunque relazion- arsi a una sorta di nuovo umanesimo. Come , si sarebbe portati a dire, in ogni fase di forte tras- formazione. 8 Qualcosa
che fa da contraltare alle preoccupazioni per la salute individuale e collettiva. “L’architettura e l’arte come patrimo- nio ritrovano un legame con la natura”. E’ Ishiga- mi a sottolinearlo, entro un’angolazione per la quale ciò che è rilevante
non è tanto (in un’ottica che diremo patri- monialista in senso tradizionale) proteggere la natura, quanto piuttosto sforzarsi di ca- pire come crearla. E’ questo modo di pen- sare e di creare la natura che può portare a nuove forme di architettura e creare nuovi ambienti. Cosa si a ambiente merita di es-
sere chiarito. Non il contesto per come lo intenderemmo entro una tradizione euro- pea, né l’ambiente generico che circonda l’opera alla scala territoriale. Ma qualcosa che si rapporta all’opera sul suo stesso pi- ano. Qualcosa di più limitato e circoscrit- to. Qualcosa che mantiene con l’opera un doppio legame. L’ambiente circoscritto che fronteggia l’opera può esso stesso diventare architettura e l’architettura stessa può di- ventare ambiente.9 Il rapporto si complica.
L’intensità raddoppia. La differenza tra architettura e ambiente si sposta dalla decifrazione, dalla codifi- ca dei segni, all’intensità. L’architettura e l’arte come patrimonio riman- dano, infine, al rapporto tra immaginazione e re- altà. Ishigami sostiene che quando qualora non si pone mai il problema se ciò cui pensa si qual- cosa di immaginario op- pure di molte realistico: cerca di superare la dis- tinzione, di non far dif- ferenza tra le due per- cezioni che ritiene non siano più adatte ai nostri tempi. Alla base c’è la convinzione che non sia possibile fare una distinzione tra ciò che può essere realtà e ciò che non può esserlo. 10 E questo rimette in discus-
sione confini e soglie.
7 C. Andriani, Architettura e patrimonio, in Il patromonio e l’abitare, a cura di C. Andriani, Roma: Donzelli editore, 2010 p. 79
8 Ibidem.
9 C. Andriani, Architettura e patrimonio, in Il patromonio e l’abitare,op. cit., p.80 10 Ivi, p. 91
ensare l’architettura come aria che ci circonda, spingendo all’estremo i limiti della ma- terialità: questi sono i presup- posti del suo Architecture as air: study for château la coste, uno studio di edificio a grandezza naturale progettato per una lo- calità europea che si propone di ricercare una nuova trasparenza architettonica, rip- ensando il rapporto tra struttura e spazio. 1 Il lavoro coordinato dei due ha messo in luce alcune delle attuali tendenze specu- lative nell’architettura d’avanguardia gi- apponese. Anzitutto Ishigami ha scelto di ricorrere ad un “metodo alternativo” per presentare i suoi progetti. Bypassando le modalità espositive più tradizionali, dove
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Junya Ishigami, 2008