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Illustrazione: Laura Adorno

169 l fenomeno dell’agricoltura urbana sta prendendo piede, sempre di più, nella società contemporanea, questo potrebbe avere delle ripercussioni sulle convenzioni visive dell’ambiente urbano e periurbano e anche, agire sui comportamenti e stili di vita dei cittadini qualora si sviluppasse a scala maggiore. In effetti, negli ultimi anni, si possono vedere i primi esiti di questo fenomeno, soprattutto nell’osservare come alcuni cittadini si sforzino di recuperare il senso del ciclo giorno e notte, e dei ritmi stagionali. Da qui può nascere la scoperta che anche l’ambiente urbano può essere partecipe dei cicli naturali. Insomma con l’agricoltura urbana si ritorna a vivere, in maniera consapevole, riflessiva ed estetica,

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1 Cfr. P. Nicolin, Il bello dell’agricoltura urbana, « Lotus », MMXII (2012), 149 (Lotus in the fields)

ciò che è stato presente nel mondo contadino da sempre, ma in modo irriflesso, abitudinario e al di fuori di una vera consapevolezza estetica.

Il mondo contadino è scomparso quasi del tutto dai nostri paesi avanzati, ed è stato sostituito da un industria agricola che ha lasciato solo qualche residuo dei vecchi ambienti agricoli e delle vecchie usanze, spetta quindi alle città, paradossalmente, il compito di attrarre a sé qualcosa di quel mondo.1

Siamo testimoni, quindi, in questi anni di un incontro ravvicinato inedito che porta due mondi, apparentemente distanti ad intersecarsi ed a collaborare, creando sinergie e nuove possibilità di sviluppo. Il mondo del verde, che in ultima analisi

Aldo Cibic , Rethinking Happiness, 12° Mostra Internazi- onale di Architettura di Venezia

coincide con l’agricoltura, si unisce a quello dell’architettura e da questa unione nascono nuovi scenari.

Agritettura, Vegetecture, Urbanocultura, ecc., sono i nuovi linguaggi che esprimono il nostro grande bisogno di ricercare un rapporto quasi simbiotico con la natura, di creare città-orto intelligenti e ultra connesse. L’elemento vegetale viene considerato come materiale primario della costruzione, non un abbellimento ma il nucleo centrale del costruito. È un nuovo atteggiamento progettuale che considera il verde come ciò che costituisce l’ambiente ideale per la vita dell’uomo.

La città che ne deriva tende a “portare dentro di sé la foresta” , è ciò che dice Maurizio Corrado (architetto, saggista e direttore della rivista Nemeton) a proposito di queste nuove tendenze, riferendosi in particolare al fenomeno dell’architettura contemporanea che va verso la realizzazione dell’idea di città-foresta, la vegetecture . Non si tratta di costruire altri spazi verdi. Fino a quando divideremo lo spazio dedicato a noi umani da quello dedicato alle piante, non sarà possibile fare un salto di qualità, ma solo fare giardini sempre più belli, ma che continueranno ad essere giardini, cioè luoghi chiusi dove far vivere le piante. 2 Economisti, sociologi, architetti, designers, agronomi, urbanisti e paesaggisti, studiano progetti ideali che possano ridefinire bisogni, abitudini e attività per ragionare su di una aggiornata idea di contemporaneità. Alcuni esempi possono essere il lavoro di Aldo Cibic con Rethinking Happiness, un

progetto presentato presso la 12° Mostra Internazionale di Architettura di Venezia a cura di Kazuyo Sejima . Si tratta di esempi progettuali che affrontano il tema delle nuove comunità possibili.

L’esperienza di Rethinking Happiness si è riproposta di “azzerare” l’osservazione di un modello di sviluppo urbano, ripartire da una situazione di “tabula rasa” e ridefinire bisogni, abitudini, attività e sogni rispetto alle nuove coordinate del presente.

In altre parole, ha ragionato su un’aggiornata idea di contemporaneità in un laboratorio aperto al contributo di economisti, sociologi, architetti, designer, urbanisti, paesaggisti e semplici cittadini chiamati a collaborare alla progettazione dell’identità di uno spazio. Le singole discipline infatti, in mancanza di visioni generali a monte, non sembrano più in grado di fornire da sole delle risposte in grado di spiegare “come” e “a che condizioni” si possano operare delle trasformazioni sul tessuto del contemporaneo. 3

2 Cfr. A cura di M. Corrado, In collaborazione con M. Ferrari, Vegetecture, Napoli, Sistemi Editoriali, 2011

3 Cfr A.Cibic, Fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te : nuove realtà per nuovi modi di vivere, Mantova, Corraini, 2010

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Rilevante per questo tema del ritorno al passato, è il progetto dell’artista Mike Meirè The farm Project, realizzato per l’azienda Donbracht , non è un’idea decorativa, piuttosto un’attitudine, un appello per un’alternativa. all’esterno un granaio. Costruito con lamiere, pannelli di rame isolante e plastica riciclata. All’interno una cucina. Calda e accogliente, dove tutto è a vista. I colori, le forme, gli odori, la carne, la frutta, il pesce, gli utensili, le ceramiche, le spezie. Forni di ghisa, forconi, voliere, mobili di fortuna, ispirano uno stile di vita più dolce e sostenibile.

La cucina diventa luogo d’incontro multiculturale nel ritorno ad un’ antica ma tecnologica tradizione rurale e ad un passato più umile e pieno di valori.

Pierre Mantoux e Augustin Rosenstiehl, Mini Ferme

I progetti degli architetti francesi, Pierre Mantoux e Augustin Rosenstiehl, Mini- Ferme, cactus ferme, urbanana e super ferme riprendono il tema dell’agricoltura urbana, le coltivazioni studiate e progettate per la città e all’interno di essa.

Le mini ferme sono delle piccole unità di produzione agricola, che uniscono la pro- duzione alla vendita. La dimensione ridotta di queste unità, ne fa- vorisce la messa in rete con le altre mine ferme, consentendo una vasta

gamma di prodotti sparsi per la città e ali- mentando l’idea della produzione agricola in un ambiente urbano.

Si tratta di una serra tradizionale orticola su più livelli. Il suo piano compatto assicura la massima esposizione della luce. Poiché i piani coltivati sono sovrapposti, l’edificio deve esporsi alla luce su tutti i lati. Le unità, di tre o quattro livelli altezza, sono pensate a misura d’uomo in quanto si stabiliscono a metà strada tra una casa e un piccolo ap- partamento. Sono strutture economiche e completamente modulari, ispirate da tec- niche agricole di costruzione ad effetto ser- ra e ponteggi esse possono essere composte in modo diverso a seconda delle esigenze. La dimensione delle unità, combinate con la possibilità di metterle in rete le une con

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le altre, permette di andare a riempire quei “vuoti urbani” che si trovano per esempio in aree dismesse o tra i grandi edifici, con la conseguenza di rivalutare determinate zone, e di riavvicinare la città all’agricoltura Urbanana, piantagione di banane a km0 Rifacendosi ai principi dell’agricoltura urbana verticale, gli architetti hanno realizzato un edificio che si va ad incastonare fra le strutture residenziali del cuore di Parigi e si propone di accogliere numerose specie di banani. Un vero e proprio orto botanico in pieno centro.

Le banane, oltre ad essere largamente consumate dagli europei, vengono anche utilizzate nella cosmesi entrando di fatto nella nostra quotidianità. Importare il prodotto dai Caraibi è sempre più costoso anche in termini di inquinamento, per cui avere la possibilità di coltivarne direttamente una parte in loco va soprattutto a favore dell’ambiente.

L’edificio si distribuisce su sei piani grazie ad una imponente impalcatura metallica e le vetrate consentono di sfruttare ogni raggio di sole che, insieme ad una apposita rete di luci artificiali, garantiranno alle piante tutta l’illuminazione necessaria per crescere. A piano terra ci saranno sale adibite al pubblico con degli spazi espositivi più vari laboratori di ricerca.

Al di là delle specifiche di questo progetto, l’idea di poter produrre cibo anche nelle grandi metropoli, aumentando di fatto l’autonomia produttiva e insieme curando anche la riduzione dell’effetto serra sta diventando un vero e proprio modello di sviluppo urbano.

Pierre Mantoux e Augustin Rosenstiehl, Cactus Ferme

Cactus ferme

Il progetto Cactus Ferme è una struttura per la produzione agricola, composta da moduli separati fissati ad un albero centrale. Si tratta di un progetto che permette la convivenza di diverse aziende agricole o una varietà di colture diverse all’interno di una singola unità.

La sua forma organica, riprende le forme stesse della natura, come un albero che si “impianta” all’interno della città, tra il costruito, tra gli edifici, trasformando il paesaggio della città stessa, mettendo in mosstra il suo contenuto che si distribuisce in modo spettacolare nella struttura stessa . È una struttura che si sviluppa principalmente in verticale, la base rimane quasi libera, solo tre piedi si appoggiano alla terra e sostengono le serre. Ciò permette di avere uno spazio alla base utilizzabile anche per altre attività, per diventare luogo d’incontro o suolo pubblico da vivere.

Super Ferme

Anche questo progetto affronta il tema del cibo a km0, si tratta infatti, di un supermercato con annessa una serra che rifornisca direttamente i cittadini.

Il Super ferme l’ unione di due strutture ampiamente utilizzate, da una parte abbiamo il grande magazzino, dall’altra la serra tipicamente utilizzata per il giardinaggio e la coltura. La sovrapposizione di questi due elementi crea il progetto, il supermercato al piano terra e l’orto sul tetto di questo, senza elementi di divisione tra il sotto e il sopra. La luce così entra dalla serra e va a illuminare il market sottostante, creando un atmosfera diversa rispetto al solito e un nuovo tipo di ambiente interno.

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Anche i piani di fruizione si compenetrano l’uno nell’altro in un alternarsi di spazi di circolazione: gli scaffali si trasformano man mano che salgono in serra, crescendo verso l’alto, lo spazio e delimitato solo da passerelle che diventano il piano di calpestio della serra.

Il Super Ferme quindi non nasce con la volontà di creare spazi verdi come normali serre agricole. Il suo intento è quello di far percepire il suo valore paesaggistico pienamente, solo all’interno dell’edificio, dove i clienti si trovano in un ambiente un po’ come se si trovassero in una serra botanica.

Un ulteriore esempio di urban agricolture lo dobbiamo all’artista-giardiniere Fritz Haeg, che definisce i suoi giardini “Edible Estate”, ovvero “giardini commestibili”; egli propone infatti di sostituire il prato americano con un paesaggio domestico commestibile, arricchendo i giardini e i cortili con ortaggi e frutti.

Così l’artista attraverso il paesaggio e l’ambiente, vuole creare nuove relazioni fra le persone e ciò che le circonda.

C a p i t o l o 4 . 2 . 1

AGRONICA

Modello di urbanizzazione debole, Andrea Branzi, 1995

banizzazione.

Parlando del suo progetto Branzi afferma che bisogna ”Scoprire l’agricoltura come universo di tecnologie naturali complesse, come sistema di trasformazione ambien- tale in grado di fornire serie diversificate di prodotti commestibili, capace di adattarsi a programmazioni reversibili, alimentata da energie genetiche deboli, stagionali, eco- compatibili.

Una agricoltura in grado di fornire un modello auto-regolato di produzione in- dustriale basata su energie naturali gov- ernabili; dunque una agricoltura che non rappresenta più il mondo delle tecnologie preindustriali, ma che al contrario occupa uno spazio nuovo di estrema sofisticazione gestionale e produttiva”.

Per un mondo complesso come il nostro, impegnato a sopravvivere a se stesso garan- tendosi un alto livello di flessibilità, la città contemporanea deve iniziare una lunga sta- gione di sperimentazione e di riformismo. Ecco dunque l’idea di una città trasformata, dispersa in un parco agricolo semi-urban- izzato.1

ra i primi teorici italiani che negli anni Settanta hanno sot- tolineato la necessità di ripen- sare allo spazio urbano come uno spazio per possibili utilizzi agricoli al- ternativi c’è Andrea Branzi con la sua op- era “Agronica”, Progetto per il Centro Ri- cerche Domus Academy e Centro Design Philips, che ora fa parte della collezione permanente del Centro Pompidou, Parigi. Elaborato sulla base dei concetti di revers- ibilità e dispersione insediativa, Branzi pro- pone un idea di città altamente tecnologica, ma la contempo ecologica e sostenibile. Il suolo costituisce un supporto omogeneo, su cui una serie di oggetti mobili e smontabili si appoggiano a comporre l’immagine di un insediamento urbano immerso in un parco agricolo. Agronica è una città utopica, la cui organizzazione segue una logica più vicina a quella che ha strutturato il territorio agri- colo, ricorrendo però all’uso di tecnologie sofisticate e di principi di bio-compatibilità per garantire l’integrazione con l’ambiente, e assegnando all’impiego di energie rinnov- abili il ruolo di ingrediente importante per la costruzione di un nuovo medello di ur-

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1 Cfr A. Branzi, in “Branzi, Bartolini, Lani. Eindhoven, un modello di urbanizzazione debole”, estratto da ARCH’IT 19 Feb- braio 2002

COLTIVAZIONI FUORI SUOLO