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Mi arresto un momento su questo tema dell'a- dell'a-more, eterna e prima ispirazione dei poeti, giacche

specialmente in questo caso

può

essere origine di

una

importante osservazione.

Notate

ancora come

il Prati si discosti della

sua maniera

sonante e

sempre un

po' gonfia allorché l'argomento suo ò

appunto amoroso

:

Kidunlestelleincielperfartifesta;

Incimaal lìioppoilrosignuol ticanta:

Svegliati,curpo angelico:tidesta addormentataimaginedisanta.

Un'animac'èquipoveraemesta Chein telasua speranzaha tuttaquanta:

Vienialbalconeenon tiporlavesta Cheilbalcontutto èrose eassaitiannnanta.

Altoèilbalcone, eal miobacio t'invola:

Ma

vederfammi idolciocchi ridenti;

Ma

fiuumiudir l'angelica parola,

E

questo gridoiospargeròneiventi:

«Sonfeliceabbastanza. Orcastaesola Dioneltuoletticciuoltiraddonnenti».

Non

conosco nella ultima nostrapoesia

una

cosa più soave, più delicata, più leggiadra di questa.

E

di taliesempi potrei recarvene copia. Il Prati

non

ha

in tale

argomento

l'idealità indeterminata del-l'Aleardi, che riesce molte volte cosi

ingenua da

destare il riso,

non

scende

neppure

nella realtà spesso triviale dello Stecchetti, che soventi urta ed offende: egli sta in mezzo,

contemperando,

come

ho dotlo. l'ideale col reale. Gli è (ed »'(!ct>

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l'osservazione ch'io volevafare), gli è che l'amore è il sentimento

che meno

di tutti gli altri si ri-sente delle condizioni particolaridi

un tempo

: se ai giorni nostri la scienza ci

ha

introdotto

un

po' troppo di elementi di materialità, io tengo per

fermo

che l'è questo

uno

stato passeggiero.

E

se ai tempi in cui il Prati era giovine l'idealità più esclusiva

regnava

nel

campo

delle lettere, sec'era cosa chepotesse restare più delle altre naturale, era l'amore.

E

il Prati, che è veropoeta,

non do-veva

sacrificare all'idealità, al così detto

plato-nismo

tuttele ispirazioni soavi che nascono dalla realtà dell'amore, e

nemmanco doveva

alla realtà brutale sacrificare le ispirazioni che nascono in tanta copia

da

ciò che l'amore

ha

in sé di ideale.

Ma

egli, le

une

e le altre insieme

contempe-rando, riuscì

uno

dei più dolci poeti di amore.

Quanto

ai canti politici

ho

già detto esser su-perfluo nel caso nostropigliarli ad esame: essi na-scono con

un gran

peccato originalein dosso.

Ottenuto lo scopo per il quale furono scritti, essi

perdono

della loro

importanza

e per poco

non vengono

dimenticati.

Ne

siano esempio quelli del Berchet,

pur

così fieri e appassionati e belli. Chi oserebbe rimproverare le

nuove

generazioni di

non

entusiasmarsipiù quasi alla loro lettura?

Lo

stesso avviene, e su più vasta scala, pel Prati : e

pure

i suoi canti politici sono, a

mio

avviso, tal cosa che basterebbe di per sé sola a

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confondere chi del loro autore

non

vorrebbe fare che

un mezzo

poeta. In essi l'affetto, la fantasia, leimagini scultorie, i pensieri

sublimemente

poe-tici son profusi a piene

mani

: tutti ricordano l'inno

cupamente grande

e doloroso in

morte

del

Barbaroux

:

E

il giusto muor. D'inutile Volgo la terra è piena: Avviluppati in porpora Fantasimi da scena Che con le fibre offenso Dal letto e dalle mense Lungo le vie trascinano L'ingloriosa età.

Anima antica, ascoltami:

Io non ti vidi mai: Chiesi chi fosti: il dissero Piangendo: od io cantai.

Riposa in pace.

È

santo Poi gloriosi il canto:

E

in

me

l'accese, o martire, Quel Dio che visse in te.

E una

cosa tutta soave, tutta santa, sono i

canti per il popolo, bozzettini la cui semplicità è l'ornamento artistico miglioro, fiorellini dal

profumo

tutto italiano, grandi nella loro picco-lezza gentile.

Fanciulla, che fai qui sulla tua porta Guardando da lontan por «quella via?

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Ah, se sapeste! Quando la fu morta L'han portata di la madre mia;

M'han detto che di debba tornare,

E

son qui, da quattr'anni ad aspettare.

-— Oh

povera fanciulla! tu non sai

Che i morti al mondo non ritoman mai !

Tornano al vaso i fiorellini miei,

Toman

le stelle.... tornerà anche lei!

Veniamo

ora all'Armando.

Desso , fra gli scritti

Giovanni

Prati , è quello che pare stia più a cuore all'autore suo,

il quale in

un

suo ultimo sonetto, quasi lamen-tandosi della trascuranza in cui presentemente è tenuto, se ne appella alla posterità

esclamando

:

E

se Armando è fantasma orfuggitivo Tornerà, n'ho lusinga, a vendicarmi, In altro che men di questo èbreve.

Ed

in verità io credo che la sua lusinga

non

andrà

fallita.

Oggi

,

sempre

per le ragioni ad-dotte, è impossibile che quel libro piaccia: la malattia

morale

cheil poeta dice di aver notata e descritta, ai giorni nostri

non ha

piùsede che nell'animo di pochi privilegiati. Sentire così

po-tentemente

il dubbio, da essere disgustato ditutte le gioie della vita,

da

affrontare la

morte come

unica via di risolvere il

gran

problema, da essere

sempre immerso

in pensieri che

non

son della terra,

da domandare continuamente

alla

specu-—

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lazione la ragione di tutto,

non

è più dei tempi nostri.

Sai tu, sai tu che sia perder la fedo Nell'amor, nella gloiia e allo stromento Misterioso del pcusier le corde

Sentir spezzate, e colla mente chiusa Alle memorie, alle speranze, a tutto Senza affanno o sgomento insopolcrarsi Nella gora del tedio e come fredda Larva indolente contemplar la Vita Sul cammin della Morte, e sonno a sonno Ozio ad ozio accoppiando, in questa forma Nò viver né morir?

No

davvero,

l'immensa maggioranza non

lo sa,