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pieno del Dio,

come

dicevano gli antichi, sente l'irrefrenabilbisognodi dare

una forma

sensibile alle imagini chegli fan tumulto nell'animo e nel

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capo : quasi porgesse l'orecchio ai susurrii

d'una

voce misteriosache dentro gli parla egli sta

im-moto

affannato; l'occhio suo

rompe

i confini delle cosee si fissa in

mondi

sconosciuti ove le idee pi-glian corpo e figuradi cose vive; dimentico di sé,

ma

riflettente inconsciamentein sé stessogliaffetti e i pensieri di tutti, li traduce in

armonie

in cui echeggiano le gioie i dolori le speranze dell'età sua: e in quelle

armonie

si perpetua la

memoria

dei sentimenti umani,

come

siperpetua nellastoria la

memoria

delle

umane

vicende.

Ma

per

quanto

sia capace l'animo d'un poeta di dilatarsi per accogliere in sé stesso e riflettere poi il sentimento d'

una

società intera,

diffìcil-mente

basta egli solo a quest'uopo: i poeti che

han nome Omero,

Lucrezio, Dante, Shakspeare, Gòthe,

Byron, Heine

nascono soltanto, oserei dire, ad epoche fisse

quando

si fa necessario

anche

nel

mondo

intellettuale

come un

riassunto,

un

ri-sultatoconcreto delle lotte e delle divagazioni an-teriori del pensiero e del sentimento; e in realtà quei

sommi

poeti altro

non

sono che la sintesi <li

lunghi travagli analitici, nel

campo

delle idee, e

non

sono possibili sempre.

Nei periodi dello divagazioni e delle analisi e (leHe lotte, quando-si cerca un'aff'ermazione, e

un

unitàdi sentimento, il vero specchio e il più natu-rale di questo affannai"si, é il complesso di quelle intime

armonie

cui io testé

accennava

e che

sgor-gano

sonore dall'animo dei poeti lirici.

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Fra

tutti, essiafferranolediversissime

parvenze

delleidee edelle cose quali sono e

non

disturbati dalfrastuono di solennifatti passati,

come

il poeta epico,

non

costretti a rivestir passioni straniere all'animo loro,

come

il poeta drammatico,

danno

la vera

immagine

delle passioni variissime del

tempo

loro.

La

lirica

non

è la

prima

a nascerenelsenodelle società giovinette,

come

molti credono e

inse-gnano

nelle scuole.

Da

principio, l'uomo

non ha

la virtùdi ripiegarsisovra sé stesso e di

commuoversi

allemaravigliediquell'intimo

mondo

cheèl'animo suo; lo spettacolo sublime delle cosechelo circon-dano, letradizioni delle gesta dei suoi eroi e dei suoi Dei, nati

appunto

dalla personificazione dei

fenomeni

naturali, ilfragore delle

prime

battaglie fra schiatta e schiatta gli consigliano l'epopea, ed ecco nascono l'Iliade e l'Odissea, il

Ramayana,

il

Mahabarata,

il Libro dei

Re

diFirdusi,i Niebelun-gen,l'Edda e tanti altri

poemi

cheattestano iprimi sentimenti affatto oggettivi dellevarie nazioni.

Ma

più tardi l'uomo si aA^vezzaad osservare in se

medesimo

e acquistando

maggior

vigoria di pensiero, dai

fenomeni

meravigliosi delsuo

mondo

interno è

anche maggiormente

allettato che

da

quelli del

mondo

esteriore; gli affetti

prorompono

vivificando ognicosa ed ogniidea, e nasce allora la lirica; noi

non vediamo

piùsolamente

un

popolo prostrato innanzi a tutto ciò che

ne

colpisce isensi

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destando in essi la venerazione o il terrore, noi assistiamo a

ben

più importante spettacolo: è

l'a-nimo

vergine dell'uomo

che

ci si schiude dinanzi, è

un mondo

inesplorato checi appare improvvisa-mente, sono ilsentimento e il pensiero

umano

che studiano in esso lagenesi loro.

La

liricaè il ridestarsidella coscienza

umana.

È

naturale che ai tempi nostri la cosa sia

ben mutata:

noi

uomini moderni

dal sorriso beffardo elle ci contrae

perennemente

le labbra possiamo vantarci di molte cose,

— ma

di verginitàdi sen-timenti via,

non

credo!

Ma

l'

importanza

della

lirica, anziché diminuire per ciò, è cresciuta:

una

infinita varietàdi elementi, che ripetono la loro origine dalla filosofia e dalle scienze,

ha

scosso dalla primitiva sua

calma

e sicurezza la coscienza

umana

: e la

calma

si è

mutata

in agitazione af-fannosa.

Onde mentre prima

la lirica, traduttrice dei sentimenti,era

un

inno serenoall'amore,alla fede, alla patria, oraappar torbida e incerta;

anche

nel canto

amoroso

tu vedifarcapolinoun'inquietudine strana;

parche

il poeta

non

sappia lil)erarsi dal-l'ideaaffannosa ciin

un

bel corpo

non

èaltro infino che

un

sapiente aggregatodi muscoli e d'ossa,

che

la patria è soffocata dal cosmopolitismo,chelafede esige

una benda

sugli occhi.

L'i(hiale fa a pugni colla realtà

che

ci salta agli occhi ad ogni tratto; la realtà

nuda

ci offende la

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vista,

e

un

estetico

contemperamento

dell'ideale colla realtà,

contemperamento

in cui io ripongo l'arte vera,

non

è ancora trovato.

Onde

ci sono

due

liriche

ben

distinte: Induescuolevaneggiailpopol dotto;

Lavecchiaalveroiltorbo occhiorifiuta

Lanuovailletterarioabitomuta Comeilpanciotto.

Parlo del

mio

paese

dove

questadistinzionedelle

due

liriche è manifestissima e profonda: tanta è nelle presenti generazionila

smania

del

nuovo

che esse persino ingiustamente si ribellano contro ciò che

ha

fatto la delizia delle generazioni passate, e trascorrendoi limitidell'onesto

non

si contentano disclamare:

« questo

non

risponde più ai bi-sognidell'animonostro»

— ma

gridanoaddirittura:

« questo è brutto1 »

— Le

teste ancor bionde sono inguerra aperta colle

venerande

testecanute:

i vecchi sorridono

compassionevolmente