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rimprovero che gli si mosse da alcuno, il quale ritorse contro lui il famoso verso del Foscolo ;

Odio il verso che suona e che non crea.

No, non

si

può

dire del verso dell'Aleardi che esso solamente suoni: il verso dell'Aleardi di-pinge, il che

ognun vede

esser ben altro.

Mi

si

obbietterà:

ma

la pittura crea anch'essa.

Ed

io lo credo.

Ma

se la pittura crea,

anche

il verso dell'Aleardi è creatore.

Ed appunto

nasce dalla sua poesia quel

cumulo

di affetti soavi e dolorosi, di pensieri dolci e solenni che la vista di

un quadro

suscita nell'animo nostro. Il poeta

non

cerca egli stesso, perchè

non

è

da

tanto, le re-lazioni arcane che intercedono fra le

anime

e le cose,

ma

le lascia indovinare al lettore: egli si

contenta di presentargli innanzi il

quadro

splen-dido e vivo.

Questoè, a parer mio, il punto di vista al quale bisogna collocarsi per

bene

esaminare l'Aleardi:

unico effetto, acui egli inconsapevolmente riesce, è di offrirci dinanzi agli occhi la natura quale essa si riflette nella sua serena

anima

di pittore.

E non

vi paia poca cosa: nessuno ignora

quanto

difficile sia cogliere

un

solo degli aspetti di que-sta multiforme natura: ed io per

me

in moltis-simi casi preferisco il poeta il quale

mi pone

innanzi la realtà della cosa, aquello

che

adden-trandosi nella

medesima

con le proprie passioni e con le proprie credenze preventive,

ne

altera spesso la natura e finisce con presentarla tale quale

veramente non

esiste

che

in

una

fantasia concitata.

L'Aleardi, il quale della natura

non vede

coi suoi occhi di pittore che la bellezza , riesce nel suo canto affascinante esoave: qualche cosa della grazia e del

profumo

dei fiori

rimane

appiccicato ai suoi versi e so tu li leggi a voce alta, par che dalle

onde

sonore si sprigionino incensi di

mente

silvestri e di gelsomini:

Veniali'! in quella vapolamlo a volo Festivo e obliquo iluc farfalle, e l'una L'altra inseguiva, petali viventi Portati via dal zcffiro. Le vide L'altissimo pittore, e a lei rivolto Che si tacca: Mira, amor mio, le disse,

La nostra vita fia corno la vita Di quelle due felici vagabondo:

-

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-Sempre in mezzo all'aprii. Sarà un perenne Inseguirsi d'amore, una perenne

Visita ai fiori della gioia, sempre Inebriati e liberi. L'avara Felicità,pei-petua viatrice

Scontri talora un solo istante al mondo,

E

se ritardi ad afferrarla, sfugge, Ne per rimpianti più torna. Quaggiuso Or tutto odora, tutto cautaj l'aura Che tu respiri ondeggia ai trilli novi Degli augelli sposati: è tutta piena Dell'en-abondo polline dei fiori:

L'acqua e la terra cantano l'eterno Epitalamio della vita: tutto

Ama

quaggiù: lasciati amare, o bella.

La

natura, ho detto,

non ha

per lui che voci di speranza e di letizia;

ma

chi si è misurato corpo a corpo con questa Circe allettatrice, e sperando scoprirla sotto ai suoi veli

impenetra-bili la studiò a lungo a lungo, e dalla lotta usci colle

membra

affaticate e stanche, costui si irrita di vedere

come

essa

non

dispensi che sorrisi e carezze a

un

suo figlio eletto, il quale là , ove

altri trova il dubbio o la realtà più

amara che

il dubbio, trova la fede e la forza.

E

tanto

va

oltre questa irritazione che egli qualifica poi di imbelle e di sfiancata questa ascetica e serena contemplazione della natura.

E pure

è anch'esso

un

segno meraviglioso dei tempi questo opporsi con tutta laforza degli ultimi argomenti incontro all'invadente verità abbattitrice delle dolci

illu-—

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sioni antiche: l'Aleardi

non

è

mica un

solo in-dividuo;

come

poeta, egli rappresenta larga parte della coscienza odierna la quale in onta a tutti

i responsi della scienza, in onta alle beffe e alle sfuriate deifilosofi nuovi,vuole

ancora

combattere sotto le bandiere del

buon tempo

antico.

L'Aleardi è secondo

me

il poeta

moderno

in cui più si riflette il sentimento della natura quale

veramente

lo possedevano quei Greci adoratori delle

forme

i quali ci

han

lasciato i più grandi capolavori in fatto di bellezza esteriore.

Appunto

perchè

non ha una

spiccata individualità, egli

mi

riesce più antico di Enotrio

Romano,

il quale fa

sempre

capolino collasua

demagogia anche

tra

i fauni e le

Amadriadi

delle selve elleniche.

Lo

Aleardi

non

è

pagano, non

è cristiano,

non

è razionalista ; è

semplicemente un

idolatra di

quante

cose belle gli

cadon

sott'occhio: nel

mondo

delle cose

ama

il cielo azzurro, il verde prima-verile, gl'insetti turbinanti quasi polviscolo d'oro,

il gorgheggio dogli uccelli, le peregrinazioni delle rondini,il volo geometrico delle

gru

e

va

dicendo:

nel

mondo

delle idee

ama

le fedi tranquille, le sofferenze coraggiose, la scienza facile;

ama

le

donno

malinconiche, dalla « splendida testa d'Ita-liana », le quali dimentiche del

mondo

si adat-tino a lasciarsi incoronare da lui di alloro,

che

mangino

con lui sopra

un

desco di roso e di viole, che

quando hanno

sete si contentino di

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bere la goccia

d'acqua

che sta nel calice dei fiori...

.

Odi, Maria:

Siam due poveri soli, e dispettosi Del social deserto: e a le serene Gioie anelanti che non dona in terra Che la casa materna e la diletta

Famiglia d'ogni giorno. Or bene, in questa Via che ne avanza dell'esilio amaro, Se mei concedi, io ti verrò secondo;

Ti fascerò di bende il faticato Piede, perchè non sanguini: coi molli Muschi divelti alle natali ombrie Farò sponda alla tua splendida testa D'Italiana: a suaderti il sonno Ti canterò la mia canzon più bella.

Quandoil sol brucierà per lacampagna, Ricorreremo all'odorosa tenda

D'un acacia tardiva; il sol potrebbe Farmiti bruna: ove dall'erte rupi Traditore ne incolga il tempo nero, Di freschi allori ti farò ghirlanda.

Così reina e poetessaandrai Rispettata dai fulmini la chioma Sovra undesco di rose e di viole Ti frangerò il mio pane: e quando lassa Sotto l'arsura mi.dirai: Fratello,

Ho

tanta sete!

io cercherò le lande In traccia d'acqua viva, ese la terra

Non le consente, ti corrò pei solchi L'onda del ciel nel calice dei fiori

Che Dio prepara all'augellin che migra.

Qui, sebbene atutta

prima

ladolcezza del verso

go-ti seduca,

non

puoi a

lungo andare

contentartene:

le imagini sono assolutamente troppo iperboliclie e l'ingenuità confina colla ridicolaggine. Impos-sibile figurarsi

anche

alla lontana

un quadro

si-mile: e questa impossibilitàuccide l'ammirazione.

Tal effetto deriva, a

mio

avviso,

da

quel

so-vrabbondante amore

di pittura, da quella