Gentipie chepregato])rimiiili jwrvi aletto
Nonpregatopeimorti chestan nel cataletto;
Nonprogatei)ergli ospitideltenebroreeterno Chedalmondo partendo sonouscitid'inforno.
Stesiplacidamenteeconlebraccia in croce Dellasacranatura ascoltanolavoce:
Sentonla vitaimmensachesipreparaalsol.-.
Han nei caiioglirumitleradicidelle viole.
Hannei pugnigli stelirho diverrannoaln-'ti:
Imortinella terra sonotranquillielieti.
Ma
tosto questolampo
di luce sorena sispegne
;e qui comincia la sorie degli anni più tetri epiù infelici vissuti dal povero Praga, anni di
scon-forti orribili e di conseguenti errori, da cui tras-sero poi i suoi implacabili nemici
argomento
per—
169—
dipingerlo agli occhi altrui gavazzante per vizio e per abitudine, spoglio di ogni resto di delica-tezza, ravvivante nelle bettole la
musa
straccae briaca.Ho
già detto che ionon
voglio qui toc-care delle sue private sventure:certamente
lo faranno i posteri che in essevedranno
la causa della suamorte
precoce; vi basti che sconforta-tissimo della vita, separato dall'unico essere che egliadorava
e che avrebbe potuto dargli coraggio a soffrire dignitosamente, dal suo bambino, di giorno in giorno s'andava facendo più cupo. Ta-lora, ad assai lunghi intervalli,comparivano
nelleSerate
Italiane alcuni suoicomponimenti;
lamedesima
originalitàsemplicee carissimadiforma,ma un
contenuto più debole, in cui ad ora ad ora èanche
più sensibile il sogghigno cinico ;il livore, l'indignazione sono spariti, resta la brutta apatia : « Io
mi
sdraionelV
inediamia Senz'irà
esenza pianto
».E
intanto egli sipreparava
con indifferenza crudeleun
più crudele suicidio.Si, Emilio
Praga
bevette l'assenzio.L'affasci-nante
occhio verdastro del maledetto liquoreche Alfred deMusset
ebbe il torto di render famoso,ammiccò
al disgraziato ai cui piedi eran cadute spente aduna
aduna
le illusioni, le speranze di gloria, gliamori
più santi.La
noia, l'accidia checome gangrena
lo rodeva lenta,non
gliper-mettevano
più l'impeto lirico già così facile in—
170lui, ed egli, pazzo,credette di ravvivarlo bevendo, e cedette agli inviti del celebre veleno. forse chi sa che
non
gli chiedesse l'oblio diun mondo
di rovine su cui,
povero
esule, eraeternamente
seduto? Chi osa penetrare nei segreti di quella vita cosi rigogliosa dapprima, cosi santa per ge-nerose ispirazioni, e spentasi a35
anni? Chi oserà affermare che l'abbia ucciso niuttosto l'al-coolche
il dolore? Del resto si ècome sempre
esagerato fino al ridicolo questoamor
delPraga
per ciò che si vollechiamare
orgia; e gli amici, (juelli che gli iuroncompagni
in quel ì)reve tra-gitto della sua vita, lianno abbastanza lavato ilnome
suoda
questa ridicolae bugiarda macchia.Oh, per carità,
non
siconfonda
ilPraga
con quei letteratuzzi ad ogni costo,che
trascinano pei ne-gozi di liquori la loro esistenza zingaresca, equando
son ubbriachi si credon poeti.Il
Casanova ha
testé pubblicato, percura
di Cesare Molineri, i versi inediti del Praga, perlamaggior
partescritti negli ultimi anni di sua vita.Bastala delicatezzasoavissima di molti fradi essi,
l'argomento mito e la
forma
serena por farema-nifesta la calunnia.
Il pensiero del pov^^o
padre va
assiduamenteal diletto bambino, unico raggio in tanta notte di sentimenti e di pensieri; e
ancora
nel 1874,si
può
dire alla vigilia della suamorte
,scri-veva
:—
171—
AlmioErede,
Io sonpoveroalpardiun fraticello;
Ma
tuseivispo,rubicondoe bello.L'avveniretusei,
L'ultima legge ormaideigiorni miei.
Tilascio, amicomio,moltesciagure Dicuifaraitesoro:
Esse valgono
—
sai?—
nell'oreoscureOh
! moltopiùdell'oro!Tilascioisogni miei, leillusioni, Milleimmaginigaiee lecanzoni Cheleggeraipensando
Dichivissedite,miovenerando.
IVIiobelvecchietto dalle cliiome bionde.
Chegià osserviegià pensi,
Cuinongiunseroancorlemuriimmonde Dall'animanei sensi!
Tilascioilmeglio chemirestaancora;
Ilpio desir di unacelesteaurora, Dei pedantiildisprezzo,
E
lamanìadicercar perleal lezzo.Tilascio
—
forse—
alcuneavite botti, IlvecchioDanteondeal cielosiarripa, E,ausUiatrice dinonvacuenotti, Un'eccellentepipa!Giudichi chi
ha
fior disenno
se in questi versi c'è l'uomo abituato a lasciar la ragione e la di-gnità nel fondo diun
calice di assenzio.Ricapitoliamo questi pochi concetti.
C'era in Italia
una
poesia, la quale ricavava le—
172sue ispirazioni da speculazioni affatto ideali che
non avevano
nella realtà alcunaforma
corri-spondente: il poeta,una
specie di esserenon umano,
spaziava nelle nubistimando
venirmeno
alla propria nobile natura col discendere
un
po-chino a urtar coi gomiti la folla; per questa poesia c'erano e frasi ed imagini bell'e fatte e rubate ai diversi classici modelli senza pensare che questi l'avevano ricavatenon
dall'imitazione altrui,ma
dal proprio cuore e dal proprio pen-siero; a questa poesia era affatto estranea la vita materiale, ilmondo
psicologico, la natura sorpresa nei suoi segreti.Un
po'più tardierano
stato uniche sorgenti di ispirazioni vitali,V
idea dei veri filosofici e*l' idea della patria,da
cui erano, fra le altre, sgorgate learmonie
tristis-sime del Leopardi, leguerriere di tanti forti ita-liani, e la satira
immortale
del Giusti.Emilio
Praga
strappò questo solitario ascetico poeta alle sue sterili speculazioni, trasse in terra, nellabella e dolco terra la poesia, e costei, stanca dei voli nell'azzurro infinito, si adagiòvoluttuo-samente
sui prati pieni dell'incenso dei fiori;sussultò di gioia all'aspetto delle splendide
ma-rino, confortò ipolmoni
indeboliti coU'ossigeno dei monti.Lo
sorrisocaramente
la terraed essanon
ritornò greca adoratrice della bellezza su-perficiale, ma,animata
dal soffio del Cristo, pu-rificatosi dalle superstizioni medioevali, nellabel-—
173—
lezza della
forma
studiò edamò
la bellezza del-l'essenza.Poi Emilio
Praga
la fé' innoltrare fra i volghi:ed essa pianse allò splendide miserie
mascherate
di indifferenza, pianse ai fieri dubbi degli ingegni impazienti del vero; si curvòsulle culle dei
bimbi
a tradurre inarmonia
il loro alito profumato, lesse nei cuori dei buoni e dei vili, fremette alle voluttà acri ed acute delmoderno
sensualismo, cantò inuna
parolal'eternoproblema
della vita...Questo fu il realismo tanto combattuto, realismo che si associa mirabilmente ad
un ben
inteso idealismo ; realismo di cui ilPraga
fu ilprimo
e più forte campione.
Rida
chi vuole; ci gridino artisti dell'avvenire, ci mostrinosogghignando
l'ospedale dei pazzi, ci accusino dimancar
di rispetto allamemoria
degli avi, meglio le mille volte gioire, piangere, delirare con i nostri fra-telli viandanti nelmondo,
che ritrarre il piede da loro e avvolti nelle pieghe della classicatogacamminar
solitari e superbi per sentieri aerei, senza limite alcuno.I nostri buoni avi al bel
tempo
della lor gio-vinezzanon han
fatto altrimenti:pur venerando
i loro vecchi,
pensarono
colla testa loro, sentirono col cuore del lorosecolo e perciòsono immortali.Quei cari folletti che ora, o padri accigliati, vi scherzano intorno coi soldatini di piombo, fra poco
sopravanzeranno
d'assai la stessa arditezza—
174del