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si nasconda per avventura un concetto di pro- pro-fondità non avvertita : trova nel mondo esterno

la nota della gioia e del dolore,

ma

quella gioia e quel dolore

non

fanno che sfiorare l'animasua,

non

vilasciano

un

solco, e

raramente

vi suscitano pensieri alti e nuovi." Chi

non vede

quale inde-terminatezza di concetto, -quale sproporzione di imagini sovrabbondanti a scapito della sostanza siano in questi versi?

Hai tu veduto

Nella convalle di Siddim profonda.

Sotto il nitido ciel di Palestina

-

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Hai veduto brillar sinistramente La laguna d'Asfalte? Oh, qujUe coste Di maledetta cenere dipinte,

Sempre avversarie d'ogni cosa viva;

Quello stridir di profuga cicogna Che agli orli della jiertìda marina Muor sitibonda: quel sepolcro d'ai-que Djlle cinqui? città di piccatori Dove persin quando viaggia il nembo Tacito passa e folgore non vibra.

Se la vedesti,disperata è quella

Una mi^;eria che ti stringa» il core

Amarìssimamente.

E

pure è in terra

Una miseria ancor più luttuosa.

Uno spettacol dove più ti pare La vendetta di Dio significata.

K

un vanitoso popolo d'imbelli Vecchi che da trecento anni riposa Sognatore perpetuo, e ravvolto Nella sdrucita porpora degli avi

\\ patrio sole liberal le meuìbra Scalda e beve le molli aure d'autunno Immemore sui campi ove pugnaro

D.i lioni i suoi pvdri

A

piene mani Cospargiamo d'elli'huro e di densi Papaveri la via.

Certo tutti i particolari son belli e

maestre-volmente

rappresentati;

ma

la

smania

di fare ad ogni costo

un

quadrettino,

un

paesaggio, lospinge a tal

paragone

che a

me

par

davvero

infelice,:

e

non

so capire

come

proprio sia atta la laguna d'Asfalto a darci l'imagine dell'angoscia che ci

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,

stringe il cuore al vedere

un

popolo d'infingardi e d'imbelli vecchi :

questo è

un ben

ritrarre la natura,

ma non

credo sia

un bene

intenderla.

E mi

è

prova

che essa, laeterna giovinetta,

ama

bensi mostrarsi al poeta nella sua bellezza,

ma

non

lo

ammette

alla gioia più

grande

diascoltarne l'arcano susurro.

Non

so trattenermi dal recarvi invece

un

esem-pio, nel quale, per ottenere il

maggior

effetto, il

poeta

non ha

che a dipingere, senza alcun

biso-gno

di scoprire nel fatto le ragioni intime della sua bellezza e di farle egli stesso risultare ; in tal caso la poesia aleardiana raggiunge la per-fezione :

Vedi quella valle intenniuata Che lungo la toscana onda spiega Quasi tappeto di smeraldi adorno Che de le molli deità marine

L'orma attenda odorosa?

Essa è di venti Obliate cittadi il cimitero,

È

la palude che dal Ponto ha nome.

placida s'allunga e da dense Famiglie di vivaci erbe sorrisa,

Che ti pare una Tempe, a cui sol manchi

Il venturoso abitatore.

E

pure

Tra i solchi rei de la saturnia terra Cresce perenne una virtù funesta Che si chiama la morte. Allor che nelle Meste per tanta luce ore d'estate Il sole incombe assiduamente ai campi.

Traggono a mille qui, come la dura

Fame

ne li consiglia, i mietitori;

Ed hall tigura di color che vanno Dolorosi all'esiglio, o già le brune Pupille il velenato aere ((jntrista.

Qui non la nota d'amoroso augello QuoH'anime consola; e non allegra Ninna canzone dei natali Abruzzi

L'3 patetiche bande. Taciturni Falcian le messi di signori ignoti:

K

quando la sudata opra è consunta.

Riedono taciturni; e sol talora La passione dei ritorni addoppia Col domestico suon la cornamusa.

-Vili,

ma

non riedon tutti: e v'ha chi siede

Moribondo in un solco; e col supremo Sguardo ricerca d"un fedel jìarente Che la mercè de la sua vita rechi .Vlla trenjula madre e la parola

Del figliuol che non torna.

E

m?ntre muore

('i)sì solo e deserto, ode lontano

1 viatori cui misura il j>a.sso Col domestico suon la cornamusa.

E

allor che nei venturi anni discende

.\ cor le messi un orfanello, e sent*

Tremar sotto un nianiitolo la falce, L;igrima e [M>nsa: questa spiga forse ("r.'bbe .sulW insepolta' ossa j»at4.>nie.

Ben

disse

Gaetano

Trezza che basterebbero questi versi soli a gridare l'Aleardi poeta.

Ma

appunto

q>ii vedete che tutto ò pittura eche l'arte

somma

dtdrarti>ta

non

consiste che nel ravvici-nare fra loro o rappresentare

naturalmente

le varie fasi del tristissimo episodio.

E

in quest'arte

«' insuperabile l'Aleardi.

-

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-Confermato

così com'egli

mal

sia capace d'in-tendere

profondamente

il significato e il linguag-gio delle cose e di compararle fra loro per trarne le più alte conseguenze,

mi

par naturale che di fronte alla scienza egli si rimpiccinisca e

non domandi

niente affatto alla natura la soluzione dell'eternoproblema.

Come

scienziato, ripeto,

non

so pigliarlo sul serio, ed

ho

per

fermo che

egli

non

usò altrimenti la scienza che

come mezzo

efficacissimo di pittura. Leggetelo nella

Prime

storie: la

sua

erudizionecirca alle origini

umane non

esce fuor dei confini della tradizione biblica ed egli le

narra

imperterrito

come

se la geologia e l'antropologia che

han

fatto tanti buchinelle an-tiche leggende,

non

esistessero per lui.

Ed

egli certissimamente

non

ignorava lavanità scientifica delle sue asserzioni:

ma

questepoteano dar luogo

a

quadretti così gentili!

E

a lui questo bastava.

Dappertutto in questo canto

domina una

inde-terminatezza d'imagini,

un'abbondanza

di pitture

vaghe

edincerte,

un

ondeggiare tra il paesaggio terrestre ed

un

ipotetico celeste,

uno

sfilare in-cessante di lonicere celesti, di

conche d'ambra,

di valli sorrise d'asfodillo, dicorolle cernie, di cavità di granito e via via, tanto

da

tradire le mille mi-glia lontano il pittore dilettante di storia natu-rale.

E

io

non mi

meraviglio

punto

che Michele Lessona lo citi talora nei suoi cari libri,

come

si citerebbe

Linneo

o

De CandoUe.

Ma

dalla vera scienza siamo lontanissimi.

L'ho

detto: le più snperficiali pai'venze della natura e della storia son più che sufficienti a questo greco pittore di cose bolle e gentili : ahi, se lanatura gli si fosse

maggiormente

svelata, se la serenità delle sue iniagini, iridescenti bolle di sapone gonfiate dalla fede,

ne

fossestataturbata, se sotto il sorriso delle cose avesse visto leloro lagrime

— sunt

la-crymae rerum — oh dove

sarebbe ita tutta quella ricchezza di colori allegri e splendidi

che

fanno festanei suoi versi sonori?

Mi

direto:

ma

sarebbe riuscito vero.

E neanco

adesso

non

è falso:

quanto

alle