Canto
gliamori
deisette peccati-Che mi stanno
nelcor come
inun tempio -Inginocchiati — Ecco
il ritorno, ora così sen-sibile, all'epicureismo pagano,ma non
già a quel-l'epicureismo classico, di sentimento affatto antico che il Carducciha
tentato nelleOdi Barbare,
ma
aun
epicureismomoderno
derivante in linea retta dalle dottrine materialistiche.E
badate: ioson
ben
lontanodal farnel'apologia; solomi preme
rilevare il fatto die il Praga,
primo
fra i poeti moderni, espressein arte questomateriahsmo
giàdominante
nella scienza.E
questo perprova
che nell'anima del poeta si ripercotevano le varie voci dellamoderna
coscienza.Del resto, questo fatto
aveva una
ben più im-portanteconseguenza;
questa cioè di distaccare l'arte dal convenzionalismo stracco allora prepon-derante, o di ridurla a esprimeresemplicemente
affetti reali in lingua universale. Al qual propo-sito oso dire che il
Praga
fece porla poesia ita-liaila ciò che per la prosaaveva
fatto ilManzoni.
Eglifu il creatore di
una nuova maniera
di poe-tare,con
la quale alle cose sidavano
i propriinomi
e le proprie imagini senza ricorrere ai va-niloqui classici, ottimi per i secoli passati (in cui corrispondevano airi(lealit;\ del sentimento),ma
nei tempi presenti veri assassini del pensiero e dell'ispirazione.
—
153—
E
diuna
sopraffinae soavissima naturalezza di stile egliaveva
già dato esempio nella suaprima
pubblicazione che fu la raccolta dei versi intito-lata•:Tavolozza.
Il giovane poetacominciava
al-lora la sua battaglia colmondo;
fidente, sereno,innamorato
delle bellezze della natura, il versogli sgorga in
onda
diarmonia
dolcissima dal cuore; lo stessoPraga
certonon
credeva allora didover
essere più tardi il cantore delle noie, dei delirii, delle lascivie dell'età sua; giovinezzagli sorrideva nell'animo e nei pensieri, e il con-tatto con la vita
non aveva
ancorasviluppato in lui igermi
di quella sazietà e di quelcupo
fa-stidio che sventure d'ognimaniera mutarono
poi inuno
sgraziato cinismo. Eccolo; egliha
sotto-braccio la sua tavolozza di pittore, ed estatico, con occhi pieni di amore,contempla
le bellezze d'un paesaggio di riviera; pittore e poeta, leimmagini
gli si afi'ollano sotto il pennello e sotto lapenna;
egli spiega la suatela e intanto canta:Schiudestiappenailtuo logoro ombrello.
E
già d'urtiediinchiesteticirconda Dipescatoriungarrulo drappello,E
duraleggeèpur che tu risponda.—
Eh, chemaifa?—
Dipingo.— Oh
bello,ohbello!—
Ma
come?—
Comeposso.— E
cosa?—
L'onda.—
L'ondadelmar?...Ci mettaancheunbattello.
—
Iltuo, no,ilmiocheazzurriharemiesponda.
—
—
3Ia delquadro chela, lassùa Jlilano V—
Al prossimodibuonavolontà Lovendo comel'ostriche eilmerlano.T>agentecrollailcapoeseneva,
Dicendo:
—
èun pazzo—
ediosoggiungo piano:—
V'hacliitalicicredeanchein città.—
Dolcissimi son tutti gli affetti della
Tavolozza
e amala pena
nel poeta che più tarJi aguzzeràil verso
come
filo di pugnale e lotemprerà
al ghigno e alla maledizione soventi, si riconosce l'autore delle serene fantasie color di cielo, che splendono nel suo giovane volume.E
forse sa-rebbe rimastosempre
cosi sereno, se per qualche strano caso egli si fosse tenuto lontano dalmare magno
diuna
società avida di scienza e di pia-ceri;ma
l'anima sua vastissima in cui tanta partedi vita si rifletteva,
non
poteva comjxirtare questadura
solitudine, e il segreto della esistenzamo-derna
gli si dischiuse bensì,ma domandando
incambio da
lui il sagrificio della sua gioia e delle sue rosee illusioni.Le Pcnomhre,
ossia il secondovolume
di versi pubblicato dalPraga, sono il vero trionfo di quell' artistica naturalezza, a cui ho accennato , il vero trionfo diun
realismobene
inteso: il poetaha
rinunziatoagli id<'ali vuoti di senso,ma
in ogni suo verso sorrideuna
amabile reale idealità, la quale inmodo
naturale scatu-risce dallo stessoargomento.
—
155—
E anche
nelle ultimepoesie del volume,quando
già comincia a rivelarsiquanto
buioincomba
sul-l'animadel giovane poeta,
,
quando
già il baleno rapido e sinistro del sogghigno comincia a far ca-polino,pure anche
di là,anche
dallecupe
fantasie esceun
raggio di luce limpida e feconda.Fra
leprimissime del
volume
è quella intitolata:Me-morie
del presbitero; eccovene alcune strofe:Ibeigiorni trascorsialpresbitero! miosauto curato,
Cilealgiovinettoamico
Scliiudestiildolceasilointemerato
E
l'animopudico,Benchéorlungida
me
tusiasepolto, Ti parlo ancora, etiriveggoinvolto.Ioche nonamoipreti, io piangoancora,
A
quel veccliiopensando.Che nveadi vangelo;
D'unvoloilbenedettoanimoblando Andòa posarsi incielo,
E
il vescovonarròch'egli èperduto Perchè cantavaildìdelloStatuto.Secantava!Iolovidiaffaccendato I vessilliaintrecciare,
Mentre, insiemcollafante Io l'aiutavaadallestir l'altare;
Comeufficiò esultante.
Comepuralavoceal ciels'ergea,
E
più bella delsolitoparca!—
lÒG—
Poveroainiix», addio! quel ina/zolinoHo
ancor cheinidonasti Quando datepartìa ...Diquestifiorchetanti> interraamasti La tua borgatajna
Ti orni la fossa,enelteniiiolontana Mestoancorticoltiviil terrazzano!
E quanta
soavità in questi altri versi:Io conos^eadue^ispe vecchierelle Chevicino abitavanodicasa:
Leduecuffieeranseini)re alla finestra.
E
perl'ariaveniaUn
confuso cianciar piendi allegria.Parevanleduecandidecuffiettv
Traqueivasi di fiorduo tortorelle
E
orrivolti alla stra<la,oraallagronila Quattroocchit'tti brillantiStudiavangli uicellettiei viandanti.
L'uria delle vecchiette cade malata e
muore
:L'ammalatamorì: fuunepitaffii»
Breveallaporta dellachiesa, e un ri<|UÌo Dipiù. L'altra tornò nellasuacasa Stretta,osi-ura. jindica
(.'ome labara d'dl'estintaamica.
Quando
))enso ciie questonuovo
melodie echep-piavano pei* lainima
volta inun tempo
in cui tutta l'arte o specialmente la jtoesia si schie-lava pedissequa dietroun
grettoconvenziona-lisuK» di
immagini
e di frasi, e i poeti soffocavano, strisciando le loro fantasie sulla falsariga deimo-delli, la ispirazione vergine od ingenua, dav\«Mv>
—
157—
che il
Praga mi
pare abbia dato il segnaled'una grande
e salutare risurrezione; la poesia,oramai non
più aristocraticamatrona
schiva di contatti plebei , discendeva famigliare tra i volghiricer-candone
e dipingendone gli affetti quotidiani ecomuni
; tutte enove
lemuse parevano
disertare le regioni alte e solitarie delParnaso
per toccar coi piedi la terra ;non
piùuna
fantasticadonna
idealeporgeva
ai poeti learidemammelle, ma
essi si nutrivano al latte inesauribile dellagran madre
Cibele, della natura, della vita universa.
Guar-datevi dattorno, diceva ilPraga
con lasuanuova
e profetica eloquenza, ogni manifestazione di que-sta vita è fresca sorgente di inni e di canzoni:
non
spaziate nelle nubi cercando scopi reconditi, e regioni misteriose: lanatura
è stata fin quistranamente
negletta; dipingetenele bellezze e le attività e le forze, dipingete voi stessi in questo formicolio di passioni giganti e piccine, di subli-mità e di ridicolaggini, di lampi di genio e di lazzida
buffoni. Cosicreerete l'artevera
e reale:e quest'arte
vera non ha
altro scopo che sé me-desima.Questo diceva il
Praga
con l'esempio dei suoi versi, e questi sonoanche
oggidì i canoni cheoramai
i piùhanno ammessi come
leggiimmu-tabili dell'arte
buona
e novella.Pure
ilPraga
in quei tempimi ha
l'aria diun
Giovanni
Battista. Chi sei,domandavano
a costui158
i Leviti; ed egli : Io sono la voce che grida nel deserto.
Nel modo
stesso il nostro poetaponeva
alle sue
Penombre
questa malinconica epigrafe:Nos
canìnius surdis, noicantiamo
ai sordi.Le prime
beffe gli piovono sul capo, gliamareggiano
ranima come
fiele e dall'alto dei loro scrannida
pedagoghi i tronfii letteratuz/.i infarinati di crusca, emaestosamente
latineggianti , conun
sorriso olimpico di compassione te lomettono
addirittura albando
dell'arte, e mostrate a dito alcune stranezze o arditezze diforma
di cui tutto quanto sispaventava
il loro classico letterario virgineo pudore, ci facevano su delle sghignaz-zate solenni; e dieti-o di essi saltellava battendole
mani
tuttauna
folla di nani che arrampi-candosi sullafama
abbattuta del povero Pi-aga,speravano
di parere più alti.Noigiovani,
non schernivamo
vilmente;ma
pursi
guardava
con «liflìdenza alnuovo
venuto.Già
l'ho detto parlando del Carducci: nella nostra testaronzavano
allora tutte lememorie
deiGin-na.sii e dei Licri,
sognavamo
il fracasso delmondo
antico e delle frasi antiche, e'
inchinavamo
din-nanzia Catone,l'uomo
jiiù uggioso di tuttaquanta l'antichità,confondevamo
insiemeBruto
e R<v vaillac, Spartaco e Garibaldi, enon
infilavamoil soprabito
nemmeno
sotto i portici per avere ilportamento
più democratico.Quante
orribili pipeda
cinque centesimi furono allora gli eoìbleini dei—
159—
nostri fieri sensi repuìjblicani! Viventicosi in
un mondo immaginario, come
ci poteva persuadereil poeta della semplice natura, il poeta degli af-fetti moderni, colui che ci
scendeva
nel cuoreri-cercandovii sensi piùnaturali e veraci? Mollezze, mollezze!
gridavamo
noi col cappello fieramente calcato sulla nuca, tirando dalla pipa impetuose boccate difumo
repubblicano: mollezze! equando
s'era soli si toglieva di tascail libro e si leggeva avidamente,mera\igliati noi stessiche quelle mol-lezze ci toccasserotanto ilcuore.Ma come
si tardò a confessarlo!Come
si tardò a perdere il vezzo del convenzionale altosonante periodare latino !Ah
Emilio! io, e conme
quanti di coloro che in queitempitiguardavano
condiffidenza edisdegno, ridiciamooravivamente commmossi
i tuoi versi, e sorridiamo d'orgoglioquando
altri avvicina ilnostro al tuo
nome
chiamandoci beflFardamente artisti dell'avvenire!Ma torniamo
alui. Lettori miei,venne un
giorno fehce,un
giorno d'inenarrabile gioia infinita per questo poeta degli afiettiveramente umani: un
giorno in cui l'anima suaparve
glicrescessegi-gante nel petto, e nel cuore gli affluisse caldo a cento doppi il
sangue
vitale. Il suo viso s'irrag-gia diuna
letizia chenon ha
l'eguale in terra,il genio delle dolci canzoni gli scintilla negli oc-chi rivolti al cielo in
rendimento
di grazie, egli trova l'ideale sognato,ma un
ideale tutto realtà,—
160colvolto ecol sorriso d'angioletto, con gli occhiet-tini splendidi di innocenza e di grazia, e allora il
futuro cantore di Serafina, della cortigiana
morta
e imputridita, grida a se stesso:
Ed ora
pulisciti.Mia povera
creta,Sian
puri, siaii limpidiGli
amor
del poeta.papà
emamme
che coprite di l)aci le testine bionde dei vostri amorini, avete indovinato il por-tento operatosi nel cuore del poeta?Gli è nato
un bambino
:Egli aperse queldì lesuefinestre, (juardò nelcielo eringraziò l'azzurro;
Sorriseai fiorieringraziòi profumi.
E
disse all'aura: ohdolceil tuo susurrolE
allerondini:addio,E
aipasseggier: vibenedica Iddio.E
allaparola Iddio,loassalse un'alta Riverenza, edall'animastupita Esclamò:—
Nume,leova, Signon»!Fortunati i riventiin questavitaI
Oh crea l'imperituro,
Regalaloalpassatoedalfuturo!
—
E
poidisse asostesso:—
Animamia Beri l'ambrosiadeipolmoni ansanti:Centuidioa letuefibred'amori'
Ti stempra, animamia,ti stompniincanti!
È
natoilbambinelloCandido,vi spo, vigoroso e bello.
È
natoilbambinello,ilsospirato, TIMi»8sia della placidacjuwtta:Eglièlà;nellaculla ò giàraccolto,
—
161—
E
glihallvestita giàlacamicetta,Lacamicetta bianca
Condue vaghiricami a destra e amanca.
Egliè là; sulsuo pallido visino Tuttiisogni delcieloha già sognati;
Credoagliangioli adesso, agli angioletti Di vagheaureolebiondeincoronati;
Volumi,iovisaluto
Imparail'universoinunminuto.
L'universoimparai! Nondomandate Allevita,al filosofo gliarcani;
Un
vagitodibimbo,ecco la fede Eccoilsegreto dei destiniumani!dubbii, sogni,addio!
Iovedoesentoebenedico Iddio.
Io vorrei potervelo citare tutto il
Canzoniere
delBimbo,
che questa sarebbelamigliormaniera
difarvene
ammirare
le delicatissime bellezze.Ma
confidoche questi soli versi vi
daranno un
com-pleto concetto di quell'anima singolare, capace di tante candidezze, di tanti sorrisi celesti.Vera
na-turadipoeta,EmilioPraga
riceveva profondissima nel cuore, l'impressione delle cose e dei fatti cir-costanti; allenissimo dal livore, amantissimoanzi per indole, (el'avete visto)non mai
disua volontà deliberataintuonò il canto della befi'a e dell'ira;ma
quel canto gli fu strappatoaforza dall'anima ed allora in altrettantofiele amarissimo si conver-tirono i dolci afiettisuoi.Nell'inferno dantesco,
anche
làdove
la pittura di patimenti orribili e schifosi- più atterrisce e11
—
162stringe il cuore,
anche
là penetra il viso celeste di Beatricecome
a conforto della via dolorosa:non
altrimenti nell'anima del Praga,mutata
più tardi inun
terribile inferno, passaatratti a tratti fino agli ultimi istanti di vita dell' infelice,una
luce serena, fulgidissima e rigeneratrice: è il sor-riso del suo bimbo,