SENZA DEI REQUISITI DI CUI AL COMMA 1
Ai sensi dell’articolo 2 comma 3 del decreto legislativo 81/2015 “le parti possono richiedere alle commissioni di cui all’articolo 76263 del
263 Dispone l’articolo 76 del decreto legislativo 276/2003 rubricato “Organi di certificazione” che “sono organi abilitati alla certificazione dei contratti
di lavoro le commissioni di certificazione istituite presso:
a) gli enti bilaterali costituiti nell'ambito territoriale di riferimento ovvero a livello nazionale quando la commissione di certificazione sia costituita nell'ambito di organismi bilaterali a competenza nazionale;
b) le Direzioni provinciali del lavoro e le province, secondo quanto stabilito da apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali entro sessanta giorni dalla entrata in vigore del presente decreto;
decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, la certificazione dell’assenza dei requisiti di cui al comma 1”.
Lo scopo perseguito dall’istituto della certificazione è attualmente “ridurre il contenzioso in “materia di lavoro”, dato che il riferimento alla qualificazione del rapporto che c’era nella versione dell’articolo
75 del decreto 276/2003264 è stato eliminato con il Collegato Lavoro
del 2010 265.
Dunque le “commissioni di certificazione” sono chiamate a certificare, a tal fine, anche l’assenza dei requisiti che comporterebbero l’applicazione della disciplina del lavoro
c) le università pubbliche e private, comprese le Fondazioni universitarie, registrate nell'albo di cui al comma 2, esclusivamente nell'ambito di rapporti di collaborazione e consulenza attivati con
docenti di diritto del lavoro di ruolo ai sensi dell'articolo 66 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382.
Per essere abilitate alla certificazione ai sensi del comma 1, le università sono tenute a registrarsi presso un apposito albo istituito presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali con apposito decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'istruzione, della università e della ricerca. Per ottenere la registrazione le università sono tenute a inviare, all'atto della registrazione e ogni sei mesi, studi ed elaborati contenenti indici e criteri giurisprudenziali di qualificazione dei contratti di lavoro con riferimento a tipologie di lavoro indicate dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Le commissioni istituite ai sensi dei commi che precedono possono concludere convenzioni con le quali prevedano la costituzione di una commissione unitaria di certificazione.”
264 L’originario articolo 75 del decreto legislativo 276/2003 recitava:” Al fine
di ridurre il contenzioso in materia di qualificazione dei contratti di lavoro intermittente, ripartito, a tempo parziale e a progetto di cui al presente decreto, nonche' dei contratti di associazione in partecipazione di cui agli articoli 2549-‐2554 del codice civile, le parti possono ottenere la certificazione del contratto secondo la procedura volontaria stabilita nel presente Titolo”
subordinato ex art. 2, comma uno del D.lgs. 81/2015.
La cosa di per sé “non sembrerebbe apportare alcuna novità di rilievo all’interno dell’ordinamento giuridico”, in quanto l’articolo 75 nell’attuale formula, del D.lgs 276/2003 dispone che le parti possano certificare qualsiasi contratto “in cui sia dedotta direttamente o
indirettamente una prestazione di lavoro”266
Però l’accertamento previsto dal comma 3 dell’articolo 2 del decreto legislativo 81/2015, è un accertamento in negativo mentre la certificazione dell’articolo 75 del decreto legislativo 276/2003 è in positivo, cioè volta a verificare l’esistenza dei requisiti propri di un particolare tipo di contratto.
Si può pertanto rilevare che, la certificazione dell’assenza dei requisiti di cui all’art. 2 comma 1, non impedisce al lavoratore e/o ai terzi interessati di rivendicare la riconducibilità del contratto al diverso tipo legale della subordinazione.
Viceversa, siccome certificando un contratto in positivo non si esclude una sola qualificazione ma tutte le altre qualificazioni ad eccezione di quella accertata, sembrerebbe più efficace la certificazione ex art. 75 D.lgs. 276/2003, tuttalpiù accompagnata dalla esplicitazione dell’assenza dei requisiti di cui all’art. 2 comma I solo
a fini cautelativi267.
Inoltre deve tenersi conto del fatto che la valutazione del grado di intensità del coordinamento ai fini dell’applicazione della disciplina del lavoro subordinato ai sensi dell’art. 2, comma 1 del D.lgs n. 81 del 2015 resta un accertamento di fatto, riconducibile alla prestazione,
266 G. Bubola, D. Venturi, La parasubordinazione non etero-‐organizzata
dopo il Jobs Act, in WP ADAPT, 21 dicembre 2015, n. 187, p. 11.
267 Falsone M., La nuova certificazione dei contratti secondo il d.lgs.
81/2015: natura, questioni applicative e profili di diritto transitorio, in Note
mentre la certificazione, non potrà che avere ad oggetto, la conformità del contratto alle prescrizioni di legge.
Sembra quindi condivisibile l’opinione di chi ha osservato che questo tipo di certificazione “…sarà, …, del tutto irrilevante in caso di contenzioso, perché la controversia riguarderà la difformità dell’attuazione del rapporto rispetto a quanto esplicitato nel
documento contrattuale.”268
Infine le Commissioni potrebbero non essere all’altezza di
sbrogliare le già evidenziate difficoltà nell’inquadrare
sistematicamente la nuova disciplina ed individuare i nuovi confini tra subordinazione, etero-direzione e coordinamento.
Sotto tale aspetto sarebbe stato senza dubbio più opportuno prevedere l’obbligo (e non già la semplice possibilità) per il collaboratore di avvalersi di una assistenza qualificata.
È stato inoltre dato per scontato che “possano essere oggetto di apposita istanza di certificazione” anche le ipotesi di esclusione di cui all’articolo 2 comma 2 del decreto legislativo 81/2015, nonostante nessuna indicazione esplicita in tal senso.
In tale ottica si ritiene che “l’utilizzo dell’istituto della certificazione del contratto stipulato ai sensi dell’articolo 2 comma 2, del decreto legislativo 81 del 2015 risulta maggiormente interessante ove si consideri che tali collaborazioni non sono tour court escluse
268 Da notare come in D. Mezzacampo, La nuova figura delle collaborazioni
organizzate dal committente. Prime osservazioni, in Questione Giustizia,
fascicolo 3/2015, dica che “i requisiti di cui all’art. 2 comma 1 sono requisiti della prestazione: la certificazione invece avrà ad oggetto nella maggior parte dei casi, la conformità del documento contrattuale alle prescrizioni di legge…… questa certificazione sarà allora del tutto irrilevante in caso di contenzioso, perché la controversia riguarderà le difformità dell’attuazione del rapporto rispetto a quanto esplicitato nel documento contrattuale”
dalla riconduzione alla disciplina di rapporto di lavoro subordinato”269