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IL D.LGS 81/2015 E L’ABROGAZIONE TOTALE DEL SISTEMA INTRODOTTO

SISTEMA INTRODOTTO CON LE RIFORME DEL 2003 E 2012.

 

3.2.1. Lo smantellamento del sistema restrittivo chiuso.

L’elemento caratterizzante il decreto legislativo che ha attuato la delega di cui alla citata legge 183 del 2014 è il totale smantellamento del sistema introdotto dal 2003 (e successivamente perfezionato nel corso degli anni) che non era tanto importante per la introduzione della forma a progetto (la cui sorte pareva già segnata) quanto per la chiusura del sistema determinata dalla previsione del divieto di forme atipiche di collaborazione fatta eccezione per limitati casi di esclusione.

                                                                                                                          222  C.  Cost.    292/2000  

Il primo comma dell’art. 52, intitolato riduttivamente “Superamento del contratto a progetto” ha infatti in realtà disposto l’abrogazione delle disposizioni di cui agli artt. da 61 a 69 bis del decreto legislativo 276/2003 (ivi compreso il divieto di forme atipiche di collaborazioni coordinate e continuative di cui al’art. 69).

Inoltre l’abrogazione dell’articolo 69 bis elimina le presunzioni di collaborazione coordinata e continuativa (che abbiamo visto nel precedente capitolo) per i titolari di partita IVA che svolgono la prestazione secondo determinate modalità.

Si tratta quindi di una sostanziale liberalizzazione, piuttosto che di un “superamento”, apparentemente incompatibile con le indicazioni della legge delega.

Peraltro, quanto alla normativa abrogata, se è vero che i primi anni di applicazione della stessa hanno generato un forte contenzioso e contrasti giurisprudenziali e dottrinari, non è altrettanto vero che nel corso del tempo (e specie dopo la Riforma del 2012) si sia “definitivamente rivelata inidonea ad assolvere la funzione di

contrastare le pratiche elusive”223.

Si concorda invece con chi ha osservato come la precedente disciplina è stata sostanzialmente efficace nel “bonificare” il campo

delle collaborazioni dalle forme più sfacciatamente elusive224.

                                                                                                                         

223  Come   invece   ritiene   SANTORO   PASSARELLI   G.,   I   rapporti   di  

collaborazione   coordinata   e   continuativa.   Una   fattispecie   in   via   di   trasformazione?  Napoli,  2015,  p.  8.  

224  Magnani  M.  op.  ult.  Cit.  p22  Ancora  più  esplicito  Ichino  P.  “Sono  convinto  

che  la  drastica  riduzione  del  numero  dei  co.co.co.  registratasi  lungo  tutto   l’arco  dell’ultimo  decennio  sia  dovuta  al  requisito  del  “progetto”  imposto   dalla   legge   Biagi   del   2003   e   poi   alle   restrizioni   ulteriori   poste   dalla   legge   Fornero  nel  2012  (piaccia  o  non  piaccia  a  coloro  che  hanno  sparato  a  zero   contro  queste  due  leggi)”,  Appunti  irriverenti  sui  decreti  attuativi  del  Jobs   Act,  in  www.pietroichino.it  

3.2.2. Le intenzioni del legislatore delegato.

Quindi non si vede come si possa giungere alla conclusione che anche nella nuova normativa “il Legislatore si è mosso, come nella

Legge Fornero, in un’ottica esclusivamente antielusiva”225.

Anche senza considerare la liberalizzazione delle forme atipiche di collaborazione, risulterebbe infatti incoerente, in un’ottica antielusiva, abrogare proprio quella forma tipica di collaborazione coordinata e continuativa che, avendo ad oggetto prestazioni di risultato, rientra perfettamente nell’area del lavoro autonomo.

L’essenza della nuova disciplina va dunque ricercata altrove e potrebbe essere individuata nella sua vocazione interventista di “polarizzazione del mercato del lavoro, diretta a far convogliare le relazioni di lavoro di preferenza nell’alveo della subordinazione, ovvero, qualora ne esistano i presupposti, nel campo opposto della

autonomia tout court”226.

Tale impostazione non sembra tollerare forme ibride né tertium genus di rapporti di lavoro.

Si tratta però di una finalità che potrà cogliersi solo se e solo quando sarà completata dalla costruzione di un sistema di tutele per il lavoro autonomo (e solo se tale sistema sarà in grado di assicurare un sufficiente livello di tutele).

Ma dal momento che tale parte della riforma non è stata promulgata e nemmeno è stata attuata quella parte della delega che riconosce a tutte le forme di collaborazione un salario minimo orario, il decreto attuativo de quo finisce per scardinare il sistema precedente per sostituirlo con uno non solo “nuovo”, basato cioè, come vedremo, su

                                                                                                                         

225  Come  invece  ritiene  la  stessa  Magnani  M.  op.  ult.  Cit.,  p.    22.  

226  Bubola  G.,  Venturi  D.,  La  subordinazione  non  etero-­‐organizzata  dopo  il  

Jobs  Act,  in  WP  ADAPT,  21  dicembre  2015,  n.  187.  

presupposti completamente diversi e tutt’altro che univoci, ma, soprattutto “monco”.

Non si comprende quindi la fretta di licenziare una normativa che, in difetto di una sua componente fondamentale, rischia di sortire effetti controproducenti e negativi.

L’effetto di destabilizzazione del sistema sarebbe devastante se non fosse attenuato dalla suggestione legata al battage pubblicitario intorno ai nuovi decreti attuativi, e alla parola chiave “superamento delle collaborazioni” che ha sostanzialmente “paralizzato” il mercato del lavoro in attesa dei successivi sviluppi.

3.2.3. L’abrogazione del contratto a progetto e il regime transitorio.

La portata delle abrogazioni di cui all’art. 52 merita comunque qualche attenzione anche sotto il profilo pratico della sua attuazione.

Dalla data di entrata in vigore del provvedimento (25 giugno 2015), non è più possibile concludere e avviare nuovi contratti a progetto e ma gli stessi seguitano ad essere applicati per la regolazione dei contratti già in atto alla medesima data, senza la predeterminazione ex lege di un termine finale.

Quindi poiché i contratti a progetto possano devono avere un termine, determinato o determinabile, questo può rilevarsi abbastanza lontano nel tempo; senza considerare l’aspetto connesso relativo alla proroga dei contratti a progetto

Infatti il vincolo del progetto al raggiungimento del risultato potrebbe legittimare la stipulazione di proroghe.

Di sicuro tale eventualità sarà legittima per quei contratti a progetto che hanno ad oggetto una attività di ricerca scientifica. Infatti, l’articolo 61, comma 2 bis, del decreto legislativo n. 276 del 2003, prevede la legittimità ope legis non solo delle proroghe laddove l’attività venga ad essere prorogata ma, altresì, definisce l’automatica prosecuzione del progetto nel caso l’attività di ricerca venga ampliata

a temi connessi.

Risulta pertanto plausibile che i contratti a progetto sottoscritti prima o nell’immediatezza del 25 giugno 2015, data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 81 del 2015, possano seguitare a regolare rapporti giuridici sulla base della disciplina degli artt. 61 e ss. decreto legislativo n. 276 del 2003, ancora per un considerevole lasso di tempo.

Questo per quanto attiene al contratto a progetto come formula contrattuale tipica e normativamente disciplinata, viceversa vedremo che il contratto a progetto come forma atipica potrà continuare a regolare sia i rapporti in essere sia quelli costituendi.